Pubblicato il 9 marzo 2021, nella seduta n. 304
FAZZOLARI - Al Ministro dell'interno. -
Premesso che:
la normativa di riferimento in materia di istituti di vigilanza privata e di guardie particolari giurate è contenuta nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto n. 773 del 1931, in particolare, nel titolo IV (articoli da 133 a 141), e nel relativo regolamento di esecuzione, di cui al regio decreto n. 635 del 1940 (articoli 249 e seguenti);
le guardie private (definite anche "particolari" in quanto agiscono nell'interesse di singoli soggetti, pubblici o privati, o "giurate" poiché sono ammesse all'esercizio delle loro funzioni dopo la prestazione del giuramento) esercitano attività di vigilanza o custodia di beni mobili o immobili per conto di privati (art. 133 del testo unico) o alle dipendenze di enti o di istituti di vigilanza, oppure attività investigativa alle dipendenze di istituti di investigazione; attività eterogenee ma regolate dallo stesso complesso di disposizioni;
presupposto della prestazione d'opera di vigilanza o custodia e di investigazione, da parte di enti o privati, è l'autorizzazione prefettizia, così come disposto dall'articolo 134 del testo unico, che vieta espressamente lo svolgimento di tali attività in assenza di licenza rilasciata dal prefetto;
l'entrata in vigore della legge n. 126 del 2020, di conversione del decreto-legge n. 104 del 2020, ha comportato una modifica all'articolo 138, comma 3, del testo unico, stabilendo che la nomina delle guardie giurate deve essere approvata dal prefetto "previa verifica dell'esistenza di un rapporto di lavoro dipendente con un istituto di vigilanza autorizzato ai sensi dell'articolo 134 ovvero con uno dei soggetti che è legittimato a richiedere l'approvazione della nomina a guardia giurata ai sensi dell'articolo 133";
risulterebbe quindi impossibile l'esercizio dell'attività di guardia giurata nella forma di lavoratore autonomo, senza alcun vincolo di subordinazione, nonostante numerose sentenze negli scorsi anni abbiano inequivocabilmente affermato il contrario;
si possono citare, a titolo di esempio e non come elenco esaustivo, la sentenza del TAR dell'Emilia-Romagna n. 3696 del 3 novembre 2004 e la successiva conferma del Consiglio di Stato che, con decisione n. 2661/2010, respingendo l'appello proposto contro la sentenza del TAR e in riferimento agli articoli 133 e 134 del testo unico, ribadì che "la lettera e lo spirito della normativa in esame alla luce del diritto Costituzionale (art. 4 Cost. sul diritto al lavoro) e comunitario (sulla libertà di prestazione di servizi, comunque sussistente nello spazio giuridico comunitario anche se non espressamente considerata da Corte di Giustizia Ue n. 283 del 2008), non appare contenere alcuna ragione ostativa al rilascio di un'autorizzazione a svolgere attività di vigilanza come lavoratore autonomo senza vincoli di subordinazione";
si rammenta inoltre che la facoltà di svolgere l'attività di guardia giurata nella veste di lavoratore autonomo è stata evidenziata anche dalla sezione consultiva atti normativi del Consiglio di Stato, nel parere n. 4251;
in via definitiva, si è poi pronunciato il Consiglio di Stato, con sentenza del 5 dicembre 2019, pubblicata il 3 febbraio 2020, nella quale viene ribadita la possibilità di esercitare l'attività di guardia giurata nella forma di lavoratore autonomo;
l'articolo 49 del Trattato di funzionamento dell'Unione europea vieta ogni restrizione alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro, così come l'articolo 56 stabilisce che le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all'interno dell'Unione sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro che non sia quello del destinatario della prestazione;
anche a tal fine, adeguandosi a sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea che aveva condannato l'Italia, l'articolo 134-bis del testo unico dispone in materia di imprese di vigilanza privata o di investigazione privata stabilite in un altro Stato membro dell'Unione europea, stabilendo che si deve tener conto "degli adempimenti, degli obblighi e degli oneri già assolti nello Stato di stabilimento, attestati dall'autorità del medesimo Stato o, in mancanza, verificati dal prefetto";
negli altri Paesi membri è possibile esercitare l'attività di guardia giurata nella forma di lavoratore autonomo e l'impossibilità di rivestire analoga funzione in Italia mette in discussione i principi enunciati di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi all'interno dell'Unione europea;
risulta all'interrogante che siano numerosi i cittadini italiani che hanno avviato pratiche in altri Stati membri al fine di ottenere il riconoscimento di guardia giurata autonoma;
sono numerose le domande presentate per l'ottenimento dell'autorizzazione prefettizia per l'esercizio dell'attività di guardia giurata rimaste in sospeso dopo l'entrata in vigore della legge n. 126 del 2020, accompagnate anche da consistenti spese sostenute dai richiedenti per conformarsi alla normativa previgente,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza delle nuove disposizioni introdotte dalla legge n. 126 del 2020 e se non intenda attivarsi per riformare nuovamente la materia, predisponendo gli atti normativi necessari che abroghino quanto disposto dall'articolo 37-quinquies, anche al fine di conformarsi alle norme europee e alle citate sentenze che indicano chiaramente come sia da considerare legittima l'attività di guardia giurata svolta nella veste di lavoratore autonomo;
se non intenda, almeno nelle more della revisione normativa, disporre la concessione delle autorizzazioni prefettizie per tutte le domande presentate prima dell'entrata in vigore della legge n. 126 del 2020, in modo da permettere ai richiedenti di esercitare l'attività di guardia giurata all'interno dell'Unione europea.