Pubblicato il 28 ottobre 2020, nella seduta n. 269
PRESUTTO , GIAMMANCO , LANNUTTI , PUGLIA , GIANNUZZI , LOMUTI , SANTILLO , DE LUCIA , RICCIARDI , VACCARO , DI MICCO , GAUDIANO , ANGRISANI , GALLICCHIO , TRENTACOSTE , ROMANO , CROATTI , MORONESE , PIARULLI , LOREFICE , DONNO , PELLEGRINI Marco , MAUTONE , CASTIELLO - Al Ministro dell'economia e delle finanze. -
Premesso che:
il tema della ripartizione delle risorse pubbliche tra il Nord ed il Sud è sempre stato oggetto di ampi dibattiti in ambito politico ed ha riempito pagine e pagine di giornali;
è stato di recente pubblicato su "Il Quotidiano del Sud" un articolo dal titolo "Quei privilegi differenziati che come la bussola indicano sempre il nord";
l'articolo a firma del professor Adriano Giannola, presidente dello Svimez (Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno), evidenzia l'esistenza di una forte sperequazione tra Nord e Sud nell'allocazione della spesa pubblica a tutto vantaggio del primo. Secondo la tesi illustrata, il Nord riceverebbe annualmente ben 60 miliardi di euro più del Sud in termini di risorse complessive;
la tesi si fonda anche sulla considerazione del fatto che il costo delle erogazioni pensionistiche non coperto dai versamenti contributivi raccolti nello stesso anno (sistema a ripartizione) bensì da trasferimenti dal bilancio dello Stato (fiscalità generale) va correttamente incluso nella valutazione della spesa pubblica attribuibile ai diversi territori;
secondo Giannola, inoltre, il Nord riceve maggiori erogazioni per pensioni anticipate (metodo contributivo) grazie ad una platea di individui che, essendo entrati prima nel mondo del lavoro, godono della pensione per un numero maggiore di anni e che in genere hanno pensioni di importo superiore rispetto alle pensioni di vecchiaia;
nel sostenere questa tesi egli fa riferimento al complesso della spesa pubblica attivata da un aggregato pubblico ampio, qual è la cosiddetta pubblica amministrazione allargata: ovvero l'insieme delle amministrazioni centrali, delle amministrazioni locali, degli enti previdenziali e delle società partecipate. Di media, sottolinea, le società partecipate attivano spese per importi maggiori al Nord rispetto che al Sud;
di diverso avviso rispetto a quanto sostenuto da Giannola, l'articolo del professor Andrea Giovanardi pubblicato sulle pagine de "Il Foglio". Per Giovanardi, infatti, i costi per la previdenza andrebbero integralmente esclusi dal novero della spesa pubblica attribuibile ai diversi fattori;
secondo il suo punto di vista, sostenuto anche in un articolo di Giampaolo Galli e Giulio Gottardo (pubblicato dall'Osservatorio sui conti pubblici italiani), l'operatore pubblico non può decidere come allocare a livello territoriale tanto la spesa pensionistica (che dipende dai contributi versati) quanto quella delle imprese pubbliche (che è decisa sulla base delle regole del mercato e che è quindi tanto più elevata dove maggiore è la domanda di beni e servizi, a tutto vantaggio delle zone più ricche). Di qui le conclusioni: se si emenda il calcolo da tali componenti, che non sono suscettibili di essere territorialmente allocate, e se si tiene conto del costo della vita, nettamente inferiore al Sud rispetto al Nord, il Meridione non solo risulterebbe non discriminato ma addirittura favorito con una spesa pubblica maggiore rispetto al Nord di 40 miliardi di euro;
il dibattito della diversa allocazione delle risorse tra Nord e Sud si ricollega all'attualissimo tema dell'autonomia differenziata. In tutte le strutture federali sono previsti spazi di autonomia fiscale che fanno sì che vi sia una qualche corrispondenza tra la capacità fiscale di una regione e la sua spesa, ma tale autonomia è affiancata da meccanismi perequativi tra territori diversamente dotati in termini fiscali o diversamente caratterizzati sul piano dei fabbisogni. A parere degli interroganti chiarire se questa corrispondenza possa, e in quale misura, realizzarsi tra le regioni italiane ed in che modo vada contemperata con la garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni aiuterebbe a comprendere in quale direzione si intenda andare;
l'urgenza di fare luce su una questione che riguarda le risorse del nostro Paese e la loro distribuzione appare oltremodo urgente alla luce del recente recovery fund. Sono ben 209 i miliardi di euro che l'Unione europea ha concesso all'Italia, la quota più alta in assoluto, di cui una parte consistente deve essere utilizzata per lo sviluppo delle aree più arretrate, come il Mezzogiorno;
nelle conclusioni adottate dal Consiglio europeo del 17-21 luglio 2020 si legge infatti che "Obiettivo di questa rubrica è contribuire al valore aggiunto dell'UE promuovendo la convergenza, sostenendo gli investimenti, la creazione di posti di lavoro e la crescita, contribuendo a ridurre le disparità economiche, sociali e territoriali all'interno degli Stati membri e in tutta Europa". E inoltre "L'obiettivo principale della politica di coesione è sviluppare e proseguire l'azione intesa a realizzare il rafforzamento della coesione economica, sociale e territoriale, contribuendo a ridurre le disparità tra i livelli di sviluppo delle varie regioni e l'arretratezza delle regioni meno favorite";
l'Italia, dunque, sarebbe chiamata per lo meno a rispettare la clausola del 34 per cento, il che darebbe al Mezzogiorno la disponibilità di 71 miliardi di euro, percentuale che allo stato dei fatti risulta inadeguata a colmare il divario tra Nord e Sud;
occorre sottolineare come uno degli elementi principali della discordanza tra le valutazioni dello Svimez e quelle dell'Osservatorio dei conti pubblici italiani sia basato sui dati di spese ed entrate di fonte CPT (conti pubblici territoriali elaborati dall'Agenzia della coesione), utilizzati dallo Svimez, la cui somma per regioni è molto diversa dai totali nazionali ISTAT. Si tratta secondo l'Osservatorio di un punto di divergenza messo in evidenza dalla Banca d'Italia e dall'Ufficio parlamentare di bilancio. Da qui l'opportunità di un confronto anche sul piano metodologico per un corretto utilizzo dell'informazione statistica nella valutazione dei flussi territoriali delle spese e delle entrate pubbliche,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non intenda fare chiarezza sul tema della ripartizione della spesa pubblica tra il Nord ed il Sud del Paese fornendo gli elementi utili ad una reale comprensione di quali parametri, e quindi voci di spesa, occorra prendere in considerazione nella valutazione generale dell'intervento pubblico al fine di far luce sul reale gap esistente, superando qualsiasi contrapposizione di carattere accademico, e togliendo qualsiasi dubbio interpretativo come fondamentale punto di partenza, visti gli imminenti interventi di spesa che verranno attivati nell'ambito del programma "Next Generation EU".