Atto n. 3-01548

Pubblicato il 6 maggio 2020, nella seduta n. 214
Svolto nella seduta n. 215 dell'Assemblea (07/05/2020)

LAFORGIA , DE PETRIS - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. -

Premesso che:

secondo quanto stabilito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 aprile 2020, sono stati 4,4 milioni i lavoratori che dalla giornata del 4 maggio hanno ripreso la propria attività lavorativa; mentre 2,7 milioni continueranno a restare a casa in attesa di successive misure governative;

su 100 rimasti a casa per effetto dei provvedimenti di sospensione delle attività, ben il 62,2 per cento potrà tornare al lavoro;

un'indagine della fondazione studi dei Consulenti del lavoro, elaborata a partire dai microdati delle forze lavoro dell'Istat, ha fornito, rispetto alle cifre esposte, alcune osservazioni degne di nota;

dei citati 4,4 milioni di lavoratori, 3,3 sono uomini (pari al 74,8 per cento) e 1,1 sono donne (pari al 25,2 per cento) e la motivazione, stando ai dati riportati, è riconducibile ad una riapertura prettamente industriale, dove la manodopera utilizzata è per lo più maschile;

il rientro al lavoro permetterà a questi 4,4 milioni di lavoratori di percepire uno stipendio certo sfuggendo ai gravi ritardi nei pagamenti della cassa integrazione, come risulta dai tanti lavoratori che sono ancora in attesa degli assegni a causa delle inefficienze di alcune Regioni;

i decreti agiscono su una struttura industriale e sul perimetro del mercato del lavoro già fortemente caratterizzati da una marcata discriminazione di genere, a cui bisogna inoltre aggiungere un ulteriore elemento dato dallo stato di necessità, ovvero il fatto che con la chiusura delle scuole, in una famiglia, uno dei due genitori non viene messo nelle condizioni di recarsi sul luogo di lavoro poiché il lavoro di cura dei figli richiede una presenza domestica e nella maggior parte dei casi questo ruolo è affidato alle donne;

la partecipazione delle donne al mondo del lavoro mostra nitidamente come il tasso di occupazione delle madri sia decisamente inferiore a quello di una donna senza figli e questo pone un ulteriore problema al rientro delle donne al lavoro soprattutto nella "fase 2" individuabile nella criticità nella conciliazione dei tempi di vita e lavoro, dimostrato dalle cifre: l'11,1 per cento delle donne che ha avuto almeno un figlio nella vita non ha mai lavorato per prendersi cura dei figli (3,7 per cento è la media europea);

va segnalato come non siano state create in tempo le condizioni per avere alternative perché, nonostante il Governo abbia giustamente chiesto di promuovere il più possibile il lavoro "agile", i Consulenti del lavoro segnalano come "solo nel 36,6% dei casi i lavoratori chiamati a riprendere le proprie attività potranno farlo in smart working" ed anche quest'ultimo rischia di non risultare la panacea di tutti i mali, poiché, in assenza di una legge sul diritto alla disconnessione, si potrebbe tradurre in un ulteriore sovraccarico di lavoro;

la legge sul lavoro agile (legge n. 81 del 2017) obbliga a prevedere le modalità di riposo del lavoratore nell'accordo individuale o aziendale, non previsto però dalla decretazione d'urgenza;

smart working significa procedere per obiettivi, slegati dagli orari tradizionali e dal controllo in loco, e risponde a valutazioni più qualitative del lavoratore, ma al momento, invece, tante lavoratrici sono ancora nelle condizioni di dover lavorare da casa in perenne reperibilità con la necessità di avere a disposizione 24 ore su 24 a un qualsiasi dispositivo informatico,

si chiede di sapere come il Ministro in indirizzo intenda colmare il divario che c'è in Italia fra il diritto all'occupazione maschile e quello femminile garantendo un diritto ad un'occupazione stabile e dignitosa e quindi evitando che l'uscita dalla crisi sia in gran parte sulle spalle delle donne di questo Paese.