Pubblicato il 29 maggio 2018, nella seduta n. 7
CASTALDI , PUGLIA , LANZI , GIROTTO , PESCO - Al Ministro della giustizia. -
Premesso che, a quanto risulta agli interroganti:
sono iniziate il 2 marzo 2018, presso il Consiglio superiore della magistratura, le udienze del processo a carico del giudice Camillo Romandini, ex giudice del Tribunale di Chieti e ora in servizio presso la Corte d'appello a Roma, dopo un concorso pubblico per titoli la cui documentazione non sarebbe mai stata pubblicata sul sito del Consiglio superiore in violazione delle più elementari regole della trasparenza;
il giudice è accusato di "gravi scorrettezze nei confronti di altri magistrati" nel corso del processo sulla "megadiscarica dei veleni" di Bussi sul Tirino (Pescara), conclusosi in primo grado con l'assoluzione dei 19 imputati, e di "incompatibilità con la funzione giudiziaria" per essere stato titolare di un'azienda agricola;
tale situazione è stata già evidenziata, dal primo firmatario della presente interrogazione, nell'atto 4-08296, pubblicato il 24 ottobre 2017;
in tale atto di sindacato ispettivo viene evidenziato come «il dottor Camillo Romandini sarebbe titolare di una ditta individuale, con codice ATECO 01135 "Colture miste viticole, olivicole, frutticole", che ha ricevuto fino al 2015 contributi statali attraverso il sistema AGEA (Agenzia per le erogazioni in agricoltura), istituito con decreto legislativo n. 165 del 1999 per lo svolgimento delle funzioni di organismo di coordinamento e di organismo pagatore»; ed ancora che: «il Consiglio superiore della magistratura nella delibera del 2 maggio 2007, su specifico quesito riguardante la possibilità per un giudice di essere titolare di società unipersonale nel settore dell'agricoltura, ha chiarito in maniera inequivocabile che una tale situazione comunque rientra tra le previsioni dell'articolo 16 dell'ordinamento giudiziario in cui si fa divieto per i giudici di "esercitare industrie e commerci". Infine, "l'esercizio della ditta individuale non sarebbe stato possibile, non potendo avere il giudice Camillo Romandini una posizione contributiva e, di conseguenza, percepire contributi»;
rilevato che, per quanto risulta agli interroganti:
da un'indagine specifica del Nucleo di polizia tributaria di Pescara della Guardia di finanza, verrebbe rilevato, nella relazione del 2 maggio 2017, che sono emersi fatti di rilevanza penale a carico del giudice dottor Camillo Romandini;
rispetto alla "incompatibilità con la funzione giudiziaria" per essere stato titolare di un'azienda agricola, l'inchiesta specifica della Guardia di finanza avrebbe accertato 46.000 euro di contributi concessi al giudice dalla Regione Abruzzo;
nella relazione informativa, rimessa al pubblico ministero del caso, la Guardia di finanza scrive: «Pertanto, alla luce di quanto sopra» riterrebbe di ipotizzare, «a carico del dottor Romandini Camillo, le ipotesi di reato previste e punite dagli artt. 81 e 316 ter c.p., in quanto presentando più istanze tendenti ad ottenere contributi erogati dalla Regione Abruzzo, ometteva di informare l'autorità competente del proprio ruolo di Magistrato, a cui era preclusa la possibilità di essere titolare di impresa, conseguendo a proprio beneficio, pertanto, indebitamente detti contributi, per un totale di € 46.658,46»;
la Guardia di finanza riporterebbe inoltre che «risulta altrettanto documentato come si evince dalle risultanze della banca che in relazione alle predette Campagne venivano effettuati pagamenti decretati per iban da parte di AGEA in favore del nominativo Romandini Camillo presso Carichieti Spa di Pescara per contributi pari a € 46.658,46»; il dottor Romandini, tra l'altro, ha continuato a percepire i finanziamenti pubblici AGEA anche dopo la cessazione dell'impresa nel 2015 come risulta dalla documentazione della Guardia di finanza;
evidenziato che:
in data 16 aprile 2018, l'OLAF, Ufficio europeo per la lotta antifrode, ha confermato, su segnalazione di un cittadino, che il caso del giudice Romandini è "oggetto della procedura di selezione di cui all'Articolo 5 del Reg (EC) 883/2013 sul funzionamento di OLAF", determinando in sostanza l'apertura di un'indagine tesa all'acquisizione di un completo quadro informativo, al riscontro dei documenti eventualmente sottoposti, all'integrazione dell'informazione trasmessa con quanto acquisibile presso banche dati, pubblici registri, fonti aperte;
tale procedura di selezione porterà ad una decisione del direttore generale che "non è discrezionale ma è vincolata ai principi cardine del Trattato UE (in particolare proporzionalità e sussidiarietà) ed ai criteri che sono esplicitati dalla richiamata disposizione di cui all'Articolo 5";
sul quotidiano on line "primadanoi" del 27 aprile 2018 viene evidenziato che "A carico di Romandini dunque rimane il residuo procedimento disciplinare nel quale il giudice deve difendersi da presunti comportamenti scorretti nei confronti di altri magistrati ma anche di svolgimento di attività incompatibili con la funzione giudiziaria per la vicenda legata ad un'impresa di sua proprietà che non avrebbe potuto detenere in quanto giudice";
evidenziato che:
la valutazione in concreto delle caratteristiche dell'azienda, per le sue dimensioni e connotazioni, indurrebbe a ritenere chiaramente incompatibile la sua conduzione con le funzioni di magistrato o presidente della Sezione civile del Tribunale di Chieti;
è stato accertato, con prove documentali sempre dalla Guardia di finanza, che il dottor Romandini, rivestendo la funzione di magistrato e al contempo quella di imprenditore agricolo con partita Iva, avrebbe omesso e sottaciuto di dichiarare la propria carica di magistrato nelle plurime domande di erogazione all'ente pubblico e nei mandati di pagamento sottoscritti dallo stesso Romandini al fine dell'ottenimento dei contributi statali per i propri fondi agricoli tramite AGEA;
tali comportamenti con profilo penale si sarebbero realizzati non solo nel caso di dichiarazioni attestanti cose non vere ma anche, come in questo caso, con l'omissione di informazioni rilevanti (ricoprire l'ufficio di magistrato) all'autorità pubblica affinché vengano erogati i finanziamenti pubblici in proprio favore ed in danno dello Stato;
dalle ulteriori indagini svolte e dalla documentazione acquisita, la Guardia di finanza avrebbe accertato anche la violazione dell'obbligo di astensione da parte dello stesso giudice con conseguente incompatibilità nell'esercizio delle sue funzioni,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;
se intenda attivare in maniera immediata iniziative di competenza, valutando se sussistano gli estremi per adottare gli opportuni provvedimenti, anche di impulso alla funzione disciplinare.