Atto n. 4-08959

Pubblicato il 23 marzo 2018, nella seduta n. 1 della 18ª legislatura

DE POLI - Ai Ministri della salute e delle politiche agricole alimentari e forestali. -

Premesso che, a quanto risulta all'interrogante:

in materia di allevamento avicolo, la Rete di sorveglianza epidemiologica del Veneto (RESOLVE) ha confermato 16 nuovi casi di influenza aviaria ad alta patogenicità, sostenuti da un nuovo virus del sottotipo H5N6, individuati nel nord Europa, in Olanda, Regno Unito, Germania e Svizzera: le autorità olandesi hanno successivamente notificato altre positività, identificate in volatili selvatici e in soggetti allevati in cattività, mentre, negli altri Paesi, le positività hanno finora interessato esclusivamente la fauna selvatica;

la situazione è critica da tempo, infatti gli assessori per l'agricoltura e la Sanità della Regione Veneto hanno convocato la filiera avicola per fare il punto sull'epidemia, manifestatasi anche in diverse aziende agricole venete;

come è noto, la rilevazione di un focolaio della malattia impone, ai sensi della normativa comunitaria, l'abbattimento di tutti gli animali dell'allevamento e la creazione di una zona di protezione di 3 chilometri di diametro dal focolaio, ed una zona di sorveglianza di diametro di 10 chilometri dal focolaio: in queste zone, oltre ad essere vietato l'"accasamento", cioè la reintroduzione, di animali in allevamento (fino a 30 giorni dall'estinzione del focolaio), sono inoltre previsti limiti diversificati alla movimentazione degli animali anche a fini della macellazione;

nel corso del 2017, il Veneto è stato interessato da 16 focolai e 18 abbattimenti preventivi: per i danni diretti (indennizzo degli animali e spese operative connesse) sono già stati corrisposti 2.638.145,11 euro, cifra ancora provvisoria, in quanto non comprende gli ultimi focolai e abbattimenti preventivi, i cui dati sono ancora in corso di valutazione: il divieto di accasamento perdura e, pertanto, oltre al danno diretto e immediato dovuto all'abbattimento e alla distruzione degli animali, gli agricoltori interessati si trovano a subire i danni "indiretti", da mancati redditi, dovuti alla mancata possibilità di allevare gli animali;

le nuove normative sulla bio-sicurezza colpiscono maggiormente il settore rurale: esse vietano la biodiversità all'interno di una stessa azienda obbligandola a tenere un solo prodotto, o l'ingrasso o lo svezzamento impedendo di gestire meglio la crescita avicola per adeguarsi alle richieste dei consumatori, l'allevamento all'aperto fondamentale per produzione avicola di qualità e non essere perennemente a contatto con lettiere che producono ammoniaca, burocrazia complessa a causa di un'anagrafe avicola inutilmente dettagliata;

le suddette misure, in estrema sintesi, valgono per ogni allevamento, sia rurale, che industriale, tuttavia, le piccole realtà, che non lavorano con grandi quantità ed il cui ciclo produttivo si svolge dall'arrivo del pulcino fino alla sua macellazione, patiscono in modo particolare queste misure particolarmente rigide e restrittive, soprattutto quella che impone l'allevamento e la lavorazione di una sola specie avicola;

inoltre, occorre sottolineare che gli ultimi studi scientifici sull'aviaria hanno individuato negli allevamenti intensivi la maggiore causa della sua penetranza epidemica e che, pertanto, la Comunità europea sta progressivamente provvedendo a ridurli ed a preferire gli allevamenti a terra all'aperto: il nostro Paese, a normativa vigente, sta invece purtroppo andando nella direzione diametralmente opposta, costringendo alla chiusura le piccole aziende che non potranno più allevare a terra ed ad avvalersi di tale dicitura per la conseguente commercializzazione,

si chiede di sapere se i Ministri in indirizzo non ritengano opportuno esaminare la questione affinché, pur nel rispetto delle normative comunitarie, nazionali e regionali, sia tutelata la vita e l'operatività delle piccole e medie aziende agricole, soprattutto quelle rurali a condizione familiare.