Atto n. 3-03636 (in Commissione)

Pubblicato il 4 aprile 2017, nella seduta n. 799

PUPPATO , FILIPPIN , SANTINI , DALLA ZUANNA - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. -

Premesso che:

il pedemonte veneto è un'area omogenea che si estende tra le province di Padova, Treviso e Vicenza, caratterizzata da un forte sviluppo industriale e da un'alta densità abitativa, una città diffusa che si estende per circa 100 chilometri e che comprende centri importanti quali Bassano del Grappa, Castelfranco veneto, Cittadella, Montebelluna e Schio, oltre a decine di comuni fortemente interconnessi tra loro;

a partire dagli anni '70, e poi con maggior forza dagli anni '90, quest'area ha avuto uno sviluppo impetuoso tale da renderla una delle aree più industrializzate in Europa, con distretti della calzatura e dello sport system, del mobile e dell'escavazione, sviluppo che ha avuto una nuova spinta dall'allargamento dei confini dell'Unione europea verso est e che, pur colpito duramente, è riuscito a reggere l'impatto della crisi del 2008, dando oggi segni tangibili di crescita;

rilevato, tuttavia, che:

a tale crescita economica, non è seguito uno sviluppo compatibile della viabilità, rimasta inadeguata, con disagi sempre più pesanti per i cittadini, a causa anche dell'obsolescenza delle tratte ferroviarie, per cui ancora oggi si vedono persino gli automezzi pesanti transitare per centri cittadini o per strade di insufficiente dimensione;

la costruzione della superstrada Pedemontana veneta mirava a risolvere i problemi della viabilità stressata di questi comuni, portando il traffico pesante su un'arteria extraurbana, liberando così i centri abitati da una pesante fonte di disagio sociale, ambientale e, soprattutto, garantendo una maggiore vivibilità dei centri urbani dal punto di vista della salute;

rilevato che:

nel lontano 1990 il Consiglio regionale del Veneto approvò il piano dei trasporti in cui era prevista un'arteria che collegasse Spresiano (Treviso) a Montecchio maggiore (Vicenza), passando per i distretti industriali trevigiani e vicentini e unendoli alle autostrade A4, A27, A31;

il progetto iniziale della superstrada, a fine anni '90, promosso anche grazie allo stimolo della professoressa Maria Rosa Vittadini, allora direttrice generale del Servizio valutazione di impatto ambientale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, era l'inserimento di un'opera realizzata con la compartecipazione degli enti locali e delle associazioni di categoria, con attenzione alla riqualificazione dell'esistente e la costruzione dei soli tratti di collegamento alla viabilità extraurbana già esistente;

nel 2001, con il Ministro pro tempore dei lavori pubblici Nesi, fu approvato un primo progetto dal costo preventivato di circa 700 milioni di lire, in pieno accordo con i 23 Comuni attraversati: il progetto prevedeva una strada a scorrimento veloce, gratuita e con uscite frequenti a servizio dei comuni della zona;

successivamente, con la "legge obiettivo" del Governo Berlusconi II (legge n. 443 del 2001), la gestione dell'opera cambia, divenendo commissariale e affidandosi al project financing, per cui nel 2003 la società Pedemontana veneta SpA, partecipata, tra gli altri, dalla Mantovani (poi resa tristemente celebre dal caso MOSE), presentava come soggetto promotore dell'opera il proprio progetto;

a marzo 2006 il CIPE ha approvato il progetto, affidato l'incarico a Pedemontana SpA, ma ad ottobre dello stesso anno, dopo un ricorso al TAR e al Consiglio di Stato, il Consorzio SIS, composto da Dogliani e dalla spagnola Sacyr, si è aggiudicata legittimamente il progetto; il contratto prevedeva che su costi totali per 2 miliardi di euro, 1,6 miliardi siano in capo al privato;

dopo 9 anni, tra la fine del 2015 e il novembre 2016, l'opera è finita per ben due volte sotto la lente della Corte dei conti, a causa della lievitazione dei costi e della gestione non oculata da parte dell'allora commissario; in particolare i giudici rilevavano le seguenti criticità: carenze progettuali; difficoltà inerenti all'esecuzione dell'opera, che si trovava a meno del 20 per cento di realizzazione a fronte di un esborso pubblico di 445 milioni di euro; estrema lentezza dell'iter dell'opera; determinazione del computo degli espropri; esistenza di clausole contrattuali troppo favorevoli al concessionario; problematiche ambientali rilevate dal Ministero competente;

le rilevazioni della Corte dei conti arrivavano, inoltre, dopo le rilevazioni della Banca europea degli Investimenti e della Cassa depositi e prestiti, in cui erano contenuti una stima peggiorativa dei flussi di traffico, dubbi e criticità sulla capacità dell'opera di corrispondere il vantaggio sociale atteso e sui costi finanziari ormai fuori controllo;

i flussi di traffico sono stati rivisti, infatti, dalla previsione del 2003 di 33.000 veicoli al giorno a una forbice tra i 15.200 e i 18.000 veicoli giornalieri, a seconda delle stime di CDP-BEI o Area Engineering, con riduzione tra il 45 e il 54 per cento;

presentando il crollo delle previsioni al Consiglio regionale del Veneto, il presidente Luca Zaia ha lasciato intendere che tali previsioni scontano l'effetto della crisi economica del 2008 e quindi non sono imputabili al rischio di impresa, ma a fattori esogeni, tesi smentita semplicemente osservando i dati delle altre arterie autostradali del Veneto, che hanno visto, tra il 2003 (anno delle previsioni iniziali) e il 2016 un incremento, seppur ridotto, del traffico autostradale e in particolare: del 9 per cento per la A4 Padova-Brescia, del 21 per cento per la A21 Venezia-Belluno e dell'8 per cento per la A22 Verona-Brennero;

la freddezza sui conti e flussi di BEI e CDP rendeva impossibile al consorzio SIS, avvalsosi della consulenza di J.P. Morgan, la possibilità di emettere un project bond da 1,6 miliardi di euro; la stessa finanziaria statunitense, infatti, richiedeva a quel punto la garanzia di istituti pubblici al fine di mantenere i tassi di interesse entro una soglia accettabile. Secondo quanto riportato da "La Nuova di Venezia" il 25 luglio 2016, infatti, lo stesso consorzio SIS ammetteva che nessun privato si sarebbe accollato una linea di credito per un'opera ad alto rischio i cui tassi d'interesse sarebbero simili a quelli dei titoli greci;

il SIS si dimostrava, quindi, incapace di garantire l'opera con le proprie forze, ponendo dei dubbi sul fatto che la valutazione della solidità del concessionario rientrasse tra le garanzie richieste dal bando regionale, richiedendo un ulteriore intervento dello Stato, della Regione e la copertura della Cassa depositi e prestiti nel progetto. Tutto questo nonostante, a contratto, dovesse poter rientrare dei costi secondo i propri conteggi in 40 anni, grazie al volume di traffico preventivato e, nel caso in cui questo target non fosse stato raggiunto, grazie alla fiscalità generale della Regione Veneto, fatto anche questo anomalo ma già previsto;

per uscire dall'impasse determinato dall'intera vicenda, il presidente Luca Zaia ha stabilito la reintroduzione dell'addizionale IRPEF, intendendo garantire un contributo di 300 milioni di euro al concessionario SIS sorvolando su proprie ed altrui evidenti e gravi responsabilità;

i 300 milioni di euro della Regione andranno a sommarsi ai 615 milioni di euro già sborsati dallo Stato, sono state ridotte le tariffe del 23 per cento per il traffico leggero e del 16 per cento per il traffico pesante ma, contemporaneamente, sono state cancellate tutte le esenzioni previste per residenti, studenti e pensionati, sempre garantite per rendere indifferente la realizzazione di un'autostrada de facto in luogo di una superstrada leggera a servizio del territorio, al solo fine di far salire le stime di BEI a 27.000 veicoli al giorno;

nonostante questo, con il concessionario limitato al ruolo di appaltante, il rischio di impresa rimane completamente in capo al pubblico, con la necessità di restituire il bond da 1,15 miliardi di euro e il rischio di non raggiungere il flusso obiettivo di automezzi;

considerato che, a giudizio degli interroganti:

come si evince dalla ricostruzione storica, è evidente che né la Regione Veneto, né la gestione commissariale, né il consorzio SIS si siano dimostrati attori dotati della competenza, serietà e senso di responsabilità nell'uso del denaro pubblico necessari a garantire la positiva realizzazione dell'opera;

il progetto iniziale sarebbe potuto essere già in funzione dal 2005, con un esborso pubblico pari a circa un terzo rispetto all'attuale, senza che fosse richiesto ai residenti in un'area soffocata dal traffico il pagamento del pedaggio per percorrerla, mentre la conclusione del progetto finale è dilatata forse al 2020 con un esborso di almeno 900 milioni di euro e con molte criticità ancora da risolvere, nonché la previsione di pedaggi per i residenti che attendono l'opera da oltre 30 anni;

le regole di ingaggio del bando che hanno portato il consorzio SIS a vincere l'appalto vengono ora cambiate a 11 anni di distanza, con il rischio concreto, reale e già evidenziato da altra impresa risultata non vincitrice del project financing di ingenerare ricorsi da parte dei soggetti esclusi, inserendo ulteriori gravi elementi di dubbio sulla positiva conclusione di questa gestione in un'opera di tale livello,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo non ritenga che vi sia un pesante rischio che l'opera venga bloccata da ricorsi e procedimenti civili a causa dei cambiamenti, ad avviso degli interroganti, in corso d'opera e senza oggettività, del bando con cui è stata assegnata;

se non ritenga che l'addizionale IRPEF imposta al fine di assicurare la copertura finanziaria dell'opera non contrasti con l'art. 53 della Costituzione e non sia piuttosto necessario introdurre una tassa di scopo;

se non ritenga doveroso, considerata la manifesta incapacità della Regione Veneto, nonché l'interesse nazionale ed europeo dell'opera, applicare il principio di sussidiarietà ex art. 118 dalla Costituzione al fine di gestire direttamente l'opera attraverso il Ministero di competenza, riportando il progetto alla definizione iniziale di un'arteria viaria leggera a scorrimento veloce e gratuita, quantomeno per i residenti, assumendo su di sé la soluzione più corretta per l'intervento atteso da oltre 30 anni.