Pubblicato il 2 marzo 2017, nella seduta n. 776
DONNO , GIROTTO , MORONESE , PUGLIA , SANTANGELO , MORRA , GIARRUSSO , PAGLINI - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute. -
Premesso che, a quanto risulta agli interroganti:
come documentato in data 22 febbraio 2017 da "leccesette" riguardo alla diga del Pertusillo, "la presunta presenza di idrocarburi in alcuni pozzetti dell'area stanno creando allarme e preoccupazione nei comuni confinanti con la diga". Per questa ragione, "i sindaci delle zone interessate avevano posto l'attenzione sullo stato delle acque, dal colore marrone e dalle quali proveniva il cattivo odore di greggio". Veniva altresì sottolineato come fosse "inevitabile pensare alle eventuali conseguenze anche per la Puglia, visto che la diga alimenta l'Acquedotto pugliese";
all'uopo, nei canali ufficiali dell'Acquedotto pugliese è precisato che "l'acquedotto del Pertusillo è stato realizzato negli anni '70 e alimenta la Puglia centro meridionale distribuendo l'acqua proveniente dagli invasi del Pertusillo e del Sinni, potabilizzati negli omonimi impianti";
nonostante una rassicurazione sulla buona qualità dell'acqua intervenuta in data 23 febbraio 2017, a mezzo di un comunicato stampa, da parte dello stesso Acquedotto pugliese, permangono numerose incertezze circa l'origine e le cause legate al preoccupante fenomeno;
considerato che:
a 5 chilometri circa di distanza dal bacino, con un'area di 181.850 metri quadrati, è ubicato anche il centro raccolta e trattamento denominato "Centro Oli Val D'Agri" (COVA), in cui sono allacciati 21 pozzi in produzione e 12 pozzi produttivi non eroganti;
dall'articolo, dal titolo "Petrolio fino ad 11 metri sotto terra", pubblicato dal quotidiano "La Nuova del Sud", il 26 febbraio 2017, emerge che dai documenti sulle campagne di indagini avviate dall'ENI il terreno dentro e intorno al COVA, si presenterebbe in più punti impregnato di greggio. Su 7 dei 20 sondaggi realizzati, sarebbe stata riscontrata contaminazione da idrocarburi fino a 11 metri di profondità;
il terreno sarebbe impregnato della sostanza uscita dal serbatoio di stoccaggio, in cui non è stato realizzato il doppio fondo della cisterna, come indicato dalle prescrizioni dell'AIA (autorizzazione integrata ambientale) concessa dalla Regione Basilicata all'ENI nel 2011 per il COVA di Viggiano, relativo al "Piano antinquinamento sversamento di idrocarburi", dove il greggio sosta prima di essere inviato alla raffineria di Taranto;
nell'articolo, dal titolo "Acque e suolo inquinate anche a Costa Molina 3, Nuovo allarme da Montemurro", pubblicato dal quotidiano "La Nuova del Sud", il 28 febbraio, veniva precisato che: "l'ultimo grido di allarme giunge da Montemurro dove sono stati ravvisati valori preoccupanti, superiori alla soglia di contaminazione. Nel caso specifico si teme per un presunto inquinamento del suolo e delle acque in un'area localizzata nei pressi del pozzo Eni Costa Molina 3. A chiedere le analisi è stato lo stesso Comune di Montemurro. Quelle condotte nelle acque sotterranee da parte dell'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente hanno prodotto dei risultati che purtroppo non farebbero presagire nulla di buono. Specie per quanto concerne il valore degli idrocarburi, oltre quattro volte superiore ai limiti di legge. Sempre sulle acque ci sarebbero stati dei superamenti per manganese e ferro. Altro genere di sforamenti è stato registrato su suolo proprio da ENI, riguardante in modo particolare idrocarburi leggeri, idrocarburi pesanti e piombo";
con ordinanza n. 23 del 22 febbraio 2017 del Comune di Marsico nuovo (Potenza), è stato posto il divieto d'uso della risorsa idrica delle acque sotterranee nel punto di campionamento PZA. Ciò è avvenuto a seguito delle attività di monitoraggio sulla perforazione del "Pozzo Pergola 1" da parte di Arpa (Agenzia regionale per la protezione ambientale) Basilicata, con nota n. 551/2017, che ha comunicato che sulle componenti acque sotterranee e di sorgente, in seguito alle analisi effettuate, si è riscontrato il superamento dei valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC), per i parametri di ferro e magnesio, rispetto ai limiti previsti dalla normativa vigente;
considerato, inoltre, che a quanto risulta agli interroganti con mozione approvata in data 15 marzo 2016, la Giunta della Regione Puglia si impegnava ad avviare ogni utile iniziativa, in sede regionale, nazionale e comunitaria, per poter accertare e verificare, in tempi brevi, ed una volta per tutte, anche attraverso controlli dell'Arpa Puglia, congiuntamente all'organismo omologo della Regione Basilicata, se la diga del Pertusillo costituisca o meno un invaso fonte di elementi fortemente tossici e gravemente nocivi per la salute delle migliaia di famiglie pugliesi che acquistano e utilizzano quell'acqua come "potabile". Si impegnava altresì "il Presidente della Giunta a fornire una prima relazione al Consiglio regionale, relativamente ai dati acquisiti, entro novanta giorni dalla data di approvazione della presente mozione, nella speranza che i dati conoscitivi possano eliminare ogni dubbio sulla questione sollevata". Tuttavia, come confermato dai portavoce del Movimento 5 Stelle del Consiglio regionale pugliese in data 24 febbraio 2017, "dal giorno dell'approvazione della mozione, il 15 marzo del 2016, ad oggi, il Consiglio non ha mai ricevuto nulla di tutto ciò",
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti e se non ritengano fondamentale, nell'ambito delle rispettive competenze e fatte salve le specifiche attribuzioni, attivarsi con urgenza, affinché sia posto in essere un urgente aggiornamento di tutti gli studi, accertamenti, indagini ed analisi del caso, con particolare attenzione allo stato qualitativo idrico dell'area indicata e conseguente divulgazione dell'informazione ambientale, tenuto conto dell'elevato rischio di contaminazione;
se non ritengano necessario sollecitare Acquedotto pugliese, le amministrazioni competenti ed i singoli enti coinvolti, affinché sia reso operativo un immediato piano di controllo e sia posto in essere un costante monitoraggio, sia riguardo all'acqua in ingresso, sia riguardo all'acqua potabilizzata dall'impianto, allo scopo di tutelare lo stato della salute e della sicurezza umana, nonché il paesaggio, le coltivazioni, i terreni, ed i siti d'interesse circostanti l'area;
se siano stati attivati gli opportuni interventi di bonifica delle aree contaminate presso il COVA, nonché presso i pozzi.