Legislatura 14 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-01534

Atto n. 3-01534

Pubblicato il 7 aprile 2004
Seduta n. 583

MUZIO. - Al Ministro delle attività produttive. -

Premesso che:

la città di Valenza, in provincia di Alessandria, dà il nome ad uno dei distretti più noti e importanti nel settore della gioielleria. I suoi confini sono tracciati dal Po e dal Monferrato ed occupa una posizione baricentrica rispetto al vecchio triangolo industriale; è a 100 km di distanza da Genova, Milano e Torino. Il distretto si estende su Valenza e su otto comuni contigui, comprendendo però anche tre comuni lombardi nati per “gemmazione” ma che giuridicamente, ai sensi della vigente legge regionale sui distretti industriali, non ne possono fare parte;

su un territorio (quello del versante piemontese) di poco più di 50 kmq risiedono 33.590 abitanti, in larga parte dediti alla produzione di gioielli;

Valenza ha visto la nascita della prima impresa alla fine del 1800 e, ad oggi, il settore orafo annovera più di 1.300 aziende con circa 7.000 addetti; la produzione, che per la metà è esportata, è pari a circa 1.550 milioni di euro;

ogni anno nel distretto vengono lavorate circa 30 tonnellate d'oro e l'80% del totale delle pietre preziose importate in Italia. Le forme giuridiche più diffuse tra le aziende sono le società di persone e le società a responsabilità limitata; nella maggioranza dei casi si tratta di imprese a conduzione familiare con una forte sovrapposizione tra aziende, imprenditore e famiglia;

le dimensioni sono ridotte, con una media di 5,6 dipendenti per azienda, e il ricambio imprenditoriale all'interno del distretto è sostenuto, segno di una intensa mobilità sociale. La forza lavoro specializzata nelle produzioni orafe è quasi tutta del posto. Molto diffusa è la subfornitura, che si caratterizza per la stabilità e la continuità dei rapporti fra committenti e fornitori. I punti di forza del distretto sono un vasto patrimonio di know-how tecnico e professionale, maturato in oltre 150 anni di tradizioni orafe artigianali, la presenza di lavoratori qualificati, con conoscenze che vengono trasmesse e sono assimilate direttamente "on the job", rapporti densi fra le imprese, rapidità di adeguamento al mutare delle richieste del mercato;

negli ultimi anni molte aziende che un tempo erano specializzate nella commercializzazione e seguivano direttamente i rapporti con i clienti sono entrate nell'orbita delle grandi "firme" internazionali della gioielleria che, da un lato, offrono certezze di lavoro ma, dall'altro, ne limitano l'autonomia;

il mercato è percorso da correnti tumultuose che ne hanno ridisegnato profondamente le caratteristiche: nel passato i piccoli produttori operavano direttamente sul mercato finale o attraverso una rete di rappresentanti che raggiungevano i piccoli negozi indipendenti di gioielleria. Oggi, l'avanzata della distribuzione organizzata, la notorietà dei marchi mondiali e l'affollamento delle campagne pubblicitarie lasciano decisamente meno spazi alle micro - aziende artigiane;

l’anno 2000 ha rappresentato lo spartiacque nel settore del mercato della gioielleria e oreficeria italiana, realizzando in quell’arco temporale le migliori performance di mercato mai raggiunte: da allora, si è verificata una neanche tanto lenta discesa di punti percentuali fino ad arrivare al dato più aggiornato (luglio 2003) che segna un –27% delle esportazioni italiane con una perdita di quasi il 50% delle quote di mercato negli USA (a vantaggio di un + 17% del prodotto indiano) (fonti Gold Report 2003 – Ente Fiera di Vicenza),

si chiede di sapere:

quali iniziative il Governo intenda porre in essere per far compiere un indispensabile salto di qualità nel settore del mercato della gioielleria e oreficeria italiana, punto di forza del made in Italy con ancora ampie possibilità di sviluppo del proprio know-how produttivo, oggi parcellizzato in aziende di piccole e piccolissime dimensioni incapaci, da sole, di affrontare i complessi problemi della commercializzazione del prodotto di qualità;

se non si intenda accogliere e sostenere le idee espresse da un settore di imprese (circa 1300) vivo e vitale ma poco coinvolto in un’azione di sinergia che veda fortemente impegnati Governo centrale, Amministrazioni locali, Europa e Associazioni di categoria e trasformare tali impulsi in norme e proposte concrete tali da costituire veri e propri trampolini di lancio per il rinnovamento delle politiche distrettuali;

se non si intenda, infine, operare per addivenire a un sistema di confronto e interscambio interdistrettuale del sistema made in Italy, ipotizzando anche la creazione di una “rete virtuale”, garantire alle imprese italiane le stesse condizioni di entrata sui mercati internazionali, porre in essere azioni di tutela e valorizzazione che possano evitare il fenomeno della delocalizzazione e garantire maggiori risorse economiche, vincolabili a progetti specifici, tali da assicurare input concreti al tessuto produttivo e alla costruzione di un solido progetto di distribuzione del prodotto.