Allegato A

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI SUGLI SVILUPPI DEL CONFLITTO TRA RUSSIA E UCRAINA

PROPOSTE DI RISOLUZIONE NN. 1, 2, 3, 4 E 5

(6-00208) n.1 (01 marzo 2022)

Casini, Faraone, Ciriani, Malpezzi, De Petris, Bernini, Romeo, Castellone.

Approvata

Il Senato,

        udite le comunicazioni del presidente del Consiglio, Mario Draghi, sull'invasione dell'Ucraina da parte delle forze armate della Federazione Russa, rese alle Camere il 1° marzo 2022,

            richiamata l'informativa dal presidente del Consiglio Mario Draghi alle Camere del 25 febbraio 2022;

         considerando che:

            l'invasione dell'Ucraina da parte della Federazione Russa rappresenta una violazione di principi e norme che regolano la vita della comunità internazionale e in particolare il rispetto della indipendenza, sovranità e integrità territoriale di ogni Stato;

            non sono accettabili, sotto ogni forma, "sovranità limitate", sfere di influenza e protettorati che ledano la sovranità, l'integrità territoriale, l'indipendenza, la sicurezza, le alleanze di ogni Stato;

            il Governo italiano ha condannato immediatamente e con assoluta fermezza la aggressione russa all'Ucraina, inaccettabile e ingiustificata, e tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento hanno espresso analoga condanna;

            analoga unanime condanna hanno espresso l'Unione europea, il G7, la NATO e tutti i loro Stati membri;

            la guerra sta già provocando ingenti perdite umane, sofferenze, distruzioni, nonché consistenti flussi di profughi e una grave emergenza umanitaria;

            di fronte a una invasione ingiustificata e illegittima, inevitabile e necessaria è la adozione di sanzioni che devono essere efficaci, selettive e assunte in modo collegiale e uniforme da tutti i Paesi,

            le sanzioni potranno comportare impatti negativi sull'andamento economico dell'Italia e delle sue imprese e famiglie, già gravate dagli effetti negativi della pandemia,

       impegna il Governo a:

            esigere dalle Autorità russe l'immediata cessazione delle operazioni belliche e il ritiro di tutte le forze militari che illegittimamente occupano il suolo ucraino, ripristinando il rispetto della piena sovranità e integrità territoriale dell'Ucraina;

            sostenere ogni iniziativa multilaterale e bilaterale utile ad una de-escalation militare e alla ripresa di un percorso negoziale tra Kiev e Mosca, anche raccogliendo la disponibilità della Santa Sede a svolgere un'opera di mediazione;

            assicurare sostegno e solidarietà al popolo ucraino e alle sue istituzioni attivando, con le modalità più rapide e tempestive, tutte le azioni necessarie a fornire assistenza umanitaria finanziaria, economica e di qualsiasi altra natura, nonché - tenendo costantemente informato il Parlamento e in modo coordinato con gli altri Paesi europei e alleati - la cessione di apparati e strumenti militari che consentano all'Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e di proteggere la sua popolazione;

            raccogliere l'aspirazione europea dell'Ucraina, rafforzando in ogni campo la cooperazione UE-Ucraina;

            attivare un programma straordinario di accoglienza dei profughi ucraini, coinvolgendo enti locali e associazionismo, semplificando le procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato, applicando la direttiva europea sulla protezione temporanea e sostenendo le iniziative della UE per una accoglienza solidale e condivisa;

            attivare programmi umanitari per la popolazione ucraina e semplificare le procedure di utilizzo dei fondi erogati;

            sostenere in sede europea la ulteriore sospensione del Patto di stabilità e la istituzione di un fondo europeo compensativo per gli Stati maggiormente penalizzati dalle sanzioni;

            provvedere a misure di sostegno alle imprese per i maggiori oneri derivanti dalla applicazione di sanzioni, nonché la promozione di accesso a nuovi mercati verso cui indirizzare esportazioni e investimenti non allocabili sul mercato russo;

            attivare strategie di diversificazione degli approvvigionamenti energetici, di investimento sulle energie rinnovabili e di utilizzo delle sorgenti di energia del Paese e concorrendo alle decisioni dell'UE nella direzione dell'Unione dell'energia;

            attivare le misure necessarie a preservare le infrastrutture strategiche del Paese da eventuali attacchi informatici o di altra natura, anche tenendo conto delle indicazioni contenute nelle relazioni del Copasir alle Camere;

            sostenere l'urgenza di un netto rafforzamento della Politica estera e di sicurezza comune europea, anche attivando le riforme procedurali necessarie;

            mantenere uno stretto e permanente coordinamento con i Paesi del G7, dell'Alleanza Atlantica e dell'Unione europea, condividendo iniziative a supporto dell'Ucraina e contromisure efficaci e sostenibili, incluse sanzioni, all'aggressione russa.

(6-00209) n. 2 (01 marzo 2022)

Nugnes, La Mura, Mantero.

Respinta

Il Senato,

        premesso che:

            lo scorso 24 febbraio la Federazione Russa ha avviato un'operazione militare su larga scala nel territorio dell'Ucraina e delle autoproclamate repubbliche secessioniste di Donetsk e Lugansk. La repentina escalation del conflitto russo-ucraino e l'offensiva russa con esplosioni e incursioni nelle città di Odessa, Kharkiv, Ivano Frankivsk, Kherson, Lutsk, Mariupol, fino alla capitale Kiev, hanno di fatto cambiato l'assetto geopolitico mondiale, in chiara violazione del diritto internazionale compiuto da uno Stato su un altro Stato indipendente e sovrano riconosciuto nei suoi confini;

            la storia dell'Ucraina è strettamente correlata alla storia della Russia e nell'epoca moderna viene caratterizzata dalla guerra ucraino-sovietica del 1918, conflitto concluso con l'annessione dell'Ucraina all'Unione sovietica. Nel 1991 con la caduta dell'URSS, l'Ucraina venne dichiarata Stato indipendente conservando al suo interno forti sacche filorusse di popolazione;

            l'operazione di questi giorni risulta come l'ultima di una catena di eventi di un conflitto innescatosi in Ucraina nel 2014, con la cosiddetta rivoluzione Ucraina in opposizione all'allora presidente Viktor Janukovič. La destituzione dell'ex leader Janukovič e l'elezione del nuovo presidente Petro Poroshenko hanno portato ad una serie di proteste e al controllo da parte di Mosca della Crimea, penisola a maggioranza russa riannessa alla Federazione in seguito ad apposito referendum popolare del 16 marzo;

            nella primavera del 2014 nel Donbass, area dell'Ucraina orientale a maggioranza russa, sono state proclamate le due repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk che, fino a oggi, sono state teatro di un ininterrotto conflitto armato tra le forze di Kiev e le due entità separatiste, provocando più di 14.000 morti. Il 1° luglio 2015 viene raggiunto l'Accordo di Minsk II le cui parti Ucraina, Russia, Repubblica popolare di Doneck e Repubblica Popolare di Lugansk si impegnano, oltretutto, ad una decentralizzazione del potere e dunque ad una elargizione di maggiori poteri alle regioni di Donbass e Lugansk, accordi di fatto non rispettati e a cui seguono anni di scontri e contrasti all'interno del Paese;

            tra la fine di marzo e l'inizio di aprile 2021 l'esercito russo ha spostato grandi quantità di armi, equipaggiamenti e navi nell'area tra il Mar Caspio e il Mar Nero e in Crimea, precisamente nel centro di Pogonovo, mentre il 15 aprile 2021 ha annunciato arbitrariamente la chiusura di intere aree nel Mar Nero, operazione condannata fermamente dal Ministro degli esteri ucraino come una "grave violazione del diritto alle libertà di navigazione" (Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, New York, 10 dicembre 1982, sezione III, articolo 19);

            gli incontri intercorsi tra il Governo ucraino, i Paesi membri dell'Unione europea e i Paesi membri della NATO hanno sancito appelli di ferma condanna nei confronti della Russia e l'auspicio di una risoluzione diplomatica dell'avanzata russa in Ucraina mentre la Russia, in un incontro congiunto con il presidente Joe Biden, lo scorso 7 dicembre, ha rivendicato la pericolosa avanzata NATO ai confini della Russia chiedendo "garanzie giuridiche affidabili", tali da impedire alla NATO una estensione oltraggiosa verso Est;

            difatti la crisi ucraina è il risultato di un percorso trentennale, che ha visto una costante espansione dell'Alleanza Atlantica della NATO verso l'Europa orientale, fino a mettere di fatto in discussione gli accordi ed equilibri del periodo post-guerra fredda. Dall'impegno dell'ex segretario di Stato USA, James Baker, che nel 1990 dichiarò "la NATO non si sposterà d'un pollice verso Est", l'adesione di Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Estonia, Lettonia, Lituania, Bulgaria, Romania, Slovacchia, Slovenia, Albania, Croazia, Montenegro e Macedonia del Nord ha difatti comportato sino ad oggi l'allargamento della NATO da 16 a 30, esacerbando negli anni i già fragili e complessi rapporti di sicurezza tra occidente e oriente;

            il conflitto Russia-Ucraina ha di fatto radici in un assetto di rapporti e interessi che va ben oltre quello dei due Paesi in questione, inserendosi nello storico scontro tra Russia e USA, per le loro mire espansionistiche ed interessi economici; conflitto reso ancora più aspro in quanto le due grandi potenze sono portatrici ed esportatrici di modelli economici e sociali radicalmente antitetici. Già negli ultimi mesi, il delinearsi di schieramenti sempre più evidenti e contrapposti non faceva presagire una svolta pacifica del suddetto quadro geopolitico. Sul fronte filorusso si sono registrati diversi eventi significativi come la concessione della Bielorussia alla Russia di parte del proprio territorio di confine per l'attraversamento della frontiera ucraina, nonché l'incursione di nove caccia militari cinesi, in appoggio alla Russia, nella zona di identificazione aerea di Taiwan; sul fronte occidentale, invece, la continua militarizzazione dei Paesi di confine con la Russia, annessi negli ultimi decenni all'Unione europea e alla NATO e la minaccia di sanzioni da parte dell'Unione europea, che si sono storicamente dimostrate un inefficace strumento di pressione politica, con gravi ricadute sulla popolazione civile e sul nostro tessuto produttivo e fabbisogno energetico;

            le conseguenze socio-economiche di una guerra si riversano sempre e soprattutto sulla popolazione civile, sia essa la parte lesa che subisce il conflitto o quella che lo determina, perché i conflitti armati non fanno mai sconti a nessuno e il risultato è sempre lo stesso: sofferenza, perdite di vite umane, violenze psicologiche, paura, devastazione, violazione di diritti e il forte aumento dei flussi migratori della popolazione in fuga;

            il nostro Paese, membro della NATO dal 1949, ha relazioni storiche sia con l'Ucraina che con la Russia. Quanto alla prima, nella sfera economica, dopo il 2015 l'Italia è diventata il partner numero uno in Europa per gli esportatori ucraini. A conferma di ciò, dal 1° gennaio 2016, data di inizio dell'area di libero scambio tra l'Ucraina e l'Unione europea, l'export italiano verso l'Ucraina è cresciuto del 40 per cento. Con la Russia, invece, come evidenziato lo scorso 26 gennaio 2022 nel corso di un incontro tra la delegazione russa e un gruppo di imprenditori italiani, il nostro Paese ha legami economici principalmente collegati alla fornitura di gas russo, che rappresenta il 46 per cento dei consumi italiani, intensi rapporti di import-export, nonché importanti e storici rapporti bilaterali di amicizia e collaborazione nel settore economico, diplomatico e culturale, con oltre 500 imprese presenti nel Paese e rapporti bilaterali particolarmente intensi nel settore energetico, aerospaziale, automobilistico, agroalimentare, delle costruzioni, bancario ed assicurativo e investimenti diretti esteri (IDE);

            attraverso il cosiddetto "decreto Ucraina", l'Italia ha autorizzato il potenziamento di personale militare e dispostivi per la sorveglianza dello spazio aereo e navale sul fronte orientale della NATO e, a seguito della repentina escalation ha autorizzato altresì la presenza di 250 uomini in Lettonia, 130 soldati e 14 velivoli in Romania e 235 marinai, 2 navi e un aereo per il pattugliamento del Mar Nero. Infine verranno impiegate le cosiddette "forze ad alta prontezza": 1.350 soldati, 77 mezzi terrestri, 2 navali e 5 aerei, cedendo altresì materiale militare non letale. Vengono stanziati inoltre fondi per gli aiuti umanitari in Ucraina, si procede al rafforzamento nel periodo del conflitto dell'Unità di crisi del Ministero degli esteri per la tutela dei connazionali all'estero e la Protezione civile, che avrà la facoltà di intervenire anche in Ucraina in caso di emergenze umanitarie;

            il nostro Paese, secondo l'articolo 11 della nostra Costituzione, "ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustiziafra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo";

            ai fini della risoluzione del conflitto, l'invio di ulteriori assetti, armi e contingenti non farebbe che alimentare la spirale pericolosa della guerra, mentre sarebbe altamente opportuno utilizzare tutti gli strumenti della diplomazia e favorire il dialogo tra tutte le parti;

            per concedere l'avvio e il coinvolgimento eventuale nelle operazioni NATO in Ucraina o per l'invio di personale militare nella stessa è necessario il voto del Parlamento, con tutte le dovute valutazioni sul rischio associato ai sistemi d'arma nucleare e all'aumento delle spese militari in un contesto di bilancio economico non già favorevole vista l'emergenza sanitaria che stiamo ancora fronteggiando e che ha portato ricadute economiche negative, primo fra tutti il calo del potere d'acquisto;

            al termine della guerra fredda e con la caduta del muro di Berlino, la NATO ha progressivamente perso la propria caratteristica di "alleanza difensiva", fino a mutare i propri principi generali in seguito agli eventi dell'11 settembre 2001, divenendo di fatto una vera e propria organizzazione militare tra i Paesi membri, che storicamente si è dimostrata, più spesso, fattore di guerra e non di pace,

       impegna il Governo:

            a rafforzare ogni azione diplomatica volta alla risoluzione del conflitto in atto, promuovendo il dialogo tra Stati;

            a non partecipare ad alcun intervento militare italiano, a ritirare gli assetti militari dispiegati e a farsi promotore dei valori di pace e dialogo in seno all'Unione europea esortando gli Stati membri all'invio di aiuti umanitari ed escludendo armamenti e materiale bellico;

            a farsi promotore in sede internazionale di una politica di disarmo, promuovendo un nuovo progetto di sicurezza europea e internazionale fondato sulla cooperazione tra Stati, non ispirata al militarismo;

            ad estendere ad un anno il visto per i cittadini ucraini regolarmente presenti sul territorio italiano titolari di visto a qualunque titolo rilasciato;

            ad utilizzare il novellato strumento della protezione speciale di cui all'articolo 19, comma 1.1, del Testo unico immigrazione come modificato dal decreto-legge n. 130 del 2020 che ha reintrodotto il riferimento agli obblighi costituzionali di cui all'articolo 5, comma 6, del Testo unico immigrazione, per il riconoscimento in capo ai cittadini ucraini presenti sul territorio italiano della citata protezione speciale, convertibile per motivi di lavoro, famiglia, studio e/o formazione professionale; altresì a consentire il riesame delle domande di protezione internazionale avanzate da cittadini ucraini la cui pratica si sia negativamente conclusa in sede amministrativa e/o giudiziaria;

            a promuovere la neutralità dell'Ucraina in sede internazionale quale via pacifica di risoluzione del conflitto;

            a creare dei corridoi umanitari per la popolazione ucraina e per la popolazione migrante in fuga dal Paese, nonché la salvaguardia degli ospedali del territorio, in particolare quelli dedicati a malati oncologici e pediatrici;

            a farsi promotore in seno all'Unione europea dei valori di pace e di non conflitto così come ribaditi dalla nostra Costituzione e di promuovere valori di pace, disarmo e dialogo quale unica via internazionale di risoluzione dei conflitti;

            ad attivarsi in tutte le sedi opportune al fine di promuovere e ospitare a Roma una Conferenza di pace e per il disarmo che coinvolga tutte le parti in conflitto;

            a coinvolgere maggiormente in tutte le fasi di discussione e approvazione delle scelte di Governo le forze politiche di maggioranza e di opposizione al fine di instaurare uno spirito di piena collaborazione per tutelare maggiormente la posizione storicamente pacifista del nostro Paese.

(6-00210) n. 3 (01 marzo 2022)

Crucioli, Angrisani, Lannutti, Moronese, Botto, Lezzi, Granato, Giannuzzi.

Respinta

Il Senato,

            udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sugli sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina;

        premesso che:

            nella notte dello scorso 24 febbraio la Federazione Russa ha avviato un attacco militare su larga scala nel territorio dell'Ucraina e delle autoproclamate repubbliche secessioniste di Donetsk e Lugansk, da lungo tempo sotto il controllo dei separatisti filorussi;

            per giustificare l'inizio delle manovre, il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha affermato che l'operazione militare nasce dalla volontà di difendere le minoranze russe e russofone dalle aggressioni del Governo nazionalista di Kiev e mira a "demilitarizzare" e "denazificare" l'Ucraina;

            l'operazione militare russa si è spinta ben oltre le rivendicazioni territoriali delle autoproclamate repubbliche secessioniste causando già centinaia di vittime anche tra i civili ucraini e masse di sfollati riversatesi alle frontiere degli altri Stati europei;

            l'operazione è l'ultimo deliberato e pericoloso sviluppo di una catena di eventi di un conflitto innescatosi in Ucraina nel 2014 con la caduta del Governo filorusso di Viktor Janukovič, sostituito da un Governo europeista, filoamericano e marcatamente antirusso, alla fine di un percorso analogo a quello di altre cosiddette "rivoluzioni colorate" occorse in quel periodo storico in altre repubbliche ex sovietiche;

            in quello stesso anno Mosca ha ripreso il controllo della Crimea, penisola a maggioranza russa riannessa alla federazione in seguito ad apposito referendum popolare del 16 marzo, che si pronunciò in tal senso; tale referendum era stato preceduto dalla dichiarazione d'indipendenza dall'Ucraina dell'11 marzo, che faceva riferimento alla sentenza della Corte internazionale di giustizia sul Kosovo del 22 luglio 2010, la quale aveva affermato che la dichiarazione d'indipendenza del Kosovo non aveva violato il diritto internazionale né la Risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;

            nella primavera del 2014, nel Donbass, area dell'Ucraina orientale a maggioranza russa, sono state proclamate le due repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk che, fino a oggi, sono state teatro di un ininterrotto conflitto armato tra le forze di Kiev e le due entità separatiste, riconosciute formalmente da Mosca solo lo scorso 21 febbraio 2022;

            in questi ultimi otto anni il Donbass è stato oggetto di numerosi bombardamenti da parte delle forze ucraine, con l'obiettivo di riprendere il controllo dei territori in mano ai separatisti russofoni;

            tali bombardamenti sembrerebbero aver provocato circa 14.000 morti, di cui molti civili tra la popolazione russa e russofona, ma tali operazioni non hanno ricevuto alcuna condanna da parte della comunità internazionale occidentale e non hanno ricevuto alcuna copertura mediatica nella stampa mainstream;

            più in generale, la crisi ucraina risente anche di un percorso trentennale che, venuta meno l'Unione sovietica, ha visto una costante espansione dell'Alleanza Atlantica e della NATO in Europa orientale verso le frontiere della Federazione Russa, fino a mettere in discussione gli accordi e gli equilibri che hanno caratterizzato il periodo post-guerra fredda;

            prima di avviare l'operazione militare il Cremlino ha richiesto irrevocabilmente il riconoscimento delle due repubbliche popolari del Donbass, il ritiro della richiesta ucraina di adesione alla NATO e la smilitarizzazione della regione;

            nella prospettiva di Mosca, infatti, l'ingresso dell'Ucraina nel dispositivo militare NATO avrebbe un elevato significato simbolico e, soprattutto, avrebbe delle immediate conseguenze per la sicurezza della Federazione Russa;

            nonostante alcune aperture da parte degli Stati Uniti e dell'Alleanza Atlantica sulla non immediata adesione dell'Ucraina alla NATO, l'approccio massimalista del presidente Putin, che fin da subito ha schierato l'esercito ai confini ucraini, ha portato la NATO alla mobilitazione di oltre 8.000 soldati, in particolare in Polonia e nei Paesi Baltici; tale irrigidimento ha così determinato una brusca interruzione del dialogo e ha contribuito alla spirale di degenerazione culminata nell'aggressione russa;

            il 27 febbraio, a quattro giorni dall'inizio dell'operazione militare, le parti russe e ucraine hanno accettato di incontrarsi in un tavolo di negoziato da tenersi nella mattina del 28 febbraio nella città bielorussa di Gomel;

            nelle ore immediatamente successive all'annuncio del negoziato tra le parti in conflitto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato che "per la prima volta in assoluto'" l'Unione europea finanzierà l'acquisto e la consegna di armi all'Ucraina per un valore di 500 milioni di euro;

            contestualmente, l'Alto rappresentante UE per gli affari esteri, Josep Borrell, ha dichiarato: "È caduto un altro tabù, che l'Europa non fornisce armi durante una guerra. Lo facciamo, perché viviamo in tempi senza precedenti";

            nella stessa serata del 27 febbraio, il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Luigi Di Maio, ospite di CTCF su Rai3, ha dichiarato che "l'Unione europea finanzierà l'acquisto di armi da dare a civili e militari ucraini";

            fornire armi a un Paese in conflitto alla vigilia di un negoziato di pace è un atto che suscita estrema preoccupazione per le evidenti conseguenze che gettano benzina sul fuoco e pregiudicano il negoziato stesso;

            è altresì di ulteriore estrema gravità che tali armi vengano assegnate anche alla popolazione civile, aprendo le porte a uno scenario di caos e guerriglia dai risvolti drammatici per la stessa popolazione civile e prolungando a tempo indefinito la durata del conflitto;

            da ultimo, si rileva che fornire armamenti a un Paese in conflitto è vietato dall'articolo 11 della Costituzione e dalla legge 9 luglio 1990, n. 185, che regola l'esportazione e la fornitura dei materiali di armamento, ed è in pieno contrasto con i princìpi e le finalità della medesima;

            è inoltre opportuno ricordare che la soluzione del conflitto in corso non potrà certo passare attraverso l'imposizione di alcune sanzioni finanziarie che, non solo si sono storicamente dimostrate un inefficace strumento di pressione politica, ma avranno inevitabilmente gravi ricadute sul nostro tessuto produttivo, sul nostro sistema bancario - il più esposto in termini finanziari rispetto agli altri Paesi europei - e sul nostro fabbisogno energetico;

            ancora più dannoso ai fini della risoluzione del conflitto sarebbe l'invio di ulteriori assetti, armi e contingenti alle frontiere con la Federazione Russa che, al contrario, non farebbe che alimentare la spirale della guerra;

            per addivenire a una risoluzione del conflitto è al contrario opportuno utilizzare tutti gli strumenti della diplomazia e favorire il dialogo tra tutte le parti;

            sia l'operazione decisa da Vladimir Putin, sia le novità assolute introdotte dall'Unione europea in termini di coinvolgimento militare e trasformazione della sua missione istituzionale, espongono l'ordine internazionale a rischi estremi e a un azzardo che rende il mondo più insicuro;

            nonostante la capacità di importazione annua tramite gasdotti sia notevolmente superiore rispetto alla media annuale dei consumi degli ultimi dieci anni, l'errata strategia energetica ha reso l'Italia estremamente vulnerabile nei confronti di una diminuzione di importazione di gas russo che potrebbe ripercuotersi sui prezzi e a cascata su famiglie e imprese;

            infine non bisogna sottovalutare gli effetti che il conflitto potrebbe generare in termini umanitari e di migrazioni di massa di persone costrette a scappare dalle zone oggi in conflitto e per le quali l'approccio più opportuno sarebbe quello di preparare una equa distribuzione degli accoglimenti almeno su scala europea al fine di garantire il pieno godimento dei diritti fondamentali;

            pesa il contesto del rischio associato ai sistemi d'arma nucleare da quando è stata posta fine al Trattato INF sui missili nucleari a raggio intermedio, evento che ha aperto nuovi spazi per una pericolosa corsa agli armamenti in cui le grandi potenze nucleari guardano all'Europa come possibile teatro di dislocazione dei nuovi missili,

        impegna il Governo:

                l) ad attivarsi in tutte le opportune sedi al fine di promuovere e ospitare a Roma una Conferenza di pace e per il disarmo che coinvolga tutte le parti in conflitto;

                2) a promuovere una soluzione diplomatica e contribuire a una de-escalation del conflitto astenendosi da qualsiasi iniziativa di tipo militare;

                3) a fornire aiuti umanitari e contributi alla cooperazione internazionale a sostegno della popolazione civile nelle aree interessate dal conflitto;

                4) a non partecipare ad alcuna operazione militare e a ritirare ogni assetto militare dispiegato;

                5) a non rafforzare il dispiegamento di armamenti e assetti militari in prossimità dei confini ucraini;

                6) a non fornire armi o armamenti all'Ucraina e a tutti i Paesi che potrebbero essere coinvolti direttamente o indirettamente nel conflitto;

                7) a promuovere una seria politica energetica pianificando interventi che puntino a rendere l'Italia gradualmente libera dalle fonti fossili e dall'energia nucleare;

                8) a promuovere in sede europea immediate iniziative atte a dare il massimo conforto e accoglienza alle popolazioni che saranno costrette a scappare dai luoghi del conflitto prevedendo una equa ripartizione dei flussi migratori tra i Paesi europei, tenendo altresì in considerazione i flussi migratori degli ultimi anni provenienti da altri Paesi;

                9) ad attivarsi in tutte le opportune sedi multilaterali al fine di impedire l'istituzione di nuove ulteriori sanzioni economiche contro la Federazione Russa che, inevitabilmente, colpirebbero anche l'Italia, a iniziare dalle restrizioni nel circuito SWIFT;

                10) a farsi promotore in seno all'Unione europea affinché vengano predisposte tutte le iniziative utili al fine di istituire una commissione di dialogo permanente tra le istituzioni europee e quelle russe finalizzata alla graduale rimozione delle sanzioni e delle controsanzioni attualmente in vigore tra Unione europea e Federazione russa.

(6-00211) n. 4 (01 marzo 2022)

Fattori.

Respinta

Il Senato della Repubblica,

        premesso che:

            condanna con la massima fermezza le azioni militari della Russia in Ucraina che apre scenari angoscianti, mette in pericolo la sicurezza globale e si pone in palese violazione del diritto internazionale ed in particolare della Carta delle Nazioni Unite, che all'articolo 2 paragrafo 4 impone agli Stati di astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall'uso della forza dirette "contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di qualsiasi Stato";

            ritiene sia necessario il massimo impegno dell'Italia e dell'Unione europea in ogni sede internazionale per la fine immediata delle ostilità, per una ripresa dei canali diplomatici e la costruzione di un processo di pace; ricorda l'inviolabile obbligo costituzionale di ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali ed esclude pertanto qualsiasi partecipazione militare dell'Italia al conflitto e la fornitura di armi;

            esprime la massima solidarietà alla popolazione ucraina coinvolta nel conflitto, alle donne, gli uomini e i bambini le cui vite sono state colpite da questo attacco ingiustificabile; ritiene che il tributo umano potrebbe essere catastrofico e che sia inaccettabile che le vittime principali di questo conflitto, come di ogni conflitto, siano le popolazioni civili inermi e guarda con angoscia al probabile aggravarsi della loro condizione;

            considera importanti le parole di Papa Francesco, che si schiera apertamente per la pace e contro la guerra ricordando che "chi fa la guerra dimentica l'umanità. Non sta dalla parte della gente, non guarda la vita concreta delle persone, ma mette davanti a tutto gli interessi di parte e di potere, si affida alla logica perversa e violenta delle armi. In ogni conflitto la gente comune è la vera vittima, che paga sulla propria pelle le follie della guerra. Penso agli anziani, a quanti in queste ore cercano rifugio, alle mamme in fuga con i loro bambini. Sono fratelli e sorelle per le quali è urgente aprire corridoi umanitari e che vanno accolti" e ribadendo che "chi ama la pace, come recita la Costituzione italiana, ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie inlernazionali";

            considera urgente mettere in campo una risposta coordinata di aiuto umanitario alla popolazione colpita e che l'Italia e l'Unione europea non facciano mancare il proprio contributo in questo senso. E fondamentale che sia consentito un accesso ed una agibilità operativa sicura e senza restrizioni per tutte le organizzazioni impegnate nell'aiuto e che allo stesso tempo siano strutturati corridoi umanitari per chi si trova costretto a lasciare il Paese;

            tra le conseguenze umanitarie dell'attuale conflitto si prevede un numero altissimo di sfollati e rifugiati e che rispetto a queste persone non dovrà venir meno un impegno concreto ed effettivo di solidarietà e accoglienza. Constata tuttavia che, come già dimostrato in numerose altre situazioni come la recente crisi ai confini tra la Polonia e la Bielorussia, l'attuale quadro normativo dell'UE per l'accoglienza dei rifugiati risulta ancora inadeguato sia in termini di solidarietà che di garanzie per il rispetto del diritto internazionale;

            ritiene necessario definire a livello internazionale un meccanismo di accertamento oggettivo dei fatti per raccogliere le prove delle violazioni del diritto umanitario internazionale e degli abusi dei diritti umani negli attuali combattimenti, in quelli intercorsi negli anni precedenti e in qualsiasi occupazione che possa seguire;

            condanna il riconoscimento da parte della Russia della Repubblica Popolare di Donetsk e della Repubblica Popolare di Lugansk, ricorda però al contempo che gli accordi di Minsk avevano stabilito una tabella di marcia per la pace e la reintegrazione di quelle regioni controllate dai separatisti sotto uno "status speciale" e che questo impegno è stato disatteso. Ritiene che il riconoscimento dell'autonomia e il rispetto della popolazione russofona di queste regioni, nello spirito degli accordi di Minsk, può essere un elemento importante per la definizione di un nuovo equilibrio di pace;

            deplora con forza il rafforzamento di formazioni politiche e paramilitari di estrema destra in Ucraina, spesso protagoniste dei combattimenti nelle province separatiste e del condizionamento dell'agenda politica ucraina, anche per quanto riguarda la mancata applicazione di quei punti degli accordi di Minsk che prevedevano un'intesa con i separatisti e una maggiore autonomia di quelle regioni. Ricorda che diverse autorevoli fonti, tra cui Amnesty International e l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) hanno denunciato che tali formazioni si sono rese responsabili di numerose atrocità anche contro la popolazione civile. Sottolinea che qualsiasi correlazione con tali formazioni è di fatto incompatibile con "i valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze" esplicitati all'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea;

            ritiene che la progressiva espansione della NATO e, ancor più, un continuo incremento della sua capacità militare nell'Est Europa sia stato un errore strategico grave e consistente. La crisi attuale dimostra la fallacia, anche in termini di deterrenza, di una politica fondata sulla polarizzazione e la corsa agli armamenti. È emblematico come nelle difficili giornate precedenti lo scoppio del conflitto, proprio mentre erano in corso tentativi diplomatici volti a prevenirlo, abbiamo assistito ad un atteggiamento volto ad inasprire e ad aumentare la tensione in assenza di un comportamento equilibrato volto a favorire una, pur difficile, de-escalation. Ricorda che la NATO è stata costituita sulla base di un accordo di difesa collettiva e che la sua finalità dovrebbe essere quella di assicurare la pace e la sicurezza, ritiene pertanto che andrebbe escluso qualsiasi suo coinvolgimento in questo contesto;

            constata che la crisi attuale trova tra le sue molteplici cause anche il venir meno di un approccio multilaterale alle relazioni internazionali e la forzatura ideologica e materiale su un sistema polarizzato che penalizza l'esercizio del dialogo e delegittima persino i luoghi in cui questo avviene. Il ruolo marginale svolto in questa crisi dalle Nazioni Unite e dall'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) è un sintomo evidente di questa polarizzazione. Ritiene quindi che il necessario e urgente percorso di pace debba essere incardinato all'interno della rilegittimazione dei luoghi multilaterali dove poter ricercare, non senza fatica, soluzioni più avanzate e condivise che garantiscano l'effettiva sicurezza globale;

            I'Unione europea è risultata in questi anni schiacciata in questo meccanismo di polarizzazione globale e non è stata capace di svolgere quel ruolo autonomo in un contesto multilaterale che sarebbe stato necessario. La difesa della pace, della democrazia e dei diritti umani nel mondo sono elementi costitutivi dell'Unione e su questi deve basarsi la sua azione esterna e quella autonomia strategica che oggi sembra essere distante dalla concretizzazione effettiva. All'Unione, che oggi vede ai propri confini un conflitto così drammatico e carico di possibili conseguenze per la propria sicurezza, spetta il compito di lavorare per il raffreddamento delle tensioni e per i processi di pacificazione attraverso gli strumenti della diplomazia e del negoziato. È interesse dell'Unione nel suo complesso farsi carico di tutte le paure di sicurezza del proprio confine orientale, ma nella consapevolezza che la strada di un progressivo e reciproco disarmo rappresenta l'unica effettiva garanzia di reciproca sicurezza per l'UE, per l'Ucraina e per la Russia;

            bisogna da subito lavorare, insieme all'immediato cessate il fuoco, alla convocazione di un negoziato di pace multilaterale che abbia al centro la definizione di un piano concreto di disarmo e smilitarizzazione reciproca dell'area. In questo contesto, attorno alla definizione di uno "status neutrale" per l'Ucraina, non escluso dallo stesso presidente Zelensky, è possibile lavorare per costruire delle garanzie di sicurezza e di pacificazione del conflitto;

            ritiene necessario sostenere, insieme all'immediato cessate il fuoco, la proclamazione di "Kiev città aperta", come proposto dalla Comunità di Sant'Egidio;

            il necessario percorso di disarmo deve riguardare in particolare le armi nucleari. Sebbene il Trattato di non proliferazione (TNP) rappresenti ancora oggi un riferimento imprescindibile, i progressi compiuti per quanto riguarda l'obiettivo di disarmo sono ancora molto limitati e i tentativi di conseguire l'universalizzazione del Trattato non sono riusciti. Occorre quindi un avanzamento significativo che porti allo smantellamento almeno dei missili a lungo e medio raggio in Europa e nella Russia occidentale e una adesione formale ed effettiva anche al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW);

            considera che le sanzioni sono uno strumento di deterrenza da utilizzare sapendo discernere tra i vari strumenti a disposizione e da inserire progressivamente. Occorre evitare che le sanzioni determinino danni alla popolazione russa, come nel caso dell'universalizzazione dei divieti di visto, e conseguenze sociali per i cittadini europei. Sono invece sicuramente necessarie azioni forti contro i responsabili politici, le istituzioni finanziarie che li sostengono, ed è urgente concentrarsi sui patrimoni dei grandi oligarchi russi che hanno in Europa ingenti capitali. Questo richiederebbe una forte misura di trasparenza globale sui grandi patrimoni, che in questo contesto agevolerebbe la messa in campo di sanzioni effettivamente deterrenti e, più in generale, sarebbe un fondamentale strumento di contrasto alle pratiche diffuse di elusione fiscale;

            questa crisi geopolitica e militare è inevitabilmente legata nel suo sviluppo e nelle sue conseguenze alla questione energetica. La riduzione della dipendenza energetica dalla Russia è sicuramente necessaria, ma deve svilupparsi nel quadro di una complessiva strategia che rifletta le ambizioni degli impegni assunti contro il cambiamento climatico. In questo senso bisogna evitare che la giusta riduzione della dipendenza energetica si traduca nella ricerca di forniture più costose e cariche di maggiori conseguenze ambientali, in rapporti economici subalterni o in pericolosi passi indietro come il ricorso al nucleare;

            ritiene di grande importanza il crescere in tutto il mondo di diffuse e grandi mobilitazioni per la pace; crede poi sia particolarmente preziosa la protesta della società civile che si è sviluppata in questi giorni in numerose città russe contro l'intervento militare e per la pace. In queste migliaia di donne e uomini risiede la speranza migliore per una vera costruzione di pace e per una più profonda democratizzazione della Russia. Condanna fortemente quindi la repressione e gli arresti dei manifestanti;

            ricorda che dalla Russia sono partiti in questi anni numerosi tentativi di interferenza nei processi democratici nei Paesi europei. Abbiamo infatti assistito a contatti, connessioni politiche e presunti finanziamenti occulti a partiti, figure e movimenti politici della destra europea e alla organizzazione di campagne di disinformazione che hanno avuto spesso come bersaglio migranti, donne, comunità LGBITQ e minoranze,

        impegna il Governo:

            ad utilizzare tutti i mezzi della diplomazia e della pressione internazionale per una cessazione immediata degli scontri;

            a ribadire alla Russia l'urgenza del ritiro delle proprie forze da tutto il territorio ucraino e la revoca immediata del riconoscimento della Repubblica Popolare di Donetsk e della Repubblica Popolare di Lugansk;

            a garantire il massimo supporto e un immediato aiuto umanitario alla popolazione coinvolta nel conflitto, lavorando al contempo per garantire passaggi e spazi d'azione sicuri per le agenzie internazionali e le organizzazioni non governative impegnate nel soccorso e nell'aiuto e per la costruzione di corridoi umanitari;

            ad escludere qualsiasi forma di reazione militare all'attacco russo in Ucraina e di fornitura di armi e a favorire una progressiva de-escalation e alla apertura di un tavolo negoziale;

            a sostenere la società civile pacifista che in queste giornate chiede una cessazione immediata delle ostilità;

            ad investire su un nuovo protagonismo dell'Unione europea per la pace, nel quadro di una sua effettiva autonomia strategica, a riaprire una prospettiva di relazioni multilaterali, ad opporsi a progetti di ulteriore allargamento della NATO e a sostenere, anche in quella sede, un progressivo impegno di disarmo dall'area;

            a mettere in campo misure urgenti volte a mitigare le conseguenze sociali delle sanzioni e di farlo mantenendo un orientamento marcatamente redistributivo che guardi prioritariamente alla perdita di potere d'acquisto delle famiglie in maggiore difficoltà economica;

            a lavorare all'interno delle istituzioni dell'Unione europea affinché a misure sanzionatorie dure come quelle predisposte corrisponda, in vista di una sua profonda e piena riforma, anche la sospensione del Patto di stabilità e crescita;

            a definire misure di riduzione della dipendenza energetica dal gas che siano fondate sul potenziamento delle energie rinnovabili.

(6-00212) n. 5 (01 marzo 2022)

Paragone, De Vecchis, Giarrusso, Martelli.

Respinta

Il Senato,

            udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sugli sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina,

         premesso che:

            la crisi tra Russia e Ucraina è il risultato di un contrasto che dura apertamente dal 2014, dopo la rivoluzione di Euromaidan, culminata con la cacciata dell'allora presidente Janukovyč, quando Mosca ha invaso la penisola di Crimea e sostenuto i movimenti separatisti nella regione del Donbass, in Ucraina orientale;

            in risposta all'aggressione russa, scaturita dall'espansione a Est della NATO, il Consiglio europeo ha approvato due pacchetti di misure restrittive nei confronti della Federazione Russa che riguardano i settori della finanza, dell'energia, dei trasporti, delle tecnologie e della politica in materia di visti;

            i Paesi occidentali, Italia compresa, con una dichiarazione congiunta, hanno altresì deciso di escludere le banche russe dal sistema internazionale bancario SWIFT: "Noi, i leader della Commissione europea, di Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Canada e Stati Uniti condanniamo la guerra decisa da Putin e gli attacchi alla nazione sovrana e al popolo ucraino" e "siamo con il Governo ucraino e il popolo ucraino nei loro sforzi eroici per resistere all'invasione", comunicando ufficialmente l'impegno "a garantire che le banche russe selezionate vengano rimosse dal sistema di messaggistica SWIFT. Ciò garantirà che queste banche siano disconnesse dal sistema finanziario internazionale e danneggino la loro capacità di operare a livello globale";

            da quanto si apprende dagli analisti di mercato, ad oggi, le misure imposte graverebbero maggiormente sul lungo periodo per gli Stati che le applicano;

         considerato che:

            in Italia ci sono circa 300 imprese che hanno importanti relazioni commerciali con Mosca che potrebbero risentire della guerra contro l'Ucraina e delle sanzioni occidentali; la Russia è infatti la quattordicesima destinazione al mondo per l'esportazione del made in Italy per oltre 7 miliardi di euro, a fronte di 12,6 miliardi di importazioni, in particolare gas e materie prime, per circa l'80 per cento, per un interscambio totale nel 2021 di circa 20 miliardi di euro;

        considerato altresì che:

            l'Ucraina, per la propria collocazione geografica, è un punto di passaggio cruciale per la fornitura di gas dalla Russia al resto d'Europa;

            dai dati forniti dall'Istituto per gli studi di politica internazionale, il 36 per cento del gas importato dall'UE (50 per cento se si considerano solo le importazioni extraeuropee) proviene da Mosca e negli ultimi anni, a causa dei problemi di produzione in Norvegia e Algeria e a causa dell'instabilità in Libia la dipendenza dal gas russo è aumentata e divenuta strutturale. L'Italia è, fra i Paesi europei, il più vulnerabile per la propria dipendenza dalla fornitura di gas russo. Nel mix energetico, il ricorso al gas naturale pesa infatti per il 42,5 per cento;

        visto che:

            il pacchetto di misure adottate dal Consiglio dei ministri il 28 febbraio 2022 prevede: un nuovo stato d'emergenza per l'incremento di misure di soccorso e assistenza alle persone che stanno cercando rifugio nell'UE e sul territorio nazionale; aiuti anche militari all'Ucraina attraverso cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari; uno stanziamento di 10 milioni di euro per soccorso e assistenza alla popolazione ucraina e il razionamento del gas per far fronte ad una potenziale crisi energetica internazionale;

            l'invio di armi, munizioni, mezzi ed equipaggiamento militare rendono di fatto l'Italia un Paese belligerante, come spiegato da Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa;

            l'adozione di un nuovo stato di emergenza, a due anni dalla prima adozione di quello per la gestione dell'emergenza da Covid-19, finirebbe per limitare ancor di più le libertà personali e i diritti costituzionalmente garantiti;

            a parte i colloqui intercorsi tra il presidente francese Macron e il presidente della Federazione Russa Putin, i Paesi europei hanno di fatto interrotto il lavoro diplomatico in favore di un pericoloso appoggio bellico e di misure sanzionatorie che graverebbero pesantemente anche sulle economie interne,

        impegna il Governo:

            ad avviare relazioni diplomatiche indipendentemente dalla linea politica delle istituzioni europee;

            a non fornire armi all'Ucraina;

            a cessare lo stato d'emergenza decretato in seno al Consiglio dei ministri;

            a mettere in campo tutte le misure necessarie per salvaguardare l'interesse nazionale e cioè il posizionamento politico e strategico dell'Italia in Europa;

            a tutelare con misure economiche adeguate le imprese, di diversi settori, che da anni sono partner commerciali della Russia e che, quindi, contribuiscono al PIL italiano;

            a promuovere in tutte le sedi opportune, esprimendosi anche mediante voto oppositivo e soprattutto all'interno delle organizzazioni di cui è membro, un processo di "de-escalation" globale volto a evitare che la proiezione esterna della forza militare di una nazione possa costituire un'inaccettabile potenziale minaccia per una o più altre nazioni.