RESOCONTO STENOGRAFICO
Presidenza del vice presidente CENTINAIO
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,38).
Si dia lettura del processo verbale.
STEFANI, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 21 novembre.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.
Comunicazioni della Presidenza
PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Sull'ordine dei lavori
PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che all'inizio della seduta il Presidente del Gruppo MoVimento 5 Stelle ha fatto pervenire, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento, la richiesta di votazione con procedimento elettronico per tutte le votazioni da effettuare nel corso della seduta. La richiesta è accolta ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento.
Parlamento in seduta comune, convocazione
PRESIDENTE. Comunico che il Parlamento in seduta comune è convocato giovedì 28 novembre 2024, alle ore 9, con all'ordine del giorno la votazione per l'elezione di quattro giudici della Corte costituzionale. Voteranno per primi gli onorevoli deputati.
Discussione dei disegni di legge:
(915) BUCALO ed altri. - Modifiche alla legge 2 agosto 1999, n. 264, in materia di accesso ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia
(916) ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA. - Modifiche alla legge 2 agosto 1999, n. 264, in materia di abolizione del numero chiuso o programmato per l'accesso ai corsi di laurea in medicina e chirurgia e delle professioni sanitarie
(942) MARTI ed altri. - Modifica alla legge 2 agosto 1999, n. 264, in materia di accesso alla facoltà di medicina e chirurgia e delega al Governo per l'organizzazione delle attività formative universitarie della facoltà medesima
(980) FAZZONE ed altri. - Disposizioni in materia di abolizione del numero chiuso o programmato per l'accesso ai corsi di laurea in medicina e chirurgia e delle professioni sanitarie
(1002) ZAMBITO ed altri. - Delega al Governo in materia di accesso ai corsi universitari di area sanitaria
(Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (Relazione orale)(ore 16,43)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge nn. 915, 916, 942, 980 e 1002.
Il relatore, senatore Zaffini, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.
Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore.
ZAFFINI, relatore. Signor Presidente, onorevoli senatrici, onorevoli senatori, giunge all'esame dell'Assemblea il testo unificato dei disegni di legge nn. 915, 916, 942, 980 e 1002, che conferisce delega al Governo per la revisione delle modalità di accesso ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia, in odontoiatria e protesi dentaria e in medicina veterinaria.
Premetto un ringraziamento non formale nei confronti del presidente Marti, che mi ha designato in qualità di relatore, pur non essendo componente della 7a Commissione, a conferma di una sinergia complessiva fra la medesima 7a Commissione e la 10a Commissione, che mi onoro di presiedere; una sinergia davvero proficua, Presidente, anche al fine di far sì che il provvedimento in esame si inserisca armonicamente in un contesto normativo complessivo, oggetto di revisione, che interessa, tra le altre cose, anche la formazione specialistica dei medici e la formazione dei medici di medicina generale, oggetto di disegni di legge di iniziativa parlamentare di cui le Commissioni riunite hanno avviato l'esame la settimana scorsa con la relazione del collega Marti.
Nel testo unificato in discussione sono confluiti disegni di legge di iniziativa di forze politiche sia di maggioranza che di opposizione, oltre che una proposta legislativa dell'Assemblea regionale siciliana, a testimonianza, Presidente, di quanto sia condivisa a livello politico, nonché impellente a livello di società civile, l'esigenza di superare con un intervento legislativo le criticità presenti nell'attuale sistema di accesso ai suddetti corsi di laurea.
La 7a Commissione permanente ha svolto preliminarmente un ampio ciclo di audizioni, che ha consentito di acquisire l'orientamento del mondo universitario, degli studenti e degli ambiti professionali coinvolti. Tenendo conto dei significativi contributi forniti dagli auditi, il comitato ristretto, durante i mesi di febbraio, marzo e aprile 2024, ha condotto un lavoro impegnativo e costruttivo, contrassegnato da spirito di collaborazione, al fine di pervenire alla redazione di un testo unificato che rappresentasse una sintesi adeguata delle posizioni delle diverse forze politiche.
Il testo proposto dalla Commissione, all'esito dell'esame in sede in sede referente conclusosi il 16 ottobre 2024, risulta pertanto da un'approfondita disamina del tema in argomento, proseguita anche in fase emendativa. Il testo si compone, Presidente, di tre articoli, recanti rispettivamente le finalità e i principi generali, il conferimento della delega al Governo per la revisione delle modalità di accesso ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia, in odontoiatria e protesi dentaria e in medicina veterinaria e le modifiche di coordinamento.
L'articolo 1 finalizza la revisione delle modalità di accesso ai richiamati corsi di laurea magistrale al potenziamento del Servizio sanitario nazionale, in termini sia di numero dei medici chirurghi, odontoiatri e medici veterinari, sia della qualità della loro formazione, in attuazione dell'articolo 32 e nel rispetto dei principi di cui gli articoli 3 e 34 della Costituzione, nonché nel rispetto dell'autonomia delle università.
L'articolo 2 definisce i princìpi e i criteri direttivi della delega e il procedimento di adozione dei decreti legislativi.
Signor Presidente, tra i princìpi e i criteri direttivi, merita di essere evidenziata la fondamentale previsione che l'iscrizione al primo semestre dei corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia e odontoiatria e protesi dentaria e medicina veterinaria sia libera. Al fine di favorire l'efficace attuazione di tale misura si prevede l'individuazione di criteri di sostenibilità commisurati alla disponibilità dei posti nelle università. Resta quindi, a chiarimento di un equivoco lungamente coltivato, il numero programmato, la previsione che l'ammissione al secondo semestre dei corsi di laurea magistrale in argomento sia subordinata al conseguimento di tutti i crediti formativi stabiliti per gli esami di profitto del primo semestre, svolti secondo standard uniformi, nonché alla collocazione in posizione utile in una graduatoria di merito nazionale.
In caso di mancata ammissione al secondo semestre dei predetti corsi di laurea magistrale, è garantito comunque il riconoscimento dei crediti formativi conseguiti a determinate condizioni, ai fini del proseguimento degli studi in un diverso corso di laurea biomedica, sanitaria, farmaceutica e veterinaria, già indicato come seconda scelta al momento dell'iscrizione al primo semestre. Evidentemente, a tal fine, Presidente, viene resa obbligatoria e gratuita la doppia iscrizione limitatamente al primo semestre. E ricordo poi l'individuazione di modalità atte a consentire l'allineamento del contingente di posti disponibili nel secondo semestre dei predetti corsi di laurea con i posti disponibili per l'accesso ai corsi di formazione post laurea, tenendo conto del numero delle carenze di organico registrate dal Servizio sanitario nazionale sull'intero territorio nazionale. In coerenza con tale misura si prevede l'introduzione di un sistema di monitoraggio dei fabbisogni del personale del Servizio sanitario nazionale, al fine di intervenire a sostegno degli ambiti di specializzazione in cui si registrano eventuali carenze.
Altri princìpi ispiratori: la garanzia che il numero di studenti iscritti al primo semestre di corsi di laurea magistrale non sia considerato ai fini del riparto annuale del fondo per il finanziamento ordinario delle università; la promozione di percorsi di orientamento e di sviluppo delle vocazioni negli ultimi tre anni di scuola secondaria di secondo grado, assicurando la piena accessibilità ad essi su tutto il territorio nazionale; nonché la promozione di percorsi extra curricolari di formazione e di preparazione in collaborazione con le università, ai quali possono accedere studenti diplomati delle scuole secondarie di secondo grado.
L'articolo 3, infine, colleghi, dispone che con i decreti legislativi si provveda anche alla revisione della legge n. 264 del 1999 in materia d'accesso ai corsi universitari, nonché alla modifica e all'abrogazione di ulteriori disposizioni legislative in contrasto con i principi e i criteri direttivi di cui al provvedimento in esame.
Ringrazio, Presidente - me lo consenta - anche il ministro Bernini, qui presente oggi, a riprova ulteriore del suo interesse nei confronti del provvedimento al nostro esame, perché non ha mai fatto mancare ai lavori della Commissione i necessari supporto, consiglio e indirizzo. Ministro Bernini, la ringrazio. (Applausi).
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale.
È iscritta a parlare la senatrice Aloisio. Ne ha facoltà
ALOISIO (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, quest'oggi ci troviamo a dibattere un provvedimento molto atteso dai giovani che vogliono intraprendere la professione medica. In questo contesto è importante sottolineare che, al di là della propaganda e delle dichiarazioni d'occasione, nulla vi sia di concreto. Nei fatti, il numero chiuso non è stato abolito, bensì semplicemente spostato al secondo semestre.
Come è possibile considerare questo provvedimento soddisfacente quando le università stanno lottando per far fronte a tagli draconiani e carenze di risorse? È un vero gioco delle tre carte. È inaccettabile che i giovani italiani che hanno già affrontato sfide enormi a causa della pandemia e delle difficoltà economiche si trovino ora a dover fronteggiare un sistema che offre loro ben poche certezze.
Migliaia di studenti si preparano a intraprendere un percorso di studio lungo e difficile, investendo tempo, energie, risorse. E qual è la risposta del Governo al presente nell'oscurarsi del futuro come promessa in un futuro come minaccia? Un sistema che li illude, che promette opportunità senza garantirle.
Pertanto, siamo qui a chiedere all'Esecutivo di affrontare i problemi reali, di garantire un accesso equo e di qualità all'istruzione superiore e di sostenere le università in modo che possano formare professionisti competenti e preparati, ma nei fatti e non a chiacchiere. Sotto tale profilo, evidenzio che il testo in esame presenta alcune gravi criticità che meritano un'analisi approfondita. In primis, occorre riflettere sulla sostenibilità economico-finanziaria del mondo accademico, un aspetto che il Governo sembra affrontare con preoccupante leggerezza. Negli ultimi anni, le università italiane hanno subìto tagli ai bilanci che hanno sfiorato il 10 per cento.
Questa situazione è già di per sé critica, ma diventa ancor più preoccupante quando consideriamo l'incertezza riguardo ai finanziamenti statali per il 2025. La prospettiva di accogliere tra 40.000 e 60.000 studenti in più nelle facoltà di medicina è semplicemente insostenibile se l'Esecutivo non stanzia risorse in tempi rapidi. Invece, ci troviamo dinanzi a un provvedimento propagandistico per lo più che, relativamente a quanto è dichiarato nelle intenzioni, non fa seguire una manovra economica adeguata a sostegno di un settore che rappresenta uno dei pilastri del nostro Paese. È imperativo chiedersi come può un Governo responsabile avanzare una proposta che ignora palesemente le reali condizioni economiche delle università. È innegabile che, in assenza di un adeguato supporto economico, non sarà possibile formare professionisti competenti e ben preparati. La quantità non può sostituire la qualità. Questa riforma, invece, così come è concepita, rischia di trasformare i nostri corsi di laurea in un'industria di massa, dove il numero di studenti è prioritario rispetto alla qualità dell'istruzione che ricevono. È un approccio miope, che potrebbe portare a un deterioramento della preparazione dei medici, con conseguenze dirette sulla salute dei cittadini.
Onorevoli colleghi, ricordo che in Italia la spesa pubblica per l'istruzione da primaria a terziaria è pari al 70,4 per cento della spesa pubblica totale: un valore molto inferiore alla media OCSE, attestata al 10,6 per cento. Analogamente, secondo quanto confermato da GIMBE, al 2023 l'Italia per spesa sanitaria pubblica pro capite si colloca solo al sedicesimo posto tra i 27 Paesi europei dell'area OCSE e in ultima posizione tra quelli del G7. Inoltre, la spesa sanitaria pubblica si attesta al 6,2 per cento del PIL: percentuale inferiore sia rispetto alla media OCSE del 6,9 per cento, sia rispetto alla media europea del 6,8 per cento.
Passando alla questione, poi, della formazione e dell'accoglienza dei futuri medici, dobbiamo invece essere molto chiari: attualmente le risorse messe a disposizione per formare 20.000 studenti sono già al limite; se la riforma dovesse andare a regime, ci troveremmo a dover gestire un numero di studenti che potrebbe giungere fino a 80.000. È evidente che, senza un adeguato piano di finanziamento, non sarete in grado di garantire che questi studenti ricevano una formazione di qualità, e questo è inaccettabile. La formazione medica richiede non solo risorse finanziarie, ma anche un ambiente di apprendimento stimolante, con strutture adeguate e personale docente qualificato. Invece, la superficialità con cui il Governo propone questa riforma è allarmante e dimostra una mancanza di visione e responsabilità. E mi domando, inoltre, se sia stato valutato l'impatto di questo provvedimento sulle altre professioni sanitarie. Come sottolineato dalla Conferenza dei rettori proprio negli ultimi giorni, c'è un rischio concreto che la modifica della modalità di accesso ai corsi di laurea in medicina e chirurgia possa comportare una diminuzione dei candidati per altre professioni sanitarie.
Sia chiaro: anche se fossimo favorevoli a tale misura, ci chiediamo se abbiate considerato quanto appena evidenziato e come intendiate muovervi per non intaccare le altre professioni sanitarie.
Non si tratta di una questione oziosa o di una domanda provocatoria, ma realmente preoccupata perché non si evidenzia una risposta concreta a una simile istanza che proviene dal Movimento 5 Stelle, ma prima ancora dal mondo accademico. Non possiamo permettere che l'accessibilità diventi un'illusione che si traduce in una diminuzione della qualità. La salute dei cittadini è un bene prezioso e ogni decisione che prendiamo in questo ambito deve essere guidata da un profondo senso di responsabilità. La formazione di un medico non può essere ridotta a un semplice numero: è un processo complesso che richiede tempo, dedizione e risorse.
Ebbene, oggi siamo qui a discutere di una questione di fondamentale importanza, che tocca non solo il futuro del nostro sistema sanitario, ma anche la qualità della formazione dei professionisti che ne faranno parte. Per questo motivo sin dall'inizio abbiamo invitato il Governo ad ascoltare le voci di chi opera nel settore e ad elaborare un piano che garantisca non solo l'accesso, ma anche la qualità e la sostenibilità del nostro sistema formativo. Purtroppo le nostre richieste sono state il più delle volte ignorate, non considerando che la salute dei nostri cittadini e l'integrità del nostro sistema sanitario dipendono da decisioni informate e responsabili e non certo dagli slogan facili cui state abituando il Paese, ovvero l'eliminazione del test d'ingresso.
Sotto questo profilo evidenzio anche che abbiamo cercato di contrastare la volontà del Governo Meloni di sostenere ancora una volta il privato a scapito del pubblico. Mi riferisco in particolare alla bocciatura di un nostro emendamento che cancellava la possibilità, da parte delle università telematiche, di svolgere corsi di studi di area biomedica, sanitaria, farmaceutica e veterinaria. È notizia recente, rilanciata non più tardi di ieri sera dalla trasmissione «Lo stato delle cose», condotta da Massimo Giletti, lo scandalo delle facoltà telematiche, ovvero un'inchiesta sulle grandi truffe a danno dell'istruzione italiana, dove centinaia di persone, dopo aver pagato profumatamente dei corsi on line, si sono ritrovate titoli di studio e di specializzazione, diplomi e lauree completamente falsi. L'insegnamento di queste materie è un processo complesso, che richiede interazione, esperienze laboratoriali e un ambiente formativo stimolante che non può essere ridotto a un mero trasferimento di conoscenze tecniche teoriche attraverso il web. Abbiamo pertanto lottato, come opposizione, per garantire che l'istruzione universitaria, in particolare nei settori cruciali per la salute e il benessere della nostra società, sia di altissima qualità e ribadisco che non può passare tacitamente per i canali online.
Al netto delle evidenti criticità di questo testo, nonché delle risorse insufficienti ancora una volta messe in campo, riconosciamo che si è aperta una piccola finestra per dare una risposta alla carenza di personale sanitario del nostro Paese, inficiata tuttavia dalla mancanza di investimenti e dalla presenza ingombrante di un convitato di pietra, rappresentato dalle università telematiche. Riporto che negli ultimi giorni, alla costituente del MoVimento 5 Stelle, alla domanda se si era d'accordo con l'abolizione del numero chiuso delle facoltà di medicina per affrontare la carenza di personale e aumentare le borse di studio per le specializzazioni, garantendo così un ricambio generazionale, pur nel rispetto delle normative europee, 41.522 votanti su 46.402 (ovvero l'89,4 per cento) hanno votato sì.
Occorre tuttavia essere chiari. Questo provvedimento, seppur condivisibile nelle intenzioni, presenta troppe criticità che il MoVimento 5 Stelle ha evidenziato a più riprese. Onorevoli colleghi, nell'arco dei prossimi due anni andranno in pensione migliaia di medici che saranno sostituiti a fatica, e non solo per mancanza di giovani laureati e preparati, ma anche a fronte della pandemia che ha agito al riguardo quale cartina di tornasole, così come per gli insegnanti. Si tratta di una professione per cui, alla formazione e specializzazione e all'impegno richiesti, nella gran parte dei casi non corrisponde una retribuzione adeguata. Occorrerebbe pertanto non solo impegnare maggiori risorse per la sanità e la formazione, ma anche ripensare l'intero sistema, affinché ci si possa finalmente specchiare in un Paese migliore. (Applausi).
Saluto ad una rappresentanza di studenti
PRESIDENTE. Saluto a nome dell'Assemblea i docenti e gli studenti dell'Istituto di istruzione superiore «Francesco Selmi» di Modena, che stanno assistendo ai nostri lavori. (Applausi).
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 915, 916, 942, 980 e 1002 (ore 17,03)
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Crisanti. Ne ha facoltà.
CRISANTI (PD-IDP). Signor Presidente, grazie di avermi dato l'opportunità di intervenire su questo argomento. Prima di illustrare ed entrare nei dettagli del provvedimento, io vorrei fare una piccola ricostruzione storica. Quando è entrato in vigore il numero chiuso, gli iscritti a medicina hanno oscillato per un numero che va dagli 8.000 ai 9.000 per anno e sono progressivamente aumentati a 15.000 negli ultimi anni.
Signor Ministro, le riconosco di avere aumentato il numero a 20.000. E questo numero dobbiamo tenere bene a mente, per capire che cosa sta succedendo.
L'obiettivo del disegno di legge è superare il test di medicina che, dopo tanti anni, sicuramente ha bisogno di una rivisitazione. Però, la giustificazione che ci è stata detta più volte è che in Italia ci sono pochi medici. Vediamo un attimo quanti medici ci sono in Italia. In Italia ci sono 100.000 medici impiegati nel servizio pubblico e 140.000 medici impiegati nel privato, per un totale di 240.000 medici: 4,1 medici per 1.000 abitanti. Sono numeri che lei sicuramente conosce molto bene.
Il Paese più virtuoso è la Norvegia, che ha cinque medici per 1.000 abitanti. Per arrivare ai numeri della Norvegia a noi mancano 60.000 medici. La Norvegia, però, è il Paese più ricco del mondo, non dimentichiamolo. E qui ritorno ai 20.000 medici iscritti all'anno. A regime, 20.000 medici all'anno, con una vita professionale di trent'anni, fanno 600.000 medici: il doppio dei medici che ha, a regime, attualizzando, la Norvegia. Quindi, noi non abbiamo bisogno di tutti questi medici già adesso.
Obiettivamente, io non vedo questa giustificazione. Non è che noi abbiamo pochi medici. Noi non abbiamo radiologi, non abbiamo anestesisti, non abbiamo medici di medicina d'urgenza e non abbiamo patologi, e perché? Perché non li paghiamo. È da vent'anni che gli stipendi dei medici sono fermi. È chiaro che i nostri studenti preferiscono professioni che danno accesso alla professione privata: non possiamo certo biasimarli. E bene hanno fatto i nostri medici a scioperare per evidenziare la situazione drammatica del loro trattamento economico.
Detto questo, il punto che mi preoccupa di più in questo provvedimento è il meccanismo che si vuole utilizzare per il passaggio all'iscrizione a medicina. Qui bisogna fare una differenza drammatica. Qui, secondo me, alcuni di noi non hanno capito la differenza che c'è tra crediti e voti. Un ragazzo che prende tre 18 ai tre esami del semestre passa: quindi, non ci sarà alcuna graduatoria. Questo dobbiamo dirlo chiaro e tondo. C'è un meccanismo binario: sì o no.
Ciò significa che, con una previsione di 70.000 domande, non ci vuole certo uno specialista di statistica per dire che perlomeno 35.000 persone passeranno e saranno iscritte a medicina. Molto bene: questo creerà una sproporzione drammatica tra la richiesta di formazione e l'offerta formativa. Lei, signor Ministro, sa bene che i nostri laboratori, le nostre aule, i letti a disposizione sono diminuiti in questi anni e ugualmente è diminuito il personale docente. Quindi, è chiaro che verrà sicuramente a soffrirne la qualità dell'insegnamento.
A costi correnti, lei sa molto bene, signor Ministro, che formare uno specialista costa 300.000 euro. Questo significa che, se noi vogliamo formare dieci specialisti in più, bisogna mettere sul tavolo un miliardo all'anno. Voi dite che questo provvedimento è a costi invariati. Io voglio credere che sia a costi invariati, ma allora bisogna dire chiaramente agli studenti a cosa andranno incontro. Bisogna dire chiaramente che, se si laureano in medicina, non saranno medici, perché per fare il medico bisogna specializzarsi. E questo provvedimento non lega il numero dei posti disponibili per l'iscrizione a medicina al numero degli specializzandi. C'è solo un vago riferimento.
Bisogna anche prendere in considerazione un altro aspetto. Questo provvedimento ha la potenzialità di aumentare le diseguaglianze sociali. Noi ci dimentichiamo che in Italia ci sono 9 scuole di medicina private: la Cattolica, il San Raffaele, l'UniCamillus, il Campus Bio-medico, tanto per nominarne qualcuna. Queste università accolgono circa 3.700 studenti. Il provvedimento in esame non tocca le modalità di accesso alle università private.
Quindi creeremo due canali: da una parte, ci saranno gli studenti delle università statali, poveracci, che avranno un'offerta formativa non come quella attuale, con aule sovraffollate e senza laboratori e docenti; dall'altra parte, ci saranno i privilegiati, ossia coloro che saranno ammessi alle scuole mediche private. Chiaramente questo creerà un vantaggio competitivo per le scuole private, che aumenteranno immediatamente le tariffe. Creeremo due canali di medici: i privilegiati e i poveracci, che andranno alle scuole statali.
Voglio condividere un'esperienza personale, signor Ministro. Mi sono iscritto a medicina nel 1975, anno in cui ci sono stati 35.000 studenti, esattamente quanti, secondo le previsioni legate a questo provvedimento, ci saranno domani. È stato un inferno: non si trovava posto in aula, non c'erano laboratori e letti, i docenti si litigavano gli spazi e le aule. Viceversa, mia moglie, che molto probabilmente era più brava di me, andava alla Cattolica, dove c'erano classi di 35 studenti seguiti giorno per giorno.
È questo che vogliamo? Creare una tale a differenza? È questo che noi proponiamo ai nostri ragazzi? Il nostro relatore ci dice: ce lo chiedono tutti. Io non credo che ve lo chiedano i contribuenti, perché questo è uno spreco di soldi senza precedenti. Non credo che ve lo chiedano i pazienti, perché tutti i contribuenti, prima o poi, diventano pazienti e hanno bisogno di medici preparati. E qui la prima vittima è proprio l'offerta formativa. Non ve lo chiedono gli studenti, che nelle audizioni vi hanno detto chiaro e tondo che sono favorevoli al numero chiuso. Non ve l'hanno chiesto nemmeno i docenti delle università. È inutile che vi ripeta quanto detto dalla CRUI, dai rettori e dai docenti. Questo provvedimento, così come concepito, sfascia le facoltà di medicina e di veterinaria e le altre facoltà di carattere biomedico.
Sicuramente ve lo chiedono le famiglie, che ancora non hanno capito la trappola e l'illusione nelle quali cadranno, perché investiranno speranze e risorse in ragazzi che il medico, nella maggior parte dei casi, non lo faranno mai. Questo dobbiamo dire chiaro e tondo a tutti quanti.
Mi avvio verso la conclusione. Il provvedimento sicuramente ha ancora moltissime problematiche e in Commissione abbiamo lavorato per migliorarlo. Il Partito Democratico ha un atteggiamento costruttivo e ha presentato numerosi emendamenti in Assemblea. Mi aspetto, in questo caso, di non vedere centinaia di emendamenti dell'opposizione bocciati senza discussione, perché le probabilità che voi abbiate sempre ragione e noi sempre torto - e viceversa - sono pari a zero.
Ministro… (Il microfono si disattiva automaticamente. Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Cosenza. Ne ha facoltà.
COSENZA (FdI). Signor Presidente, intervengo con molto piacere su questo provvedimento, tanto atteso dagli italiani che desiderano da tempo l'abolizione del test di accesso alla facoltà di medicina.
Abbiamo vissuto con molta soddisfazione il via libera da parte della 7ª Commissione del Senato, dopo un lavoro ampio, importante e di grande coinvolgimento, per il quale ringrazio il ministro Bernini (Applausi), i presidenti Marti e Zaffini e tutti i componenti delle Commissioni 7ª e 10ª che hanno partecipato con dedizione.
La delega al Governo per la revisione delle modalità di accesso ai corsi di medicina e chirurgia ha anzitutto l'obiettivo di potenziare il Servizio sanitario nazionale.
Pertanto, prevede la revisione della modalità di accesso ai corsi di laurea in medicina e chirurgia, in odontoiatria e protesi dentaria e in medicina veterinaria, ma soprattutto stabilisce finalmente delle certezze per i giovani che si approcciano alla scelta universitaria. La prima è proprio che l'iscrizione non sarà più subordinata ad uno sbarramento di accesso senza senso, diciamolo chiaramente, colleghi, basato sul caso e sulla fortuna, lontano anni luce dal merito e dalla rilevazione di competenze funzionali. Dobbiamo dirlo chiaro e tondo, come affermava il collega precedentemente: abbiamo cancellato sicuramente questo tipo di deformazione e diseguaglianza. Eravamo affidati alla fortuna.
I giovani non sprecheranno più prezioso tempo della loro vita, ritrovandosi alla fine spiazzati e senza alcun risultato. Infatti, dopo l'iscrizione avranno accesso al primo semestre di insegnamento, dove sono previste discipline qualificanti comuni, con armonizzazioni dei piani di studio dei corsi di laurea, per un numero complessivo di crediti formativi stabiliti a livello nazionale, prevedendo da una parte l'accesso ai corsi al secondo semestre con ammissione, dall'altro garantendo, in caso di mancato superamento, il riconoscimento degli esami afferenti alle discipline qualificanti in altro corso di studio in area biomedica, sanitaria, farmaceutica o veterinaria. Tutto ciò con un atteggiamento volto alla programmazione e alla visione complessiva delle esigenze del Servizio sanitario nazionale, proprio per garantire l'allineamento del numero dei partecipanti ai corsi con i posti disponibili, intervenendo a sostegno degli ambiti di specializzazione dove si registrano le carenze. In questo modo viene operato il riordino dell'offerta formativa universitaria per renderla aderente ad elevati standard di qualità, anche con attività tecnico-pratiche sotto la guida di tutor, mentre già durante gli ultimi tre anni della scuola secondaria di secondo grado vengono promossi corsi extracurricolari di formazione per promuovere lo sviluppo delle vocazioni ai corsi di laurea con attribuzione di crediti formativi.
È evidente la rivoluzione storica nell'approccio al tema programmazione per dare sicurezza ai giovani, alle famiglie e ai fruitori del Servizio sanitario nazionale. Così è stato abolito un sistema iniquo che ha troncato le aspirazioni e la passione di tanti giovani italiani che desideravano diventare medici, che ha mortificato il talento e il merito, che ha penalizzato un'istituzione di pregio quale il sistema formativo universitario italiano e il Servizio sanitario nazionale, che è stato costretto in ultimo, per mancanza di medici in Italia, a chiamare medici dall'estero, mentre i nostri giovani sono stati costretti al turismo universitario presso facoltà straniere meno performanti. (Applausi).
Il Governo Meloni ancora una volta ha dimostrato di lavorare con coerenza, di avere a cuore gli italiani, rispondendo con senso di responsabilità alle loro preoccupazioni, attese e bisogni. Purtroppo per riparare un sistema segnato ci vuole tempo, bisogna mettere un mattone dopo l'altro per risanare l'Italia in ogni campo. Questo provvedimento è un mattone importante, perché al medico si affida la conservazione del più prezioso di tutti i beni: la salute dei singoli e della collettività. Per questo il medico è elevato, per la dignità della sua professione, al più alto livello della società.
La professione medica e sanitaria veniva definita come terzo sacerdozio, insieme alla chiesa e all'ordinamento giudiziario, perché a queste tre figure professionali le persone affidavano i loro beni più preziosi: la salute dell'anima, la salvaguardia della loro libertà e la salute del corpo e della mente. Ed è ciò che desidero augurare ai futuri medici che beneficeranno di questo nuovo percorso: ritrovare quella gioia di credere in un progetto serio in cui riconoscersi e da cui trarre la spinta, lo spirito e l'orgoglio di agire e di appartenere, rilanciando quella suggestione dell'importanza della professione medica in cui si esalti la qualità del bene operare e il senso di sicurezza sociale. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Zambito. Ne ha facoltà.
ZAMBITO (PD-IDP). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghe e colleghi, contrariamente ai titoli e agli slogan della maggioranza, oggi non facciamo un solo passo avanti per migliorare la qualità dell'accesso ai corsi di medicina e chirurgia nel nostro Paese. Molti di voi - l'abbiamo visto su tutti i giornali - si sono riempiti la bocca per annunciare soluzioni vicine agli studenti, che però in questo disegno di legge, che oggi arriva in Aula, non sono presenti.
Intendiamoci, l'attuale sistema di accesso ai corsi di medicina e chirurgia richiedeva una revisione profonda ed anche noi ne siamo convinti, tanto che abbiamo presentato un disegno di legge a mia prima firma. Questa revisione doveva però garantire la qualità dell'offerta formativa, ciò che chiedono gli studenti, e una selezione capace davvero di premiare le conoscenze e le competenze; questo il Ministro per la verità l'ha sempre sostenuto, però questo disegno di legge che oggi arriva in Aula non contiene questi elementi. Abbiamo sempre detto che doveva essere superato il famigerato quiz: è questo uno dei punti focali e da qui siamo partiti anche con il nostro disegno di legge. Al fine di acquisire il tipo di preparazione necessario per questi test, si rende di fatto indispensabile per i giovani studenti svolgere appositi, e spesso costosissimi, corsi di formazione privati, con conseguente grave lesione del principio di uguaglianza, oltre che del diritto allo studio, così come è declinato nella nostra Costituzione. Chi può permetterselo, accede ai corsi e avrà una formazione specifica per superare il quiz, non per studiare medicina (perché poi il quiz non dà delle nozioni per cui si è più bravi a studiare medicina). Chi non può permetterselo, ha oggi meno possibilità.
Voi direte che questo testo oggi in discussione supera i quiz, ma così non è scritto nel provvedimento in discussione. Il nuovo sistema che viene presentato rischia infatti di costruire un percorso per l'accesso ai corsi universitari addirittura peggiorativo. State raccontando che grazie a voi si supera il numero chiuso, ma sono falsità. Con questo disegno di legge, così come è pensato, non si supera il numero chiuso e neanche il quiz. Entriamo nel merito della proposta per spiegarlo. La vostra proposta poggia sulla previsione di un semestre comune accessibile a tutti, e questo vi fa dire che il numero chiuso è abolito, ma poi rinvia a una delega in bianco al Governo sulle modalità di selezione degli studenti che potranno effettivamente iscriversi ai corsi di medicina: è un vero bluff, non ci sono altre parole per definirlo; un bluff che non risolve il problema, ma lo peggiora. Pur non sapendo come sarà attuata la delega - mi auguro che sarà attuata meglio di come è scritto il disegno di legge, e mi affido a lei, signor Ministro - è del tutto evidente la necessità fin d'ora di chiarire che l'iscrizione deve tener conto della disponibilità dei posti nelle università. Quindi l'iscrizione non è libera e non avete abolito il numero chiuso.
Come saranno poi scelti gli studenti? Il disegno di legge in discussione dice che avverrà con una graduatoria nazionale. Io un'idea ce l'ho, signor Presidente. Questa graduatoria nazionale come si fa? Non è scritto, ma si fa per forza con un test, un test nazionale. Inoltre, neanche ci si è voluti sforzare di dare un'indicazione sul numero degli studenti ammessi a medicina. Bastava inserire un parametro di riferimento qualsiasi, ad esempio come proponevamo noi, cioè un numero di cinque medici per mille abitanti. Forse è un po' troppo ambizioso come numero - lo diceva prima il collega Crisanti - però almeno si partiva da un parametro. In questo disegno di legge invece non c'è scritto alcun parametro: è una delega in bianco e anche su questo deciderà il Governo.
D'altronde, se davvero il numero chiuso fosse abolito, la conseguenza sarebbe l'aumento esponenziale del numero degli iscritti al primo anno di medicina, che si calcola ben quattro volte superiore ai posti attualmente disponibili. Poiché il sistema universitario non sarebbe in grado di sostenere tale impatto e di offrire anche un'adeguata formazione a tutti gli studenti, né sono state inserite le risorse economiche necessarie a questo fine, ecco che il criterio della delega riporta alla dura realtà e svela l'imbroglio.
Ora forse si potrà continuare a raccontare che avete abolito il numero chiuso e i test di ammissione, ma fra sei mesi tutti si accorgeranno che non è così. (Applausi).
C'è un altro aspetto di questa proposta che non può essere sottovalutato: con un solo semestre si ritiene che si possa dare un giudizio esaustivo rispetto alla complessità di un corso universitario come medicina. Noi pensiamo che un semestre sia completamente inadeguato e avevamo proposto che fosse un intero anno accademico a fare da tappa di ingresso al corso universitario, così da avere un iter degli studi più approfondito, su cui far poggiare una valutazione più strutturata.
E ancora, come viene formata questa graduatoria di merito nazionale al termine del primo semestre? Quali sono i criteri e il sistema di selezione? In assenza di qualsiasi parametro, potrebbe essere anche peggiore di quello attuale e produrre ulteriori differenze e sperequazioni. Non lo sapremo mai, perché oggi questo Parlamento potrebbe decidere di non decidere, per affidarsi al Governo.
Nel corso dell'esame delle diverse proposte di legge, abbiamo cercato di utilizzare questo momento di confronto per apporre dei correttivi al nostro sistema universitario. E vengo alla questione delle università telematiche e al vostro - mi riferisco alla maggioranza - rifiuto di limitare il loro ruolo dentro questo sistema di riforma dell'accesso all'università. Avete detto che per ora non ci sono e quindi non c'è bisogno di scrivere niente nel testo; con un espediente, si è data libera scelta e via libera a queste università telematiche.
Questo aspetto ci preoccupa in modo particolare. Fare accedere tutti gli studenti, senza garantire le risorse necessarie ad adeguare gli spazi didattici e senza assumere nuovi insegnanti, ci mette davanti ad un serio rischio: che il primo semestre di studi non sia vissuto dagli studenti nelle aule universitarie, ma davanti a un monitor, con lezioni a distanza. Questo, guardi, non c'è scritto, ma noi siamo preoccupati che avvenga. La scongiuro, Ministro, faccia in modo che non succeda. Dopo il Covid, dopo aver registrato le conseguenze dell'isolamento anche dal punto di vista del disagio mentale giovanile, se li rimettessimo tutti davanti a uno schermo, invece che dentro un'aula didattica, sarebbe un disastro. Sono arrivate ripetute rassicurazioni che ciò non sarà possibile. Non si vede però come questo possa essere evitato. Senza risorse, senza nuovi insegnanti e con tutti questi studenti in più, non so come si farà a garantire un'offerta didattica formativa adeguata e ad evitare che gli studenti seguano le lezioni da casa propria.
A pensar male si fa peccato, ma spesso - qualcuno diceva sempre - ci si azzecca. Sappiamo tutti che da settimane circolano bozze di un decreto che ha proprio l'obiettivo di salvare le università telematiche e che da alcuni giornali è stato rinominato "decreto Bandecchi". Ogni riferimento agli accordi per le regionali in Umbria, che purtroppo avete perso lo stesso, è del tutto casuale. (Applausi).
Vengo all'ultima osservazione su questo disegno di legge. Nella nostra proposta chiedevamo un coordinamento diretto tra scuole superiori ed università per gli studenti che volevano provare l'accesso ai corsi di medicina. È un punto che con il vostro testo diventa confuso e crea sperequazioni: è ingiustificato e sbagliato consentire di ottenere crediti universitari in conseguenza della frequenza di percorsi di orientamento nella scuola secondaria di secondo grado.
Signor Presidente, vado a concludere. Ho cercato di ricostruire il quadro delle criticità che emergono da un disegno di legge che può essere buono per un comunicato stampa o per un annuncio sui social, ma che rischia di creare seri danni al nostro sistema universitario, oltretutto - ed è un punto centrale - senza aggiungere risorse a un settore che ha già visto ulteriori gravissimi tagli dalla legge di bilancio in discussione alla Camera.
Un disegno di legge che, mi sia consentita la battuta, somiglia tanto a quello approvato dall'Assemblea la settimana scorsa sulla mototerapia. Tagliate la scuola, la ricerca, l'università, la sanità pubblica, ma vi lasciate uno slogan da annunciare all'opinione pubblica, affermando di aver cancellato il numero chiuso, che non è neppure vero. È propaganda, nient'altro che questo.
Concludo ribadendo che siamo davanti a un disegno di legge, peggiorativo dell'esistente e non era facile farlo. I commenti critici di professori universitari - che, direte voi, sono normali perché vogliono conservare - ma anche degli studenti di tutte le associazioni studentesche che sono stati auditi durante la lunga fase in Commissione, dovevano spingere colleghi della maggioranza a un'analisi più attenta delle loro proposte, ma invece sono rimasti inascoltati.
Avevamo davanti la sfida di migliorare l'accesso ai corsi a medicina e chirurgia, di assicurare un'offerta di qualità per gli studenti e preparare i migliori medici di Europa; obiettivo fallito con una legge che è solo una bolla di sapone pronta a scoppiare nelle mani del Governo. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Russo. Ne ha facoltà.
RUSSO (FdI). Signor Presidente, colleghi, signor rappresentante del Governo, il provvedimento che stiamo discutendo e che andiamo ad approvare tutto è tranne che un bluff. È stato infatti il frutto di un lavoro lungo, complesso che partiva dall'esame di diverse proposte di legge, è stato seguito anche da un comitato ristretto. Si tratta di un disegno di legge che finalmente interviene su quella che era una tra le più grandi criticità del sistema italiano, cioè quella per la quale per accedere agli studi in medicina e chirurgia, in odontoiatria e in veterinaria, per anni si è proceduto con la lotteria e le crocette, un sistema sicuramente inviso alle famiglie e dai più definito comunque ingiusto.
Si è scelta una strada che recupera il concetto del merito, dello studio e della vita universitaria. In un primo semestre vengono stabilite alcune materie con uno standard unico a livello nazionale; sulla base di una graduatoria nazionale viene poi stabilita la possibilità di continuare il percorso nella facoltà magistrale di medicina e chirurgia, odontoiatria e veterinaria o, comunque, di non disperdere questo impegno dei nostri ragazzi nello studio ed eventualmente, per coloro i quali non riuscissero ad accedere alle facoltà magistrali, di continuare nelle altre facoltà biomediche, sanitarie e quant'altro. È quello che molto spesso fanno adesso, ma con modalità dovute al caso. Non riescono cioè a superare l'esame a crocette, la lotteria, e ripiegano verso altre professioni. Si confronteranno invece con l'università, studieranno, non perderanno una parte importante della loro vita e dello studio e lo faranno avendo la possibilità - altra parte importante del disegno di legge - di essere aiutati anche in un percorso precedente, sempre oggetto della delega, di costruzione di un sistema scolastico che li aiuti a raggiungere questo obiettivo con dei corsi adeguati e con la possibilità di poter già verificare la loro vocazione a questa professione, che qualcuno che mi ha preceduto ha definito un terzo sacerdozio.
Vedete, il vero bluff è quello di chi di fronte a un Governo, che continua a mantenere gli impegni presi in campagna elettorale e a costruire riforme, preferisce il tanto peggio, tanto meglio del passato. (Applausi).
Noi invece, da veri conservatori, andiamo verso il futuro per costruire qualcosa che sia realmente la rivoluzione del merito e non semplicemente un cascame del passato, dei meccanismi per cui forse certe baronie universitarie preferivano mantenere un hortus conclusus. (Applausi).
Forse stiamo veramente dando la possibilità ai nostri ragazzi di mettersi in gioco e non di andare avanti semplicemente con la logica dei corsi privati con i quali, spendendo migliaia di euro, avevano forse la possibilità di vincere la lotteria. (Applausi).
Certo, l'università italiana ha tanti problemi, certo abbiamo dato un'ampia delega al Governo per determinare gli aspetti tecnici per riuscire a comprendere come adeguare l'attuale impostazione degli atenei, nel rispetto dell'autonomia e della necessità di accogliere questi ragazzi. Ma attenzione, questi ragazzi che partecipavano ai test poi si disperdevano già nelle altre facoltà biomediche e sanitarie, quindi stiamo semplicemente razionalizzando un approccio di decine di migliaia persone che comunque vogliono accedere al mondo delle professioni sanitarie e mediche, facendogli conoscere l'università. Dopo di che, è chiaro che bisogna adeguarsi e il Governo, insieme al comitato di esperti che è già stato insediato, lavorerà per trovare le soluzioni migliori. Certo non potevamo rimanere ancorati al passato, non potevamo continuare a pensare che la possibilità di accedere alla professione sanitaria fosse legata prima alla lotteria delle crocette e poi ai ricorsi ai tribunali amministrativi, altro elemento che ha condizionato per anni il percorso di tanti ragazzi.
Di fronte a questo - scusate se è poco - noi abbiamo avuto il coraggio, ancora una volta, di discutere, di confrontarci anche con le opposizioni, di fare un lavoro importante con delle audizioni nelle quali sono stati ascoltati i pareri di più realtà e poi di decidere per un testo unificato, un testo chiaro, con una delega ben precisa al Governo, che chiaramente ha la responsabilità finale di determinare alcuni aspetti particolari e precisi, ma che è assolutamente in linea con le aspettative di tanta parte del popolo italiano e sicuramente è in linea con la necessità di riportare il vero merito, la vera capacità di costruire professionisti della sanità in un sistema che ne aveva bisogno.
Molti temono che ci sia un numero eccessivo di ragazzi che vogliono affrontare questo percorso, ma questo c'è già, forse così stiamo soltanto dando loro la possibilità di confrontarsi con il mondo universitario e di comprendere realmente quello che possono fare e soprattutto stiamo dicendo che quel che studieranno non sarà disperso, perché avranno la possibilità di utilizzarlo in altre facoltà. Sicuramente il lavoro che sarà fatto sarà completato dalla riforma sulle specializzazioni che è in discussione nelle Commissioni in questo momento, fa quindi parte di un disegno complessivo organico, checché se ne dica, su questo tema, sul quale ci sono state tante sollecitazioni sulle quali noi - ribadisco - con i colleghi che hanno lavorato in Commissione pubblica istruzione e università abbiamo ragionato e ci siamo confrontati anche con i colleghi dell'opposizione. Il testo che è stato determinato a valle di questo lavoro è un testo importante, non è un annuncio, è un fatto concreto, è qualcosa che in tanti si aspettavano e soprattutto è qualcosa che realmente va a incidere sul futuro dei nostri ragazzi, ma anche e soprattutto di coloro i quali hanno l'aspettativa di poter avere nuovi professionisti del mondo della sanità che non siano frutto semplicemente del caso. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Zampa. Ne ha facoltà.
ZAMPA (PD-IDP). Signor Presidente, colleghe e colleghi, stiamo affrontando un tema molto complicato sia tecnicamente, sia nella comprensione, che può essere svolto con degli slogan molto facili: abbiamo abolito il numero chiuso. Vorrei dirvi che pensiamo che vada abolito, così com'è oggi, e mi piacerebbe poter dire che le cose che ho ascoltato dal collega che mi ha preceduta, con il quale tante volte abbiamo discusso e lavorato in Commissione, sono vere. Peccato che non sia per niente così, perché se la premessa che faccio e che tutto il mio Gruppo condivide è che bisognava cambiare, cambiare però non significa buttarsi in un'avventura in cui non si capisce bene che cosa succederà. A noi pare che quello che succederà sarà peggio di quello che è oggi.
Già oggi le cose non vanno per niente bene, né per le famiglie italiane, né per gli studenti che aspirano a diventare medici e io immagino che aspirino a diventare dei bravi e validi medici.
Infatti, la finalità che si propongono queste nuove norme che ci apprestiamo a votare domani è quella di sostenere, migliorare e potenziare il Servizio sanitario nazionale, pertanto io mi vorrei fermare prima di tutto su questo. Le norme in discussione raggiungono davvero questo obiettivo? No, queste norme non affrontano il punto dei punti che è il seguente: una volta diventati medici, cosa succede delle borse di specializzazione? Come viene risolto quello che è stato il vero dramma di questi anni, cioè l'imbuto formativo? Si usa un'espressione un po' ridicola da pronunciare, che però significa che noi ci siamo trovati a combattere una battaglia molto ingiusta, in cui alcuni avevano accesso alle borse di specializzazione, mentre tanti ne erano esclusi. Se noi aumenteremo davvero questo numero, nessuno ci sta dicendo se ci sarà o meno la borsa di specializzazione ed è quello il problema che fa davvero la differenza e che già oggi, senza bisogno di mettere mano al presente disegno di legge, si poteva affrontare e risolvere. Ne discutiamo con il ministro Schillaci da molto ormai e il tema vero è che ci sono specializzazioni, come tutti noi sappiamo, alle quali nessuno più vuole iscriversi, addirittura neanche in presenza della borsa, perché poi, una volta che si diventa specialista in quella disciplina, ci si trova in una posizione straordinariamente penalizzata. Tutti sappiamo che si tratta del pronto soccorso, dell'anestesia, della medicina di emergenza urgenza. Pertanto, invece di affrontare davvero il punto che serviva in questo momento a rafforzare il Servizio sanitario, si è scelta un'altra strada che è pasticciata.
La verità, infatti, è che questa maggioranza non è per niente d'accordo: siete partiti da posizioni totalmente diverse: c'era chi (la Lega) pretendeva che venisse messo mano a uno slogan, perché poi l'importante è lo slogan. Questi, però, durano poco, perché la realtà alla fine ha sempre il sopravvento sulle cose che raccontiamo. Le cose, anche quelle raccontate, quando sono false, prima o poi si scopre che sono false. Non so voi quale traguardo di tempo vi diate perché le famiglie comincino a misurare nei fatti che stiamo parlando di una falsa riforma del numero chiuso, che renderà ancora più pasticciato e difficile il percorso. Una parte di questa maggioranza - siccome l'ho ascoltato con le mie orecchie in molte sedi che non sono sempre semplicemente un'Aula - non voleva assolutamente questo; abbiamo ascoltato audizioni su audizioni di esponenti del mondo dell'università, che non sono tutti baroni. È facile contrapporre lo slogan che piace ascoltare quando si vuole dire che abbiamo abolito il numero chiuso, perché noi siamo contro i baroni. Poi tornerò su questo punto, perché ve lo hanno scritto anche gli studenti, che hanno mandato una documentata lettera con la quale denunciano tutti i pericoli e i rischi di questa riforma, che rischia, invece, di aprire a discrezionalità, mancanza di trasparenza e quant'altro.
Procediamo però una cosa alla volta. Dicevo che non c'era accordo, quindi alla fine è venuto fuori un pasticcio secondo me enorme, in cui ancora nemmeno chi lo studia riesce benissimo a capire come andrà a finire, perché poi alla fine c'è la delega al Governo che ci dirà cosa pensa di fare. Anche questo, forse, è meglio dirlo alle famiglie italiane: abbiamo forse abolito il numero chiuso, ma in realtà non lo abbiamo abolito e poi deciderà il Governo.
Dicevo che c'è un bluff che si sostiene quando si dice che viene superato l'attuale numero chiuso. Ciò che viene superato è soltanto il test e su questo noi siamo assolutamente d'accordo. Questo test con le crocette che è stato evocato era oggettivamente un passaggio sbagliato da modificare assolutamente, ma si poteva fare una cosa seria.
In realtà, si abolisce il test, ma non si abolisce il numero chiuso, che viene solo modificato e rimandato alla fine di un primo semestre. Se davvero il numero chiuso fosse abolito, la conseguenza sarebbe l'aumento esponenziale del numero degli iscritti. Addirittura, si calcola che potrebbero diventare quattro volte tanto. E poiché già oggi il nostro sistema universitario non è in grado di sostenere, persino in molte università italiane, l'impatto, perché non ci sono neanche le aule dove far studiare gli studenti, ci domandiamo esattamente qual è la vostra stima, perché non lo avete affatto chiarito.
State raccontando alle famiglie che potranno iscriversi subito ma non state dicendo loro che cosa succederà alla fine di quei primi sei mesi. La delega prevede, infatti, che vengano individuati criteri di sostenibilità per l'iscrizione al primo semestre e che questi siano commisurati alla disponibilità dei posti dichiarati dalle università.
Anche su questo, non ho sentito un solo intervento della maggioranza chiarire agli italiani, come è giusto che sia, alle famiglie italiane che, in realtà, questa iscrizione si dovrà misurare con la disponibilità dei posti. Allora, delle due l'una: o state mentendo su questo aumento di posti o state preparando una enorme esplosione di lavoro per le università telematiche, facendo un grande favore a molti amici di amici: amici vostri, però, non nostri. Aumentando la presenza delle università telematiche, voi abbassate enormemente la qualità della preparazione.
È del tutto evidente la necessità, che ci sarebbe fin da ora, di chiarire che l'iscrizione deve tener conto della disponibilità e che quindi noi stiamo parlando di qualcosa che non è libera come state raccontando.
Un solo semestre sembra poco, ma secondo me non è neanche questo il punto. I colleghi che mi hanno preceduto hanno chiarito questo punto. Il problema vero è che cosa succede alla fine del primo semestre: la delega prevede che l'ammissione al secondo semestre è subordinata al conseguimento di tutti i crediti stabiliti per gli esami di profitto del primo semestre, svolti secondo standard uniformi, nonché alla collocazione in posizione utile nella graduatoria di merito nazionale.
Lo svolgimento degli esami secondo standard uniformi non significa niente e io credo che lei, signora Ministro, sappia benissimo che non significa niente. È del tutto indeterminata e rappresenta una delega in bianco, che è esattamente quello che ho già detto. È una delega in bianco. Ci direte dopo che cosa succede esattamente, ma adesso si può sventolare la bandierina dell'abolizione del numero chiuso.
Vengo, però, a questa lettera inviata al Ministero dell'università, alla CRUI ed al segretario generale del MUR, che rappresenta un'analisi chiara e dettagliata delle criticità della riforma. L'assenza delle risorse è già stata evocata. Non si possono fare le riforme senza immaginare di mettere in campo le risorse che servono, che siano adeguate a sostenere l'aumento degli accessi.
Se, infatti, voi dite che potrete aumentare il numero degli accessi in modo straordinario, con una sorta di tana libera tutti, ma, al tempo stesso, lo volete fare a risorse invariate: o siete capaci di moltiplicare pani e pesci, ma a me non è sembrato che le cose siano andate così in questi due anni, oppure state raccontando delle bugie.
Vi è poi l'iniquità di una selezione frammentata, che rischia di penalizzare, come hanno detto gli studenti, gli studenti più vulnerabili e in condizioni economiche precarie. Gli studenti denunciano poi l'aumento del rischio di corruzione, di favoritismi e baronato accademico: altro che abolizione del baronato, compromettendo i principi di trasparenza e di meritocrazia, a causa di una selezione interna gestita dalle università, correlata al superamento degli esami di profitto.
Qui si scontreranno gli interessi delle università, che hanno bisogno di aumentare il numero degli iscritti, anche perché state tagliando loro le risorse e da qualche parte alle università i soldi devono entrare, dato che adesso voi li avete anche diminuiti.
C'è poi il rischio di creare in futuro medici disoccupati o costretti a emigrare per trovare opportunità lavorative o per mancanza di adeguata programmazione, con un aggravamento molto grande delle disuguaglianze cui stiamo assistendo già oggi.
Gli studenti hanno spiegato che questa lettera è non solo un atto di dissenso, ma anche un'assunzione di responsabilità da parte di chi vive quotidianamente le difficoltà del sistema formativo medico. Se si vuole davvero fare del bene al servizio sanitario nazionale, bisogna affrontare prima di tutto il tema del numero degli infermieri, che sappiamo essere il vero vulnus.
Io sono tra i favorevoli a un aumento, però programmato, del numero di medici, accompagnato dalla messa a disposizione di borse di specializzazione e da una differente programmazione che possa incentivare la specializzazione in quegli ambiti in cui oggi scontiamo davvero l'assenza di medici, così da rafforzarli e dare risposte alla salute degli italiani.
Voi state sostanzialmente sventolando un'altra bandierina, che è uno slogan che serve solo - immagino - a fare un titolo. A me pare, però, che questi due anni e più di governo vi abbiano dimostrato che queste cose durano poco. Ciò che ci addolora di più è che il prezzo di tutto questo sarà pagato dalle famiglie (soprattutto quelle con minore disponibilità economica), dagli studenti e - ahimè - dagli italiani tutti. Si rischia, infatti, anche un calo molto forte della qualità dell'apprendimento.
Fino adesso abbiamo potuto vantare di avere medici di grande livello e qualità e ciò è talmente vero che se ne vanno all'estero appena desiderano farlo. Ci vengono "portati via" perché sono molto bravi. Penso che ci sarebbe convenuto continuare così.
Cambiare era sicuramente necessario, non ci correva dietro nessuno e avremmo potuto sederci intorno a un tavolo e dirci, con onestà, le cose che si possono fare e quelle che invece non vanno fatte. La strada che ha preso questo provvedimento è quella di un grandissimo, enorme pasticcio, che peggiorerà in futuro la vita delle famiglie, degli studenti e, come ho detto, degli italiani tutti. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Ternullo. Ne ha facoltà.
TERNULLO (FI-BP-PPE). Signor Presidente, gentile Ministro, colleghi senatori e senatrici, finalmente è all'esame dell'Assemblea il testo unificato sulla revisione delle modalità di accesso ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia, odontoiatria, protesi dentaria e medicina veterinaria.
Il testo arriva dopo aver affrontato un esame in 7ª Commissione. A tal proposito, ringrazio per il contributo il nostro collega di partito, senatore Occhiuto, il relatore e tutti i membri della Commissione, a cominciare dal Presidente.
Il provvedimento è stato costruito con una collaborazione fatta di ascolto, valutazioni e scelte condivise che si sono poi concretizzate nel testo unificato. Quindi, è frutto della mediazione di tutte le forze politiche. Si è tolto dallo sterile confronto tra tifoserie, tra numero chiuso e accesso libero, un argomento davvero importante che riguarda migliaia di studentesse e studenti italiani.
Il disegno di legge delega il Governo ad attuare una riforma di sistema che intende garantire un'offerta universitaria di eccellenza e, allo stesso tempo, potenziare il nostro sistema sanitario nazionale in termini di fabbisogno di professionisti. La nuova disciplina sostituirà l'attuale nella modalità di accesso basata sul test unico nazionale. Viene così introdotto un modello originale fondato su un programma di studi comuni, che consentirà allo studente meritevole di essere indirizzato verso il percorso formativo a lui più consono.
È evidente che una riforma di questo tipo, che possiamo definire davvero epocale, porta con sé degli obiettivi strategici che incentivano sicuramente tutti gli studenti ad optare per i percorsi meritocratici istituiti nell'ambito delle università italiane. L'Italia, signora Ministro, adotta ora un suo modello che non somiglia a quello degli altri Paesi, ma con delle modalità di ingresso che propongono un percorso aperto e progressivo. Mi spiego: chi intende fare il medico non dovrà più prepararsi per fare uno sterile test, ma dovrà studiare le materie caratterizzanti. Ci sarà un tempo congruo per valutare le competenze che vengono acquisite e si potrà verificare non solo il merito, ma anche la reale attitudine dei futuri medici a proseguire lungo un percorso di formazione che quasi sempre segna una vera e propria missione di vita.
Non ci sarà più quella modalità di ingresso poco rigorosa, basata su un test a crocette. Questa casualità nella selezione aveva peraltro costretto molti studenti italiani a recarsi all'estero, spesso in Paesi europei - tutti lo sappiamo - a conseguire un titolo di studio che poi doveva essere riconosciuto in Italia. Con questa riforma ci saranno invece medici italiani laureati in Italia, con la possibilità di avere una più puntuale programmazione rispetto ai fabbisogni del nostro sistema sanitario. Questa riforma, ancora, tende a garantire il patrimonio di conoscenze acquisito durante i primi studi di medicina al fine di proseguire i percorsi formativi contigui. In questo modo, insomma, tutti quei percorsi universitari possono diventare davvero attrattivi.
Allo stesso tempo si pongono le basi per andare a coprire quel fabbisogno di personale sanitario altamente formato che va a costituire il serbatoio per le professioni sanitarie di domani. Si tratta, quindi, gentile Ministro, di una riforma che garantisce una selezione più equa, realmente basata sulle competenze che vengono acquisite dagli studenti; a regolare l'accesso saranno infatti i crediti formativi e la posizione che viene raggiunta in una graduatoria nazionale. Oltre a questo, la riforma prevede iniziative di orientamento per i ragazzi della scuola secondaria e ci saranno anche dei percorsi specifici per favorire l'ingresso nei corsi di laurea, con la garanzia quindi a tutti i ragazzi che lo meritino della possibilità di diventare professionisti nell'ambito medico.
Ringraziamo di cuore il ministro Annamaria Bernini soprattutto per il coraggio con cui ha contribuito a scrivere, assieme al Parlamento, questa importante riforma degli accessi alla facoltà di medicina (Applausi) che - come tutti sappiamo - è attesa da moltissimi anni dagli studenti ma anche dalle famiglie. Il suo lavoro, signora Ministro, sarà prezioso anche nel definire i contenuti dei decreti delegati di questa riforma Bernini. Il voto dei senatori e delle senatrici di Forza Italia sarà convintamente favorevole. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Pirro. Ne ha facoltà.
PIRRO (M5S). Signor Presidente, la filosofia di questo provvedimento ci trova largamente favorevoli. Ci sono stati degli aggiustamenti nel percorso dei vari testi di legge in Commissione. In particolare, mi piace segnalare che ho avuto un acceso scambio di vedute con i colleghi a proposito dell'eventuale doppio canale che sembrava si volesse inserire inizialmente per gli studenti di un particolare percorso di studi di istruzione secondaria superiore, che nelle idee originali avrebbero dovuto avere un accesso facilitato e quasi automatico al corso di studi in medicina, senza passare per selezioni.
Questo ci aveva visto particolarmente contrari quando si è affrontata la discussione, perché si creavano degli squilibri e delle differenze tra studenti di serie A e studenti di serie B; e ciò magari in qualche territorio dove non c'era la possibilità di attivazione di quel tipo di corsi o laddove quei corsi, che non si capiva se dovevano essere un vero e proprio indirizzo di studi o un percorso extra-curriculare al liceo, potessero essere a pagamento, e quindi chi poteva permetterselo aveva l'autostrada spianata verso la laurea in medicina e invece gli altri un tram a pedali da percorrere faticosamente.
Sicuramente alcuni passaggi di questo disegno di legge ci vedono a favore. È ovvio che siamo a favore della libera scelta degli studenti, affinché possano vedere realizzate le proprie aspirazioni e i propri desideri di formazione in campo medico. Però sarebbe sciocco nascondere una realtà che credo sia evidente a tutti: il mondo della medicina del 2024 non è quello del 1980. C'è bisogno di una qualità formativa notevolmente superiore. Come dicevano le colleghe che mi hanno preceduta, le nostre università oggi, con i numeri degli studenti formati oggi e le capacità formative di oggi, preparano quelli che sono tra i migliori medici al mondo. Ce li invidiano e se li accaparrano, dopo che li abbiamo faticosamente formati. Se allarghiamo indiscriminatamente le maglie, domani sarà ancora così? Con i bisogni di salute aumentati di una popolazione che va verso l'invecchiamento, riusciremo ancora a garantire gli standard di qualità delle cure che garantiamo o che vorremmo garantire, un po' a fatica e zoppicanti, già oggi nel nostro Paese (dove sì, dove no, a macchia di leopardo)? Riusciremo a fare questo anche domani o vedremo un peggioramento?
Non diciamo pertanto - come abbiamo sentito da proclami in lungo e in largo - che è stato abolito il numero chiuso a medicina. No: non abbiamo abolito il numero chiuso a medicina. E questo, almeno per onestà intellettuale, diciamocelo. Abbiamo cambiato la modalità di accesso e concentriamoci su questo. Per qualcuno il test in un'unica data a livello nazionale era un prendere o lasciare che poteva favorire alcuni e penalizzare altri. Per altri, se andiamo ad ascoltare i ragazzi che si accingono a tentare questo percorso, l'idea di stare in bilico per sei mesi senza sapere poi realmente che direzione prenderà la propria vita potrebbe essere un carico di stress tale da pregiudicare il percorso del primo semestre, in cui magari avrebbero avuto dei risultati migliori con il test tradizionale. Non lo sappiamo; lo sapremo, probabilmente, dopo la prima messa in atto che vedremo.
Quello che è sicuro è che, oltre a preoccuparci di come li formiamo e di come garantiamo loro l'accesso all'università, forse dovremmo anche preoccuparci di come paghiamo dopo i medici in più che vogliamo formare oggi. (Applausi). Soprattutto, mi piacerebbe che si discutesse di come facciamo a rendere appetibili per i nostri laureati in medicina quelle specialità che oggi vanno deserte, nonostante siano quelle di cui abbiamo maggiormente bisogno. Mi piacerebbe che tutti insieme onestamente, mettendo da parte i colori e le ideologie, discutessimo magari di come pagare più adeguatamente quei medici che non possono fare attività oltre a quella all'interno del pubblico impiego. E mi piacerebbe che magari tutti insieme ci mettessimo a lavorare per trovare le risorse per raddoppiare o, se non arriviamo al raddoppio, per incrementare sostanziosamente le indennità di esclusività di quei medici che decidono di lavorare solo nel Sistema sanitario pubblico e non si fanno attrarre dalle sirene dell'attività privata, con un carico di lavoro inferiore e un'attività retribuita con stipendi più alti.
I nostri medici del pronto soccorso difficilmente hanno la possibilità di andare a fare altro fuori dai nostri ospedali pubblici, perché i pronto soccorso privati si contano sulle dita di una mano. Eppure, li lasciamo scappare, li esauriamo, li spremiamo come limoni: consentitemi questo esempio poco dignitoso per quella che dovrebbe essere una delle classi professionali da difendere maggiormente. Quindi li spremiamo ben bene e, quando li abbiamo esauriti, li facciamo scappare a fare i gettonisti magari, per cui ritornano a lavorare nello stesso ospedale da cui si sono licenziati, fanno la metà delle ore e guadagnano il doppio dello stipendio.
Ecco, affrontiamo veramente i problemi della nostra classe sanitaria. Come diceva la collega, affrontiamo il problema degli infermieri che non hanno più il problema del numero chiuso, perché gli abbiamo reso la professione talmente gravosa, inappetibile e non auspicabile, che i posti vanno deserti. Non abbiamo più giovani che vogliono fare infermieristica. Qualche anno fa, quando ho fatto corsi di accompagnamento in supporto a un professore di farmacologia nei corsi di infermieristica nell'università per cui lavoro, avevamo circa il triplo di aspiranti infermieri rispetto ai posti che l'università per cui lavoro metteva a disposizione. Adesso decine di quei posti restano vuoti, senza nessuno che aspiri ad occuparli. Già prima il percorso di studi era particolarmente impegnativo, più di quello che quei ragazzi si aspettavano di trovarsi davanti e, quindi, non tutti quelli che entravano arrivavano alla conclusione del ciclo di studi dopo tre anni. Adesso addirittura non si iscrivono proprio. Domandiamoci allora che cosa offriamo ai nostri giovani prima di dirgli avanti, libera tutti, chi vuole entra e, poi, dopo? Va a lavorare negli Emirati arabi con stipendi da 20.000 euro al mese? E noi spendiamo soldi pubblici, centinaia di migliaia di euro per formare ognuno di loro e poi ce li lasciamo scappare.
Vorrei che, invece di fare l'ennesima sfilata di provvedimenti di facciata, utili a pochi, se non a nessuno, ci sedessimo davvero intorno a un tavolo e ci domandassimo quali sono i reali problemi della nostra sanità pubblica, godendo quella privata di ottima salute, e come vogliamo salvarla. Come vi abbiamo detto in ogni modo e in ogni luogo, ora o mai più. Se continuiamo a sfilare paletti, risorse e professionisti dai nostri ospedali, abbiamo voglia a formarne di nuovi, ma poi i concorsi continuano ad andare deserti. (Applausi).
E allora perché parlo di provvedimento demagogico e di facciata? Vogliamo formare più medici, aumentare i posti, accogliere più giovani e dare a tutti la possibilità di esprimere al meglio le proprie aspirazioni, le proprie peculiarità, la propria indole e le proprie caratteristiche? Ci troverete sempre d'accordo su questo fronte, sempre. Se però le nostre università non sono accoglienti; se i professori sono pochi; se le aule sono poche, fredde, se a volte dobbiamo andare nei cinema perché non abbiamo abbastanza spazi all'interno delle aule per accogliere tutti; se non guardiamo all'innovazione anche nel campo della formazione universitaria, e se pensiamo invece di chiudere un occhio sulle possibilità del sistema pubblico e di lasciare un'autostrada aperta alle università telematiche, che tanti riguardi sulla qualità e sui professionisti che fanno la formazione e sui livelli di formazione che devono formare per i nostri giovani non ce l'hanno, domani quando busseremo a un pronto soccorso chi troveremo lì dietro ad accoglierci?
Che formazione ci potrà garantire, che qualità delle cure ci potremo aspettare? Quelle dell'Italia di oggi o quelle di un Paese del Terzo mondo? Questa è la riflessione che vi lascio. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Minasi. Ne ha facoltà.
MINASI (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, Ministro, colleghi, il testo all'esame dell'Assemblea prevede una delega al Governo per rivedere le modalità di accesso ai corsi di laurea in medicina, chirurgia, odontoiatria e medicina veterinaria. E la riforma prevede - finalmente, aggiungo - l'abolizione del numero chiuso al primo semestre, consentendo quindi l'iscrizione aperta per tutti gli aspiranti medici senza sostenere test d'ingresso. Oggi, dunque, siamo chiamati a discutere un tema cruciale per il futuro del nostro Sistema sanitario nazionale e per le aspirazioni di migliaia di giovani italiani. La riforma proposta rappresenta, infatti, un vero cambio di paradigma storico e si tratta non solo di eliminare il numero chiuso al primo semestre, ma anche di creare un sistema che sia più giusto, inclusivo e soprattutto orientato al merito. Fino a oggi il test di ingresso è stato percepito da molti come una barriera capace di scoraggiare gli aspiranti medici e professionisti della salute, giovani che per anni hanno sperato in un'abolizione definitiva di questo metodo di programmazione di ingressi.
Con questa proposta si intende trasformare l'accesso agli studi di medicina in un percorso graduale, basato sulle competenze acquisite durante i primi mesi di studio e questo cambiamento era necessario e noi lo sappiamo bene. Il nostro auspicio oggi è finalmente realtà, perché il nostro Sistema sanitario sta affrontando una crisi senza precedenti. Nei prossimi sette anni avremo bisogno di oltre 30.000 nuovi medici per garantire la continuità e la qualità delle cure ai nostri cittadini e io per il suo tramite, signor Presidente, voglio rispondere al senatore Crisanti, che ha sostenuto che i medici non mancano e mancano solo i radiologi. Ebbene, vorrei segnalargli soltanto la manifestazione di interesse della Regione Calabria uscita oggi per ricercare 466 postazioni di guardia medica, 91 postazioni di medico di medicina generale, 148 posti al 118 e stiamo parlando della Calabria, che è una piccola Regione, non stiamo parlando certo della Lombardia. E questi sono i numeri.
Questo disegno di legge è una risposta concreta a questa emergenza, frutto di una visione lungimirante che tiene conto delle necessità in primis dei giovani e degli studenti, ma anche del Sistema sanitario nazionale e degli atenei. Il nuovo sistema prevede che non vi sia alcuna barriera di ingresso, che tutti gli aspiranti medici potranno iscriversi e frequentare il primo semestre e ovviamente tutti finalmente potranno realizzare le loro aspirazioni, fino ad oggi bloccate dai test. (Applausi). Successivamente, gli esami caratterizzanti fungeranno da filtro, permettendo una selezione basata sulle competenze reali e non su una prova teorica preliminare. Per chi poi non dovesse proseguire in medicina, i crediti acquisiti saranno riconosciuti, aprendo le porte ad altri percorsi formativi e garantendo quindi che l'investimento fatto in quei sei mesi dagli studenti non vada sprecato o disperso. Si tratta, quindi, non solo di numeri, ma anche di qualità e opportunità e investire nei giovani - e noi sì che stiamo investendo sul futuro dei nostri giovani, con questo e con altri provvedimenti - significa offrire loro strumenti adeguati per realizzare le proprie aspirazioni e rispondere alle esigenze del Paese.
Di non minore importanza, poi, è la previsione di iniziative di orientamento già durante gli ultimi anni di scuola secondaria, con percorsi specifici per tutti e non a pagamento, come è stato finora, per cui le famiglie si dovevano sobbarcare spese di milioni per poter iscrivere i loro figli ai corsi sperando di poterli aiutare a superare il test. Ma questi percorsi specifici cercheranno di favorire l'ingresso ai corsi di laurea nelle professioni mediche nell'ottica di garantire una preparazione di qualità in un settore cruciale per il Paese.
Quindi l'obiettivo di queste iniziative di orientamento nelle scuole superiori è fornire informazioni chiare e percorsi mirati per aiutare gli studenti a fare delle scelte consapevoli.
Questa riforma, quindi, non è una scelta politica, ma è una scelta di responsabilità; è una risposta a un bisogno reale del Paese per garantire in primis un accesso a tutti, ma anche un'adeguata formazione dei nostri futuri medici, nonché la sostenibilità di un Sistema sanitario che si fondi su professionisti preparati e motivati.
Permettetemi di sottolineare con orgoglio il grande impegno della Lega in questa battaglia. Desidero ringraziare il senatore Marti, ma ovviamente anche il senatore Zaffini e il ministro Bernini. (Applausi). Infatti, con l'approvazione del presente disegno di legge, possiamo finalmente dire basta con la casualità, basta con la fortuna. Da oggi, grazie a questa riforma, saranno solo il merito, la competenza e i voti a decidere chi potrà proseguire nel percorso di medicina, garantendo così una selezione più equa e più rispettosa del valore dei nostri ragazzi.
La Lega ha mantenuto un'altra promessa, perché con determinazione ha portato avanti il disegno di legge che abolisce il numero chiuso al primo semestre, consapevole di quanto fosse urgente e necessario dare una risposta concreta a un sistema che stava rischiando di escludere giovani di talento, solo per un errore o per un attimo di tensione durante una prova selettiva. Questa riforma, infatti, significa non rinunciare alla qualità, ma rivedere i criteri di selezione, in modo che siano più giusti e trasparenti.
Invito quindi tutti a sostenere con convinzione questo provvedimento, perché oggi abbiamo veramente l'opportunità di segnare un cambiamento positivo, di dare un segnale concreto e soprattutto di fiducia ai giovani, di costruire un futuro migliore per il nostro Paese. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Verducci. Ne ha facoltà.
*VERDUCCI (PD-IDP). Signor Presidente, signora Ministra, colleghi, io dirò subito in apertura che sono fermamente contrario al numero chiuso nel sistema universitario. Lo sono per una convinzione fortemente politica maturata in questi anni. Inoltre, tutto il Gruppo Partito Democratico vuole che cambi, che venga modificato l'attuale sistema di numero chiuso per medicina e chirurgia, per odontoiatria, per veterinaria, perché in tutti questi anni si è dimostrato ingiusto, iniquo, mortificante, soprattutto per le studentesse e per gli studenti che vengono dalle famiglie più deboli, dalle famiglie meno abbienti, economicamente e socialmente, e dai territori più marginali e più svantaggiati; studenti e studentesse che non hanno la possibilità di pagarsi corsi preparatori ai test, oppure che non hanno la possibilità di relazioni e di influenze.
Signor Presidente, l'ingiustizia non sta solo nel numero chiuso in quanto tale e nello strumento che viene utilizzato per "buttare fuori" migliaia di ragazzi, dalle loro ambizioni, dai loro sogni; ambizioni e sogni che non sono solo loro, ma di un intero Paese che vuole crescere, essere più forte, più coeso. Vengono buttati fuori da ambizioni e sogni, attraverso il famigerato test, spesso fatto di domande assurde, lontane anni luce dal cogliere il merito e le potenzialità di ogni candidato. No, non è solo questo: l'ingiustizia, simboleggiata dal sistema a numero chiuso e dal test d'ingresso, è in realtà ancora più grande, tutta politica e per niente tecnica. È la mancanza di investimenti e di risorse adeguate e strutturali per il nostro Sistema sanitario nazionale e per il nostro sistema universitario pubblico.
Il nostro - l'Italia - è il Paese in cui, dopo la pandemia, è letteralmente esploso il numero delle persone che non possono curarsi, che smettono di curarsi perché non hanno le risorse per farlo: perché le liste di attesa negli ospedali pubblici sono diventate interminabili e rivolgersi al privato è troppo costoso per la gran parte delle persone.
Nel nostro Paese quattro milioni e mezzo di persone rinunciano a curarsi e negli ultimi due anni, con il Governo Meloni, con il Governo della destra, la situazione è estremamente peggiorata. Lo dicono tutte le statistiche: è inutile che facciate finta di nascondere e di non vedere. Lo dicono tutte le statistiche e lo vedono segnato sulla propria pelle i cittadini italiani: nelle strutture di pronto soccorso che esplodono, nei medici e negli infermieri costretti ogni giorno al fronte di un'emergenza continua.
Signor Presidente, noi abbiamo bisogno di più sanità pubblica, per dare risposte ai bisogni di tutti i cittadini. Ed abbiamo bisogno di più medici. Questo è il punto, colleghi, che voi fate finta di ignorare in questo provvedimento. (Applausi).
C'è un unico modo - vero, serio - per superare il numero chiuso senza che scoppi il caos ed è aumentare il numero dei medici per dare risposta al fabbisogno reale ed urgente di medici e di servizi sanitari.
Invece, in tutto questo, voi fate un disegno di legge a invarianza finanziaria. Voglio ripeterlo: questo è un disegno di legge a invarianza finanziaria. In un contesto di continuo definanziamento e di continui tagli che destrutturano il Sistema sanitario nazionale ed il sistema delle università pubbliche, la vostra maggioranza in Commissione bilancio scrive, nero su bianco, che il presupposto di questo vostro provvedimento sul numero chiuso è l'invarianza finanziaria. Non c'è un euro in più e non c'è un posto in più. Altro che superamento del numero chiuso! Il vostro è un inganno.
E infatti tutte le associazioni, studentesche, dei docenti e dei medici sono critiche e sono contrarie: non perché vogliono che resti il numero chiuso, ma perché non vogliono essere prese in giro. Invece, è quello che sta accadendo. Voi state raggirando e prendendo in giro attese e bisogni. (Applausi).
Questo provvedimento è solo propaganda. Per superare il numero chiuso - e noi vogliamo il superamento del numero chiuso - servono investimenti per la sanità, e invece la spesa nominale in sanità con il Governo Meloni si è ridotta al minimo storico, perché non riuscite neanche a coprire i costi dell'aumento dell'inflazione e servono, per superare il numero chiuso, investimenti per l'università: in laboratori, in strutture, in aule che funzionino, in ampliamento dei corsi, per avere più docenti, per avere più tempo di didattica, per avere più medici e per avere una borsa di specializzazione per ogni laureato in medicina.
Signor Presidente, un laureato, senza una specializzazione, rischia fatalmente di essere un disoccupato. Questa è l'urgenza che noi abbiamo. Invece, il Governo Meloni fa finta di togliere il numero chiuso, per giunta per legge, e poi, contestualmente, negli stessi mesi, in questi mesi, taglia 800 milioni di euro - come ai tempi di Tremonti! -all'università pubblica.
No, signora Ministro, mi dispiace che lei scuota la testa. Taglia 800 milioni di euro all'università pubblica. Signora Ministra, sono contento di poter interloquire con lei in Aula. È esattamente la somma - né più, né meno - dei tagli al fondo di finanziamento ordinario e di quelli contenuti nel decreto ministeriale di riparto fondi, come tutti hanno denunciato, a partire da organizzazioni come la Conferenza dei rettori, sicuramente non di parte. Di fatto, questi tagli, chiudono ancora di più l'università, quando noi avremmo bisogno di aprirla e dare spazio alla domanda di futuro che viene dalle nuove generazioni che voi invece impedite. Impedite ulteriormente l'accesso a migliaia di studenti delle famiglie più povere in un Paese, il nostro, che soffre per mancate immatricolazioni, per i troppi abbandoni universitari e per i troppo pochi laureati.
Questa è una gigantesca questione politica e sociale. Con questi tagli voi aumenterete ovunque il numero chiuso, in ogni dipartimento universitario, altro che toglierlo! Presidente, la destra scrive in questo provvedimento che il blocco di accesso a queste facoltà non è più all'inizio, che tutti possono iscriversi e che la selezione e la chiusura (perché la chiusura rimane) avvengono dopo un filtro (così lo chiamate) di sei mesi.
È evidente che chi ha scritto questo testo non sappia nulla della vita concreta e reale di uno studente universitario, perché la programmazione universitaria non si fa sui mesi, sui sei mesi; si fa sulle annualità accademiche, si fa di anno in anno. La programmazione economica di uno studente e della famiglia e i progetti (parliamo di grandi sacrifici) sono fatti di anno in anno, anno su anno.
Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO (ore 18,28)
(Segue VERDUCCI). Voi spezzate questa programmazione, disinteressandovi di complicazioni materiali gigantesche, che per tanti, più deboli, saranno insormontabili e insostenibili.
Poniamo il caso di una studentessa o di uno studente che si iscriva a medicina ad Ancona o a Chieti e che dopo sei mesi, se tutto andrà bene (lo speriamo), riesca a restare dentro il corso di studi in medicina, ma venga spostato, non da un destino cinico e baro o dalla sua volontà, ma forzosamente (colleghi della destra, non c'è nulla da ridere. Si tratta di vita reale!) dalla graduatoria nazionale - forse non lo sapete - che voi volete istituire. Da Ancona o Chieti spostati a Messina o a Trento a metà anno, dopo sei mesi, dopo aver stipulato un contratto di affitto da cui non si potrà recedere e che non sarà rimborsabile, dovendo quindi reinventare completamente vita e programmi. Stessa cosa, ancora peggio, per chi verrà espulso da medicina e dopo sei mesi dovrà cambiare corso a favore di uno dei corsi cosiddetti affini per non perdere i crediti formativi. Cambiando corso molto probabilmente…(Brusio). Signora Ministro, relatore, vi chiedo di ascoltare.
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, vi chiedo di allontanarvi dal banco del Governo.
VERDUCCI (PD-IDP). Cambiando corso, molto probabilmente quegli studenti dovranno cambiare città.
Secondo voi, signori del Governo e signori della destra, quali ragazzi potranno sostenere un azzardo del genere! (Applausi). L'azzardo a cui voi li costringete e li sottoponete? Solo i ragazzi più ricchi e benestanti ce la faranno, non gli altri, che saranno tagliati fuori dopo spese e disagi enormi e un'enorme frustrazione, che non è solo loro ma di tutti noi, di tutto il Paese, per la perdita di talenti, di energie, di potenzialità, di sogni e ambizioni che sono decisive per tutti. Voi fate finta di aprire, ma in realtà chiudete ancora più di prima. Questo vostro provvedimento è un inganno per prendere qualche titolo di telegiornale; ma è un provvedimento peggiorativo e noi non possiamo volere - e non vogliamo - una finta riforma che sarà un gigantesco cortocircuito.
Signor Presidente, in tutte queste settimane abbiamo presentato emendamenti su emendamenti per fare in modo che in questo disegno di legge fosse scritto che le università telematiche e quelle che non rispondono a standard riconosciuti di qualità siano escluse dai corsi di formazione, in modo che un domani non ci siano dubbi e non ci siano surrettiziamente norme interpretative; abbiamo chiesto che fosse scritto in maniera chiara attraverso i nostri emendamenti. Voi li avete bocciati tutti in queste settimane. Evidentemente non vi interessa la formazione dei nostri medici, o evidentemente siete più sensibili agli interessi delle università private, o evidentemente forse siete più sensibili agli interessi dei proprietari delle università private, che magari sono anche finanziatori di qualche vostro Gruppo politico. Questo è, signor Presidente: per interessi di parte, signori della destra, avete superato un limite e volete consegnare il nostro sistema universitario e il nostro Sistema sanitario ai privati. Signor Presidente, no, non si può accettare.
Noi continueremo a batterci per un sistema pubblico, che va rafforzato, che va rialzato, che va diffuso sul territorio. Continueremo a batterci per un sistema pubblico, di qualità, per tutti, nessuno escluso. Vogliamo superare il numero chiuso, vogliamo più investimenti, più medici, vogliamo sostenibilità per gli studenti, qualità nella formazione e nella sanità. Questa vostra legge contraddice ciascuna di queste necessità e di queste urgenze, ed è per questo che voteremo no. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Zullo. Ne ha facoltà.
ZULLO (FdI). Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, vorrei svolgere questo mio intervento parlando di me. Sono un medico e quando mi sono iscritto l'accesso era libero. Quando ho voluto iscrivermi a medicina, è perché avevo idealizzato la figura del medico: avevo questo sogno e sono riuscito a realizzarlo.
Quando frequentavamo le lezioni di anatomia, in aula eravamo circa un migliaio; ci sedevamo sulle scale, perché non c'erano posti per tutti. Ma quando sono arrivato agli esami di clinica dell'ultimo anno, eravamo circa venti e non tutti in regola con gli esami (molti erano ritardatari, erano fuori corso). Voglio dire che io sono testimone di una selezione naturale che si è compiuta negli anni dei miei studi, perché sono testimone di una convinzione: non può essere un test a darci cognizione del merito di una persona.
Io penso che il merito di una persona si sviluppi in un determinato tempo, che noi, con questo disegno di legge delega, abbiamo voluto commisurare in un periodo di sei mesi. Qualcuno dice: perché non di un anno? E io dico: perché, nella selezione dopo un anno, questi ragazzi devono trovarsi a recuperare un anno in un'altra facoltà? Noi abbiamo voluto fare un discorso molto equilibrato: ci sono sei mesi per garantirsi la prosecuzione degli studi nella facoltà di medicina, però viene garantito anche il fatto che, ove mai non si riuscisse a proseguire, c'è la possibilità di doppia iscrizione in altre facoltà biomediche, sanitarie, farmaceutiche, eccetera, che consente comunque alla persona di proseguire gli studi e di laurearsi.
Chi mi ha preceduto ha detto: com'è possibile dopo sei mesi tutto questo, che devono andare di qua e di là? Tuttavia si nega una realtà di oggi, quello che è avvenuto fino ad oggi, perché i ragazzi di oggi partecipavano ai test e, non superandoli, si iscrivevano a farmacia o ad un'altra facoltà, per poi ritentare il test l'anno dopo e l'anno dopo ancora. (Applausi). Non si può negare una realtà che abbiamo vissuto fino ad oggi, perché questa è la realtà.
Qualcuno dice che i medici oggi sono costretti ad emigrare. No, cari colleghi: sono stati costretti ad emigrare gli studenti, perché tanti nostri ragazzi sono stati costretti ad emigrare per studiare all'estero e per poter coronare il loro sogno. (Applausi). E noi abbiamo spostato risorse verso università straniere, abbiamo portato un indotto verso tessuti sociali e culturali, verso città straniere. E quei medici che si sono laureati all'estero, restano all'estero. Questo abbiamo fatto noi in tutti questi anni.
In questi anni, dice chi mi ha preceduto (soprattutto da parte del PD), noi sapevamo che c'era una necessità di cambiamento. Noi adesso stiamo proponendo il cambiamento, però non c'è adesione al cambiamento. Allora voglio dire che il cambiamento lo si fa con il coraggio: noi questo coraggio lo mettiamo in campo (Applausi), voi finora questo coraggio non l'avete avuto, nonostante aveste contezza della necessità di un cambiamento. Chi mi ha preceduto diceva: io sono contro il numero chiuso. Però finora il numero chiuso c'è stato.
Si dice che questa è una menzogna, perché noi stiamo propagandando l'eliminazione del numero chiuso. No, la menzogna viene da quella parte, perché da nessuna parte, in questo disegno di legge, è scritto che non c'è il numero programmato. Qui infatti non si parla di numero chiuso o di numero aperto, ma si parla di numero programmato. Qualcuno dice che non è stato scritto il parametro. Ma è ovvio, cara Ministra; il parametro non può essere scritto, perché i fabbisogni del Servizio sanitario nazionale cambiano, perché il nostro Servizio sanitario nazionale deve avere i caratteri della flessibilità e non può essere caratterizzato dalla rigidità. (Applausi).
Dopo il primo semestre questi ragazzi hanno la possibilità di iscriversi in altre facoltà universitarie, avendo già deciso con la doppia iscrizione.
Io quella vocazione di medico l'aveva maturata perché avevo un medico condotto che quando stavo male o stavano male, mia madre o mio padre, veniva a casa a visitarci e vedevo in lui una persona che era di aiuto. Ho idealizzato questa figura di medico. Qui si fa un passo in più, che è meritevole, dicendo che già nel percorso curriculare ed extracurriculare della scuola secondaria di secondo grado, ci può essere una introduzione che può portare a sviluppare delle vocazioni. Oggi invece queste vocazioni vengono concentrate in corsi a pagamento che sono ovviamente più nella disponibilità degli abbienti che non nella disponibilità dei meno abbienti. Quando si dice che stiamo facendo qualcosa per i ricchi, rispondo dicendo che qualcosa per i ricchi è stato fatto finora (Applausi) perché avevano la possibilità di andare all'estero e partecipare ai corsi di preparazione, mentre i meno abbienti non avevano né la possibilità di fare formazione curriculare o extra curriculare della scuola secondaria di secondo grado, né di formarsi da altra parte perché non avevano soldi.
Si dice che abbiamo bisogno di medici; certo che abbiamo bisogno di medici. Ministro, le rivolgo una domanda: era lei il Ministro che nella programmazione del fabbisogno di medici con il Servizio sanitario nazionale ha creato questo imbuto che oggi ci ha lasciato senza medici? O era qualcun altro? Fatemelo capire. (Applausi). Chi era al suo posto nei dieci anni passati? Era lei o qualcun altro? Io penso che ci fosse qualcun altro, signor Ministro. Dobbiamo averne contezza.
Si dice che noi abbiamo bisogno di medici e di qualità dei medici. Scusate, chi sono i formatori di oggi? Chi sono i professori dell'università di medicina di oggi? Sono quei medici che si sono laureati nel sistema di accesso libero (Applausi) per il quale io ho potuto laurearmi. Quei medici che si laureavano con l'accesso libero lo facevano in percorsi di scarsa qualità? Se erano di scarsa qualità, vuol dire che noi abbiamo dei docenti di scarsa qualità. Io voglio dire che, invece, è tutto il contrario. Oggi abbiamo dei docenti di grande qualità, capacità e competenze.
Si dice altresì che noi abbiamo bisogno di ampliare il numero dei medici e di dare qualità alla formazione. Come possiamo far ciò? Noi diamo qualità alla formazione se creiamo una corrispondenza tra numero di discenti e potenzialità formative per poter ampliare la base ricettiva. Anche questo aspetto è stato previsto nel provvedimento al nostro esame nel momento in cui in esso si dice che nella legge delega, caro Governo, si deve tener presente la necessità di coinvolgere nella rete formativa anche le strutture del Servizio sanitario nazionale. Noi abbiamo strutture del Servizio sanitario nazionale eccellenti. Mi chiedo perché la formazione universitaria debba essere realizzata solo attraverso delle convenzioni tra Regioni e policlinici e perché nella rete formativa non possiamo inserire anche altre strutture del Servizio sanitario nazionale per fare pratica, avere tutor e docenti. Ministro, da consigliere regionale in Puglia, rilevo che abbiamo finanziato delle borse di studio perché venivano meno i requisiti organizzativi e i docenti con i requisiti per poter insegnare nelle scuole di specializzazione. Sapete dove trovavamo i medici che avevano invece i requisiti per poter insegnare nelle scuole di specializzazione? Nel Servizio sanitario nazionale. (Applausi). Non c'erano nelle università, ma c'erano nel Servizio sanitario nazionale.
Ecco perché la norma che prevede questo, cioè di ampliare la rete formativa, coinvolgendo anche strutture del Servizio sanitario nazionale, è una norma di buonsenso, che si può praticare e che si può attuare.
Abbiamo voluto, con questo disegno di legge, non varare una legge immediatamente attuativa, ma delegare il Governo, ma perché facciamo questo? Perché è un argomento abbastanza complesso che va ponderato bene e noi, con questo disegno di legge, forniamo degli indirizzi ai quali il Governo deve attenersi e siamo certi che questi indirizzi siano abbastanza congrui e appropriati, ma che siano anche abbastanza puntuali. Ci fidiamo del nostro Governo perché, oltre al coraggio del cambiamento, dobbiamo anche capire se per il cambiamento mettiamo in campo le competenze e noi, cara Ministra, abbiamo fiducia nelle sue competenze e nel Ministero che lei dirige. (Applausi). Abbiamo fiducia in lei, abbiamo fiducia nel Governo, abbiamo fiducia che con i decreti legislativi saprete implementare una riforma che è quella che oggi richiede la nostra collettività.
Vorrei fare alcune precisazioni. Si dice che questo disegno di legge è una delega in bianco perché non è legata al fabbisogno, ma non è una delega in bianco, l'ho detto, ci sono tutti gli indirizzi che abbiamo dato, che sono puntuali; non c'è il discorso di un parametro fisso perché il Servizio sanitario nazionale ha una sua flessibilità, perché abbiamo bisogno di cambiare questo Servizio sanitario nazionale, abbiamo bisogno di potenziare la prevenzione, la promozione della salute, la medicina territoriale, le cure palliative, oltre che specializzare l'assistenza ospedaliera. In tutto questo, cambiano i fabbisogni anche in termini di specializzazione. Pensate a quello che succederà con l'introduzione dell'intelligenza artificiale, come cambieranno le specializzazioni e anche la richiesta dei ragazzi di specializzarsi in alcune discipline. Oggi si fa fatica a trovare ragazzi che accedono alla specializzazione di medicina di urgenza, ma io vi dico che tra qualche anno, con l'intelligenza artificiale, del medico specialista di pronto soccorso non si potrà fare a meno, non ci può essere l'intelligenza artificiale che attiva il pronto soccorso: c'è bisogno del medico in quella disciplina e vedrete come cambierà anche la fidelizzazione rispetto a determinate discipline. (Applausi).
Quel che voglio dire è che c'è sempre questa dicotomia per cui ci chiamano «la destra», ma la sinistra con una litania ci riempie la testa di questo privato. Anche qui, cara Ministra - anzi, caro Ministro, perché sono di destra - è stata lei ad autorizzare le università private, le università telematiche? A me risulta che queste esistano da prima del suo mandato, per cui non credo che sia stata lei, ma penso che sia stato qualcuno di loro. Non solo, ma non si fa che ripetere «privato», parlando di Servizio sanitario nazionale, ma chi ha introdotto l'accreditamento per le strutture sanitarie private? Ve lo dico subito: il decreto legislativo n. 229 del 1999, altrimenti detto decreto Bindi. (Applausi. Commenti). Ma fatemi capire, l'ex ministra Bindi stava con noi o stava dall'altra parte? Fatemelo capire, volete negare questa evidenza? Non si può negare, perché il privato accreditato è stato introdotto dal ministro Bindi con il decreto legislativo n. 229 del 1999, perché prima esistevano i privati, ma attraverso la convenzione erano assoggettati al pubblico, si poteva andare dal privato quando il pubblico non era in grado di soddisfare la prestazione. Con il decreto Bindi le strutture private sono state messe sullo stesso piano del pubblico e questo viene da voi.
Quando parliamo di destra e sinistra, io non mi voglio dilungare e non voglio uscire dal seminato. Questo, però, è lo stesso discorso dell'autonomia: loro ci regalano il Titolo V della Costituzione, introducono l'autonomia (loro, con il Governo D'Alema) e poi la colpa è nostra e non va bene così. (Applausi). Allo stesso modo, introducono il privato accreditato con il decreto Bindi e poi noi siamo per il privato; loro autorizzano le università telematiche, noi ce le ritroviamo e poi la colpa è nostra. Questo non va bene, non può andar bene. Non si può neanche dire: io non ho mai voluto il numero chiuso, però poi l'eredità la lasciate a noi; io volevo il cambiamento, però il coraggio del cambiamento lo dobbiamo trovare noi, perché voi non lo avete avuto. (Applausi). Io volevo la qualità della formazione, però si rinnega la qualità dei medici che oggi fanno formazione e che si sono laureati con quel sistema di accesso libero, per il quale noi apriamo una porta, non per il numero chiuso, ma per il numero programmato.
Si dice che abbiamo bisogno di medici, siamo senza medici, non andiamo sul mercato, non abbiamo i medici; tuttavia, signor Ministro, se non abbiamo medici è perché in tutti questi anni non hanno calcolato il fabbisogno del Servizio sanitario nazionale. Tuttavia, quando parlano loro la colpa è nostra, allora qualcosa non funziona. (Applausi). Si dice che i medici emigrano all'estero e in realtà hanno fatto in modo che ad emigrare all'estero fossero i nostri figli che sono andati da studenti all'estero. Pensate, ragazzi di diciannove anni in un Paese estero a studiare medicina: che cosa hanno vissuto dentro, quali erano le ansie, quali erano le preoccupazioni dei ragazzi e dei genitori? Quali erano i costi? Quali erano i pericoli? Quali erano le possibilità della povera gente?
Non voglio addossarvi una responsabilità, ma una mano sulla coscienza ve la dovete pur mettere una volta tanto: una volta tanto, una mano sulla coscienza mettetevela! Una mano sulla coscienza almeno per una volta; non vi chiedo di farlo per dieci volte: una volta sola, mettetevela, perché la dobbiamo finire di dire che la colpa è sempre nostra.
Servono soldi per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale. Anche rispetto a questo, chi ha definanziato il Servizio sanitario nazionale? Chi lo ha fatto? Lo abbiamo definanziato noi, oppure lo avete fatto voi? (Applausi). La dobbiamo finire di dire che la colpa è sempre nostra. Si dice che ci vuole un medico ogni 5.000 cittadini, eppure noi non siamo legati ai numeri, ma alle valutazioni e al rispetto; siamo legati a valori che ci appartengono, come la concretezza, la competenza, la voglia di fare qualcosa di vero che non sia ipocrita. Spogliamoci di questa ipocrisia. (Commenti).
Senatore Boccia, trenta minuti, ma lei non ha calcolato il tempo del senatore Verducci e mi distrae.
PRESIDENTE. Senatore Zullo, la tranquillizzo, interloquisca con me. Vedo che lei ha un'ottima resistenza. La prego, continui. (Brusio).
ZULLO (FdI). Posso continuare? Se magari il senatore Boccia me lo consente…
PRESIDENTE. Sì, magari si rivolga alla Presidenza. (Applausi).
ZULLO (FdI). Basta con questo racconto di responsabilità, che esorcizzate da voi stessi per trovare qualcuno a cui addossarle. Basta! Noi le nostre responsabilità le prendiamo tutte e le prendiamo non con le chiacchiere, ma con gli atti. E gli atti sono questi disegni di legge, sui quali convintamente noi concordiamo, ai quali noi crediamo e per i quali ci spenderemo affinché il sistema di accesso alla facoltà di medicina non blocchi i sogni dei ragazzi, ma dia una possibilità ai ragazzi.
Questa possibilità può tramutarsi in un sogno avverato, se si supera il primo semestre; ma può anche capitare, e nella vita questo capita, che un ragazzo debba compiere una scelta diversa per un semestre che non va nel verso giusto. Ma è un semestre che non va nel verso giusto, non un test. Non può essere un test a dar conto del merito di una persona: lo deve dare almeno un percorso.
A noi un percorso di sei mesi sembra giusto e congruo. Per cui, signor Ministro, Governo Meloni, andiamo avanti. Abbiamo fiducia in voi e certamente così noi avremo cambiato la vita e i sogni di tanti nostri ragazzi. (Applausi).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.
Ha facoltà di parlare il relatore.
ZAFFINI, relatore. Signor Presidente, ringrazio tutti i colleghi intervenuti. Svolgerò una replica tentando di attenermi ai fatti che hanno informato il lavoro che abbiamo svolto, soprattutto in Commissione, insieme a tutti i colleghi. Questo anche perché, signor Presidente, la mia abbastanza nota vena polemica è stata tutta assorbita dal senatore Zullo perorante. Pertanto, mi restano pochissimi margini dopo l'intervento del collega Zullo. A parte le battute, ringrazio veramente tutti i colleghi.
Signor Presidente, all'inizio noi ci siamo trovati a dover agire su due esigenze. Da un lato, c'era l'esigenza di eliminare questo test. Ascoltando gli interventi dei colleghi, ho sentito che, anche nel caso degli interventi più critici nei confronti del provvedimento, nessuno se l'è sentita di difendere il test a crocette, il famigerato TOLC.
In questo, io faccio i complimenti al collega Verducci, perché veramente a volte tento di imitarlo, nella concentrazione negli interventi, nel tentare di dimostrare l'indimostrabile. Io sono veramente e sinceramente ammirato. (Commenti).
A questo riguardo, io reputo impossibile che anche il più ortodosso riesca a salvare il famigerato test a crocette. Questo perché, anche quando qualche volta ha funzionato, poi è stato vittima di ricorsi e controricorsi. Quindi, davvero andava eliminato questo metodo di selezione all'accesso alla facoltà di medicina, che ricordo era un test che si proponeva di valutare la propensione del candidato ad affrontare un percorso di studi complesso e soprattutto, all'esito di questo percorso di studi complesso, ad affrontare una professione ancora più complessa.
Quindi, era un test che si riprometteva di valutare circostanze abbastanza complesse e complicate con un metodo che faceva riferimento a un lasso di tempo breve, a una giornata qualunque della vita di una persona, di un candidato e di una candidata, che, in quel momento storico, poteva rendere al suo massimo o al suo minimo.
Ciò a seconda di circostanze completamente indipendenti dalla necessità di fare una valutazione oggettiva della propensione e della volontà, anche riguardo a una autovalutazione del candidato. Ciò anche per evitare gli abbandoni durante il corso di laurea che, come ho detto, è molto lungo, complicato, complesso e impegnativo.
C'era poi un'altra esigenza. Colleghi, non potevamo non tener presente l'indicazione che veniva da tutto il mondo delle università e accademico e da ogni istituzione formativa sia privata, che pubblica, e cioè che la capacità formativa del nostro sistema universitario non è illimitata, anzi è limitata e finalizzata alla qualità dell'erogazione della formazione. Non possiamo pensare (questa era un'esigenza contrapposta all'altra) che avremmo potuto aprire indistintamente l'accesso alla facoltà di medicina a chiunque ne facesse richiesta, anche perché negli ultimi anni i numeri dei candidati all'accesso sono stati sempre crescenti.
Riguardo alle esigenze contrapposte che registravamo è intervenuto anche il mondo delle professioni sanitarie. Ricordo, per esempio, l'audizione del presidente Anelli, quando si è tornato ad agitare il fantasma o lo spettro della pletora medica. Giustamente (probabilmente un po' troppo prudenzialmente) il presidente Anelli ha detto: attenzione, senatori, ad ampliare a dismisura il numero degli accessi a medicina (e quindi, verosimilmente, il numero dei laureati a medicina e, poi, degli specializzati), perché alla fine, posto che il nostro sistema è universalistico (che cura tutti, dalla culla alla tomba, dal Sud al Nord), non ha però spazio infinito per accogliere questi professionisti.
Quindi, pur consapevoli che il tetto alle assunzioni e il blocco del turnover hanno determinato una carenza di professionisti, se esageriamo con i numeri rischiamo di spendere cifre importanti per formare medici di cui, tra dieci, dodici o quindici anni, beneficeranno altri Paesi (sia dell'Unione europea, che non), pronti ad accogliere i nostri professionisti. Noi li formiamo e altri ne beneficeranno.
Vi rendete conto, colleghi, che quanto ho illustrato e descritto (e che è stato il percorso che, insieme al presidente Marti e a tutti i colleghi della Commissione abbiamo potuto ascoltare e constatare) ci imponeva di elaborare un disegno di legge esattamente come questo? In primo luogo, occorreva una delega importante al Governo per la gestione delle tecnicalità. Infatti, è evidente che quando si riforma un percorso così complesso come quello dell'accesso a facoltà di natura biomedica, i numerosi aspetti che attengono alle tecnicalità devono essere lasciati alla capacità del Governo. Lo scioglimento dei nodi va demandato alla capacità dei tecnici del Ministero.
Dopodiché abbiamo dovuto produrre un testo che si attenesse a principi generali netti e chiari. Ho descritto nella relazione quali sono questi princìpi generali. Ricorderete, colleghi, che fondamentale è la previsione che resta il numero programmato, per tutti i motivi che ho fin qui detto. Vi è la necessità di programmare tra sistema delle Regioni, Ministero della salute, MUR e CRUI, per formare e, allo stesso tempo, ospitare e accogliere lavorativamente, garantendo proporzione tra domanda e offerta delle nostre professioni mediche e sanitarie.
Di qui la necessità che resti il numero programmato e qui nasce probabilmente l'equivoco: io non ho mai detto che avremmo abolito il numero chiuso; probabilmente qualche collega su questo ha malinteso o frainteso, oppure è venuto automatico dirlo anche da questa parte dell'Emiciclo. Noi non aboliamo il numero chiuso, se con esso si intende il numero programmato: noi aboliamo il test di ingresso, se per numero chiuso si intende il test di ingresso. Attualmente il test di ingresso determina il numero. Noi facciamo in modo che vi sia un percorso che non è di stock, ma di flusso. Capite qual è la differenza? Non è una valutazione one shot di un'ora o due ore - non so quant'è ora il tempo che viene dato per il test da crocette - ma è un percorso di valutazione e di autovalutazione di sei mesi, compiuto dal soggetto, e quindi vi sono una autovalutazione della propria volontà di procedere e una valutazione dei docenti di quelle materie, attinente a quelle materie del primo semestre.
Collega Crisanti, ci saranno i crediti relativi al superamento degli esami, ma escludo che un ragazzo o una ragazza che abbia realizzato tre o quattro esami - non so quanti saranno gli esami del primo semestre, lo stabilirà la delega - registrando quattro 18 vada a medicina: è impossibile che accada questo, perché la valutazione della griglia sarà un combinato di voto e crediti. Il voto - lo ripeto - è oggetto di delega, ma sarà necessariamente da esprimere o per centesimi o per millesimi, proprio per dare modo di mettere millimetricamente l'asticella che risponda ai numeri programmati e al numero programmato. Questo è però oggetto di delega.
Colleghi, quello che voglio dire è che tutte le critiche che sono state giustamente avanzate - mi rivolgo soprattutto a questa parte dell'Emiciclo - già oggi sono legittime, ma potranno essere più documentate e legittimamente avanzate al momento in cui arriverà l'esperimento della delega, cioè quando arriverà il testo dal Ministero e ci sarà un testo emendabile, lavorabile in Commissione, che va in doppia lettura tra Camera e Senato. C'è una sola esigenza, colleghi, che devo dire soprattutto al Ministro, ma anche a me stesso e a tutti noi, ossia che l'anno accademico 2025-2026 debba contenere la riforma, e cioè si debba dare accesso all'anno 2025-2026 con la riforma: questo è un impegno che dobbiamo assumere tutti, colleghi, nei confronti delle famiglie, dei ragazzi e delle ragazze che ci stanno guardando oggi, e vi garantisco che sono tanti quelli che ci stanno guardando oggi.
Il secondo principio generale è che l'ammissione al secondo semestre fosse relativa al superamento della famosa asticella, determinata dai crediti e dal voto degli esami di profitto. Per evitare che il primo semestre venga reso inutile - come ho sentito dire in qualche intervento - intanto c'è la possibilità di ritentare, ma c'è anche la possibilità, alla fine del semestre, di andare in un altro corso di studi coerente, anche questo di natura biomedica, come abbiamo detto e come il testo del provvedimento prevede. Tant'è vero che, per fare questo, consentiamo la doppia iscrizione gratuita.
Il terzo principio è che diamo delega al Governo di individuare modalità atte a consentire l'allineamento dei posti disponibili al secondo semestre, cioè il famoso numero programmato, con l'accesso ai corsi di formazione post-laurea, tenendo conto anche del seguito della formazione per i corsi di specialità. C'è poi la garanzia che il numero di studenti iscritti al primo semestre del corso di laurea magistrale non sia considerata ai fini del riparto del fondo previsto dall'articolo 5 della legge n. 537 del 1993, che finanzia appunto le università.
Vi è poi un'ultima cosa, che io reputo molto interessante e i colleghi che hanno partecipato ai lavori in Commissione lo conoscono. Mi riferisco alla previsione di garantire, già negli ultimi anni della formazione di secondo grado, una formazione denominata di curvatura biomedica (in alcuni licei esiste già). Questa formazione è stata effettuata in via sperimentale; essa prevedeva la collaborazione con l'ordine dei medici, ma non sempre questa collaborazione è stata virtuosa. Purtroppo gli istituti non sono stati adeguatamente aiutati ad orientare i ragazzi verso questa formazione, anche con un sistema di premialità. Guardate che qui il discorso è molto banale, e questo va strutturato nella delega: o noi stabiliamo che i ragazzi che fanno questo percorso nel triennio di formazione superiore hanno comunque un qualcosa di premiale nel momento in cui affrontano il semestre di valutazione, e quindi un credito aggiuntivo o qualcosa di premiale - questo resta nella delega - oppure dobbiamo dare la premialità agli istituti, nel momento in cui li andiamo a finanziare. Laddove gli istituti effettuino questa formazione, verranno maggiormente assistiti nell'ambito dell'autonomia. Questo evidentemente è materia di delega.
Ma quello che è importante, colleghi, è che sia passato il principio che chi decide di fare il medico in questo Paese, in Italia, lo farà alla fine di un percorso di valutazione oggettiva e di autovalutazione soggettiva, e non come risultato fortuito o semplicemente casuale di una risposta ad un test a crocette, con domande il più delle volte strampalate, che fanno riferimento alla cosiddetta cultura generale e non hanno alcuna attinenza con la storia e le aspirazioni della persona. Noi abbiamo cancellato questa che io reputo essere una vergogna. In pochi Paesi in Europa si accede alle facoltà di medicina con quel metodo; molti Paesi adottano invece un metodo simile a quello prefigurato in questa riforma.
Ho ascoltato gli interventi dei colleghi. Crisanti, che io ovviamente rispetto, perché abbiamo lavorato e collaborato insieme - peraltro ha insegnato a Perugia - dice che abbiamo giustificato questo testo perché ci sono pochi medici. Non è così, e nessuno l'ha mai detto. Il numero dei medici viene determinato a parte rispetto a questo testo, che non incide sulla programmazione del numero, che è e sarà identica a quella di oggi. C'è la volontà del Ministro, giustamente, di aumentare i numeri dell'accesso, gradualmente alla disponibilità delle università di accogliere adeguatamente questi candidati, per rispondere all'esigenza che ci siano più medici. Ma quella è un'altra materia, è altra cosa e rimane sempre oggetto di programmazione tra il Ministero dell'università, il Ministero della salute, la Conferenza dei rettori delle università italiane e le Regioni, come è avvenuto fino ad oggi. Solo che fino ad oggi erano 7.000 o 8.000; poi le abbiamo trovate noi a 14.000, le abbiamo passate a 20.000 e io auspico che per l'anno prossimo, nel famoso 2025-2026, possono essere 25.000, 22.000 o qualcosa in più. Dopodiché probabilmente è ora che ci fermiamo, sono d'accordo; però non c'entra niente il numero dei medici.
Ora mi rivolgo ai colleghi Verducci e Crisanti, che sono dello stesso partito e seduti vicini.
Crisanti mi dice e ci dice che i medici in Italia sono sufficienti, siamo in linea con l'Europa ed anzi probabilmente ne abbiamo anche qualcuno in più. Io non sono lontano dall'essere d'accordo con questa considerazione. Personalmente, non da relatore, ma da senatore Franco Zaffini dico che magari dobbiamo imparare a utilizzare e pagare meglio i medici che abbiamo. Questo però è un altro tema sul quale, se vorrete, arriverò.
Il senatore Verducci, dopo altri interventi, afferma invece che i medici mancano, che i medici che formiamo ed escono dalle facoltà devono essere di più. Anche qui, in parte, sono d'accordo con il senatore Verducci perché noi in alcuni anni abbiamo anche dato accesso ai 6.000. Ricordo il famoso tetto delle assunzioni, il famoso blocco del turnover. È del tutto evidente che noi, con gli ulteriori pensionamenti, avremo una ulteriore carenza dei medici. Appare evidente però la contraddizione tra due persone che stanno dentro lo stesso partito. Decidetevi: o abbiamo troppi medici o abbiamo pochi medici. Io dico che, in parte, avete ragione entrambi; dobbiamo utilizzare e pagare meglio i medici che abbiamo, smettendola di pagarli tutti in misura eguale. I medici non sono tutti uguali, così come non lo sono le specializzazioni. L'apporto di una specializzazione al Servizio sanitario nazionale non è uguale per tutte le specializzazioni. La possibilità di accedere alla libera professione - quella della legge Bindi citata dal senatore Zullo - non è uguale per tutte le specializzazioni. Il dermatologo o il chirurgo estetico non sono uguali al cardiochirurgo, al neurochirurgo o all'anatomopatologo assolutamente indispensabile al nostro Sistema sanitario nazionale. Pensate alla gestione delle nostre patologie oncologiche. È una specializzazione che nessuno pratica più. È allora evidente che noi dobbiamo modulare i compensi e rompere il tabù tutto sindacale che i medici devono essere pagati con il contratto nazionale, per determinati euro l'ora, qualunque sia il lavoro che fanno o la loro specializzazione, a seconda delle ore che lavorano. Reputo che dobbiamo venir fuori da questo diversamente. È però altro tema rispetto al testo.
La collega Zambito ha parlato di delega in bianco. È qui presente il Ministro. Se fossi stato il Ministro, avrei detto che forse la delega è anche un po' troppo dettagliata. Chiediamo cose precise al Ministero. Noi chiediamo al Ministero di dettagliare, in un breve lasso di tempo, un percorso netto e preciso che pone una riforma che il Sistema aspettava da anni. Siccome i miracoli non li fa nessuno - perlomeno in terra io non ho mai visti - dico che noi stiamo chiedendo molto al nostro Ministro, che ringrazio per la disponibilità e l'affiancamento che abbiamo avuto nei lavori di Commissione.
Esagerate poi anche quando parlate, come la collega Zambito, mia collega di Commissione, del decreto Bandecchi. Chi mi conosce non può pensare che io possa aver fatto il relatore su un provvedimento che in qualche modo agevola le università telematiche o addirittura il colorato Bandecchi. Abbiamo invece fatto altro, come ho detto fino adesso.
Cerco di rispondere a tutti coloro che sono intervenuti, ma non voglio fare la chiosa a tutti, non avendone il titolo. La collega Zampa dice che si può condividere l'abolizione del test. Bene, questo facciamo. Aboliamo il test e come farlo nei dettagli ce lo dirà la delega. Al momento della delega potremo emendare, discutere, bocciare ed esprimere un voto contrario o favorevole, ma non oggi facendo un processo alle intenzioni. Noi oggi aboliamo solo il test e stabiliamo che, invece di una valutazione estemporanea, ci sarà una valutazione lunga un semestre con i docenti delle materie del semestre e con la possibilità del candidato di autovalutarsi, insieme alla sua famiglia, sulla voglia vera di intramprendere un percorso pieno di difficoltà e di necessità d'impegno formativo.
Dopodiché, parlate delle necessità di meglio entusiasmare i nostri professionisti della sanità. Ebbene, ho parlato poco fa della necessità di rimettere mano a un sistema di retribuzione un po' antico, un po' troppo sindacalizzato, che va bene per altri settori, ma non per la professione medica. Lo stesso vale per le professioni infermieristiche. Oggi abbiamo bisogno di un upgrade formativo complessivo delle nostre professioni sanitarie, a cominciare dall'operatore sociosanitario che deve aggiungere la terza S e quindi specializzarsi, perché l'operatore sociosanitario di una RSA non è lo stesso operatore sociosanitario di una corsia di ospedale o addirittura di un reparto di terapia intensiva. Lo stesso dicasi per i nostri infermieri: il biennio di specializzazione di scienze infermieristiche oggi è oggetto di discussione; siamo in avanzata fase, con il Ministero, per valutare l'ipotesi di rendere omogenea su tutto il territorio nazionale la possibilità di specializzare i nostri infermieri; ma anche in questo caso dovremo smetterla di dire che li paghiamo tutti allo stesso modo, perché non sono anche loro tutti uguali.
Oltre a questo, abbiamo abolito il vincolo di esclusività, che da vent'anni gli infermieri chiedevano di togliere, e l'abbiamo fatto motivati da due esigenze: la prima è che mancano e quindi, se vogliono lavorare fuori dall'orario di lavoro in un'altra struttura, devono poterlo fare, perché mancano; e, se devono recarsi nel domicilio dei malati cronici, servono gli infermieri anche fuori dall'orario di lavoro, se vogliono farlo. La seconda esigenza è che in questo modo rendiamo la professione più appetibile perché ovviamente quel fuori orario, e quella prestazione aggiuntiva può determinare un upgrade di reddito e di retribuzione che rende la professione più appetibile. Quindi anche lì i miracoli non li possiamo fare. Non riusciamo, in due o tre anni di Governo, a risolvere vent'anni di gestione della sanità un po' creativa, ma stiamo lavorando. Continuo a dire che è una foresta che cresce e dobbiamo smetterla di dare sempre attenzione all'albero che cade. Questo Sistema sanitario nazionale, il nostro gioiello di famiglia, signor Presidente, eroga due milioni di prestazioni al giorno e lo fa con un criterio universalistico, dalla culla alla tomba. Curiamo tutti: gli italiani, i clandestini, i delinquenti, maschi, femmine, bianchi, neri, gialli. Chi si affaccia al nostro Sistema sanitario nazionale ottiene il massimo della prestazione, chiunque egli sia. È ovvio, quindi, che su due milioni di prestazioni ci possono essere, per una banale legge dei numeri, anche 100 o 200 prestazioni inappropriate o addirittura casi di malasanità. Ma mi chiedo, colleghi, e chiedo soprattutto a chi della sanità sta facendo strumento di propaganda politica - lasciatemi dire almeno questo - se pensano che veramente stiamo facendo il bene del nostro Sistema sanitario nazionale in questo modo. Pensano che il Covid non abbia già inciso molto sulla perdita di fiducia dei nostri concittadini e soprattutto dei nostri fragili rispetto al Sistema sanitario nazionale? Ci mettiamo sopra anche la dialettica politica abbastanza avulsa dalla realtà dei fatti? Penso che noi tutti dobbiamo addivenire a un'assunzione di responsabilità a questo riguardo e, prima lo faremo, meglio sarà.
Concludo, colleghi, ringraziandovi della pazienza, rimandando il dibattito sul merito al lavoro che farà il Ministro. Ringrazio il presidente Marti e ringrazio il Ministro per quello che ci potrà dire in anteprima rispetto al lavoro che lo aspetta nei tempi, purtroppo, brevi nei quali sarà costretto a lavorare per via dei tempi stringenti della delega che gli abbiamo dato. (Applausi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
BERNINI, ministro dell'università e della ricerca. Signora Presidente, mi sia consentito un ringraziamento particolare al Presidente della 7a Commissione e a tutti i commissari per il lavoro che hanno fatto. Ringrazio altresì il relatore, presidente della 10a Commissione, Franco Zaffini, perché sicuramente la sua replica è stata straordinariamente esaustiva rispetto a una serie di considerazioni che sono state poste dai colleghi, i cui interventi ho apprezzato e di cui ho preso debita nota. Quando il Parlamento si esprime e rappresenta criticità rispettabili, ragionevoli e fondate, come quelle che sono state espresse oggi pomeriggio, il Governo doverosamente prende nota e ne tiene conto.
Per quanto riguarda il provvedimento in esame, le motivazioni sono già emerse durante la discussione generale, alcune con uno spaccato positivo: si è vista la parte che noi abbiamo voluto creare con questo provvedimento, ossia l'eliminazione dei test, e mi sembra che tale tema ci tenga tutti uniti, anche se alcuni - il senatore Zaffini ha parlato di processo alle intenzioni - con una visione predittiva pessimistica ritengono che non siano stati aboliti. Mi sento di dire che i test sono stati aboliti per sempre. (Applausi). Mi trovo in un'Aula che rispetto profondamente. Tutti noi abbiamo un profondo senso delle istituzioni e, sedendo da questa parte dell'Aula, non mi permetterei mai di portare a voi delle considerazioni che non siano fondate. I test on line CISIA (TOLC) non esisteranno più, sostanzialmente per due motivi: in primo luogo, perché ci si preparava con una preparazione molto costosa. In quel caso sì che pagavano e subito. Lo dico alla collega senatrice Zampa, che stimo molto, ma che parlava di un prezzo che potrebbero pagare le studentesse e gli studenti e le famiglie. Quel prezzo, purtroppo, è stato già pagato dal pessimo, orribile, deprecabile mercato dei TOLC e comunque dei test che è stato attuato in questi anni. Si preparava a pagamento una classe di studentesse e studenti non su materie contenutistiche, non su temi di merito, bensì su test a crocetta e questa, nella nostra prospettiva ma credo nella prospettiva di tutti, è la vera perdita di tempo che non ci possiamo più permettere.
Il secondo motivo dell'eliminazione dei test è, al netto del mercato inaccettabile che ad esso era sotteso, il fatto che il test non è in sé stesso né propedeutico, né predittivo, né formativo. Per questo abbiamo pensato - lo sottolineo ancora una volta - a un modello che non fosse quello francese, quello australiano o quello inglese, ma fosse il nostro modo di interpretare un semestre formativo qualificante, propedeutico e predittivo, per consentire a tutte le studentesse e gli studenti che vi accedono di creare - come hanno detto bene i colleghi che mi hanno preceduto e sono intervenuti - un bagaglio formativo nelle scienze mediche, se non per l'iscrizione a medicina e chirurgia, che rappresenterà per loro un file di esperienza sempre attivabile anche su altri corsi di laurea di diverse scienze mediche e scienze sanitarie.
Vi è poi un altro motivo - a mio avviso assolutamente scriminante - di intervento sullo status quo ante, sulla situazione precedente, su cui tante volte ci siamo misurati. Io anche dall'altra parte ho parlato tante volte della necessità di eliminare quello che la senatrice Cosenza ha chiamato turismo universitario. In realtà è peggio: è un turismo forzato e, quindi, un esilio universitario. Sulla base di un test la cui attendibilità e la cui capacità di captare il merito equivalevano al lancio di una monetina (fortuna pura), noi costringevano nostre studentesse e nostri studenti a fare scelte costose di uscita dal nostro Paese, di uscita dal nostro circuito formativo. Tanti di voi hanno evidenziato giustamente un punto su cui io sono assolutamente d'accordo. Dopo due anni di permanenza in questo Ministero che mi onoro di servire e di due diligence - consentitemi questa espressione - ho visitato tutte le università, ho visto tanti corsi di laurea e sicuramente la qualità della nostra offerta formativa è straordinariamente alta.
È proprio quella da cui abbiamo esiliato in questi anni una buona parte delle nostre studentesse e dei nostri studenti: sulla base di un parametro di valutazione qualitativa assolutamente inattendibile. Su questo sono convinta che tutti converrete (Applausi).
Io voglio essere breve, perché siete stati molto generosi nelle informazioni che mi avete dato. Avete espresso le vostre perplessità e vi assicuro che le terrò ben presenti, perché l'approccio che noi abbiamo, come Ministero, a questo Parlamento è assolutamente collaborativo, costruttivo e di responsabilità. Sulla fase attuativa, faremo decreti delegati che passeranno al vaglio del Parlamento. Come ricordava il collega Zaffini, giustamente, non ci sarà nulla di inventato, nulla di non sottoposto agli indicatori di performance e di princìpi e criteri direttivi molto chiari e molto stringenti. Ve lo assicuro.
Ci avete dato indicazioni molto chiare anche in termini temporali, tanto che - e passo all'altro punto che voglio con voi condividere - abbiamo già creato presso il Ministero un gruppo di lavoro, che si compone di persone che devono già ragionare sui decreti delegati e sulle possibili soluzioni dei decreti delegati: non sono quivis de populo, ma sono tutti i presidenti dei corsi di laurea coinvolti in questa riforma.
Noi abbiamo messo insieme - così come abbiamo sempre fatto, anche nella determinazione dei fabbisogni - i nostri danti causa (alcuni direbbero i nostri stakeholder), cercando di condividere con loro le criticità e di trovare una mediazione ragionevole, esattamente come avete fatto voi nell'elaborazione di questo testo.
Io ho ascoltato con molta attenzione tutti voi e vi ringrazio ancora per quello che avete detto: sia in bonam partem sia in una valutazione pessimistica degli esiti della delega, che è comunque una valutazione utile, perché mi consentirà di capire che cosa non bisogna fare o quali sono le trappole in cui non bisogna cadere.
Tutti voi, comunque, avete convenuto sul fatto che così non si può andare avanti. Questo modello non funziona. Il modello nuovo deve essere supportato da finanziamenti. Su questo sono d'accordo, tanto che - come voi tutti sapete - insiste presso il Ministero, da due anni a questa parte, l'Osservatorio sulla valutazione dei fabbisogni, che si compone della Conferenza dei rettori delle università italiane, della Conferenza Stato-Regioni, di Istat, di tutti i componenti del Ministero della salute in grado di mettere insieme e valutare i fabbisogni; fabbisogni che - come sapete - hanno un andamento non stabile, non sinusoidale, ma con dei picchi, che sicuramente hanno avuto una fase piuttosto imponderabile dal Covid-19 in poi. C'è stato un innalzamento e poi una ricaduta.
Io sono molto cauta nel parlare di pletora medica perché, guardando ai medici che andranno in pensione, guardando ad alcune specialità in particolare, credo che la valutazione dei fabbisogni debba essere fatta - come stiamo facendo ora - anno per anno. E, a partire da due anni a questa parte, l'abbiamo sempre fatta aumentando progressivamente il numero chiuso. Non lo abbiamo abolito, ma l'abbiamo allargato. E l'obiettivo di questo Ministero - come mi auguro di questo Parlamento - è continuare ad allargarlo, progressivamente, in maniera programmata e programmatica, sulla base dei fabbisogni, in maniera sostenibile. (Applausi).
Ma dobbiamo allargarlo ancora, perché, se abbiamo ammortizzato tutti quei medici italiani che abbiamo costretto a formarsi fuori dall'Italia e sono tornati in Italia con la discutibile dicitura di medici laureati nell'Unione europea, perché non laureati in Italia? Evidentemente questi fabbisogni ci sono, se poi ritornano e lavorano nel nostro Paese.
Quindi, tutto ciò premesso, io ho già il supporto di un gruppo di lavoro che mi consentirà di mettere a sistema tutte le osservazioni che voi avete fatto e soprattutto la prospettiva di continuare a lavorare sull'allargamento dei fabbisogni, supportandolo con dei finanziamenti. I primi 13.000 posti che noi abbiamo aumentato sono stati supportati da 23 milioni di euro, già dati subito alle facoltà di medicina e chirurgia.
Tramite lei, signor Presidente, mi rivolgo al collega Verducci, semplicemente perché vorrei dire - perdonate la mia naïveté, io tendo a non essere un'estremista - che il tema degli 800 milioni di euro è una balla colossale. Non abbiamo mai tagliato 800 milioni di euro all'università! (Applausi).
Una cosa è la propaganda legittima presso qualsiasi sindacato… (Commenti). No, senatore Verducci, può scrivere la Divina Commedia, ma le posso assicurare che io ho i numeri qui. (Applausi). No, nego recisamente. È legittimo che qualsiasi sindacato (che sia degli studenti, dei rettori o di chiunque altro) faccia propaganda. Ma non è legittimo che mi si contesti su numeri che io vedo per prima. (Applausi).
Il fondo di finanziamento ordinario del 2025 è più alto del 2023: 9,2 miliardi nel 2023; 9,04 miliardi nel 2024; 9,21 miliardi nel 2025. (Applausi). Questo ve lo posso certificare con tutta… (Commenti). No, per il 2025 è aumentato. Scusate il dibattito con il senatore Verducci, ma mi ha stimolato su questo tema. In più, caro senatore Verducci, caro Presidente…
PRESIDENTE. Chiedo la cortesia di rivolgersi alla Presidenza.
BERNINI, ministro dell'università e della ricerca. Si è parlato di invarianza finanziaria. In questo momento ci troviamo ad affrontare, tutti insieme, il tema dei contratti a tutele crescenti, che si basano su un contratto molto interessante che noi (come Ministero dell'università del Governo Meloni) abbiamo attivato, perché non si era riusciti ad attivarlo prima. Questo strumento è stato creato e avallato nella totale invarianza finanziaria. (Applausi).
Se vogliamo parlare di finanziamenti, dobbiamo ricordarci che il fondo di finanziamento ordinario non è l'unico finanziamento che il Ministero dell'università e tutti voi, tutti noi come contribuenti, diamo alle università. C'è un'altra forma di finanziamento che riguarda proprio i laboratori (legge n. 338). Il Ministero dell'università con i nostri fondi, fondi tratti dalle tasche e dalle tasse dei contribuenti, finanzia al 70 per cento le università. Questo Governo ci ha messo 500 milioni, più 500 milioni, più, un mese fa, altri 200 milioni per finanziare nuove infrastrutture alle università.
Devo proseguire? Si è parlato di diritto allo studio. Noi abbiamo un approccio gesuitico nei confronti del diritto allo studio: lo tuteliamo perinde ac cadaver. (Applausi). Abbiamo messo - sfido chiunque ad opporsi ai numeri che ora vi darò - 880 milioni di euro sulle borse di studio: è, in assoluto, il numero record, messo da questo Governo, rispetto a tutti gli altri Governi. (Applausi).
Colleghi, per fare tutto ciò che si è detto mettiamo a sistema tutti questi elementi, non fingiamo che non esistano. Io non fingo che le vostre giuste osservazioni, che potrebbero essere sicuramente degli elementi di criticità, se non ne tenessi conto, non esistano. Non fingiamo però che le università siano sottofinanziate perché, soprattutto negli ultimi anni, sono state molto finanziate. Tanto che - vi do un altro numero abbastanza significativo - tutte le università sono in avanzo di bilancio di 950 milioni. Le università italiane, nel loro insieme - non ce n'è una che sia in passivo - hanno un avanzo di bilancio di quasi un miliardo.
Dico questo per significare che, se vogliamo parlare di numeri, vi posso assicurare che da due anni a questa parte sono stati il nostro pane quotidiano. Accetto qualsiasi controdeduzione, ma non accetto numeri a caso. (Applausi). 800 milioni sono numeri a caso, numeri propagandistici messi insieme sommando entità non cumulabili.
Io sono qui, ancora una volta, per ringraziarvi per aver creato le condizioni affinché un provvedimento come questo passasse dalla Commissione all'Assemblea e avesse l'opportunità di andare avanti. Tutti voi avete fatto la vostra parte in maniera egregia e mi rivolgo ai singoli commissari, indipendentemente dall'appartenenza politica. Quanto alla dicotomia destra e sinistra, credo che in questo momento il futuro delle studentesse e degli studenti non debba avere un colore politico, noi o voi. Ragioniamo con un approccio più istituzionale, soprattutto ora. (Applausi). L'accesso alla facoltà di medicina aperto progressivamente e programmaticamente, in maniera sostenibile, è un beneficio per tutti, indipendentemente dal colore politico.
È questo il modo in cui abbiamo affrontato e affronteremo questo tema.
I decreti delegati ci saranno; naturalmente ci sarà l'altro passaggio in Parlamento. Noi cominceremo comunque sulla base di quello che ho ascoltato oggi, e sulla base delle indicazioni che mi darete ex ante ed ex post, continueremo a lavorare.
Presidente Zaffini, so che voi avete a cuore il fatto che nel 2025-2026 si possa inaugurare questo modello: stiamo lavorando proprio per questo. Il professor Lenzi e il professor Gaudio stanno presiedendo due gruppi di lavoro che, compatibilmente e nel rispetto dei diritti del Parlamento - qui state ancora lavorando su un provvedimento e, quindi, posso solo elaborare idee sulla base delle indicazioni che mi state dando - si stanno già mettendo avanti con il lavoro - come si suol dire - per creare le condizioni affinché i decreti delegati siano pronti nel minor tempo possibile.
Ringrazio ancora tutti voi e arrivederci a presto. (Applausi).
PRESIDENTE. Come da intese, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
Atti e documenti, annunzio
PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Ordine del giorno
per la seduta di mercoledì 27 novembre 2024
PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica domani, mercoledì 27 novembre, alle ore 10, con il seguente ordine del giorno:
La seduta è tolta (ore 19,43).