Senato della Repubblica | XVI LEGISLATURA |
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 27 SETTEMBRE 2012
Istituzione della Zona di protezione ecologica del mare Adriatico
Onorevoli Senatori. -- Il presente disegno di legge è dettato dalla necessità di assicurare una prospettiva al mare Adriatico e alle comunità che vi si affacciano.
La necessità di riflettere sul futuro del mare Adriatico ci è data, innanzitutto, dal crescente interesse delle multinazionali petrolifere allo sfruttamento di ipotetici giacimenti custoditi al di sotto del suo fondale marino.
La preoccupazione che il mare Adriatico possa essere utilizzato per estrarre petrolio è cresciuta negli ultimi anni in ragione dell'autorizzazione che il Ministero dello sviluppo economico, acquisito il parere positivo dei Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e per i beni e le attività culturali, ha rilasciato alla società Petroceltic per lo svolgimento di indagini geosismiche a largo delle Isole Tremiti, necessarie per verificare la presenza di greggio.
La suddetta autorizzazione ha chiuso un procedimento amministrativo, avviato all'inizio del 2010, contro il quale si sono schierati, anche in sede giudiziaria, gli Enti di gestione di parchi e riserve marine, le regioni Molise e Puglia, quasi tutte le amministrazioni provinciali e comunali della zona costiera, decine di associazioni, comitati e organizzazioni ambientaliste, culturali e civiche. Inoltre, contro l'autorizzazione ci sono state manifestazioni di migliaia di persone decise a rivendicare il proprio protagonismo rispetto alle scelte politiche ed ai programmi di sviluppo del Governo per quest'area del Paese.
Le motivazioni dell'opposizione alle trivelle nell'Adriatico sono diverse e tutte degne della massima attenzione da parte del Parlamento.
Le attività di produzione di petrolio dal fondo marino determinano un apporto complessivo di inquinanti pari al 47 per cento del totale sversato in mare a causa dell'attività di perforazione (2 per cento), degli incidenti nel trasporto marittimo (12 per cento) e delle operazioni sulle navi relative a carico e scarico, bunkeraggio, lavaggio, scarichi di acque di sentina o perdite sistematiche (33 per cento). Le compagnie petrolifere, inoltre, utilizzano, per la trivellazione, speciali fluidi e fanghi perforanti, necessari per portare in superficie i detriti, che sono tossici e presentano tracce di cadmio, cromo, bario, arsenico, mercurio, piombo, zinco e rame, in percentuali anche molto elevate, che si bioaccumulano negli organismi marini, a partire dai pesci destinati all'alimentazione. D'altronde, come dimostrano diversi studi redatti da agenzie governative, anche non europee, i pesci che vivono nei pressi di piattaforme petrolifere presentano livelli di mercurio particolarmente alti.
L'estrazione del petrolio e la sua raffinazione comportano, altresì, un notevole dispendio di acqua prelevata dall'acquedotto pubblico, aggravando il deficit idrico di aree del Paese già siccitose e sempre più colpite dalla riduzione delle precipitazioni a causa dei cambiamenti climatici. Peraltro, l'acqua utilizzata è reimmessa nel terreno e nella falda dopo essere stata contaminata da zolfo e metalli pesanti.
Ancora, le perforazioni determinano l'incremento del rischio subsidenza, l'abbassamento del terreno a causa delle estrazioni di idrocarburi, talvolta accompagnato da micro terremoti e dissesti geologici, particolarmente pericolosi in zone sismiche e noti alle popolazioni dell'Alto Adriatico dove le attività di estrazione sono state sospese, per tale ragione, anche per lunghissimi periodi.
Le perforazioni, infine, possono determinare diversi tipi di incidente industriale, con gravi conseguenze per gli addetti al ciclo produttivo e all'ambiente, come l'esplosione di gas, la fuoriuscita incontrollata di petrolio, la collisione di navi con la piattaforma.
Costi ambientali, economici e sociali elevatissimi che la comunità dovrebbe sostenere per consentire l'eventuale sfruttamento di giacimenti quantitativamente molto limitati e che custodiscono petrolio di pessima qualità perché particolarmente bituminoso e contenente un alto grado di idrocarburi pesanti e di zolfo.
Al contrario, la salubrità delle acque marine rappresenta, particolarmente per i centri della costa del Basso adriatico, un fattore decisivo per lo sviluppo delle filiere del turismo e della pesca. Sono questi, infatti, i comparti economici su cui si sta concentrando buona parte delle programmazioni infrastrutturali degli Enti locali, degli investimenti privati e delle risorse finanziarie europee, nazionali e regionali destinate alla promozione dello sviluppo e dell'occupazione. E sarebbe eccessivamente contraddittorio, ad esempio, imporre la rigorosa sostenibilità ambientaIe della pesca mentre si autorizzano attività economiche potenzialmente in grado di desertificare un'ampia porzione dell'Adriatico.
La geografia e l'oceanografia di questo mare chiuso è un'altra delle motivazioni che devono indurre allo studio ed all'attuazione di una diversa strategia di valorizzazione delle sue risorse.
Ed è proprio la necessità di tutelare il patrimonio e valorizzare le risorse offerte dal mare Adriatico che propongo con questa legge l'istituzione di una Zona di protezione ecologica, prevista dalla legge 8 febbraio 2006, n. 61, al cui interno vietare le attività industriali inquinanti, a partire dall'esplorazione ed estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi; nonché di tutelare e valorizzare il patrimonio naturale e culturale custodito da questo bacino, anche al fine di promuovere programmi di sviluppo sostenibile particolarmente nei settori della pesca e del turismo.
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
(Istituzione della Zona di protezione ecologica del mare Adriatico)
1. Ai sensi dell'articolo 1 della legge 8 febbraio 2006, n. 61, è istituita la Zona di protezione ecologica del mare Adriatico.
Art. 2.
(Confini della Zona di protezione ecologica del mare Adriatico)
1. La Zona prevista dall'articolo 1 si estende dal limite esterno del mare territoriale italiano fino al limite delle acque internazionali.
Art. 3.
(Misure di protezione dell'ambiente, degli ecosistemi marini e del patrimonio culturale subacqueo)
1. Nella Zona di protezione ecologica sono previste attività e azioni per:
a) la prevenzione e repressione di tutti i tipi di inquinamento;
b) il divieto di ricerca ed estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi;
c) la protezione della bio-diversità e degli ecosistemi marini;
d) la tutela del patrimonio rinvenuto nei fondali.
Art. 4.
(Controlli e sanzioni)
1. Nella Zona di protezione ecologica di cui all'articolo 1, le autorità italiane sono competenti in materia di controlli, di accertamento delle violazioni e di applicazione delle sanzioni previste, conformemente alle norme dell'ordinamento italiano, del diritto dell'Unione europea e delle Convenzioni internazionali in vigore, di cui l'Italia è parte contraente.
Art. 5.
(Azioni di valorizzazione)
1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare promuove azioni di valorizzazione del patrimonio ambientale, culturale e ittico della Zona di protezione ecologica del mare Adriatico anche al fine di sostenere programmi di sviluppo economico ed occupazionale in favore delle popolazioni costiere e delle isole.