SENATO DELLA REPUBBLICA

COMMISSIONE AFFARI COSTITUZIONALI (1ª)

INDAGINE CONOSCITIVA SUI PROVVEDIMENTI IN ITINERE DI ATTUAZIONE E DI REVISIONE DEL TITOLO V DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE

3º Resoconto stenografico

SEDUTA DI GIOVEDÌ 3 OTTOBRE 2002

Presidenza del presidente PASTORE

 

 

Audizione dei rappresentanti dell'Associazione nazionale dei comuni italiani e dell'Unione delle province d'Italia

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'indagine conoscitiva sui provvedimenti in itinere di attuazione e di revisione del Titolo V della Parte II della Costituzione, sospesa nella seduta del 26 settembre scorso.

È in programma oggi l'audizione dei rappresentanti dell'Associazione nazionale dei comuni italiani e dell'Unione delle province d'Italia.
Ricordo che, ai sensi dell'articolo 33, comma 4, del Regolamento, è stata chiesta
l'attivazione dell'impianto audiovisivo e che la Presidenza del Senato ha già preventivamente fatto conoscere il proprio assenso. Se non ci sono osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori.
Ringrazio i nostri ospiti per avere accolto il nostro invito, in particolare, per l'Associazione nazionale comuni italiani, il sindaco di Brescia Paolo Corsini, il sindaco di Siracusa Giambattista Bufardeci e il sindaco di Piacenza Roberto Reggi, accompagnati dalla dottoressa Veronica Nicotra, funzionario dell'ANCI e, per l'Unione delle province d'Italia, il vicepresidente Silvano Moffa, presidente della
provincia di Roma, accompagnato dal professor Stelio Mangiameli, consulente istituzionale, dal dottor Piero Antonelli, direttore generale, dalla dottoressa Claudia Giovannini e dal dottor Gaetano Palombelli, dell'Ufficio studi dell'UPI.
Ai fini di una migliore organizzazione dei nostri lavori, invito coloro che interverranno a trattare entrambe le questioni oggetto dell'indagine conoscitiva, in particolare il cosiddetto disegno di legge La Loggia (A.S. n. 1545) e il cosiddetto disegno di legge Bossi, sulla devoluzione (A.S. n. 1187).
Do ora la parola al sindaco di Brescia, che interviene a nome dell'Associazione nazionale dei comuni italiani.

 

CORSINI. Signor Presidente, anzitutto la ringrazio per la cortesia di averci invitato a partecipare a questa audizione e rivolgo un saluto a tutti i membri della Commissione affari costituzionali.

Procederò esponendo dapprima le posizioni che l'ANCI ha elaborato, peraltro con spirito collaborativo e unitario rispetto ai colleghi dell'UPI (eventualmente il presidente Moffa svilupperà e articolerà ulteriormente le posizioni che andrò esponendo), ed illustrando poi le nostre valutazioni in ordine al disegno di legge La Loggia e al disegno di legge Bossi, sulla devoluzione.
Vorrei precisare che da parte nostra, come autonomie locali, assegniamo un valore prioritario e propedeutico all'iter di approvazione del disegno di legge La Loggia: ci sembra infatti che abbia un'urgenza particolarmente significativa in relazione all'attuazione delle norme del Titolo V della Costituzione. In riferimento all'iter compiuto, l'ANCI ha recato un apporto ed un contributo assai fattivo al processo di stesura ed elaborazione del provvedimento, prima nell'ambito della Cabina di regia, con la presentazione di appositi emendamenti, e poi nel corso dei lavori della Conferenza unificata, con l'espressione di un parere formale, anch'esso corredato da apposite proposte emendative, che tra l'altro sono sintetizzate nella documentazione – tanto per il disegno di legge La Loggia (A.S. n. 1545), quanto per il disegno di legge Bossi (A.S. n. 1187) – che abbiamo consegnato alla Commissione.
Partirei quindi proprio da un'affermazione alla quale attribuiamo un valore significativo: l'urgenza di un'approvazione in tempi brevi del disegno di legge La Loggia, anche se manifestiamo una forte preoccupazione in ordine all'assenza di un articolato relativo all'attuazione delle linee del federalismo fiscale, ai sensi dell'articolo 119 della Costituzione così come riformato.
Nell'ordine delle nostre priorità, se dovessi definire una sorta di gerarchia delle rilevanze, assegnerei la priorità al disegno di legge La Loggia; subito dopo verrebbe la necessità di mettere mano all'articolo 119, per una piena affermazione pratica e di principio del federalismo fiscale, e poi all'articolo 117. Vi è quindi da parte dell'ANCI la richiesta dell'avvio di una riflessione serrata sui contenuti della legge statale di coordinamento della finanza pubblica e sottolineando nel contempo la necessità dell'attuazione urgente della Commissione bicamerale per le questioni regionali in forma integrata, rivolgendo un invito alle competenti Giunte per il regolamento di formalizzare le proposte di modifica regolamentare.
Per quanto riguarda, invece, un esame nel merito del provvedimento che tocca vari aspetti della nuova cornice costituzionale, che sancisce l'equiordinazione tra i soggetti costitutivi della Repubblica, ci soffermiamo su alcuni aspetti significativi per gli enti locali.
Innanzi tutto prendiamo in esame la potestà statutaria e regolamentare dell'ente locale (articolo 2 del disegno di legge n. 1545). Ebbene, l'articolo 114 della Costituzione, innovando significativamente rispetto al testo costituzionale previgente, sancisce la costituzionalizzazione dell'autonomia statutaria dell'ente locale, riconoscimento che, a nostro avviso, deve comportare un ampliamento nei contenuti e nelle forme dell'esercizio di tale autonomia da parte dell'ente.
Di eguale significato, il riconoscimento operato dall'articolo 117, sesto comma, della Costituzione per quanto attiene alla potestà regolamentare. Il regolamento si atteggia quale fonte normativa che trae la propria legittimazione direttamente dalla Costituzione, non solo, dunque, come fonte secondaria subordinata gerarchicamente alla legge, sicché fino a quando opera nell'ambito di competenza assegnato dalla fonte costituzionale, non deve conoscere alcuna forma di limitazione o di condizionamento.
Sotto questo profilo, vogliamo ribadire la nostra fermezza nel difendere gli spazi di potere regolamentare così inteso, da sconfinamenti e ingerenze della normazione statale e regionale.
Proprio con questo intendimento, è stato presentato un emendamento riguardante la potestà statutaria e regolamentare dell'ente locale, emendamento che mi pare sia stato recepito integralmente dal Governo nell'articolo 2 del disegno di legge La Loggia.
Tuttavia, il punto focale delle nostre osservazioni riguarda in modo particolare il nuovo assetto delle funzioni amministrative, cioè l'articolo 5, rispetto al quale nella documentazione da noi predisposta abbiamo provveduto ad una sorta di complessiva riscrittura, non abbiamo semplicemente proposto singoli emendamenti ma abbiamo proceduto ad una riarticolazione complessiva del testo sulla base delle seguenti considerazioni.
L'articolo 118 della Costituzione delinea un modello organizzativo e funzionale dell'amministrazione pubblica fondato sulla titolarità della generalità delle competenze amministrative in capo ai comuni, quali enti più vicini alla comunità destinataria dei servizi e delle prestazioni, nell'ambito dei principi e degli indirizzi fissati dalle leggi statali e regionali e alla luce, in modo particolare, del principio di sussidiarietà.
Se mi è permessa una piccola parentesi di carattere filologico, credo che, se è vero che il comune è l'organo amministrativo della comunità, tanto l'elemento del legamento comunitario del cum, quanto l'elemento del munus rimandino proprio a questa dimensione della sussidiarietà, che per noi è fondamentale.
È dunque affermata la portata del principio generale, cioè della allocazione delle funzioni amministrative ai comuni, della generalità e totalità delle funzioni amministrative ai comuni, principio che va mediato con i principi di adeguatezza e differenziazione, la cui applicazione può determinare l'attribuzione delle competenze amministrative a livelli di governo superiori.
Quindi, va ribadita l'importanza del disegno di legge delega al Governo in materia di individuazione delle funzioni fondamentali. Tale proposta, presentata dall'ANCI e recepita inizialmente nel disegno di legge La Loggia, successivamente stralciata per confluire in un apposito provvedimento in corso di predisposizione da parte del Ministero dell'interno, è per noi fondamentale.
Per quanto riguarda invece l'articolo 5 del disegno di legge permangono i rilievi fortemente critici già esposti e quindi presentiamo all'attenzione della Commissione l'emendamento sostitutivo di tale articolo, che è stato già consegnato in sede di Conferenza unificata.
Sintetizzo i rilievi critici affidandomi al testo a vostra disposizione: il comma 1 dell'articolo 5, a nostro avviso, capovolge la prospettiva indicata nel primo comma dell'articolo 118 della Costituzione, nel senso che la competenza amministrativa del comune da generale diventa residuale; per quanto concerne la procedura di trasferimento delle risorse finanziarie, strumentali, in via transitoria o per il primo anno, è certamente condivisibile il meccanismo del trasferimento, ma è necessario, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, prevedere a regime la trasformazione dei trasferimenti in compartecipazione al gettito dei tributi erariali. Per questo motivo insistiamo sulla gerarchia che prima richiamavo: disegno di legge La Loggia, articolo 119 e poi articolo 117.
Per quanto riguarda, la previsione, contenuta nei commi 4, 5 e 6 dell'articolo 5 del disegno di legge, di una nuova competenza dell'organo di giurisdizione contabile in materia di controllo sugli enti locali e le Regioni, riteniamo che la tipologia di controllo delineato vada più organicamente trattata in sede di attuazione dell'articolo 119 della Costituzione. In relazione ad altre forme di controllo, ribadiamo, in seguito all'abrogazione dell'articolo 130 della Costituzione, la nostra contrarietà alla riproposizione anche surrettizia di controlli e la piena autonomia statutaria dei comuni nel prevedere un sistema di garanzie al fine di salvaguardare i principi di buon andamento ed imparzialità dell'amministrazione locale. Quindi, in questa sede riproponiamo l'emendamento che non è stato accolto in sede di Conferenza unificata.
Infine, l'ultimo punto che ci sta a cuore è l'"accesso indiretto" alla Corte costituzionale. L'ANCI ritiene che sia stato compiuto un primo significativo passo in avanti, grazie peraltro all'accoglimento di nostre proposte emendative. Tuttavia riteniamo che il nuovo quadro costituzionale, con l'esplicito riconoscimento di attribuzioni costituzionali agli enti locali, permetta di procedere ancora oltre, al fine di assicurare ai comuni la possibilità di tutelare direttamente le proprie prerogative davanti al giudice costituzionale.
Sempre in questa occasione presentiamo alla vostra attenzione l'emendamento, che non è stato accolto nel disegno di legge La Loggia, relativo all'estensione anche agli enti locali delle Regioni a Statuto speciale delle forme e condizioni di autonomia più ampie riconosciute dal testo costituzionale.
Passando al secondo provvedimento oggetto dell'audizione odierna, ossia il disegno di legge sulla devoluzione, con particolare riferimento ai tre grandi temi della sanità, dell'istruzione e della polizia locale, ricordo che già in sede di Conferenza unificata abbiamo espresso un parere negativo. Per delineare molto sinteticamente la nostra posizione su tale argomento, si può certamente convenire sull'opportunità e sull'utilità di arrecare talune modifiche ad alcune norme del Titolo V della Costituzione che presentano maggiori profili di problematicità, tra cui appunto va annoverato l'articolo 117, in ordine alla definizione delle materie e alla ripartizione della tipologia di potestà legislativa fra Stato e Regioni. Non va tuttavia sottaciuta l'esigenza di intervenire anche su altri aspetti ugualmente o più importanti, quali la riforma della Corte costituzionale e la revisione dell'attuale bicameralismo perfetto e paritario con l'istituzione della seconda Camera che noi (questa è una petizione storica dell'ANCI ma credo anche dell'UPI; il presidente Moffa integrerà senz'altro le mie osservazioni) definiamo come Camera dell'intero sistema delle autonomie locali, e quindi non come Camera delle Regioni.
Ciò detto, permane in noi la forte preoccupazione che con il disegno di legge costituzionale – dunque con un iter molto più complesso rispetto al disegno di legge La Loggia – si intenda arrestare o ostacolare l'attuazione di un quadro costituzionale che in primo luogo definisce la equiordinazione fra Stato, Regioni ed autonomie locali. A nostro avviso sussiste il rischio concreto che fra i provvedimenti in itinere riguardanti il Titolo V vi siano contraddizioni che possono aggravare le questioni interpretative.
Per quanto concerne il merito del provvedimento, abbiamo già presentato in un documento consegnato in sede di Conferenza unificata una serie di osservazioni, di perplessità e di posizioni di vera e propria contrarietà – che qui vogliamo ribadire – ad un testo che, a nostro avviso, sotto vari profili, non appare condivisibile. In breve, l'attribuzione in via esclusiva della competenza legislativa alle Regioni nelle tre materie indicate, senza prevedere contestualmente una modifica nei commi dell'articolo 117, che disciplinano le stesse materie, crea ulteriori complicazioni interpretative.
Vorrei fare una sola esemplificazione, che però ci pare molto rilevante: l'assegnazione alla competenza esclusiva delle Regioni della materia di polizia locale – per l'ANCI questo è un punto veramente cruciale ed estremamente controverso – derogherebbe a quanto stabilisce l'articolo 117, secondo comma, laddove riserva allo Stato la materia dell'ordine pubblico e della sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale, che invece, in base al successivo quarto comma, sarebbe già assegnata alla competenza delle Regioni. Se al contrario l'ambito della polizia locale fosse inteso estensivamente rispetto a quello della polizia amministrativa locale, si porrebbe a nostro avviso un netto ed irrisolvibile conflitto di competenza. Tutto ciò al di là del fatto (questa è un'argomentazione che forse non ha rilevanza di discussione sul testo della Costituzione) che si configurerebbe nel nostro Paese un sistema di quattro o cinque polizie, che creerebbero forti contraddizioni in ordine alle funzioni, ai ruoli e alle competenze, e che farebbero venire meno la dimensione nazionale del problema della sicurezza e dell'ordine pubblico.
Infine, non si comprende il significato normativo della procedura di autoattivazione della competenza legislativa, che comunque contrasta ed è oggettivamente alternativa al meccanismo descritto nell'articolo 116 della Costituzione per l'attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia.
Faccio presente che abbiamo consegnato alla Commissione un testo in cui si articolano e si sviluppano ulteriormente le argomentazioni che mi sono sforzato di esporre succintamente.

 

MOFFA. Signor Presidente, ringrazio lei e i membri della Commissione per averci offerto questa opportunità di confronto su un tema davvero delicato e complesso.

Lei ci ha indotto a ragionare su due livelli, cercando di metterli insieme, e già questa è un'impresa molto difficile e complessa. Pertanto, eviterò di ripetere considerazioni portate all'attenzione dal sindaco di Brescia, anche perché – come già è stato detto – noi abbiamo elaborato insieme all'ANCI una serie di emendamenti, già presentati in sede di Conferenza unificata, alcuni dei quali non sono stati accolti e che riproponiamo alla Commissione sperando in maggiore fortuna. Mi limiterò, invece, a svolgere un ragionamento di ordine più generale per cercare di far comprendere la vera preoccupazione che noi nutriamo come sistema delle autonomie locali.
Il disegno di legge di riforma costituzionale, la cosiddetta proposta Bossi di devoluzione, in qualche modo altera anche un'architettura fondamentale sulla quale noi dovremmo avere elementi di certezza e non, invece, di grande incertezza. In effetti, in questo processo di determinazione di un federalismo possibile, c'era un punto importante sul quale si doveva e si deve snodare la riforma costituzionale, cioè chiarire esattamente quali sono le materie che, in una ricerca di determinazione di attribuzioni specifiche tra Stato e Regioni, passano dalla competenza statale a quella regionale.
L'articolo 1 di questa proposta di riforma ne elenca soltanto alcune. Verrebbe da chiedersi perché soltanto quelle e non altre, atteso che oggi esistono materie molto complesse. Per esempio, si discute se la caccia sia di competenza statale, in quanto riferita al Ministero dell'ambiente, o di pertinenza regionale, in quanto attribuita alla potestà legislativa delle singole Regioni; si tratta di un esempio di cui si discute spesso.
Questa situazione evidentemente non aiuta a costruire una gerarchia legislativa che lasci inalterato un profilo alto della Costituzione. La preoccupazione è che si proceda verso una sostanziale confusione in questo settore, con una esasperazione di poteri legislativi che necessariamente poi vanno a confliggere l'uno con l'altro.
Ecco perché, giustamente osservava il sindaco di Brescia, vorremmo che il problema sotto il profilo delle scelte del Parlamento fosse affrontato individuando una gerarchia di scelte. Noi riteniamo – lo abbiamo già evidenziato – che il disegno di legge La Loggia debba avere una priorità nella costruzione di un percorso di attuazione del Titolo V della Costituzione. Questo diventa per noi elemento essenziale anche per avere una chiarezza di percorso come sistema delle province, ma anche evidentemente come sistema dei comuni.
Riteniamo prioritario che si determinino una volta per tutte le funzioni fondamentali nel campo amministrativo. Siamo seriamente preoccupati perché, mentre discutiamo di questi argomenti, sono già state emanate leggi regionali che entrano, con una determinazione addirittura di tipo regolamentare e quindi non solo con l'individuazione di norme amministrative, talmente nel dettaglio da vanificare di fatto qualunque concezione di autonomia statutaria e regolamentare e lo stesso Titolo V della Costituzione sulla pari ordinazione, cioè la scelta di porre il sistema istituzionale in una condizione di equiordinazione.
Questi sono elementi fondamentali che vanno al di là degli stessi emendamenti che pure stiamo tentando di proporre, perché intorno a questo si costruisce l'ossatura di un federalismo possibile, è con questo che si evita il neocentralismo regionale, che si imposta un percorso di chiarezza dove le funzioni amministrative vengono correttamente allocate ed effettivamente individuate evitando le difficoltà che invece ne deriverebbero.
Mi soffermo poi su altri due aspetti, chiedendo scusa se ripeterò qualche concetto già espresso.
Per noi non era secondaria la scelta della "Bicameralina", perché rappresentava – e rappresenta tuttora – quell'elemento ulteriore di definizione di un federalismo concretamente realizzabile per cui il sistema delle autonomie nel suo complesso, quindi non soltanto il sistema regionale, entrava sostanzialmente in quel percorso legislativo che costruiva in qualche modo, o almeno incominciava a costruire, quella sorta di Camera delle autonomie che è all'ordine del giorno e rientra nei programmi di tutti; se ne parla da tantissimi anni, ma senza compiere mai un passo in avanti.
Altra preoccupazione, non secondaria, attiene al sistema dei controlli. Da anni l'ANCI e l'UPI cercano di affermare – direi che finalmente ci siamo riusciti – che la responsabilità in capo agli amministratori, derivante anche dai meccanismi di elezione diretta, ha sostanzialmente modificato una sorta di immagine degli enti locali in qualche modo cristallizzata nel tempo. Direi di più; attraverso riforme importanti, introducendo elementi di grande separazione tra l'indirizzo di Governo, il controllo e la gestione, abbiamo costruito un sistema capace di individuare forme di controllo al suo interno.
Mi permetto di dire che in qualche misura si va prefigurando in maniera surrettizia un ritorno al controllo in capo ad un potere legislativo regionale, dopo che questo è stato cancellato dalla Costituzione, che francamente non ha assolutamente senso anche perché, per quanto riguarda gli atti amministrativi, i controlli in capo agli enti locali esistono, e sono tanti. Quindi, non vorrei che si tornasse indietro rispetto a quello che ritenevamo fosse ormai un punto di arrivo di un processo realizzato nel tempo.
Voglio fare un accenno al problema dei comuni e delle province che rientrano nelle Regioni a statuto speciale che, per una sorta di processo di riforma, oggi si trovano in qualche modo ad un livello inferiore rispetto a quello che avevano conquistato nel tempo. Si tratta di un aspetto che abbiamo già rappresentato in sede di Conferenza unificata, anche con la presentazione di un emendamento specifico.
Però mi sembra che l'elemento di valutazione di ordine politico-generale in questa sede sia prioritario al fine di comprendere le preoccupazioni che nutriamo anche rispetto alla scelta di percorrere una sorta di binario parallelo per entrambi i disegni di legge (quello di riforma costituzionale e quello attuativo del Titolo V della Costituzione).
Ho l'impressione che questo percorso rischi di ingarbugliare la matassa piuttosto che semplificarla.

PRESIDENTE. Vorrei far presente ai membri della Commissione, nonché agli intervenuti della seduta odierna, che i provvedimenti citati viaggiano su due binari separati, ma quasi parallelamente, anche se dobbiamo considerare che il disegno di legge sulla devoluzione è "incardinato" da più tempo e che stiamo svolgendo le audizioni con una certa sollecitudine. Per la settimana prossima sono previste audizioni del Ministro della pubblica istruzione e del Ministro per le politiche comunitarie. Dico questo per sottolineare che abbiamo cercato di accelerare i nostri lavori proprio perché ci rendiamo conto che il disegno di legge di attuazione ha una urgenza maggiore rispetto a quello di modifica della Costituzione. Vi è da dire poi che quest'ultimo ritarderà se non altro per la necessità di rispettare la procedura costituzionale che prevede che le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali siano adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni, mentre l'altro provvedimento avrà senz'altro un cammino più celere e meno accidentato.

Pertanto, ci stiamo adoperando al fine di accelerare i tempi ma, dovendo procedere ad una serie di audizioni, sarà necessaria ancora qualche settimana; di certo comunque non saranno settimane perse.

VITALI (DS-U). Signor Presidente, non intendo rivolgere specifiche domande ai rappresentanti di ANCI e UPI; ho chiesto di intervenire per due semplici ragioni.

Innanzi tutto vorrei ringraziare il sindaco di Brescia, Paolo Corsini, e il presidente della provincia di Roma, Silvano Moffa, per la precisione e la puntualità dei loro interventi, peraltro accompagnati da una documentazione molto significativa della quale la nostra Commissione potrà senz'altro avvalersi nel prosieguo dei suoi lavori.
In secondo luogo, intervengo per rimarcare alcuni concetti che stanno cominciando ad essere una costante nello svolgimento delle nostre audizioni.
Il primo, che già gli auditi oggi intervenuti hanno ribadito con grande forza, è l'estrema urgenza di provvedere all'attuazione del Titolo V della nostra Costituzione novellata attraverso una rapida approvazione del cosiddetto disegno di legge La Loggia.
Il presidente Moffa e il sindaco Corsini si sono spinti anche oltre, affermando che deve avere priorità la discussione su questo provvedimento rispetto a quella relativa al provvedimento sulla devoluzione e ad ogni altra ipotesi di rimaneggiamento dell'articolo 117 della Costituzione; principio che condivido pienamente. Ritengo che tale autorevole parere debba essere tenuto in debito conto non solo perché espresso unanimemente sia dall'ANCI che dall'UPI, ma anche perché evidenziato la scorsa settimana nel corso dell'audizione dei rappresentanti della Conferenza dei presidenti delle Regioni e delle Province autonome, che pure sul disegno di legge del ministro Bossi non hanno espresso un giudizio unanime poiché una parte di Regioni si è espressa a favore e un'altra contro.
Un secondo concetto che sento il dovere di rimarcare è che ANCI e UPI propongono una serie di ipotesi di modifica al disegno di legge La Loggia, che credo dovranno essere oggetto di un attento esame da parte del gruppo di lavoro che abbiamo costituito perché – come evidenziato dal presidente Pastore – è nostra intenzione andare avanti con una certa rapidità procedendo parallelamente alle audizioni che continueranno fino alla fine del mese.
Ritengo che il nuovo articolo 118 della Costituzione sia molto importante giacché costituisce una garanzia costituzionale dell'attribuzione originaria delle competenze amministrative ai livelli più vicini ai cittadini, rappresentando quindi un antidoto fondamentale ad ogni forma di neocentralismo regionale che assolutamente non si vuole perseguire. Proprio per questo motivo credo sia giusto procedere ad un'attuazione pienamente rispondente allo spirito costituzionale. Di conseguenza, tutto quanto è stato affermato in questa sede credo debba essere valutato molto attentamente. Così come ritengo molto rilevante il fatto che sia ANCI che UPI insistano sull'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione. Questo deve rappresentare per noi uno stimolo per accelerare i nostri lavori su tale argomento e anche per richiedere al Governo la presentazione di una proposta in materia. Infatti, è difficile proseguire questa discussione nel senso di prevedere un disegno organico di attuazione costituzionale senza avere chiara l'attribuzione delle risorse, che è sempre la base per qualunque fondato esercizio di funzioni a livello locale e regionale.

BASSANINI (DS-U). Signor Presidente, intendo rivolgere alcune domande ai rappresentanti dell'ANCI e dell'UPI.

Relativamente al testo del disegno di legge n. 1545 e alle proposte di modifica presentate, anzitutto vorrei sapere se gli auditi non ritengano necessario operare qualche ritocco per quanto riguarda l'attuazione della norma contenuta nell'ultimo comma dell'articolo 118 in materia di sussidiarietà orizzontale. Questa disposizione costituzionale mi sembra abbia una portata maggiore di quella identificata dal testo del Governo e forse anche dalla vostra proposta di modifica. Non si tratta soltanto di affidare lo svolgimento di attività di interesse generale a forme di esercizio di sussidiarietà orizzontale, ma di favorire l'autonoma iniziativa e quindi di riconoscere anche quelle che i cittadini assumono, se non in contrasto con indirizzi delle amministrazioni e delle istituzioni locali.
Ritengo che, nell'ambito della vostra proposta di emendamento relativa all'articolo 5 del disegno di legge n. 1545, la questione si potrebbe risolvere inserendo al comma 3 due parole: "riconoscono" e "anche". In sostanza, il comma 3 dell'articolo 5 potrebbe essere così riformulato: "I Comuni, le Province e le Città metropolitane, ciascuna nel proprio ambito, riconoscono e favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini e delle formazioni sociali, anche affidando loro lo svolgimento di attività di interesse generale, nel rispetto delle finalità pubbliche e degli indirizzi fissati dagli Enti locali".
Si tratta di una questione particolarmente avvertita da gran parte della società civile che nella disposizione contenuta nell'ultimo comma dell'articolo 118 coglie un elemento di svolta nel senso di un'apertura verso forme più significative di riconoscimento di quella che ormai si definisce sussidiarietà orizzontale.
Chiedo dunque il vostro parere su questa ipotesi.
In secondo luogo, ho preso nota di quanto affermato dal presidente Moffa in tema di controlli, che mi sembra assolutamente condivisibile. Il nuovo Titolo V, infatti, ha inteso sopprimere gli eterocontrolli, vale a dire i controlli esterni preventivi sugli atti degli enti locali. Questi ultimi rispondono innanzi tutto ai cittadini. Ma può residuare, presidente Moffa, un controllo sul rispetto degli equilibri di bilancio perché deriva da un vincolo comunitario, quindi dal primo comma dell'articolo 117 e dal patto europeo di stabilità e convergenza.
A questo punto vi chiedo se non ritenete che il problema si possa risolvere emendando l'articolo 5 del disegno di legge La Loggia nel senso di prevedere il mantenimento di un controllo, tramite la Corte dei conti, del rispetto degli equilibri di bilancio, che però non deve essere esteso – come invece è nel testo – anche all'ambito del controllo sulla sana gestione finanziaria degli enti locali e sul funzionamento dei controlli interni; previsione che va molto oltre. In altre parole, si potrebbero autorizzare le Regioni e gli enti locali che lo desiderano a chiedere alla Corte dei conti ulteriori forme di controllo e di verifica, limitando, invece, quello imposto dalla legge alla verifica del rispetto degli equilibri di bilancio.
Pongo una terza domanda, che ho rivolto anche ai rappresentanti delle Regioni.
Convinti come siamo, anche come opposizione, che ci sia una priorità assoluta da riconoscere alla legge di attuazione del Titolo V, in modo da dare certezze a tutti ed evitare un contenzioso infinito, noi abbiamo già dichiarato la nostra disponibilità ad una assoluta collaborazione per l'approvazione del disegno di legge. In questo senso, abbiamo ipotizzato una soluzione per la questione più controversa in partenza: la delega al Governo per l'individuazione dei principi fondamentali della legislazione nelle materie concorrenti. Vorrei conoscere il vostro parere in merito, come abbiamo chiesto quello delle Regioni.
Per quanto riguarda l'articolo 1 del disegno di legge La Loggia, restiamo convinti che la Costituzione non consenta di delegare al Governo l'individuazione di nuovi principi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente, ma riteniamo che possa essere diversa la valutazione per quanto riguarda la ricognizione dei principi ricavati dalla legislazione esistente. In che senso?
Delegare il Governo a stabilire nuovi principi fondamentali è in contrasto con il disposto dell'articolo 76 e 117 della Costituzione (in base all'articolo 76 il Parlamento non può delegare al Governo la legislazione di principio perché la delega al Governo presuppone che sia il Parlamento a fissare i princìpi), ma in base all'articolo 117, in queste materie, lo Stato ha solo legislazione di principio, quindi non vi è possibilità di delega per nuovi principi.
In questo caso però il Governo ci chiede di essere delegato sostanzialmente a raccogliere in un testo unico le disposizioni di principio già esistenti nella legislazione approvata in passato dal Parlamento. Chiarendo quindi, ove necessario, ancora meglio questo concetto, a noi in tal senso la questione sembrerebbe superabile (il che faciliterebbe anche un'iter rapido della legge), essendo evidente – lo dico solo per ulteriore chiarimento per i rappresentanti dell'ANCI e dell'UPI – che poi alla fine contro eventuali prevaricazioni vi è sempre la garanzia della Corte costituzionale, la quale accerterà se si tratta davvero di principi già esistenti nella legislazione precedente. Esistendo la garanzia del controllo da parte della Corte, non si rischia una prevaricazione del Governo.
La strada che potrebbe consentirci il superamento di uno degli scogli principali evidenziati potrebbe consistere nel rendere ancora più chiaro nella formulazione quello che, peraltro, il ministro La Loggia afferma essere nelle intenzioni originarie: la delega riguarda un'attività meramente ricognitiva dei principi già esistenti, il che darebbe certezza alle Regioni e agli enti locali, consentendo un procedimento rapido di identificazione dei princìpi già esistenti, e fornirebbe al Parlamento la banca dati da cui partire per la predisposizione di nuove leggi di principio, laddove si ritenga necessario innovare sui principi esistenti.
Vorrei conoscere la vostra posizione al riguardo perché, se fosse favorevole, come mi è sembrata esserlo quella delle Regioni, fornirebbe alla Commissione un utile elemento per poter procedere oltre su questo punto.
Infine, presidente Moffa, vorrei un chiarimento. A titolo di esemplificazione, lei ha richiamato la questione relativa alla caccia. Non vorrei restassero dubbi in materia.
Il nostro sistema è tale per cui una materia non elencata nel secondo e terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione appartiene alla potestà legislativa delle Regioni. È chiaro che in molti casi si possono avere dubbi se si tratti di una materia autonoma o di una sub-materia, di un settore quindi di una materia più ampia eventualmente elencata. Vorrei, però, ricordare che la caccia era espressamente indicata nel vecchio articolo 117, secondo comma, della Costituzione come una materia a sé.
Lei ritiene che effettivamente ci sia un dubbio al riguardo oppure, come io penso, si tratta di materia che sicuramente rientra nel quarto comma e quindi sicuramente nella competenza regionale?
L'esemplificazione sulla caccia mi ha lasciato, ripeto, piuttosto perplesso perché non vedo possibilità di far rientrare una materia, che nel vecchio Titolo V era considerata a sé, nell'ambito di un'altra materia che ha sicuramente grande importanza ma che deve ritenersi diversa da quella di un settore dell'ordinamento che aveva già un'autonoma considerazione nel testo della Costituzione del 1948.

PRESIDENTE. Prima di proseguire, vorrei far presente che in Commissione è aperto il dibattito imperniato sulla coincidenza o meno dei principi della delega con i principi fondamentali nell'ambito della legislazione concorrente.

Questo è un elemento acquisito per il senatore Bassanini ma non lo è per tutti. Peraltro, sulla delega – che è ciò che ci interessa – contenuta nel disegno di legge La Loggia è chiaro che vi è l'indirizzo di funzione ricognitiva che dovrebbe sgombrare il campo da possibili contrasti al riguardo. Su altri argomenti magari potrà nascere nuovamente il dubbio interpretativo.

BONGIORNO (AN). Signor Presidente, molto sinteticamente desidero svolgere una considerazione e rivolgere poi una domanda ai nostri ospiti.

Faccio parte di questa Commissione da pochissimo tempo; questa è la terza seduta alla quale partecipo. Già in precedenza però – il senatore Bassanini lo ricorderà – nell'ambito dei lavori della Commissione bicamerale per le questioni regionali, nel corso dell'audizione del ministro La Loggia, il problema si è posto. Faccio riferimento alla questione della priorità tra il disegno di legge La Loggia e il disegno di legge Bossi, per esemplificare.
Personalmente non credo si debba insistere su tale questione. A mio modo di vedere si dovrebbero seguire due percorsi diversi, poiché, per il disegno di legge La Loggia, penso si possa utilizzare l'aggettivo "urgente" mentre, per l'altro, l'aggettivo "necessario". I due disegni di legge credo possano procedere distintamente.
Ho sentito fare riferimento con molta puntualità ad una Camera del sistema delle autonomie locali. Faccio perciò la seguente considerazione: si tratterebbe di una Camera regionale, che però è nazionale.
Una volta compiuta la scelta culturale in senso federalista, una Camera centrale delle autonomie locali non può apparire in contraddizione con la scelta culturale compiuta?

MANZELLA (DS-U). Signor Presidente, mi sembra che le considerazioni principali siano già state svolte dai miei colleghi di Gruppo; mi limito, perciò, a qualche osservazione lessicale.

Il sindaco di Brescia e il collega che mi ha appena preceduto hanno fatto riferimento ai concetti di priorità ed urgenza per il disegno di legge La Loggia. Parlare in termini si priorità implica però una necessità di accelerazione rispetto a qualcos'altro che pure esiste e a cui bisogna provvedere.
La necessità che io vedo nel disegno di legge Bossi è invece quella di sotterrarlo.
Le critiche infatti sono state molto radicali. Soprattutto ho colto con piacere quella del presidente Moffa, il quale ha accennato al meccanismo, così strano, di una sorta di self-service costituzionale, con le Regioni che decidono di autoapplicare una competenza costituzionale creando non solo un effetto di centralismo regionale, ma anche vanificando la certezza del diritto, che è uno dei beni pubblici da tutelare.
Vi è stata una reazione immediata del Presidente, che è intervenuto. Ma qui oggi abbiamo anche avuto, signor Presidente, un esempio di intervento procedurale del sistema delle autonomie, intervento sulle procedure parlamentari, che la Costituzione vorrebbe fosse già introdotto con la Commissione bicamerale per le questioni regionali. Il 7 ottobre di un anno fa ha avuto luogo un referendum e il 64 per cento dei votanti, la maggioranza attiva dei cittadini, ha deciso che il Titolo V della Costituzione andava bene. Il fatto che in un anno non si sia integrata la Commissione bicamerale per le questioni regionali è un episodio assai bizzarro di ostruzionismo di maggioranza, attuato – lei come me è membro della Giunta del Regolamento – perché si tenta di trasferire a tale Commissione, cioè ad una sede istituzionale diversa rispetto al sistema politico centralizzato, la stessa logica maggioritaria. Come se a Berlino si stabilisse che il Bundesrat (i cui rappresentanti saranno nostri ospiti il 28 ottobre) deve obbligatoriamente avere la stessa maggioranza del Bundestag.
Vorrei ora fare un altro rilievo lessicale: il sindaco ha parlato del regolamento come attribuito direttamente dalla Costituzione, quindi non subordinato alla legge. Su questo aspetto ho qualche dubbio, perché l'unico regolamento attribuito direttamente dalla Costituzione e non subordinato alla legge è solo il Regolamento parlamentare, quello che domina i nostri lavori, quello in cui noi vorremmo che il sistema delle autonomie entrasse con la Commissione bicamerale. L'attribuzione costituzionale non altera la gerarchia delle fonti.
Un'ultima questione lessicale, signor sindaco, attiene alla denominazione del nuovo Senato. Da quando vige il nuovo articolo 114, che stabilisce che la Repubblica è costituita dai comuni, dalle province, e così via, il Senato ha già la sua denominazione: Senato della Repubblica, perché la Repubblica ormai è quella descritta. Quindi, nella denominazione attuale è già previsto il futuro del nostro Senato.

PRESIDENTE. Volevo avvertire che questa mattina ha avuto luogo un incontro dei relatori per l'attuazione dell'articolo 11 della novella costituzionale e si è arrivati – non offro anticipazioni per ragioni di opportunità – ad un testo quasi definitivo, con una riserva da parte del presidente Mancino, ma poi vedremo gli sviluppi. Si sta lavorando anche su questo piano, che è abbastanza insidioso, perché se è vero che la Commissione bicamerale allargata è diversa da quella non allargata, è altrettanto vero che – considerando gli effetti del voto della Commissione bicamerale nella sua veste allargata – il peso che si vuole dare alla parte parlamentare deve essere corrispondente anche al tipo di provvedimenti sui quali queste deliberazioni incidono, che sono leggi dello Stato. Infatti non vi è la bidirezionalità del voto della Commissione, per quanto allargata, ma la unidirezionalità verso le leggi dello Stato e quindi i meccanismi procedurali di definizione di queste funzioni devono essere ben precisati e calibrati, pena il rischio di paralisi o di questioni rilevanti nello svolgimento dell'attività legislativa, che è un'attività fondamentale della nostra Repubblica.

A proposito del self-service costituzionale, l'espressione forse fotografa in maniera abbastanza colorita il meccanismo della devoluzione, ma posso dire che questa in fondo è la forma migliore di completamento dei bisogni delle autonomie, delle Regioni, che possono – se lo ritengono – attingere dall'elenco di materie quelle che pensano di organizzare meglio. Quindi, a mio avviso, non si tratta di una limitazione, ma forse, a consuntivo di questa esperienza, si rivelerà un arricchimento delle autonomie regionali.

MANZELLA (DS-U). Ma il self-service si paga!
PRESIDENTE. Chi attinge al self-service deve avere le risorse per poter corrispondere all'operazione.
MANZELLA (DS-U). Comunque che non sia una convergenza parallela bensì una divergenza parallela.
PRESIDENTE. È un mezzo per consentire un ampliamento delle potestà regionali. Sulle possibilità di sovrapposizione, di confusione, non intervengo in questa sede, ma il meccanismo non mi sembra di impoverimento quanto di arricchimento delle potenzialità regionali.
PASSIGLI (DS-U). Signor Presidente, su questo tema non dico niente di più di quanto già sottolineato dal senatore Bassanini e dal senatore Manzella, il quale, al riparo delle questioni lessicali, in realtà ha posto questioni di sostanza.

Per quanto riguarda l'accenno alla Camera del sistema delle autonomie, vorrei porre due domande. La prima: è stata fatta qualche riflessione sull'organizzazione della possibile Camera o siamo ancora semplicemente alla petizione di principio che non deve essere una Camera delle sole Regioni ma rappresentare anche più vastamente il sistema delle autonomie?
E vengo alla seconda domanda. Se le funzioni di questa Camera sono quelle che a livello di petizione di principio sono state più volte annunciate, si tratterebbe di una Camera con funzioni largamente politiche. Nel sistema proposto, la formazione del bilancio sarebbe assegnata interamente alla Camera dei deputati, ma è questo il momento chiave dell'allocazione complessiva delle risorse pubbliche. Pensando ai lavori della Bicamerale e ai dibattiti svolti sia al Senato sia alla Camera su questo punto, ricordo che ad un certo punto si ipotizzò una visione del Senato della Repubblica come Camera delle garanzie o che avrebbe dovuto esprimersi su questioni di grande rilevanza politica nazionale (politica estera, giustizia, diritti civili, e altro). In questo senso mi pare che si debba considerare per acquisito (non sto attuando alcuna difesa corporativa del Senato, sono stato sia deputato che senatore) anche che l'aspetto chiave di partecipazione del sistema delle autonomie al processo decisionale complessivo è quello del processo di formazione del bilancio.
Mi chiedo se da parte dell'ANCI e dell'UPI si sia compiuta qualche riflessione su questo punto o si dà per scontato che la Camera da riformare in sede di riforma costituzionale sia la Camera alta e non la Camera a cui si tende ad attribuire invece – per consolidata opinione – la responsabilità della formazione del bilancio.

 

CORSINI. Anzitutto ringrazio i senatori Vitali, Bassanini, Bongiorno, Manzella e Passigli per le osservazioni che cortesemente hanno sollevato. Mi sforzerò di passare in rassegna le argomentazioni proposte e le domande sollevate.

Sulla questione dell'ultimo comma dell'articolo 118 ricordo che, come parlamentare, ebbi una vivacissima discussione alla Camera, in occasione del dibattito che si svolse quando furono presentati i testi usciti dalla Bicamerale, nel corso della quale mi contrapposi, da un lato, all'onorevole Diliberto e, dall'altro, all'onorevole Colletti proprio in relazione al tema della sussidiarietà e alle modalità attraverso le quali essa si può declinare. Mi risultò abbastanza facile contrappormi ad ambedue perché, non essendo io un giurista, ma uno storico modernista, il tema rientrava in un terreno a me congeniale. Ricordo che richiamai una dimensione fondamentale che reputo irrinunciabile, cioè il fatto che, nell'ambito della cultura dalla quale provengo, la comunità precede la società e la persona precede lo Stato.
La mia è una risposta del tutto personale che non impegna l'associazione che rappresento, perché esiste un dovere di onestà intellettuale da parte di ciascuno di noi quando si rappresentano organismi come l'ANCI o altri. Per quanto mi riguarda – ma credo che l'ANCI non dovrebbe essere molto difforme nelle sue intenzioni – mi sento di poter sottoscrivere la sottolineatura che il senatore Bassanini ha sottoposto alla nostra attenzione circa la necessità di introdurre un riconoscimento (oltre che un impegno a favorire e a promuovere) della capacità di autopromozione della società civile rispetto agli stessi organismi di rappresentanza istituzionale.
Per quanto riguarda i controlli, fermo restando che anche in questo caso sento di dovermi rimettere in modo particolare al presidente Moffa perché nel suo intervento più di me ha "tematizzato" la questione, sempre a livello del tutto personale affermo che si potrebbe procedere nel segno di una specificazione delle diverse tipologie di controllo. Quindi, non utilizzerei uno schema rigido, ma suggerirei di approfondire il tema lungo questo percorso.
Condivido l'impianto dei suggerimenti e della gerarchia delle esigenze che forniva il collega Vitali quando diceva che è opportuno garantire certezza delle risorse. L'impostazione dell'ANCI è del tutto consentanea rispetto alla petizione e alla sottolineatura che il senatore Vitali ha operato.
Siamo inoltre disposti ad accogliere il suggerimento di procedere lungo la linea della ricognizione dei principi ricavati dalla legislazione vigente per le stesse argomentazioni svolte dal senatore Bassanini.
Fermo restando che sotto un profilo filologico la parola idiotes in greco significa privato, poiché la radice originaria del termine greco idios non si riferisce all'idiozia, ma alla sfera propria, non a quella pubblica quindi, seguendo quanto ha detto l'esimio studioso e costituzionalista professor Manzella nella individuazione delle radici filologiche e semantiche del termine, concordo pienamente con lui.
Per quanto riguarda la questione della Camera del sistema delle autonomie, debbo svolgere un ragionamento molto onesto e molto politico, anche se forse non è questa la sede. Quando l'ANCI e l'UPI parlano di seconda Camera definendola del sistema delle autonomie locali, anzitutto non intendono assolutamente escludere le Regioni, non è una dimensione localistica quella a cui facciamo riferimento. Poniamo semplicemente in termini di priorità questa sorta di petizione politica perché intendiamo reagire molto fermamente e in modo intransigente agli orientamenti di chi, a nostro avviso, sta perseguendo una sorta di neocentralismo regionale che intende rispecchiare, anche nella denominazione, le funzioni e l'organizzazione che intende assegnare a questa seconda Camera. Come parlamentare ho seguito tutto il dibattito e ho avuto lunghissime discussioni con l'onorevole Soda, antesignano della Camera delle garanzie.
Il nostro orientamento è che si debba superare il bicameralismo paritario e perfetto, ma poniamo questo vincolo. Poi si può discutere di organizzazione, di funzioni, di attribuzioni, di bilancio (seguo perfettamente la tematizzazione che il senatore Passigli ha proposto), ma rivendichiamo quasi in sede politica una sorta di primato dell'intero sistema delle autonomie di contro a chi, invece, ci pare proceda, anche sotto il profilo della riforma dell'articolo 117, in termini di neo-regionalizzazione.
Se dovessi esprimere al senatore Manzella il mio parere personale, non come responsabile degli affari istituzionali dell'ANCI, dovrei dire che non ho ancora capito cosa significhi la parola devoluzione. Sono ancora più convinto di lui quanto alla volontà del sotterramento, nel senso che mi sfugge persino il significato etimologico della parola.

BASSANINI (DS-U). In inglese significa trasferimento di poteri e di funzioni. In Italia c'è già stato, in varie occasioni.
CORSINI. Naturalmente e ampiamente.

Reputo che la riforma del Titolo V e la definizione dell'articolo 117 abbiano costituito un grande e significativo passaggio di devoluzione nella scorsa legislatura.
Quindi, senatore Passigli, mi fermo qui, perché voglio semplicemente sottolineare che la rivendicazione della necessità di reagire ad un'impostazione neoregionalista trova nell'ANCI e nell'UPI una ferma posizione perché, se si parla di una Camera che abbia questa modalità di rappresentanza, essa deve riguardare l'intero sistema delle autonomie locali e non solo le Regioni.

PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole Moffa, anche per chiarirci gli aspetti relativi alla caccia.
MOFFA. Signor Presidente, ritengo che l'intervento svolto abbia aiutato in qualche modo a precisare che la questione non è così scontata, anche perché io stesso mi sono trovato in una situazione particolare durante il governo D'Alema, in cui vi era un indirizzo a livello nazionale e, al contempo, una legge regionale che non rispettava quella nazionale. In sostanza, la situazione del Lazio era molto confusa.

Cercherò di intervenire brevemente almeno sulle questioni sollevate e sulle domande rivolte ai rappresentanti dell'ANCI e dell'UPI.
Condivido pienamente l'intervento svolto dal sindaco di Brescia in particolare sull'articolo 1 del disegno di legge n. 1545. A tale proposito non va dimenticato il recente intervento della Corte costituzionale che, con sentenza 26 giugno 2002, n. 282, ha fatto comprendere che la ricognizione non sarebbe assolutamente necessaria e che è dall'ordinamento che le materie vengono conseguentemente attribuite e individuate quanto alla loro collocazione. Se poi una ricognizione deve essere fatta, non è un problema che ci tocca direttamente né un fatto ostativo. Ma in ogni caso ho voluto ricordare che sul tema esiste un pronunciamento della Corte costituzionale.
Quanto alla richiesta di chiarimenti sul problema concernente i rapporti tra legge e regolamento, credo che il sindaco di Brescia volesse sottolineare unicamente un aspetto che per noi è diventato fondamentale: i regolamenti di comuni e province nei rapporti con le leggi dello Stato o delle Regioni non possono ormai più essere ravvisati e osservati sotto un profilo gerarchico, ma unicamente sotto un profilo di competenza.

 

CORSINI. Una riserva di competenza.
MOFFA. Sì, una riserva di competenza. Questo è un aspetto fondamentale da chiarire e solo in questo senso viene rafforzato il concetto di autonomia statutaria e regolamentare, senza innescare un processo distorsivo in base al quale la legislazione regionale entra anche in un ambito prettamente regolamentare. È qui che scatta il meccanismo dell'attribuzione di funzioni amministrative specifiche, che è l'elemento più importante, presente anche all'interno della proposta di emendamento avanzata da ANCI e UPI rispetto al disegno di legge La Loggia.

Un'ultima questione riguarda la Corte dei conti.
Innanzi tutto mi verrebbe da chiedere il motivo per cui in un sistema federale non si tocchi la composizione della Corte dei conti. Probabilmente dovremmo immaginare una Corte dei conti che sia anche rappresentativa delle autonomie locali. A ciò si aggiunga che questo ha un valore sostanziale a fronte di una distinzione tra il controllo sugli equilibri di bilancio e quello del coordinamento della finanza pubblica. Delle due l'una: o se ne occupa la Corte dei conti o il Ministero dell'economia. Non credo che anche in questo caso si possa procedere in una situazione di sostanziale confusione perché alla fine i controlli si raddoppiano senza che, di fatto, si realizzi nessuna semplificazione, con la conseguenza che quello che dovrebbe rappresentare un giusto controllo sul rispetto del Patto di stabilità e sul contesto finanziario pubblico generale viene spostato e confuso con gli equilibri di bilancio, che sono tutt'altra cosa.
Al riguardo ritengo eccessivo il riferimento specifico alla Corte dei conti e al sistema di controllo contenuto nell'articolo 5 del disegno di legge n. 1545. Semmai dovessimo trattare questa materia, ciò dovrebbe avvenire altrove e non all'interno del meccanismo di attuazione del Titolo V della Costituzione.

BASSANINI (DS-U). Lei pensa che dovrebbe avvenire nell'ambito dell'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione?
MOFFA. Certo, è lì che troverebbe una giusta collocazione.

Non condivido la tipologizzazione, per così dire, del controllo, dal momento che anche questo ci porterebbe un po' indietro e non aiuterebbe complessivamente il sistema a muoversi e ad ottenere gli elementi di garanzia richiesti.

PRESIDENTE. Quella odierna è stata un'audizione molto interessante. Ringrazio quindi gli intervenuti per la loro disponibilità, per la chiarezza delle loro esposizioni e per la documentazione depositata; di quest'ultima la Commissione si avvarrà certamente visto che è stato costituito un gruppo di lavoro che vaglierà senz'altro tutte le posizioni. Tra l'altro, in quella sede, i rappresentanti dell'ANCI e dell'UPI avranno maggiore spazio.

Dichiaro conclusa l'audizione e rinvio il seguito dell'indagine conoscitiva ad altra seduta.

 

I lavori terminano alle ore 16,25.

 

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