SENATO DELLA REPUBBLICA

———– XIV LEGISLATURA ———–

N. 1545


DISEGNO DI LEGGE

presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri

(BERLUSCONI)

 

e dal Ministro per gli affari regionali

(LA LOGGIA)

 

di concerto col Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione

(BOSSI)

 

e col Ministro dell’interno

(SCAJOLA)

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 26 GIUGNO 2002

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Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3

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Onorevoli Senatori. – L’entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3: "Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione" rende necessario e urgente attuare la nuova normativa, anche adeguando e integrando le recenti riforme amministrative che hanno aperto la strada al potenziamento delle autonomie.

Il nuovo testo costituzionale, infatti, pur con significative incongruenze, introduce una profonda ridislocazione di poteri dal centro alla periferia, in sintonia con i fenomeni di regionalizzazione e federalismo presenti in varie parti d’Europa e in linea con le istanze di sussidiarietà e responsabilità della società civile ed economica italiana.
La nuova prospettiva determina così una duplice esigenza: adeguare l’ordinamento della Repubblica alle nuove norme costituzionali immediatamente operative e adottare le disposizioni consequenziali, previste o implicate dalla modifica costituzionale, per dare concreta attuazione alla riforma.
Il presente provvedimento legislativo intende, per la parte di competenza statale, venire incontro a tali esigenze, salvo per quanto riguarda l’autonomia finanziaria (articolo 119 della Costituzione), riservata ad un diverso e più complesso provvedimento e la revisione del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, demandata ad un apposito disegno di legge delega.

L’articolo 1, comma 1, intende precisare che gli obblighi internazionali costituenti vincolo alla potestà legislativa statale e regionale sono esclusivamente quelli che trovano base nell’ordinamento costituzionale.

Una applicazione che implicasse la costituzionalizzazione generalizzata di tutti gli accordi internazionali, a prescindere dal modo di introduzione degli stessi nell’ordinamento interno, si porrebbe infatti in contrasto con il principio della sovranità popolare, potendo portare a riconoscere l’esistenza di vincoli alla potestà legislativa derivanti da atti non sottoposti al Parlamento.
In questo spirito, i vincoli internazionali alla potestà legislativa possono derivare soltanto da norme del diritto internazionale generalmente riconosciute (articolo 10 della Costituzione), da patti di reciproca limitazione della sovranità (articolo 11 della Costituzione) o da trattati ratificati a seguito di legge di autorizzazione (articolo 80 della Costituzione).
Il comma 2 specifica che la normativa statale attualmente vigente in materie ora appartenenti alla legislazione regionale è applicabile solo sino alla entrata in vigore delle specifiche leggi regionali, fermi i princìpi fondamentali in materia di legislazione concorrente.
Ciò in ossequio ai princìpi del rispetto dell’unità e della continuità dell’ordinamento giuridico, postulati dalla stessa Corte costituzionale (si vedano l’ordinanza n. 269 del 1974 e la sentenza n. 214 del 1985).
È, peraltro, espressamente prevista l’applicazione reciproca del principio, in favore delle regioni, per le materie ora appartenenti alla legislazione esclusiva statale (come la tutela dell’ambiente).
Il comma 3 disciplina la competenza legislativa concorrente regionale, prevedendo che le regioni, in assenza dei princìpi fondamentali determinati dallo Stato, possono legiferare sulla base dei princìpi fondamentali desumibili dall’ordinamento vigente.
Si ricorda al riguardo che la legge 16 maggio 1970, n. 281, dispone che l’emanazione di norme legislative da parte delle regioni nelle materie stabilite dall’articolo 117 (vecchio testo) della Costituzione si svolge "nei limiti dei princìpi fondamentali quali risultano da leggi che espressamente li stabiliscono o quali si desumono dalle leggi vigenti" (articolo 17, che ha sostituito l’articolo 9 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, che impediva alle regioni di legiferare se non fossero state preventivamente approvate le leggi-cornice da parte dello Stato).
Questa soluzione è stata ritenuta formalmente corretta dalla Corte costituzionale, con sentenza 4 marzo 1971, n. 39, nella quale si osservava anche che, semmai, era il precedente sistema della legge n. 62 del 1953 ad apparire in contrasto con la Costituzione, subordinando alla volontà dello Stato l’esercizio della potestà legislativa regionale costituzionalmente riconosciuta, circostanza questa a maggior ragione vera oggi, attesa la sostanziale equiordinazione tra le competenze legislative, statali e regionali.
Si è ritenuto, pertanto, di riproporre tale soluzione anche per la presente modifica costituzionale, sussistendo le medesime esigenze.
Il comma 4 attribuisce una delega al Governo per la ricognizione dei princìpi fondamentali esistenti nelle materie di legislazione concorrente, al fine di fornire un sicuro strumento allo Stato e alle regioni per l’individuazione dei confini delle rispettive potestà legislative.
La delega deve essere esercitata entro un anno e deve ispirarsi ai princìpi della completezza, esclusività, adeguatezza, chiarezza, proporzionalità ed omogeneità, nonchè ai criteri direttivi indicati nel comma 5.
A garanzia di una attività meramente ricognitiva, viene espressamente previsto un "doppio passaggio" degli schemi dei decreti alla Conferenza Stato-Regioni ed alle Camere per i pareri di competenza.

L’articolo 2 disciplina la potestà statutaria e regolamentare degli enti locali e delle relative forme associative, prevedendo che lo statuto stabilisca i princìpi di organizzazione e funzionamento dell’ente, nonchè le forme di controllo anche sostitutivo, nel rispetto di quanto stabilito dalla legge statale di attuazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione. Prevede altresì che il potere regolamentare disciplina l’organizzazione degli enti locali e l’organizzazione, lo svolgimento e la gestione delle loro funzioni, nell’ambito delle leggi dello Stato e delle regioni. Stabilisce inoltre che fino all’emanazione dei regolamenti degli enti locali continuano ad applicarsi le norme statali e regionali vigenti.
L’articolo 3 detta una prima attuazione delle nuove competenze regionali in materia comunitaria, in applicazione dell’articolo 117, comma quinto, della Costituzione.

Si prevede, in proposito, la partecipazione di esponenti delle regioni e delle province autonome alle attività dei gruppi di lavoro e dei comitati in sede comunitaria, in raccordo con il Ministero degli affari esteri e con modalità da concordarsi in sede di Conferenza Stato-Regioni, secondo una soluzione già prefigurata sotto la precedente legislatura (si vedano gli atti Camera nn. 7171, 7504, 7546) e nel rispetto della normativa comunitaria di riferimento.
Si prevede anche che il Governo possa presentare ricorso alla Corte di Giustizia delle Comunità europee contro gli atti normativi comunitari che ledano gli interessi delle regioni e delle province autonome, anche su loro richiesta.
Le ulteriori modifiche da apportare alla "legge La Pergola" (legge 9 marzo 1989, n. 86, e successive modificazioni) per assicurare una partecipazione informata delle regioni al procedimento di formazione degli atti comunitari, secondo quanto disposto dal quinto comma dell’articolo 117 della Costituzione e per confermare la possibilità delle regioni di dare immediata attuazione alle direttive comunitarie nelle materie di competenza concorrente o esclusiva regionale, sono state demandate all’apposito disegno di legge di modifica della "legge La Pergola", già predisposto e di imminente definitiva approvazione.

L’articolo 4 disciplina l’attività delle regioni in materia internazionale e dispone che le regioni e le province autonome possono, anzitutto, provvedere direttamente a dare attuazione ed esecuzione agli accordi internazionali nelle materie di propria competenza legislativa (comma 1).

Prevede, inoltre, i casi e le modalità per la stipula di intese con enti territoriali interni ad altro Stato (comma 2) e per la conclusione di accordi con altri Stati, richiedendosi in tal caso la previa concessione dei pieni poteri di firma (comma 3) e richiamandosi, per il caso di violazione, i poteri sostitutivi del Governo (comma 6).
Prescrive, infine, che in caso di dissenso tra il Ministro degli affari esteri e la regione, la questione possa essere portata in Consiglio dei ministri per una soluzione politica del contrasto, alla luce della titolarità da parte dello Stato della politica estera (comma 5).
Restano ferme per le attività di mero rilievo internazionale degli enti locali le disposizioni vigenti (comma 7).

L’articolo 5 prevede che, in conformità all’articolo 118 della Costituzione, lo Stato e le regioni provvedano con proprie leggi a conferire le funzioni amministrative, tenendo conto delle esigenze di unitarietà e della competenza istituzionale dei comuni nonchè delle attribuzioni delle autonomie funzionali, ferme ovviamente le funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane.

Lo Stato e le autonomie locali, inoltre, devono dare attuazione, ciascuno nel proprio ambito, al principio della sussidiarietà orizzontale (comma 1).
Fino alla adozione di tali provvedimenti, continuano ad applicarsi le disposizioni del cosiddetto "federalismo amministrativo", emanate in applicazione della legge 15 marzo 1997, n. 59, e in particolare il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e le altre disposizioni vigenti in materia (comma 3).
A partire dall’entrata in vigore della presente legge, lo Stato avvia il trasferimento dei beni e delle risorse necessarie per l’esercizio delle funzioni amministrative trasferite alle regioni ed enti locali, anche in analogia con quanto previsto dall’VIII disposizione transitoria della Costituzione e con quanto si desume dall’articolo 116, ultimo comma, della Costituzione. A tal fine si indica nello stato di previsione delle spese per il 2002 il parametro per il trasferimento delle risorse finanziarie. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 3, 7 (commi 9, 10 e 11) e 8 del decreto legislativo n. 112 del 1998.
Alla quantificazione e ripartizione dei beni e delle risorse si provvede con appositi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, previo accordo tra Governo, regioni e autonomie locali in sede di Conferenza unificata. Tale graduale trasferimento dovrà avvenire secondo i tempi e le modalità stabilite nell’Accordo recante intesa interistituzionale tra Stato, regioni ed enti locali, firmato il 20 giugno 2002, di prossima pubblicazione. Per gli anni successivi e sino all’entrata in vigore delle norme di attuazione dell’autonomia finanziaria prevista dall’articoli 119 della Costituzione, si provvederà con la legge finanziaria di ciascun anno (comma 2).
In questo rinnovato assetto amministrativo, alla Corte dei conti è attribuita la verifica del rispetto degli equilibri di bilancio da parte dei comuni, delle città metropolitane, delle province e delle regioni, anche in relazione al "patto di stabilità interno" e ai vincoli con l’Unione europea.
Le sue sezioni regionali inoltre – in grado di effettuare analisi unitarie, con metodo comparativo – devono assolvere l’importante funzione di verifica, secondo i princìpi del controllo successivo di gestione, del conseguimento degli obiettivi prefissati dalle leggi regionali di principio e di programma nonchè della sana gestione finanziaria degli enti locali e del funzionamento dei controlli interni, in coerenza con le disposizioni vigenti (articolo 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e articolo 13 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n. 51).
L’attribuzione è finalizzata a coadiuvare gli esecutivi nell’adozione di misure correttive volte a garantire la regolarità e l’economicità della gestione, potendosi rappresentare e confrontare gli esiti delle soluzioni amministrative adottate in termini – appunto – di economicità, di efficienza e di efficacia, e prospettare alle autonome valutazioni di ciascun ente le diverse opzioni sul piano dei modelli ordinamentali e dei moduli operativi e le possibili conseguenze e ricadute dei diversi percorsi (ad esempio, acquisti e servizi centralizzati o diffusi, ricorso all’esterno alternativamente alla produzione in proprio e così via) (comma 4).
Si prevede anche che regioni ed enti locali possano chiedere ulteriori forme di collaborazione alla sezione regionale, in funzione ausiliaria (comma 5) e che tali sezioni siano integrate con due esperti scelti dalle regioni e dagli enti locali tra persone in possesso delle professionalità necessarie, equiparate a tutti gli effetti ai consiglieri della Corte dei conti (comma 6).

L’articolo 6 disciplina l’esercizio del potere sostitutivo del Governo per le finalità indicate dal nuovo articolo 120, secondo comma, della Costituzione, secondo procedure analoghe a quelle del decreto legislativo n. 112 del 1998.

In particolare, il Consiglio dei ministri, previa fissazione di un termine per adempiere all’ente inadempiente, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, o nomina un apposito commissario, sentito l’ente interessato (comma 1), salvo i casi di assoluta urgenza (comma 4).
Se si verte in materia di violazione di norme comunitarie, l’intervento sostitutivo è attivato dal Ministro per le politiche comunitarie (comma 2).
Qualora si tratti di inadempimenti di comuni, province o città metropolitane, la nomina del commissario deve tener conto del principio di sussidiarietà; il commissario provvede sentito il Consiglio delle autonomie locali (comma 3).
I provvedimenti sostitutivi, in ossequio al principio di leale collaborazione, dovranno essere proporzionati alle finalità perseguite (comma 5).
Infine, è prevista la possibilità di concludere accordi vincolanti in sede di Conferenza Stato-Regioni diretti a favorire l’armonizzazione delle legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o di obiettivi comuni (comma 6).
Viene inoltre precisato che nelle materie di competenza concorrente ed esclusiva delle regioni non possono essere adottati gli atti di indirizzo e coordinamento di cui agli articoli 8 della legge n. 59 del 1997 e 4 del decreto legislativo n. 112 del 1998.

L’articolo 7 apporta alcune modifiche alle norme di procedura dei giudizi di legittimità costituzionale, per adeguarle alle leggi costituzionali 22 novembre 1999, n. 1, e 18 ottobre 2001, n. 3.

Esse riguardano la proposizione della questione di legittimità costituzionale nei confronti degli statuti regionali (prima non prevista, essendo approvati con legge statale) e delle leggi regionali (ora successiva alla loro pubblicazione), con conseguente adeguamento degli articoli 31 e 32 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
Si elimina inoltre, nell’articolo 33, il richiamo alla legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, da ritenersi superato in quanto il ricorso della regione contro altre leggi regionali è ora incluso nell’articolo 127 della Costituzione.
Al fine poi di evitare il protrarsi dell’incertezza giuridica sulla vigenza della legge (statale o regionale) impugnata, si prevede che la Corte costituzionale fissi la discussione del ricorso entro trenta giorni e depositi il dispositivo della sentenza entro i successivi quindici giorni.
Con disposizione transitoria, infine, viene regolata la trattazione dei ricorsi per conflitto di attribuzione proposti anteriormente alla data di entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001.
La norma prevede un onere di impulso processuale sotto pena di estinzione del processo, sulla cui legittimità, in ipotesi affine, si è già pronunciata la Corte costituzionale (con sentenza n. 111 del 1998) osservando che la garanzia costituzionale del diritto di difesa non preclude al legislatore – in occasione della riforma di un ordinamento processuale – la facoltà di introdurre, con norma transitoria, nuovi adempimenti in relazione ai giudizi pendenti, condizionando ad essi l’ulteriore prosecuzione dei giudizi stessi.

L’articolo 8 prevede la istituzione di un Rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie e la ricollocazione in capo al medesimo delle funzioni già esercitate dal Commissario del Governo, in materie diverse dal controllo preventivo sulle leggi regionali e dal coordinamento dell’attività statale con quella regionale, soppressi dalla riforma (commi 1 e 2).

Le funzioni di rappresentante dello Stato saranno esercitate dal prefetto del capoluogo di regione, avvalendosi delle strutture e del personale dell’ufficio territoriale del Governo (comma 3). Il prefetto è nominato di intesa con il Ministro per gli affari regionali e, in tale veste, dipende funzionalmente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri (comma 4).
Si dettano disposizioni, infine, dirette ad adeguare ai nuovi compiti del prefetto le disposizioni normative vigenti in materia (commi 5, 6 e 7).

L’articolo 9, in attesa delle necessarie modifiche statutarie, demanda alle commissioni paritetiche previste dagli statuti speciali la predisposizione delle norme di attuazione per l’applicazione delle maggiori forme di autonomia estese alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano dall’articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.
L’articolo 10 disciplina l’entrata in vigore della legge per il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

Sullo schema del presente disegno di legge è stato acquisito, in data 6 giugno 2002, il parere della Conferenza unificata.
Tale parere, non unanime tra regioni ed enti locali e nella stessa componente regionale, ha prospettato i seguenti gruppi di emendamenti:

 

a) emendamenti concordati tra regioni e autonomie locali;

 

b) emendamenti comuni delle autonomie locali;
c) emendamenti comuni a tutte le regioni;
d) emendamenti di gruppi di regioni;
e) emendamento di alcune regioni a statuto speciale.

Con riferimento ai suddetti gruppi:
a) sono stati sostanzialmente accolti due dei tre emendamenti concordati da regioni e autonomie locali, mentre la valutazione del terzo è stata rinviata al disegno di legge di delega alla revisione del testo unico sull’ordinamento degli enti locali;

 

b) quanto agli emendamenti comuni delle autonomie locali, sono state accolte le richieste di integrazione dei criteri di delega e di soppressione del comma 6 dell’articolo 1, in quanto sostituito con il nuovo articolo 2 e di previsione di uno spazio di iniziativa degli enti locali, ovviamente non vincolante, per tutelare avanti alla Corte costituzionale le proprie prerogative.
Gli altri emendamenti proposti saranno valutati nella sede più consona del disegno di legge di delega alla revisione del testo unico sull’ordinamento degli enti locali, mentre quello riguardante gli enti locali delle regioni a statuto speciale contrasta con le prerogative statutarie di livello costituzionale spettanti a tali Regioni;
c) degli emendamenti comuni delle regioni sono stati accolti: quello riferito al comma 2 dell’articolo 1, diretto a chiarire che le disposizioni statali, che continuano ad applicarsi nelle materie di competenza regionale, sono solo quelle attualmente vigenti; quello contenente la riformulazione del comma 2 dell’articolo 2 (ora 3); quello concernente la riformulazione delle lettere b) e g) dell’articolo 7 (ora 8); e quello relativo alla separazione in due parti dell’ex comma 5 dell’articolo 4 (ora 5) sulla Corte dei conti.
Non sono stati accolti invece l’emendamento all’articolo 2 (ora 3) in quanto poteva creare equivoci sulla sede negoziale cui possono intervenire i rappresentanti regionali e quelli all’articolo 3 (ora 4), perchè, quanto alle attività di mero rilievo internazionale, alterano il quadro attuale e negano l’esigenza di una loro previa informazione allo Stato e quanto alle soppressioni proposte, violerebbero l’articolo 117 della Costituzione che attribuisce alla regione il potere di concludere accordi e intese estere solo "nella materie di sua competenza" ovviamente legislativa, riferendosi l’articolo 117 a tale competenza. Anche la soppressione del comma 5 verrebbe a violare la Costituzione, che all’articolo 117, secondo comma, lettera a), attribuisce allo Stato la politica estera. Non sono stati accolti anche gli emendamenti all’articolo 4 (perchè la formula del disegno di legge è apparsa più rispettosa del dettato costituzionale e più in linea con il fatto che il conferimento delle funzioni avviene sulla base della legislazione vigente e spetta quindi a chi ha, attualmente, le funzioni amministrative) e all’articolo 5 (perchè la soppressione dell’inciso "anche normativi" priverebbe lo Stato del potere sostitutivo anche in campo regolamentare, mentre il trasferimento nel disegno di legge di modifica della "legge La Pergola" anche del potere sostitutivo ai sensi dell’articolo 120 della Costituzione è ingiustificato, trattandosi di un potere generale). Per rispetto al principio di specialità delle regioni a statuto speciale, non sono state accolte neanche le proposte integrative delle regioni;
d) quanto agli emendamenti di gruppi di regioni, non sono stati recepiti quelli riferiti all’articolo 1, peraltro non unanimi nella stessa componente regionale, perchè l’accordo sui princìpi non costituirebbe fonte idonea a vincolare le regioni o lo Stato, mentre l’intesa non pare ammissibile in materia appartenente alla competenza legislativa esclusiva dello Stato;
e) l’emendamento presentato dalle regioni a statuto speciale è stato superato dal mancato accoglimento dei contrari emendamenti proposti dalle altre regioni e dagli enti locali.

Sul disegno di legge è stato anche acquisito il parere delle Sezioni riunite della Corte dei conti che nella riunione del 22 maggio 2002 si sono espresse favorevolmente al testo proposto, nella parte che riguarda la Corte (e alla eventualità di una sua modifica per quanto attiene alla titolarità della designazione dei membri aggiunti), ai sensi dell’articolo 1 del regio decreto-legge 9 febbraio 1939, n. 273, convertito dalla legge 2 giugno 1939, n. 739.

Il presente disegno di legge non comporta oneri diretti o indiretti a carico del bilancio dello Stato, nè minori entrate, e pertanto non si redige la relazione tecnica.

Analisi tecnico-normativa

I. Aspetti tecnico-normativi in senso stretto

A) Il presente disegno di legge si rende necessario a causa delle modifiche apportate al quadro istituzionale dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, di riforma del titolo V, parte II, della Costituzione.

Tale riforma, infatti, ha modificato il rapporto tra lo Stato e le autonomie regionali e locali, optando per un rapporto di equiordinazione nell’ambito della Repubblica (articolo 114). Essa inoltre ha innovato nei poteri legislativi, attribuendo alle regioni, oltre ad un potestà concorrente, anche una potestà legislativa esclusiva, a carattere residuale (articolo 117). Ulteriori innovazioni hanno riguardato la titolarità delle funzioni amministrative, attribuita in via generale ai comuni, salvo i casi di necessità di esercizio unitario, in applicazione dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza (articolo 118) e l’introduzione espressa del potere sostitutivo del Governo ad organi delle regioni, città metropolitane, province e comuni negli specifici casi previsti dall’articolo 120, secondo comma, della Costituzione. Infine, rilevanti modifiche hanno riguardato il regime dei controlli preventivi sulle leggi regionali (aboliti e sostituiti da quelli successivi) e sugli atti amministrativi delle regioni e degli enti locali (soppressi).
Accanto alle modifiche introdotte dalle suddette innovazioni l’intervento normativo si rende necessario per dare diretta attuazione al dettato costituzionale, che espressamente rimanda ad apposite leggi statali (articoli 117, 118 e 119), nonchè per stabilire i meccanismi di trasferimento dei beni e delle risorse strumentali, organizzative, umane e finanziarie occorrenti per l’esercizio delle funzioni amministrative conferite a regioni ed enti locali e per regolare i rapporti tra legislazione statale e quella regionale nella fase di passaggio.

 

B) Delle disposizioni proposte, gli articoli 1 e 5 assolvono a queste ultime finalità, mentre gli articoli 3 e 4 integrano le leggi statali di procedura previste dalla Costituzione per regolare l’attività delle regioni in campo comunitario e in campo internazionale.

Delle altre disposizioni, l’articolo 2 disciplina l’autonomia normativa degli enti locali, l’articolo 6 regola il potere sostitutivo del Governo e l’articolo 8 provvede a istituire il rappresentante dello Stato nei rapporti con il sistema delle autonomie, cui è demandato l’esercizio delle funzioni già espletate dal commissario del Governo, tuttora compatibili con le innovazioni della riforma.
L’articolo 7 apporta le necessarie modifiche, indotte non solo dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ma anche dalla legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1, in materia statutaria, agli articoli 31, 32, 33 e 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
L’articolo 9, infine, si occupa dell’attuazione da parte delle commissioni paritetiche delle forme di maggiore autonomia estese alle regioni a statuto speciale dall’articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.

 

C) Il presente disegno di legge riguarda, quindi, nel suo articolo 1, tutte le materie di legislazione concorrente (articolo 117, terzo comma), prevedendo una delega ricognitoria dei princìpi fondamentali vigenti e regolando l’applicazione delle disposizioni previgenti sino all’entrata in vigore di quelle statali o regionali, secondo la nuova competenza.

Negli altri articoli, essa impatta sul testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267) (articolo 2); sulla "legge La Pergola" (legge 9 marzo 1989, n. 86) (articolo 3); sul decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1994, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 167 del 19 luglio 1994, sull’attività delle regioni all’estero (articolo 4); sui decreti legislativi di conferimento di funzioni e compiti amministrativi emanati in attuazione della legge 15 marzo 1997, n. 59, per quanto attiene al conferimento di funzioni amministrative e al trasferimento di beni e risorse, nonchè sulle leggi concernenti le funzioni della Corte dei conti nei confronti delle amministrazioni regionali (legge 14 gennaio 1994, n. 20) e degli enti locali (legge 26 febbraio 1982, n. 51) (articolo 5); ancora sulla "legge La Pergola" (per il potere sostitutivo) e sul decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, (per gli atti di indirizzo e coordinamento) (articolo 6); sulla legge che disciplina il procedimento avanti alla Corte costituzionale (legge 11 marzo 1953, n. 87) (articolo 7); sul decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, per quanto riguarda la ricollocazione delle funzioni già espletate dal commissario del Governo (e sulle altre disposizioni connesse: legge 10 febbraio 1962, n. 53, decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, legge 23 agosto 1988, n. 400, decreto legislativo 13 febbraio 1993, n. 40, decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303; decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 2001, n. 287) (articolo 8).

 

D) Per quanto attiene alla compatibilità del disegno di legge con l’ordinamento comunitario, essa è assicurata dall’articolo 3 che, in coerenza con la normativa comunitaria, prevede che la partecipazione diretta delle regioni alla formazione degli atti comunitari avvenga nell’ambito delle delegazioni del Governo e che l’iniziativa delle regioni nei ricorsi alla Corte di Giustizia delle Commissioni europee sia limitata alla sola fase della richiesta di impugnazione al Governo.
E) Sulla compatibilità del disegno di legge con le competenze regionali, tutto il provvedimento è diretto ad attuare il nuovo assetto istituzionale posto dalla legge costituzionale n. 3 del 2001.
F) Il disegno di legge prevede un meccanismo di trasferimento di risorse alle regioni ed enti locali analogo a quello operato dalla citata legge n. 59 del 1997 e dal citato decreto legislativo n. 112 del 1998, mentre per il trasferimento delle funzioni si dovrà procedere con le leggi statali e regionali previste dall’articolo 118 della Costituzione.
G) Non vi sono rilegificazioni nè possibilità di ulteriori delegificazioni.

II. Elementi di drafting e linguaggio normativo

Non vi sono nuove definizioni normative nel testo, mentre i riferimenti normativi contenuti rimandano alle disposizioni già modificate o integrate.

Vi sono invece la sostituzione degli articoli 31 e 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e la novella degli articoli 32 e 33 della medesima legge (articolo 7), nonchè dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 303 del 1999 (articolo 8).
L’articolo 8 contiene inoltre l’abrogazione espressa di alcune disposizioni riguardanti il commissario del Governo, a seguito dell’abrogazione dell’articolo 124 della Costituzione.

III. Ulteriori elementi:

A) Giurisprudenza costituzionale: sulla possibilità per le regioni di desumere direttamente dall’ordinamento giuridico i princìpi fondamentali, nelle materie di legislazione concorrente, in difetto di espressa determinazione di questi da parte dello Stato, si veda la sentenza n. 39 del 1971.

Sulla natura cedevole delle norme statali di dettaglio nelle medesime materie, si veda la sentenza n. 214 del 1985.
Sull’applicabilità della legge statale vigente in materie ora appartenenti alla legislazione regionale concorrente, sino all’entrata in vigore di quelle regionali, si veda la sentenza n. 269 del 1974.
Sulla possibilità di introdurre, in via transitoria, adempimenti procedurali, si veda la sentenza n. 111 del 1998.

 

B) Non vi sono progetti di legge parlamentari in materia analoga.

DISEGNO DI LEGGE

 

Art. 1.

 

(Attuazione dell’articolo 117, primo e terzo comma, della Costituzione, in materia di legislazione regionale)

1. Costituiscono vincolo alla potestà legislativa dello Stato e delle regioni, ai sensi dell’articolo 117, primo comma, della Costituzione, gli obblighi derivanti dalle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, di cui all’articolo 10 della Costituzione, da accordi di reciproca limitazione della sovranità di cui all’articolo 11 della Costituzione, dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea e alle Comunità europee e dai trattati internazionali ratificati a seguito di legge di autorizzazione.

2. Le disposizioni normative statali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla legislazione regionale continuano ad applicarsi, in ciascuna regione, fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regionali in materia, fermo quanto previsto al comma 3. Le disposizioni normative regionali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla legislazione esclusiva statale continuano ad applicarsi fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni statali in materia.
3. Nelle materie appartenenti alla legislazione concorrente, le regioni esercitano la potestà legislativa nell’ambito dei princìpi fondamentali espressamente determinati dallo Stato o, in difetto, quali desumibili dalle leggi statali vigenti.
4. In sede di prima applicazione, il Governo, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri interessati, è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi diretti alla ricognizione dei princìpi fondamentali che si traggono dalle leggi vigenti, nelle materie previste dall’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, attenendosi ai principi della completezza, esclusività, adeguatezza, chiarezza, proporzionalità ed omogeneità. Gli schemi dei decreti, dopo l’acquisizione del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata: "Conferenza Stato-Regioni", sono trasmessi alle Camere per l’acquisizione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, compreso quello della Commissione parlamentare per le questioni regionali, da rendersi entro sessanta giorni dall’assegnazione alle Commissioni medesime. Acquisiti tali pareri, il Governo ritrasmette i testi, con le proprie osservazioni e con le eventuali modificazioni, alla Conferenza Stato-Regioni ed alle Camere per il parere definitivo, da rendersi, rispettivamente, entro trenta e sessanta giorni.
5. Nella predisposizione dei decreti legislativi di cui al comma 4, il Governo si attiene ai seguenti criteri direttivi:

 

a) individuazione dei princìpi fondamentali per settori organici della materia in base a criteri oggettivi desumibili dal complesso delle funzioni e da quelle affini, presupposte, strumentali e complementari, e in modo da richiedere disposizioni applicative regionali;

 

b) considerazione, ai fini dell’individuazione dei princìpi fondamentali, delle disposizioni statali rilevanti per garantire l’unità giuridica ed economica, la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, il rispetto delle norme e dei trattati internazionali e della normativa comunitaria e la tutela dell’incolumità e della sicurezza pubblica;
c) considerazione del nuovo sistema di rapporti istituzionali derivante dagli articoli 114 e 117 della Costituzione;
d) considerazione degli obiettivi generali assegnati dall’articolo 117, settimo comma, della Costituzione, alla legislazione regionale;
e) considerazione delle disposizioni legislative vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge;
f) coordinamento formale delle disposizioni di principio e loro eventuale semplificazione;
g) esclusione delle disposizioni contenenti deroghe od eccezioni espresse.

Art. 2.

 

(Attuazione dell’articolo 114, secondo comma e dell’articolo 117, sesto comma, della Costituzione in materia di potestà normativa degli enti locali)

1. I comuni, le province e le città metropolitane hanno potestà normativa secondo i princìpi fissati dalla Costituzione. La potestà normativa consiste nella potestà statutaria e in quella regolamentare.

2. Lo statuto, in armonia con la Costituzione e con i princìpi generali in materia di organizzazione pubblica, nel rispetto di quanto stabilito dalla legge statale in attuazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, stabilisce i princìpi di organizzazione e funzionamento dell’ente, le forme di controllo, anche sostitutivo, nonchè le garanzie delle minoranze e le forme di partecipazione popolare.
3. L’organizzazione degli enti locali è disciplinata dai regolamenti nel rispetto delle norme statutarie.
4. La disciplina dell’organizzazione, dello svolgimento e della gestione delle funzioni dei comuni, delle province e delle città metropolitane è riservata alla potestà regolamentare dell’ente locale, nell’ambito della legislazione dello Stato o della regione, secondo le rispettive competenze, conformemente a quanto previsto dagli articoli 114, 117, sesto comma, e 118 della Costituzione.
5. Il potere normativo è esercitato anche dalle forme associative tra gli enti locali.
6. Fino all’adozione dei regolamenti degli enti locali, si applicano le vigenti norme statali e regionali, fermo restando quanto previsto dal presente articolo.

Art. 3.

 

(Attuazione dell’articolo 117, quinto comma, della Costituzione sulla partecipazione delle regioni in materia comunitaria)

1. Le regioni e le province autonome concorrono direttamente, nelle materie di loro competenza, alla formazione degli atti comunitari, partecipando, nell’ambito delle delegazioni del Governo, alle attività dei gruppi di lavoro e dei comitati del Consiglio e della Commissione europea, secondo modalità da concordare in sede di Conferenza Stato-Regioni, che devono comunque garantire l’unitarietà della rappresentazione della posizione italiana da parte del Capo delegazione designato dal Governo; le relative spese sono a carico dei bilanci di dette amministrazioni.

2. Nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, il Governo può proporre ricorso dinanzi la Corte di giustizia delle Comunità europee avverso gli atti normativi comunitari, anche su richiesta di una delle regioni e delle province autonome.

Art. 4.

 

(Attuazione dell’articolo 117, quinto e nono comma, della Costituzione sull’attività internazionale delle regioni)

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, provvedono direttamente all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali ratificati, dandone preventiva comunicazione al Ministero degli affari esteri ed alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, i quali, nei successivi trenta giorni dal relativo ricevimento, possono formulare criteri e osservazioni. In caso di inadempienza, ferma restando la responsabilità delle regioni verso lo Stato, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 6, commi 1, 4 e 5, in quanto compatibili.

2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, possono concludere, con enti territoriali interni ad altro Stato, intese dirette a favorire il loro sviluppo economico, sociale e culturale, nonchè a realizzare attività di mero rilievo internazionale, dandone comunicazione prima della firma alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali ed al Ministero degli affari esteri, ai fini delle eventuali osservazioni di questi ultimi e dei Ministeri competenti, da far pervenire entro i successivi trenta giorni a cura del Dipartimento medesimo. Con gli atti relativi alle attività sopra indicate, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano non possono esprimere valutazioni relative alla politica estera dello Stato, nè possono assumere impegni dai quali derivino obblighi od oneri finanziari per lo Stato o che ledano gli interessi degli altri soggetti di cui all’articolo 114, primo comma, della Costituzione.
3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, possono, altresì, concludere con altri Stati accordi esecutivi ed applicativi di accordi internazionali regolarmente entrati in vigore, o accordi di natura tecnico-amministrativa, o accordi di natura programmatica, nel rispetto della Costituzione, dei vincoli derivanti dagli impegni internazionali e dalle linee e dagli indirizzi di politica estera italiana, nonchè dei princìpi fondamentali dettati dalle leggi dello Stato. A tale fine ogni regione o provincia autonoma dà tempestiva comunicazione delle trattative al Ministero degli affari esteri ed alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, che ne danno a loro volta comunicazione ai Ministeri competenti. Il Ministero degli affari esteri può indicare princìpi e criteri da seguire, nella conduzione dei negoziati; qualora questi ultimi si svolgano all’estero, le locali rappresentanze diplomatiche o uffici consolari italiani potranno, previa intesa con la regione o con la provincia autonoma, intervenire e collaborare alla conduzione delle trattative. La regione o la provincia autonoma, prima di sottoscrivere l’accordo, comunica il relativo progetto al Ministero degli affari esteri, il quale, sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, ed accertata l’opportunità politica e la legittimità dell’accordo, ai sensi del presente comma, conferisce i pieni poteri di firma previsti dalle norme del diritto internazionale generale e dalla Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio 1969, ratificata ai sensi della legge 12 febbraio 1974, n. 112. Gli accordi sottoscritti in assenza del conferimento di pieni poteri sono nulli.
4. Agli accordi stipulati dalle regione e dalle province autonome è data pubblicità in base alla legislazione vigente.
5. Il Ministro degli affari esteri può, in qualsiasi momento, rappresentare alla regione o alla provincia autonoma interessata questioni di opportunità politica inerenti alle attività di cui ai commi 1, 2 e 3 e, in caso di dissenso, sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, chiedere che la questione sia portata in Consiglio dei ministri che, con l’intervento del Presidente della giunta regionale interessato, delibera sulla questione.
6. In caso di violazione degli accordi di cui al comma 3, ferma restando la responsabilità delle regioni verso lo Stato, si applicano le disposizioni dell’articolo 6, commi 1, 4 e 5, in quanto compatibili.
7. Resta fermo che i comuni, le province e le città metropolitane continuano a svolgere attività di mero rilievo internazionale nelle materie loro attribuite, secondo l’ordinamento vigente.

Art. 5.

 

(Attuazione dell’articolo 118 della Costituzione in materia di esercizio delle funzioni amministrative)

1. Lo Stato e le regioni, secondo le rispettive competenze, provvedono a conferire le funzioni amministrative esercitate alla data di entrata in vigore della presente legge, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, attribuendo a province, città metropolitane, regioni e Stato soltanto quelle di cui occorra assicurare l’unitarietà di esercizio, per motivi di buon andamento, efficienza o efficacia dell’azione amministrativa ovvero per motivi funzionali o economici o per esigenze di programmazione o di omogeneità territoriale, tenendo conto delle attribuzioni degli enti di autonomia funzionale e favorendo, altresì, lo svolgimento di attività amministrative di interesse generale da parte di associazioni o singoli cittadini, sulla base del principio di sussidiarietà. Tutte le altre funzioni non diversamente attribuite spettano ai comuni.

2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, lo Stato avvia il trasferimento dei beni e delle risorse strumentali, finanziarie, umane e organizzative necessarie per l’esercizio delle funzioni e dei compiti previsti dagli articoli 117 e 118 della Costituzione. Alla quantificazione e alla ripartizione dei beni e delle risorse si provvede mediante uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, previo accordo tra Governo, regioni ed autonomie locali, da concludersi in sede di Conferenza unificata, tenendo conto delle previsioni di spesa risultanti dal bilancio dello Stato per l’anno 2002. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 3, 7, commi 9, 10 e 11, ed 8 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Gli schemi di decreto sono trasmessi alla Commissione parlamentare per le questioni regionali, per il parere da rendersi entro trenta giorni dall’assegnazione; decorso tale termine il Governo può emanare i decreti anche in assenza di tale parere. Il trasferimento delle risorse avviene secondo le modalità previste al punto 4, Titolo II, dell’Accordo recante intesa interistituzionale tra Stato, regioni ed enti locali firmato il 20 giugno 2002. A decorrere dall’anno successivo si provvede con la legge finanziaria di ciascun anno. Le disposizioni di cui al presente comma trovano applicazione fino alla data di entrata in vigore delle norme relative al nuovo sistema finanziario in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione.
3. Fino alla data di entrata in vigore dei provvedimenti previsti dal presente articolo, le funzioni amministrative continuano ad essere esercitate secondo le attribuzioni stabilite dalle disposizioni vigenti.
4. La Corte dei conti, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, verifica il rispetto degli equilibri di bilancio da parte di comuni, province, città metropolitane e regioni, anche in relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti verificano, secondo i princìpi del controllo successivo sulla gestione, il perseguimento degli obiettivi posti dalle leggi regionali di principio e di programma, nonchè la sana gestione finanziaria degli enti locali ed il funzionamento dei controlli interni.
5. Ciascuna regione può richiedere ulteriori forme di collaborazione alla sezione regionale di controllo ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, nonchè pareri nelle materie di cui all’articolo 88 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.
6. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti sono integrate da due componenti designati, rispettivamente, dal consiglio regionale e dal consiglio delle autonomie locali salvo diversa previsione dello statuto della regione, scelti tra persone che, per gli studi compiuti e le esperienze professionali acquisite, sono particolarmente esperte nelle materie aziendalistiche, economiche, finanziarie, giuridiche e contabili; i medesimi durano in carica 5 anni e non sono riconfermabili. Il loro status è equiparato a tutti gli effetti, per la durata dell’incarico, a quello dei consiglieri della Corte dei conti, con oneri finanziari a carico della Regione. La nomina è effettuata con decreto del Presidente della Repubblica, con le modalità previste dal secondo comma dell’articolo unico del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 1977, n. 385.

Art. 6.

 

(Attuazione dell’articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo)

1. Nei casi e per le finalità previsti dall’articolo 120 della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle regioni o degli enti locali, assegna all’ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l’organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario.

2. Qualora l’esercizio del potere sostitutivo si renda necessario al fine di porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria, gli atti ed i provvedimenti di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro competente per materia. L’articolo 11 della legge 9 marzo 1989, n. 86, è abrogato.
3. Qualora l’esercizio dei poteri sostitutivi riguardi comuni, province o città metropolitane, la nomina del commissario deve tenere conto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Il commissario provvede, sentito il consiglio delle autonomie locali.
4. Nei casi di assoluta urgenza, qualora l’intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall’articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle comunità montane, che possono chiederne il riesame.
5. I provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati alle finalità perseguite.
6. Il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l’armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni; in tale caso è esclusa l’applicazione dei commi 3 e 4 dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Nelle materie di cui all’articolo 117, terzo e quarto comma, della Costituzione non possono essere adottati gli atti di indirizzo e di coordinamento di cui all’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e all’articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

Art. 7.

 

(Attuazione degli articoli 123, secondo comma e 127, della Costituzione in materia di ricorsi alla Corte costituzionale)

1. L’articolo 31 della legge 11 marzo 1953, n. 87, è sostituito dal seguente:

"Art. 31. – 1. La questione di legittimità costituzionale di uno statuto regionale può, a norma del secondo comma dell’articolo 123 della Costituzione, essere promossa entro il termine di trenta giorni dalla pubblicazione.

 

2. Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della regione, può promuovere, ai sensi dell’articolo 127, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale della legge regionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione.
3. La questione di legittimità costituzionale è sollevata, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, anche su proposta della Conferenza Stato-Città e autonomie locali, dal Presidente del Consiglio dei ministri mediante ricorso diretto alla Corte costituzionale e notificato, entro i termini previsti dal presente articolo, al Presidente della giunta regionale.
4. Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della Corte costituzionale entro il termine di dieci giorni dalla notificazione.".

2. Il secondo comma dell’articolo 32 della legge 11 marzo 1953, n. 87, è sostituito dal seguente:
"La questione di legittimità costituzionale, previa deliberazione della giunta regionale, anche su proposta del consiglio delle autonomie locali, è promossa dal Presidente della giunta mediante ricorso diretto alla Corte costituzionale e notificato al Presidente del Consiglio dei ministri entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell’atto impugnati".
3. Al primo comma dell’articolo 33 della legge 11 marzo 1953, n. 87, le parole: "dell’articolo 2, secondo comma, della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1", sono sostituite dalle seguenti: "dell’articolo 127, secondo comma, della Costituzione".

4. L’articolo 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87, è sostituito dal seguente:

"Art. 35. – 1. Quando è promossa una questione di legittimità costituzionale ai sensi degli articoli 31, 32 e 33, l’udienza di merito è fissata entro trenta giorni dal deposito del ricorso e il dispositivo della sentenza è depositato entro quindici giorni dall’udienza di discussione".
5. Le regioni assicurano la pronta reperibilità degli atti recanti la pubblicazione ufficiale degli statuti e delle leggi regionali.

6. Nei ricorsi per conflitto di attribuzione tra Stato e regione, di cui agli articoli da 39 a 42 della legge 11 marzo 1953, n. 87, proposti anteriormente alla data dell’8 novembre 2001, il ricorrente deve chiedere la trattazione del ricorso, con istanza diretta alla Corte costituzionale e notificata alle altre parti costituite, entro quattro mesi dal ricevimento della comunicazione di pendenza del procedimento effettuata a cura della cancelleria della Corte costituzionale; in difetto di tale istanza, il ricorso si considera abbandonato ed è dichiarato estinto con decreto del Presidente.

Art. 8.

 

(Rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie)

1. In ogni regione a statuto ordinario è istituito il rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie. Le relative funzioni sono svolte dal prefetto preposto all’ufficio territoriale del Governo avente sede nel capoluogo della regione.

2. Nell’esercizio delle funzioni di cui al comma 1, il rappresentante dello Stato cura in sede regionale:

 

a) le attività dirette ad assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione tra Stato e regione, nonchè il raccordo tra le istituzioni dello Stato presenti sul territorio, anche attraverso le conferenze di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, al fine di garantire la rispondenza dell’azione amministrativa all’interesse generale, il miglioramento della qualità dei servizi resi al cittadino e di favorire e rendere più agevole il rapporto con il sistema delle autonomie;

 

b) la tempestiva informazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali e ai Ministeri interessati degli statuti regionali e delle leggi regionali, per le finalità di cui agli articoli 123 e 127 della Costituzione, e degli atti amministrativi regionali, agli effetti dell’articolo 134 della Costituzione, nonchè il tempestivo invio dei medesimi atti all’ufficio dell’Avvocatura dello Stato avente sede nel capoluogo;
c) la promozione dell’attuazione delle intese e del coordinamento tra Stato e regione previsti da leggi statali nelle materie indicate dall’articolo 118, terzo comma, della Costituzione, nonchè delle misure di coordinamento tra Stato e autonomie locali, di cui all’articolo 9, comma 5, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
d) l’esecuzione di provvedimenti del Consiglio dei ministri costituenti esercizio del potere sostitutivo di cui all’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, avvalendosi degli uffici territoriali del Governo e degli altri uffici statali aventi sede nel territorio regionale;
e) la verifica dell’interscambio di dati e informazioni rilevanti sull’attività statale, regionale e degli enti locali, di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, riferendone anche al Ministro per l’innovazione e le tecnologie;
f) l’indizione delle elezioni regionali e la determinazione dei seggi consiliari e l’assegnazione di essi alle singole circoscrizioni, nonchè l’adozione dei provvedimenti connessi o conseguenti, fino alla data di entrata in vigore di diversa previsione contenuta negli statuti e nelle leggi regionali;
g) la raccolta delle notizie utili allo svolgimento delle funzioni degli organi statali, costituendo il tramite per la reciproca informazione nei rapporti con le autorità regionali; la fornitura di dati e di elementi per la redazione della Relazione annuale sullo stato della pubblica amministrazione; la raccolta e lo scambio dei dati di rilevanza statistica, da effettuarsi secondo gli standard e le metodologie definiti dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e avvalendosi anche dei suoi uffici regionali, d’intesa con lo stesso.

3. Nell’esercizio delle funzioni di cui al presente articolo il prefetto titolare dell’ufficio territoriale del Governo del capoluogo di regione si avvale a tale fine delle strutture e del personale dell’ufficio territoriale del Governo.

4. Il provvedimento di preposizione alla prefettura – ufficio territoriale del Governo del capoluogo di Regione è adottato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno, d’intesa con il Ministro per gli affari regionali.
5. L’articolo 4, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, è sostituito dal seguente:

"3. Per l’esercizio dei compiti di cui al presente articolo, il Presidente del Consiglio dei ministri, o il Ministro per gli affari regionali, se nominato, si avvale di un apposito Dipartimento per gli affari regionali e delle annesse, in posizione di autonomia, segreterie della Conferenza permanente per il rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e della Conferenza Stato-Città e autonomie locali; si avvale altresì, sul territorio, dei rappresentanti dello Stato nelle regioni, che dipendono funzionalmente dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro per gli affari regionali, se nominato".
6. Sono abrogati: gli articoli 11, limitatamente alle disposizioni relative al controllo sulle leggi regionali, 40, 43 e 44 della legge 10 febbraio 1953, n. 62; l’articolo 4, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616; l’articolo 13 della legge 23 agosto 1988, n. 400, ad eccezione del comma 3; l’articolo 3 del decreto legislativo 13 febbraio 1993, n. 40; l’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

7. Nelle norme dell’ordinamento giuridico, compatibili con le disposizioni della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, il riferimento al commissario del Governo è da intendersi al prefetto titolare dell’ufficio territoriale del Governo del capoluogo di regione quale rappresentante dello Stato.

Art. 9.

 

(Attuazione dell’articolo 10 della
legge costituzionale n. 3 del 2001)

1. In attesa delle modifiche statutarie, le commissioni paritetiche previste dagli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in relazione alle ulteriori materie spettanti alla competenza legislativa di tali regioni e province autonome, in forza dell’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, propongono l’adozione delle norme di attuazione che definiscono i beni e le risorse strumentali, finanziarie, umane e organizzative da trasferire, occorrenti all’esercizio delle ulteriori funzioni amministrative.

Art. 10.

 

(Entrata in vigore)

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

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