SENATO DELLA REPUBBLICA

401a SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MARTEDI' 27 MAGGIO 2003

(Pomeridiana)

Presidenza del vice presidente FISICHELLA,

indi del vice presidente SALVI

 

Presidenza del vice presidente FISICHELLA

 

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,32).

(...)

Seguito della discussione e approvazione del disegno di legge:

(1545-B) Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 1545-B, già approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati.

Ricordo che, ai sensi dell'articolo 104 del Regolamento, oggetto della discussione e delle deliberazioni saranno soltanto le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati, salvo la votazione finale.

Ricordo altresì che nella seduta antimeridiana si è conclusa la discussione generale e hanno avuto luogo le repliche dei relatori e del rappresentante del Governo.

Do lettura dei pareri espressi dalla 5a Commissione permanente sul disegno di legge in esame e sugli emendamenti:

"La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge in titolo, per quanto di propria competenza, considerata la necessità di garantire in generale la corrispondenza temporale e quantitativa tra gli oneri recati dai provvedimenti di spesa e la copertura finanziaria degli stessi, esprime parere di nulla osta sull’articolo 2 nel presupposto che i decreti legislativi previsti dal comma 1, i provvedimenti collegati e gli accordi da definire in sede di conferenza unificata, indicati nel comma 5, vengano adottati in una cornice finanziaria unitaria volta a garantire il rispetto del suddetto principio. In particolare, si rileva la necessità che il rispetto dei vincoli derivanti dalla risorse disponibili costituisca uno dei criteri per l’esercizio della delega, ovvero che l’esercizio delle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane venga graduato in relazione al trasferimento dei beni, delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative preordinate alla copertura finanziaria degli oneri effettivamente conseguenti all’adozione dei decreti legislativi.

Esprime, inoltre, parere di nulla osta sui restanti articoli, osservando che, in merito all’articolo 7, la clausola di invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica non escluda la possibilità di adottare le misure di copertura finanziaria che possano rendersi necessarie nel quadro del procedimento ivi delineato e che la relazione tecnica indicata nel comma 3 del medesimo articolo si intenda riferita a quella prevista dall’articolo 11-ter della legge n. 468 del 1978, e successive modificazioni".

"La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati gli emendamenti trasmessi, esprime, per quanto di propria competenza, parere non ostativo".

Do lettura altresì del parere espresso dalla 1a Commissione sugli emendamenti:

"La Commissione, esaminati gli emendamenti al disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di competenza, parere non ostativo".

Procediamo all'esame degli articoli, nel testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati.

Passiamo all'esame dell'articolo 1, sul quale è stato presentato un emendamento, che invito il presentatore ad illustrare.

 

DEL PENNINO (Misto-PRI). Signor Presidente, non mi illudo che l’emendamento 1.100 possa trovare il consenso dell’Aula perché so che vi è un’intesa, più consociativa che bipartisan, tra maggioranza e opposizione per varare il testo così come ci è stato trasmesso dalla Camera.

Desidero egualmente sottolineare l’incongruenza contenuta nell’articolo 1, così come è stato modificato dalla Camera rispetto al testo iniziale del Senato. Il testo che avevamo varato in sede di prima lettura prevedeva che costituissero un vincolo alla potestà legislativa dello Stato e delle Regioni i trattati internazionali ratificati a seguito di legge di autorizzazione. Il testo che la Camera ci ha trasmesso prevede invece che qualunque trattato internazionale rappresenti un vincolo alla potestà legislativa dello Stato e delle Regioni.

Ora, mi sembra che questa norma sia oltretutto incostituzionale, perché l’articolo 80 della Costituzione prevede, lo rileggo per me stesso più che per i colleghi che: "Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi".

Noi invece, con questa formulazione che la Camera ci ha trasmesso, consentiamo che un trattato non approvato con legge da parte delle Camere possa modificare o rappresentare un vincolo alle leggi stesse; quindi, si tratta di una riduzione della sovranità del Parlamento, che dovrebbe essere limitata solo con la legge di ratifica e che è invece subordinata a intese tra Governi.

Ecco il significato del mio emendamento: ripristinare la formula che i vincoli alla potestà legislativa dello Stato e delle Regioni sono rappresentati dai trattati internazionali ratificati a seguito di legge di autorizzazione.

PRESIDENTE. Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sull’emendamento in esame.

 

PASTORE, relatore. Signor Presidente, vorrei invitare il collega Del Pennino a ritirare l’emendamento 1.100, altrimenti il mio parere sarà contrario.

In realtà, nella sostanza siamo d’accordo al ripristino di tale regola, però ciò significherebbe, innanzi tutto, entrare in rotta di collisione con la Camera dei deputati, che non ha ritenuto di condividere la nostra posizione, e comunque prolungare i tempi di approvazione di un provvedimento che invece riteniamo sia divenuto urgente e ormai maturo per l’approvazione definitiva.

 

LA LOGGIA, ministro per gli affari regionali. Signor Presidente, pur apprezzando molto, come ho avuto già occasione di rappresentargli nel corso del lavoro in Commissione, lo spirito che anima la proposta del senatore Del Pennino, non siamo nelle condizioni di poter accettare il suo emendamento in questa sede, cioè nel contesto di questo disegno di legge. Pertanto, il parere del Governo è contrario.

 

PRESIDENTE. Senatore Del Pennino, intende ritirare il suo emendamento?

DEL PENNINO (Misto-PRI). Lo mantengo, Presidente, e mi riservo di chiedere sullo stesso la votazione a scrutinio simultaneo mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.100.

 

BASSANINI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BASSANINI (DS-U). Signor Presidente, vorrei dichiarare il voto contrario a questo emendamento. Non lo faccio perché sia sbagliato; anzi, si può addirittura sostenere, come mi sembra il relatore abbia accennato, che l’emendamento sia superfluo. È chiaro che i trattati internazionali intanto vincolano i legislatori interni in quanto siano entrati a far parte del nostro ordinamento.

 

Presidenza del vice presidente SALVI

(Segue BASSANINI). Inoltre, quando è richiesta una legge di autorizzazione alla ratifica, i trattati non entrano costituzionalmente a far parte dell’ordinamento se tale legge non è stata approvata. Quindi, l’emendamento, di per sé, si potrebbe considerare del tutto superfluo.

Gli emendamenti superflui, normalmente, si possono anche votare, ma qui subentra un’altra esigenza o, credo, un’altra scelta, che il senatore Del Pennino sbaglia a definire consociativa e non bipartisan. Se c’è un caso in cui è giusto affermare che siamo di fronte ad un’esigenza bipartisan è proprio questo, cioè la necessità di disporre il più rapidamente possibile di alcuni essenziali strumenti di attuazione di una riforma costituzionale che è in vigore già da un anno e mezzo abbondante.

Ora, proprio per questo appare raccomandabile, anche quando, come da parte nostra, ci sarebbero pure legittime esigenze di ulteriore correzione e miglioramento di questo testo, non allungarne ulteriormente l'iter legislativo e quindi evitare emendamenti, come questo, che, essendo del tutto superflui, precisando qualcosa che è già nel nostro ordinamento, avrebbero come unico effetto il ritorno alla Camera di questo provvedimento, che invece è necessario entri in vigore e sia operativo al più presto.

 

PETRINI (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PETRINI (Mar-DL-U). Signor Presidente, annuncio il nostro voto contrario a questo emendamento in quanto, conformemente a quanto affermava il senatore Bassanini, non riteniamo corretta l'interpretazione data dal collega Del Pennino, secondo il quale la modifica introdotta alla Camera farebbe sì che una semplice intesa internazionale fra Stati diventi elemento di vincolo per la legislazione nazionale e regionale.

Non è, a nostro parere, così: il trattato internazionale diventa vincolo nel momento in cui, secondo Costituzione, è convertito in legge dal Parlamento. Quindi, la specificazione che avevamo approvato in prima lettura al Senato era pleonastica e la Camera, nel sopprimerla, non ha inteso cambiare il senso della legge che, secondo noi, rimane assolutamente inalterato. Per questi motivi voteremo contro l'emendamento 1.100.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.100, presentato dal senatore Del Pennino.

 

Non è approvato.

Metto ai voti l'articolo 1.

 

È approvato.

Passiamo all'esame dell'articolo 2, introdotto dalla Camera dei deputati, sul quale sono stati presentati emendamenti ed ordini del giorno che invito i presentatori ad illustrare.

 

SODANO Tommaso (Misto-RC). Signor Presidente, l'articolo 2 avrebbe dovuto normare l'attuazione dell'articolo 117 della Costituzione in tutti i settori di esclusiva competenza dello Stato. In particolare, nella disposizione di cui al comma 2, lettera p), si sofferma sulle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane, ivi compresi i sistemi elettorali e gli organi di Governo. Per fare ciò il Governo chiede la delega a se stesso nel merito delle competenze esclusive, in particolare sulla individuazione di funzioni fondamentali per il funzionamento delle autonomie locali.

Il ricorso al decreto legislativo su materie di tale delicatezza, e per giunta per nulla tecniche, è inopportuno e politicamente sbagliato e quindi, a nostro avviso, inaccettabile. Da tempo l'uso improprio dello strumento della delega ha via via determinato l'esautoramento e la spoliazione del Parlamento delle sue funzioni, con conseguenze democratiche che vanno ben al di là dei limiti già oggi imposti da un sistema maggioritario dell'alternanza, ormai sempre più caratterizzato da atti da regime (vedi lo scandaloso oscuramento sui referendum del 15 e 16 di giugno).

La delega al Governo per individuare funzioni fondamentali, essenziali al funzionamento degli enti locali, e le stesse deleghe per la determinazione di funzioni essenziali per il soddisfacimento dei bisogni primari nelle comunità di riferimento è davvero un atto che consente al Governo di imporre e decidere, in sfregio alla stessa Costituzione nazionale, che sancisce autonomia funzionale agli enti locali su materie amministrative, su bisogni primari della sfera delle autonomie.

Tra l'altro, si aggiunge confusione a confusione. È noto, infatti, il contenzioso insorto sulle competenze tra Stato e Regioni rispetto alla interpretazione della modifica del Titolo V. Essa può qui addirittura aumentare, essendo assai difficile individuare cosa possa intendersi e rientrare tra i bisogni primari; un esempio è sicuramente l'assistenza sociale e sanitaria. L'invasione di campo per parti incrociate tra le istituzioni rischia di aumentare, anziché di diminuire. Le Regioni, infatti, su materie per loro esclusive sono tenute al solo rispetto dei limiti costituzionali stabiliti, nonché dei vincoli comunitari-europei.

Quindi, la delega al Governo su atti fondamentali e controversi, che possono avere gravi ripercussioni sociali, è, a nostro avviso, irricevibile. La nostra richiesta di soppressione dell'articolo 2 è quindi coerente con il rilancio del ruolo sovraordinato dell'organo legislativo (Parlamento e Consigli regionali), impedendo al Governo di prevaricare sulle esperienze democratiche delle Assemblee elettive.

Noi insistiamo nel ritenere sbagliata e dannosa la riforma del Titolo V, ma ancora peggiore una norma attuativa che consente al Governo di decidere, senza alcun confronto, le modalità di funzionamento di ogni ente locale.

Quindi, nell’esprimere un parere negativo sull’articolo 2, di cui chiediamo la soppressione, riformuliamo il concetto secondo cui lo strumento attuativo di una norma sbagliata doveva vedere una significativa correzione alle possibili devastanti deviazioni sociali in termini di ulteriore frantumazione territoriale. Occorre imporre l’unitarietà sociale attraverso norme quadro sui diritti civili e sociali entro le quali le Regioni possano muoversi rispetto alle loro specificità.

La concentrazione dell’azione sinergica degli Esecutivi nazionali e regionali rischia di compromettere definitivamente le democrazie dirette e partecipative che esprimono i consigli e il Parlamento ed è per questa motivazione che chiediamo la soppressione dell’articolo 2. (Applausi del senatore Malabarba).

 

STIFFONI (LP). Signor Presidente, ritiro l’emendamento 2.101 e mantengo l’ordine del giorno G2.100.

 

DEL PENNINO (Misto-PRI). Signor Presidente, i tre emendamenti che ho presentato, uno dei quali solo a firma mia, gli altri a firma anche dei colleghi Pizzinato e Zorzoli, riguardano le norme della delega relative alle città metropolitane, perché ci troviamo in presenza di un testo che è davvero curioso: esso prevede una delega in cui, in violazione dell’articolo 76 della Costituzione, non sono definiti né i princìpi né i criteri direttivi.

Si dice infatti che il Governo è delegato a emanare uno o più decreti per "adeguare i procedimenti di istituzione della Città metropolitana al disposto dell’articolo 114 della Costituzione, fermo restando il principio di partecipazione degli enti e delle popolazioni interessati".

Ora, poiché l’articolo 114 prevede semplicemente che la Repubblica è costituita da comuni, province, città metropolitane, Regioni e Stato e quindi introduce, come soggetto istituzionale, la Città metropolitana che prima non aveva dignità costituzionale, ma non indica assolutamente nulla di più, una delega di questo genere è una delega senza criteri e senza princìpi direttivi.

Io propongo allora, nell’emendamento a mia sola firma, il 2.103, la soppressione delle lettere h) e i), in modo da lasciare il problema della istituzione delle città metropolitane alla legge ordinaria, sottraendolo alla legislazione delegata.

Con gli altri due emendamenti invece, quelli a firma anche dei colleghi Pizzinato e Zorzoli, cioè il 2.102 e il 2.104, proponiamo soluzioni meno drastiche. In particolare, con il 2.102 proponiamo semplicemente di stabilire che, nei casi in cui sia istituita la città metropolitana, non venga previsto il mantenimento ai comuni e alle province delle funzioni che hanno attualmente, perché è chiaro che dovranno distribuirsi fra la città metropolitana e gli altri soggetti istituzionali che convivranno con essa.

Con l’emendamento 2.104 chiediamo di introdurre dei princìpi e dei criteri direttivi che in questa materia non possono mancare, e li individuiamo nel fatto che la città metropolitana dev’essere prevista obbligatoriamente per le aree in cui vi sia un comune capoluogo che abbia almeno 800.000 abitanti, che si stabilisca che dove c’è la città metropolitana essa sostituisce la provincia e che dev’essere garantito un equilibrio territoriale e demografico fra i comuni all’interno della città metropolitana attraverso lo scorporo del comune capoluogo, perché è un controsenso procedere all’istituzione di una città metropolitana e prevedere al tempo stesso il mantenimento in vita di un comune capoluogo che finirebbe con l’interferire con le competenze e con le funzioni della città metropolitana.

Non vogliamo introdurre criteri così dettagliati? Vogliamo dare indicazioni più vaghe? Bene, il Governo presenti una proposta emendativa rispetto a tale testo perché la delega così com’è concepita, senza alcun criterio direttivo e senza alcun principio cui attenersi, è chiaramente incostituzionale.

 

MAGNALBO', relatore. L’ordine del giorno G2.101 si dà per illustrato.

 

BASSANINI (DS-U). Signor Presidente, devo anzitutto ricordare che il presente articolo 2 è quasi integralmente corrispondente agli emendamenti che in questa sede, in prima lettura, furono presentati da parte nostra ed anche da parte del Gruppo di Alleanza Nazionale.

Si tratta di un ulteriore strumento di attuazione del Titolo V - la definizione delle funzioni fondamentali degli enti locali - assolutamente necessario per il corretto avvio dell’attuazione di questa riforma costituzionale e, se non vado errato, signor Ministro, nell’attuale formulazione esso ha ricevuto il consenso unanime della Conferenza Stato-Città-autonomie locali, quindi anche delle istituzioni interessate, gli enti locali, attraverso la loro rappresentanza, peraltro politicamente molto articolata.

Proprio per questo a noi non è sembrato utile intervenire sul testo con alcune modifiche e perfezionamenti che pure avremmo ritenuto opportuni, bensì chiarendo due punti ai fini dell’interpretazione.

Con l’ordine del giorno G2.102 chiediamo che le disposizioni sui controlli preventivi interni che dovranno essere "mantenute ferme" devono essere interpretate esattamente in questo senso e non nel senso di un ripristino di controlli preventivi esterni, di etero-controlli di legittimità sui singoli atti che sono stati abrogati dalla riforma costituzionale.

L’ordine del giorno G2.103 riguarda le Regioni a statuto speciale e le province autonome ed impegna il Governo per quanto di competenza - quindi nel rispetto degli Statuti speciali - a prevedere analoghe forme di tutela dell’autonomia degli enti locali anche nelle Regioni a statuto speciale.

 

CREMA (Misto-SDI). Signor Presidente, insieme ad altri colleghi ho presentato l’ordine del giorno G2.104, anche in adempimento di un impegno assunto nei confronti delle organizzazioni delle autonomie locali, in base all’accordo sottoscritto tra le province autonome, le Regioni a statuto speciale ed i comuni a Cagliari (peraltro, ero presente a quel Convegno quale rappresentante di un’associazione di cui sono responsabile a livello nazionale).

Si tratta di un atto dovuto anche per dare voce ad un’istanza che non è stato possibile concretizzare con l’approvazione di alcuni emendamenti alla Camera dei deputati. Mi auguro quindi che il Governo, coerentemente con gli impegni assunti nei confronti delle associazioni delle autonomie locali, voglia accogliere tale ordine del giorno.

 

PRESIDENTE. I restanti ordini del giorno si intendono illustrati.

Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti e sugli ordini del giorno in esame.

 

MAGNALBO', relatore. Esprimo parere contrario all’emendamento 2.100, poiché va a colpire al cuore il provvedimento abolendo per intero la delega.

Ringrazio il senatore Stiffoni per aver ritirato l’emendamento 2.101, che diluiva il senso della norma.

Per quanto concerne gli emendamenti 2.102, 2.103 e 2.104, chiedo ai presentatori di ritirarli. Il senso dell’emendamento 2.102 è implicito nel contesto della norma; l’emendamento 2.103 chiede di sopprimere due lettere del comma 4 che fanno riferimento alla Città metropolitana.

Questi due emendamenti sono connessi all’emendamento 2.104, di cui chiedo il ritiro, perché un tema come quello della Città metropolitana, signor Presidente, onorevoli senatori, credo vada affrontato attraverso una norma articolata e meditata come la delega e forse questo emendamento costituisce una fuga in avanti. È apprezzabile il contenuto, ma chiedo al senatore Del Pennino di ritirare i tre emendamenti.

Per quanto riguarda gli ordini del giorno, sul G2.100 mi rimetto al Governo; esprimo parere favorevole sul G2.101 della Commissione e sull’identico ordine del giorno G2.102, del senatore Bassanini e di altri senatori. Per quanto riguarda gli ordini del giorno G2.103 e G2.104, identico all’ordine del giorno G2.105, mi rimetto al Governo.

 

LA LOGGIA, ministro per gli affari regionali. Signor Presidente, per quanto concerne gli emendamenti, il parere del Governo è contrario e quindi conforme a quanto già espresso dal relatore.

Per quanto riguarda l’ordine del giorno G2.100, del senatore Stiffoni ed altri, potrei accoglierlo con alcune parzialissime modifiche. Al secondo capoverso dopo le parole "competenza legislativa statale" aggiungerei le altre "in tale materia"; inoltre, al primo capoverso che inizia con "sottolineato", dopo le parole "individuare un nucleo di funzioni" aggiungerei "fondamentali" sopprimendo la parte restante del periodo, cioè dalle parole "tra quelle attribuite" fino a "a tali enti attribuite". Infine, per quanto riguarda il dispositivo, che inizia con il capoverso "ad assicurare", dopo le parole "con l’individuazione di un nucleo di funzioni", aggiungerei "essenziali per il funzionamento degli enti locali e per il soddisfacimento dei bisogni primari delle rispettive collettività", sopprimendo le parole "significative, tra quelle già attribuite agli stessi enti locali". In questi termini, potrei accogliere l’ordine del giorno presentato dal senatore Stiffoni.

Per quanto riguarda l’ordine del giorno G2.101 della Commissione, identico all’ordine del giorno G2.102, presentato dal senatore Bassanini e da altri senatori, lo accolgo senz’altro, perché mi sembra molto pertinente.

Sull’ordine del giorno G2.103, presentato dai senatori Bassanini, Villone e Vitali, sarei d’accordo. Cambierei soltanto, all’ultimo capoverso, se i presentatori sono d’accordo, l’espressione "ad applicare" con "a favorire", che mi sembra anche di più ampia portata. In questi termini lo accoglierei.

L’ordine del giorno G2.104 sostanzialmente ripete una posizione già espressa unanimemente dall’ANCI; mi sembra opportuno accoglierlo. Naturalmente accolgo l’identico ordine del giorno G2.105.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.100, presentato dai senatori Sodano Tommaso e Malabarba.

 

Non è approvato.

Ricordo che l’emendamento 2.101 è stato ritirato.

Sull’emendamento 2.102 c’è l’invito del relatore al ritiro. Chiedo ai proponenti se accolgono tale invito.

 

PIZZINATO (DS-U). Signor Presidente, anche a nome dei colleghi Del Pennino e Zorzoli, accolgo l’ipotesi formulata dal relatore e dal Governo, proponendo un ordine del giorno affinché nella definizione del decreto legislativo si tenga conto dei princìpi contenuti negli emendamenti in relazione al ruolo delle Città metropolitane.

Do lettura dell’ordine del giorno G2.106:

"Il Senato impegna il Governo, nell’esercizio della delega relativa alla revisione delle disposizioni in materia di enti locali, a prevedere l’istituzione obbligatoria della Città metropolitana almeno per le aree i cui Comuni capoluogo abbiano una popolazione residente superiore agli 800.000 abitanti, stabilendo che la Città metropolitana sostituisca nelle aree in cui è istituita la Provincia, ed affidando alle Regioni il compito di garantire che i Comuni che fanno parte della Città metropolitana abbiano una dimensione territoriale e demografica tra loro omogenea".

Consegno alla Presidenza il testo dell’ordine del giorno, avendo presente, come ho già detto questa mattina e come abbiamo avuto occasione di sottolineare all’avvio in Commissione dell’esame dei due disegni di legge sulle Città metropolitane, che è necessario, almeno per le quattro grandi aree metropolitane, pervenire a delle determinazioni, poiché si fa riferimento all’impegno che il Governo ha assunto di attuare la delega che il Parlamento gli affida.

PRESIDENTE. Senatore Pizzinato, se non ho inteso male, quest’ordine del giorno sostituisce non solo l’emendamento 2.102, ma anche l’emendamento 2.104.

PIZZINATO (DS-U). Per l’appunto, signor Presidente.

 

DEL PENNINO (Misto-PRI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DEL PENNINO (Misto-PRI). Signor Presidente, sono disposto a ritirare l’emendamento 2.103 in caso di accoglimento dell’ordine del giorno G2.106 da parte del Governo.

PRESIDENTE. Dunque, il ritiro di questi emendamenti è subordinato all’orientamento del Governo, che invito ad esprimersi al riguardo.

 

LA LOGGIA, ministro per gli affari regionali. Signor Presidente, credo di aver spiegato più volte, anche in Commissione, che un conto è essere d’accordo sulla sostanza, un altro è essere d’accordo anche sulla procedura che poi porta a determinate conseguenze sulla sostanza stessa.

L’ordine del giorno in esame, che ricalca un concetto espresso nel corso dell’illustrazione degli emendamenti dai senatori Del Pennino e Pizzinato, finisce con l’essere eccessivamente vincolante nel dettaglio per il Governo al di là di ciò che, con difficoltà, è stato possibile concordare nell’ambito della delega cui si fa riferimento, frutto di un complicatissimo equilibrio fra le Regioni, i Comuni, le istituzioni locali, le Province, le Comunità montane, il Governo della Repubblica, e con una serie di ulteriori intrecci che non sto a descrivere per non annoiare eccessivamente l’Aula.

Se l’ordine del giorno entrasse meno nel dettaglio, si potrebbe anche accogliere, nel senso che poi si vedrà in che modo tener conto della volontà dichiarata. La stessa precisazione del numero degli abitanti mi sembra eccessiva; questo dato, a mio parere, dovrebbe nascere da un ulteriore approfondimento, piuttosto che dall’espressione di una mera intenzione. Ciò appare riduttivo da un punto di vista formale ed eccessivo da un punto di vista sostanziale.

Pertanto, mi permetto di insistere con i colleghi Del Pennino e Pizzinato. L’argomento è molto presente nella nostra attività di Governo e ad esso dedicheremo tutta l’attenzione possibile. Torneremo in Parlamento con il decreto legislativo e vedremo in che modo, nell’ambito di questo percorso, si potrà ottenere il risultato auspicato. Io, però, non vincolerei il Governo ad accettare un’impostazione di dettaglio così articolata.

Qualora gli emendamenti non fossero ritirati e in mancanza di un’eventuale diversa formulazione dell’ordine del giorno, mi troverei costretto a confermare il mio parere negativo.

 

DEL PENNINO (Misto-PRI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DEL PENNINO (Misto-PRI). Signor Presidente, chiedo al Ministro se il riferimento che egli fa all’ordine del giorno è limitato alla specificazione relativa al numero degli abitanti: in questo caso non vi sarebbe nulla in contrario a non indicare alcuna soglia minima di abitanti.

Credo, insomma, che sarebbe utile giungere ad una formulazione non così vincolante per il Governo, ma che precisi almeno un criterio e un principio direttivo per la formulazione del decreto delegato. Da parte nostra si potrebbe aderire ad una proposta di questo genere se venisse formulata dal Governo.

 

PRESIDENTE. In questo caso, però, bisognerebbe essere in presenza di un testo diverso, dal momento che è impossibile espungere dall’ordine del giorno G2.106 il riferimento al numero degli abitanti, perché significherebbe prevedere città metropolitane ovunque, il che non credo coincida con l’intendimento dei presentatori.

 

PIZZINATO (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIZZINATO (DS-U). Formuli il Governo una proposta in merito, perché il testo dell’ordine del giorno in realtà non coincide con l’emendamento, in quanto è stata eliminata una serie di particolari. Sono incardinate presso la 1a Commissione due proposte di legge molto simili, firmate dai colleghi della maggioranza e dell’Ulivo che, relativamente a certe realtà, mostrano di avere opinioni comuni.

Siccome il Governo ha fatto presente di dover tener conto della Conferenza Stato-Regioni formuli lo stesso Governo o il relatore un ordine del giorno diverso o, meglio, modificato rispetto a quello che abbiamo presentato, e lo valuteremo.

 

PRESIDENTE. Se i colleghi sono d’accordo e il Governo non ha nulla in contrario, propongo di accantonare per qualche minuto questo ordine del giorno, affinché i presentatori possano individuare una formulazione più snella, così come auspicato dal rappresentante del Governo.

Poiché non si fanno osservazioni, così rimane stabilito.

Senatore Stiffoni, accoglie le proposte di modifica all’ordine del giorno G2.100?

STIFFONI (LP). Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l’ordine del giorno G2.100 (testo 2) non verrà posto in votazione.

Essendo stati altresì accolti dal Governo anche gli ordini del giorno G2.101 e G2.102, di contenuto identico, non verranno posti in votazione.

Senatore Bassanini, il Governo chiede di sostituire, nell’ordine del giorno G2.103, le parole "ad applicare" con le parole "a favorire": accoglie tale richiesta di modifica?

BASSANINI (DS-U). Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l’ordine del giorno G2.103 (testo 2) non verrà posto in votazione.

Essendo stati altresì accolti dal Governo anche gli ordini del giorno G2.104 e G2.105, di contenuto identico, non verranno posti in votazione.

Accantoniamo dunque anche la votazione dell’articolo 2.

Passiamo all'esame dell'articolo 3, corrispondente all’articolo 2 del testo approvato dal Senato, sul quale è stato presentato un emendamento che invito il presentatore ad illustrare.

 

DEL PENNINO (Misto-PRI). Signor Presidente, il termine "meramente" aggiunto dalla Camera al testo dell’articolo 2 (corrispondente all’articolo 3 al nostro esame) tende ad enfatizzare un concetto che era già chiaro così come era stato espresso nel testo approvato dal Senato della Repubblica. Ritengo dunque che il termine "meramente" possa essere tranquillamente soppresso.

PRESIDENTE. Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sull’emendamento in esame.

 

PASTORE, relatore. Signor Presidente, pur convenendo su quanto proposto dal collega Del Pennino, faccio presente che rinviare questo testo alla Camera solo per una sua "ripulitura" avrebbe conseguenze eccessive; per cui invito il presentatore al ritiro dell’emendamento, altrimenti esprimo parere contrario.

 

LA LOGGIA, ministro per gli affari regionali. Signor Presidente, esprimo parere conforme a quello del relatore.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 3.100, presentato dal senatore Del Pennino.

 

Non è approvato.

Metto ai voti l'articolo 3, corrispondente all'articolo 2 del testo approvato dal Senato.

 

È approvato.

Passiamo all'esame dell'articolo 4, corrispondente all'articolo 3 del testo approvato dal Senato, sul quale è stato presentato l'emendamento 4.100, ritirato dal presentatore.

Lo metto ai voti.

 

È approvato.

Passiamo all'esame dell'articolo 5, corrispondente all'articolo 4 del testo approvato dal Senato, sul quale è stato presentato un emendamento che invito il presentatore ad illustrare.

DEL PENNINO (Misto-PRI). Signor Presidente, ritiro l'emendamento 5.100.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'articolo 5, corrispondente all'articolo 4 del testo approvato dal Senato.

 

È approvato.

Passiamo all'esame dell'articolo 6, corrispondente all'articolo 5 del testo approvato dal Senato.

Lo metto ai voti.

 

È approvato.

Passiamo all'esame dell'articolo 7, corrispondente all'articolo 6 del testo approvato dal Senato, sul quale sono stati presentati ordini del giorno che invito i presentatori ad illustrare.

 

BASSANINI (DS-U). Signor Presidente, sull'articolo 7 è stata apportata dalla Camera dei deputati la più rilevante correzione negativa, almeno dal nostro punto di vista.

Infatti, mentre l'inserimento della delega per l'identificazione delle funzioni fondamentali degli enti locali, voluta dalla Camera con l'articolo 2, corrispondeva, come ricordavo, ad emendamenti da noi stessi presentati in prima lettura al Senato, in questo caso la Camera è intervenuta a sopprimere sostanzialmente la disposizione che consentiva di integrare le sezioni regionali della Corte dei conti nell'esercizio delle funzioni di controllo di gestione sugli enti locali e nella verifica del rispetto del Patto di stabilità con consiglieri di preparazione, professionalità e competenze non strettamente giuridiche, tenuto conto che si tratta non di un'attività di carattere giurisdizionale o di controllo di legittimità, ma di un'attività in cui sono necessarie competenze di carattere economico, statistico o gestionale.

Questa disposizione è importante perché la presenza di consiglieri con questa preparazione e competenza eviterebbe il rischio di un controllo formalistico da parte delle sezioni regionali della Corte dei conti ed anche di un intralcio per le scelte di merito compiute dalle Regioni e dagli enti locali nell'esercizio della loro autonomia, sovrapponendo una scelta di merito in realtà effettuata dalle sezioni regionali della Corte dei conti.

La Camera ha modificato il testo in un senso che noi giudichiamo francamente negativo, ma le ragioni che abbiamo più volte illustrato oggi in quest'Aula, che spingono ad una rapida approvazione di questo provvedimento per dotare il nostro ordinamento degli strumenti necessari per l'attuazione della riforma del Titolo V ci suggeriscono di non riaprire la questione sotto forma di emendamento.

Abbiamo, quindi, ritenuto di proporre all'attenzione dell'Assemblea un ordine del giorno che invita il Governo a studiare, in collaborazione con la stessa Corte dei conti, misure idonee per adeguare la composizione, la struttura e gli strumenti di lavoro delle sezioni regionali della Corte stessa per metterle in grado di svolgere con maggior competenza e maggiore efficacia le funzioni delicatissime di controllo sulla gestione e sul rispetto del Patto di stabilità. È chiaro che studiare significa predisporre misure che, se l'esito dello studio è positivo, saranno sottoposte all'esame delle competenti sedi e, inevitabilmente, del Parlamento.

A noi sembra che le perplessità sorte, legate quasi sempre a questioni di difesa corporativa della struttura della Corte dei conti, possano essere superate. Per facilitare ulteriormente una convergenza, ritiriamo l’ordine del giorno G7.100 e sottoponiamo all’attenzione dell’Assemblea e del Governo l’ordine del giorno G7.101, che esprime questo concetto in forma ampiamente flessibile, consentendo di indicare l’obiettivo senza pregiudicare le soluzioni che, nell’ambito della ricerca e dell’approfondimento, emergeranno come le più opportune.

 

IZZO (FI). Signor Presidente, onorevole Ministro, modifichiamo l’ordine del giorno G7.102 nella parte dispositiva, inserendo dopo le parole "impegna il Governo" le parole "ad esaminare l’opportunità di" e sopprimendo l’ultima parte, dalle parole "mediante la riduzione" fino alla fine. Figura comunque l’impegno del Governo a risolvere la questione con regolamento, nella direzione indicata.

PRESIDENTE. Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli ordini del giorno in esame.

MAGNALBO', relatore. Mi rimetto al Governo.

 

LA LOGGIA, ministro per gli affari regionali. Signor Presidente, accoglierei l’ordine del giorno G7.101 con alcune parzialissime modifiche. Nella parte dispositiva, al primo capoverso, propongo la soppressione delle parole "il Consiglio di Presidenza del" nonché delle altre "e a sottoporre all’esame del Parlamento". Questa specificazione mi sembra superflua, perché se l’esito dello studio sarà positivo, sarà ovviamente presentato un disegno di legge al Parlamento. Chiedo, infine, la soppressione dell’ultima parte del secondo capoverso, dalle parole "fermo restando" fino alla fine.

Accolgo l’ordine del giorno G7.102, nel testo modificato.

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accolgono le proposte di modifica del Ministro.

 

BASSANINI (DS-U). Signor Presidente, non ho difficoltà ad accogliere queste modifiche che da un certo punto di vista migliorano persino il testo rispetto all’obiettivo che intendiamo perseguire.

 

PRESIDENTE. Una collaborazione bipartisan di altissimo livello!

Essendo stati accolti dal Governo, gli ordini del giorno G7.101 (testo 2) e G7.102 (testo 2) non saranno posti in votazione.

Passiamo all’esame degli articoli successivi.

Metto ai voti l’articolo 7, corrispondente all’articolo 6 del testo approvato dal Senato.

 

È approvato.

Metto ai voti l’articolo 8, corrispondente all’articolo 7 del testo approvato dal Senato.

 

È approvato.

Metto ai voti l’articolo 9, corrispondente all’articolo 8 del testo approvato dal Senato.

 

È approvato.

Metto ai voti l’articolo 10, corrispondente all’articolo 9 del testo approvato dal Senato.

 

È approvato.

Ricordo che gli articoli 11 e 12, corrispondenti, rispettivamente, agli articoli 10 e 11 del testo approvato dal Senato, non sono stati modificati dalla Camera dei deputati.

Riprendiamo l’esame dell’ordine del giorno G2.106, derivante dalla trasformazione degli emendamenti 2.102 e 2.104, precedentemente accantonato.

Senatore Magnalbò, siete addivenuti a una nuova stesura?

 

MAGNALBO', relatore. Il testo potrebbe essere il seguente:

"Il Senato impegna il Governo, nell’esercizio della delega relativa alla revisione delle disposizioni in materia di enti locali, a prevedere l’istituzione della Città metropolitana, almeno per alcune aree in cui i Comuni capoluogo abbiano una popolazione residente superiore ad un certo numero di abitanti, evitando le moltiplicazioni dei livelli di governo e affidando alle Regioni il compito di fare in modo che i Comuni che fanno parte della Città metropolitana abbiano una dimensione territoriale e demografica tra loro omogenea".

 

PRESIDENTE. Il Ministro ha ascoltato questa nuova formulazione?

LA LOGGIA, ministro per gli affari regionali. Stavo finendo di leggerla.

PRESIDENTE. Pregherei di consegnare alla Presidenza questo testo.

Poiché mi sembra di capire che il Ministro abbia bisogno di riflettere brevemente su di esso, sospendo la seduta per qualche minuto.

 

(La seduta, sospesa alle ore 19,00, è ripresa alle ore 19,10).

(…)

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1545-B

 

PRESIDENTE. Riprendiamo l’esame del disegno di legge n. 1545-B.

Do lettura del testo definitivo dell’ordine del giorno G2.106, precedentemente accantonato:

"Il Senato impegna il Governo, nell’esercizio della delega relativa alla revisione delle disposizioni in materia di enti locali, a studiare le modalità di istituzione della Città metropolitana almeno per alcune aree i cui comuni capoluogo abbiano una popolazione residente superiore ad un determinato numero di abitanti, evitando il moltiplicarsi di livelli di governo".

Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi su tale ordine del giorno.

 

LA LOGGIA, ministro per gli affari regionali. Signor Presidente, se i proponenti sono d’accordo, lo accoglierei come raccomandazione.

 

PRESIDENTE. Poiché i presentatori non insistono per la votazione, l’ordine del giorno G2.106 (testo 2) non verrà posto ai voti.

Metto ai voti l’articolo 2 del disegno di legge, introdotto dalla Camera dei deputati, precedentemente accantonato.

 

È approvato.

 

Passiamo alla votazione finale.

 

SODANO Tommaso (Misto-RC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SODANO Tommaso (Misto-RC). Signor Presidente, riconfermiamo il voto contrario su questo provvedimento, anche alla luce delle modifiche in negativo che sono intervenute nel testo licenziato dalla Camera, come l'introduzione dell'articolo 2, recante un’ulteriore delega al Governo, di cui abbiamo chiesto la soppressione.

Noi pensiamo che questo disegno di legge sia frutto di una discussione che è nata male già nella scorsa legislatura e che si conclude adesso con l’approvazione di un provvedimento basato su un’idea di federalismo che aveva alle spalle una sorta di ideologia indipendente dagli obiettivi che ci si voleva prefiggere con una riforma federale.

Nella discussione in prima lettura abbiamo già ricordato che la storia del federalismo, i concetti e le esperienze di tutto il mondo sono di diversa natura. Da noi si verifica un processo inverso rispetto all’esperienza di altri Paesi da questo punto di vista. Abbiamo ritenuto che fosse necessario dare seguito anche ai princìpi costituzionali con l’idea di un regionalismo forte, di un decentramento forte dei poteri, cioè essere più vicini e rispondere meglio ai problemi dei cittadini; questo dovrebbe essere il punto fondamentale di ogni riforma: garantire i diritti universali previsti dalla Costituzione, rendendoli effettivamente esigibili.

Questo è ciò che ci divide profondamente dall’impostazione del provvedimento al nostro esame, ma anche dall’esperienza fin qui compiuta sulla materia. Si sono introdotti princìpi di sussidiarietà che di fatto hanno portato ad una privatizzazione dei servizi e ad una cancellazione, in alcuni casi, di diritti.

Anziché cercare di alzare il livello delle garanzie dal punto di vista dei diritti, nei fatti - e le esperienze di questi anni lo stanno a dimostrare - si va tendenzialmente verso una differenziazione e a volte verso una contrapposizione e una competizione tra Regioni. In tal modo, alle differenze già esistenti tra le condizioni dei cittadini e delle cittadine nelle diverse aree del Paese si aggiungono le differenze territoriali.

Con questa legge attuativa si aggiunge un dato che noi consideriamo grave anche dal punto di vista politico: quello della costituzionalizzazione di fatto del patto di stabilità interno; un patto interno all’Europa che noi non avevamo condiviso perché consideravamo che l’Europa dovesse avere altri parametri di riferimento per costruire la sua identità e la sua unità. Quello dei bilanci è invece diventato l’unico parametro e tale parametro non solo è stato introiettato sul territorio nazionale, ma addirittura, con questa legge attuativa, diventa vincolante rispetto ai bilanci degli enti locali.

Noi consideriamo questo un fatto molto negativo perché già nel corso di questi ultimi anni i vincoli e le pressioni che venivano dalle leggi nazionali rispetto agli enti locali, che hanno spinto al risparmio, a tagli della spesa sociale ed a processi di privatizzazione, hanno portato a risultati preoccupanti per la condizione generale dei cittadini nel nostro Paese.

A queste considerazioni, che già ci fanno esprimere in premessa una valutazione negativa sulla legge costituzionale che ha ispirato la legge attuativa, si aggiunge il fatto che quest’ultima oggi non risponde all’esigenza di chiarire le competenze e i conflitti di competenza che si sono determinati nel corso di questi mesi e di questi anni, con una confusione di ruoli. Soprattutto, non risponde ad un percorso di attuazione che avrebbe potuto porre rimedio a quegli elementi non chiari o che meritano delle precisazioni proprio sul terreno dei diritti sociali.

Ciò non è stato fatto e siamo ora in presenza di una legge che mantiene, anzi peggiora, un impianto da noi già considerato non positivo. Essa si colloca, nei fatti, in un contesto ancora più preoccupante, con la confusione ed il pasticcio istituzionale che si è determinato; sicché, questo Parlamento sta per approvare la legge attuativa di una riforma avendo già votato un’altra modifica costituzionale, come la cosiddetta devoluzione, che spinge oltre misura la territorialità, le differenziazioni e la deregolamentazione di quei diritti che noi riteniamo debbano essere la premessa delle riforme.

L’esito e gli effetti concreti della legge che stiamo per votare non sono chiari, perché non è chiaro quale sarà il percorso che questo Governo intende seguire sull’enorme partita delle riforme costituzionali. Quelle che conosciamo sono le esperienze fin qui maturate, è lo sbarramento che si insiste venga perseguito, ovvero quello della privatizzazione dei servizi, della competizione e della disgregazione territoriale sul terreno sociale, del rispetto dei vincoli di bilancio, che porterà necessariamente gli enti locali ad un taglio delle spese sociali e della spesa corrente.

Questi punti fondamentali che ispirano le politiche del Governo sono molto gravi; rappresentano gli elementi di fondo che costringono il nostro partito ad opporsi anche al di fuori del Parlamento e sicuramente ad esprimere oggi in quest’Aula un voto contrario nei confronti del presente provvedimento. (Applausi dal Gruppo Misto-RC).

 

BASSANINI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BASSANINI (DS-U). Signor Presidente, in sede di prima lettura abbiamo votato a favore di questo disegno di legge, pur non nascondendo la convinzione che singole parti di esso meriterebbero di essere meglio e diversamente formulate e pur non nascondendoci che, ai fini dell'attuazione della riforma del Titolo V, vi è una grave e consistente lacuna, rappresentata dalla mancanza delle disposizioni di attuazione dell’articolo 119, ovvero delle disposizioni della legge di coordinamento della finanza pubblica, quindi delle disposizioni necessarie per dare alle Regioni e agli enti locali le risorse necessarie e sufficienti per far fronte ai nuovi compiti, alle nuove responsabilità e ai nuovi poteri che la riforma costituzionale ad essi attribuisce.

Una lacuna di grande consistenza, perché il pericolo che noi oggi corriamo è quello di un sistema che, già per effetto di disposizioni costituzionali vigenti, accolla queste responsabilità e questi compiti sulle spalle delle Regioni e degli enti locali, mentre essi si trovano in condizione di non disporre delle risorse per poter effettivamente adempiere, prestare servizi, assicurare ai cittadini prestazioni che ormai fanno parte della loro responsabilità e della loro competenza.

A noi sembra, tuttavia, che il provvedimento - sia pure con questa lacuna - provvede a dotare il nostro ordinamento, il nostro sistema, di strumenti indispensabili per l’attuazione della riforma. Per questo, a nostro avviso, occorre non indugiare ulteriormente nel metterli in opera, nel farli diventare operativi.

Il corso dell’esame parlamentare ha consentito, intanto, di colmare una lacuna iniziale, che era quella delle misure necessarie per pervenire alla definizione delle funzioni fondamentali per gli enti locali e quindi per evitare il rischio di un neo-centralismo regionale, che pure è un rischio incombente e presente nel nuovo assetto delle competenze e che solo attraverso la definizione delle funzioni fondamentali degli enti locali, sottraendole alle scelte del legislatore regionale, può essere convenientemente evitato; comunque, può vedere una barriera ed un ostacolo convincenti.

Durante l’iter parlamentare si è anche provveduto ad una migliore definizione della delega al Governo per la ricognizione dei princìpi fondamentali della legislazione dello Stato nelle materie di competenza concorrente. Oggi essa è correttamente definita come una delega ricognitiva che consente di identificare i princìpi fondamentali quali emergono dalla legislazione già in vigore e quindi dalla legislazione definita dal Parlamento.

Il provvedimento non contiene, dunque, alcuna inammissibile delega al Governo per l’identificazione di nuovi princìpi fondamentali, che sarebbe risultata in contrasto con i princìpi e i limiti alla delega di funzioni legislative al Governo come scritti nell’articolo 76 della Costituzione, che consente di delegare funzioni legislative ma non la definizione di princìpi; l’articolo 76 della Costituzione prevede infatti la predeterminazione di princìpi e criteri direttivi da parte del Parlamento.

In questi termini, a noi sembra che le legittime e forti esigenze di correzione di alcune disposizioni debbano tuttavia lasciare il passo ad un senso di responsabilità politica ed istituzionale, cioè alla necessità di provvedere il più rapidamente possibile a mettere Regioni ed enti locali, attraverso le misure di attuazione previste da questo disegno di legge, in condizioni di poter operare per l’attuazione della riforma del Titolo V.

Mi consenta, nel concludere questa dichiarazione di voto, di rilevare tuttavia, signor Ministro, la singolare contraddizione che emerge tra un provvedimento che si apre con un articolo che delega il Governo alla ricognizione dei princìpi fondamentali della legislazione concorrente e la presentazione, alla Commissione unificata Stato-Regioni-Città-autonomie locali, di uno schema di disegno di legge costituzionale del Governo che sopprime la categoria della legislazione concorrente. C’è una evidente contraddizione nella compresenza di questi due provvedimenti.

Noi ci auguriamo che il Governo prosegua nell’attuazione del Titolo V della Costituzione e sottoponga ad una più cauta ed attenta riflessione le pur legittime ed esistenti ragioni di correzione, integrazione e aggiustamento del testo costituzionale vigente. (Applausi della senatrice Piloni).

 

VILLONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

VILLONE (DS-U). Signor Presidente, dichiaro la mia non partecipazione al voto per un parziale dissenso rispetto al mio Gruppo, condividendo le notazioni fatte dal senatore Bassanini sui profili più strettamente politici, sulla mancata attuazione dell’articolo 119 della Costituzione, su una riforma che cancella la categoria della legislazione concorrente.

Aggiungo a queste alcune perplessità sul piano tecnico e giuridico che motivano la posizione che oggi assumo e che ho voluto tradurre in una singola e conclusiva dichiarazione di voto proprio perché, rendendomi conto del rilievo e del senso politico di questa iniziativa legislativa, molto attesa per tanti versi, ciò costituisce il modo meno ostativo per esprimere il mio pensiero ritardando il meno possibile l’iter del provvedimento in Commissione e in Aula. Ho preferito assumere questo atteggiamento, piuttosto che portare avanti una battaglia emendativa che avrebbe solo fatto perdere tempo ai colleghi.

Manifesto, quindi, le mie perplessità, in parte già espresse in altre sedute e in altri momenti di discussione; perplessità che permangono, in primo luogo in relazione alla delega sui princìpi. Non sono del tutto convinto che le considerazioni svolte da me stesso e da altri colleghi siano state superate dalle novità introdotte, poc’anzi richiamate dal collega Bassanini.

Fortissima rimane la mia perplessità, già espressa in prima lettura, sull’articolo 9, comma 4, il quale, parificando la legge regionale ad un atto amministrativo, introduce forme di sospensiva della stessa legge, con effetti di sistema che giudico potenzialmente assai gravi e pericolosi e non sufficientemente considerati. Si tratta di critiche già espresse e sulle quali non torno, ma che ribadisco e richiamo.

Aggiungo qualche altro elemento di lettura specifica che mi consolida nella mia posizione negativa. Intendo richiamare, in particolare, tre punti.

All’articolo 1, comma 4, si stabilisce che il parere parlamentare sui decreti legislativi "è reso dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali. Gli schemi di decreto legislativo sono esaminati rilevando se in essi non siano indicati alcuni dei princìpi fondamentali ovvero se vi siano disposizioni che abbiano un contenuto innovativo dei princìpi fondamentali (…), ovvero si riferiscano a norme vigenti che non abbiano la natura di principio fondamentale".

La domanda che intendo porre è la seguente: può la legge ordinaria vincolare l’espressione del parere da parte di una Commissione parlamentare, predisponendo già le risposte come se si trattasse di una sorta di quiz, per cui si arriva davanti alla Commissione con le crocettine da segnare?

E poi, si può ulteriormente disporre che, in relazione al parere che la Commissione esprime, "il Governo può omettere quelle disposizioni dal decreto legislativo, oppure le può modificare in conformità alle indicazioni contenute nel parere o, altrimenti, deve trasmettere ai Presidenti delle Camere e al Presidente della Commissione parlamentare per le questioni regionali una relazione nella quale sono indicate le specifiche motivazioni di difformità dal parere parlamentare"? In tal modo si introduce un principio di motivazione del decreto legislativo che veramente mi pare un unicum nel nostro sistema costituzionale.

Inoltre, all’articolo 2, comma 5, si dispone, a proposito di presentazione di proposte legislative: "A tale fine il Governo, in conformità ad accordi da definire in sede di Conferenza unificata (…), presenta al Parlamento uno o più disegni di legge (…) per il recepimento dei suddetti accordi".

Possiamo vincolare la potestà di iniziativa legislativa del Governo, riconosciuta dalla Costituzione, alla "conformità ad accordi"? Si badi, è la proposta legislativa del Governo a dover essere conforme agli accordi! E può una legge essere definita, non nel lessico politico, ma nel lessico giuridico, una legge di recepimento? Cosa accade se poi il Governo si distacca dall’accordo o se la legge non lo recepisce? Siamo palesemente di fronte a norme inutili o pericolose e incostituzionali.

All’articolo 7, comma 2, si prevede poi che l'iniziativa legislativa avvenga sulla base di accordi, con una formulazione meno lesiva, ma sempre dubbia, e si parla nuovamente di legge di recepimento.

Capisco, signor Presidente, che siamo in una fase di cambiamento e che quindi il sistema dei rapporti tra Stato e Regioni ed anche la relazione e l’interazione fra gli organi costituzionali vadano incontro ad una rilettura; però, credo che alcune coordinate tecniche fondamentali debbano essere mantenute, perché - ripeto - se non si fa così, si approvano norme o non produttive di effetti, in quanto incapaci di vincolare davvero i destinatari alla loro osservanza, o sicuramente incostituzionali.

Quindi, alle ragioni di perplessità, espresse in altra occasione, sul piano giuridico e costituzionale su questo provvedimento aggiungo quelle di questa sera, perché, ancorché questo non sia ovviamente il mio Governo (facendo parte dell’opposizione) e ancorché possa pensare oggi con una qualche fiducia che l’infelice parentesi rappresentata (non ne abbiano a male i colleghi della maggioranza) dalla permanenza in carica di questo Governo presto andrà a chiudersi, tuttavia mi sento chiamato qui in Aula a difendere le ragioni dell’istituzione Governo.

Ritengo, infatti, che stiamo commettendo degli errori tecnico-giuridici non soltanto non conformi alla Costituzione, ma tali da porre a rischio il delicatissimo equilibrio che deve esistere nel rapporto Stato-Regioni e, nell’ambito di tale rapporto, negli organi costituzionali dello Stato che assumono scelte e decisioni.

Pertanto, affido queste considerazioni alla comunità scientifica degli operatori giuridici e questa sera non parteciperò al voto in Aula. (Applausi dal Gruppo Misto-RC).

 

DEL PENNINO (Misto-PRI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DEL PENNINO (Misto-PRI). Signor Presidente, in occasione della prima lettura di questo provvedimento ebbi ad affermare che, pur rappresentando esso un passo in avanti rispetto alle confuse norme introdotte con la riforma del Titolo V, mi sembrava un provvedimento monco, perché quella riforma a mio avviso aveva più bisogno di correzioni che di norme di attuazione. Ma allora, valutando il significato del provvedimento, ebbi ad esprimere un voto favorevole.

Oggi il provvedimento torna dalla Camera con una serie di modifiche che a mio avviso peggiorano il testo che avevamo licenziato. Testo che, a mio avviso, era meno idoneo a rispondere ai problemi che la riforma del Titolo V aveva posto di quanto non fosse quello originariamente presentato dal Governo e che era stato modificato in preda ad una deriva, che ho definito pseudo-federalista, che sembra avere travolto le forze politiche di maggioranza come di opposizione.

Vi è una serie di disposizioni, per quanto riguarda la delega al Governo per il riordino delle funzioni e delle competenze degli enti locali, estremamente generica, che, anche se ho apprezzato la disponibilità del Ministro, non è stata corretta dall'accoglimento di un ordine del giorno, perché sappiamo come gli ordini del giorno abbiano scarsa rilevanza nell'iter successivo dei provvedimenti legislativi.

Vi è inoltre una serie di condizionamenti che la Camera dei deputati ha introdotto per quanto riguarda le decisioni in materia di trasferimento di risorse da parte dello Stato alle Regioni che vincolano, come ricordava poc'anzi anche il collega Villone, la sovranità del Parlamento in funzione degli accordi raggiunti al di fuori di questa sede istituzionale. In considerazione di tali modifiche fortemente peggiorative, dichiaro che non parteciperò al voto.

 

MANCINO (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANCINO (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevole Ministro, onorevoli colleghi, se il tempo ha un suo valore, ben diverso dovrebbe essere il comportamento complessivo del nostro Gruppo sul disegno di legge che l'Aula si accinge ad approvare.

Dalla data di entrata in vigore del nuovo Titolo V della Costituzione ad oggi sono trascorsi due anni e quasi niente è cambiato; le nuove norme costituzionali vanno considerate tamquam non essent.

Non c'è ancora il Senato federale e chissà quanto tempo dovrà trascorrere prima di averlo, se mai lo avremo. Il senatore Manzella, intervenuto nella seduta antimeridiana, lo daterebbe non prima del 2011, con grande sollievo per molti. Non è stata neanche integrata con i rappresentanti delle Regioni e degli enti locali, senatore Vizzini, la Commissione bicamerale per le questioni regionali. Costoro, che, secondo la maggioranza, andrebbero considerati all'atto delle votazioni diseguali rispetto al resto della composizione parlamentare di quella Commissione, hanno offerto il destro ad una disputa che, allo stato, non trova un'accettabile composizione. Le maggioranze in periferia, si assume, devono poter essere omogenee a quella nazionale e se non lo sono vanno distinte per status: una bella tesi politologica, oltre che giuridica, in tema di federalismo.

A parlarne c'è ampia ma non sempre sincera disponibilità: conservare è, del resto, sempre più comodo che innovare. L'innovazione, infatti, richiede scelte che possono anche dividere, mentre la conservazione dello status quo può essere sempre camuffata come vigilia di modifiche sul punto di essere lì lì varate.

Di autonomismo è ricca la storia del nostro riformismo.

Il tempo trascorso, cui mi sono richiamato all'inizio del mio intervento, non cancella interamente le cose buone contenute nella legge, che ci apprestiamo ad approvare, e neppure la disponibilità al confronto parlamentare da parte del ministro La Loggia, che ringrazio.

Resta, però, sullo sfondo l'utilità della raccolta dei princìpi fondamentali, visto che il Governo si appresta a chiedere la eliminazione della legislazione concorrente. Se davvero diventa arduo disciplinare nella legislazione concorrente i princìpi fondamentali e complicata la cooperazione legislativa Stato-Regioni, questa sorta di testo unico dei princìpi statali in materia di legislazione di merito delle Regioni aiuterà forse ad evitare contenzioso anche costituzionale e renderà - mi auguro - un indubbio anche se non vincolante ausilio alla produzione normativa delle istituzioni territoriali.

Naturalmente, l’auspicio, come ha osservato il senatore Manzella, è quello di collocare i princìpi fondamentali di oggi e quelli eventuali di domani sullo sfondo delle attività legislative delle Regioni e degli enti locali e di evitare di intaccare gli equilibri di fondo interistituzionali, quali desumibili dall’impianto del novellato Titolo V.

Una diversa valutazione dello stesso, tanto più quanto l’intero impianto aveva trovato nella Commissione bicamerale D’Alema largo consenso della maggioranza e dell’opposizione di ieri, avrebbe potuto evitare due diversi opposti orientamenti presenti nella maggioranza di oggi, di cui uno fa capo al ministro Bossi e l’altro all’inconfessato, anonimo allo stato, neocentralismo di ritorno.

Nessuno ha mai contestato alle Regioni la loro competenza in settori chiave, quali la sanità e la scuola; alcuni, quorum ego, ma prima di tutti l’attuale Ministro dell’interno, hanno obiettato che, maggiori o minori che fossero, a prevenire e a reprimere i reati dovessero essere soltanto le forze dell’ordine, almeno fino a quando le Regioni non avessero completato la loro organizzazione conseguente all’attuazione degli articoli 117 e 119 del nuovo Titolo V.

A nostro avviso, secondo la versione Bossi, la competenza esclusiva a favore delle Regioni nelle tre materie sopra indicate non solo fa a pugni con la riserva legislativa interamente attribuita allo Stato, alle lettere h), m) e n), ma vanifica anche ogni possibile condizionamento della legislazione regionale a indirizzi e vincoli dettati da interessi generali della Repubblica.

La legislazione esclusiva, infatti, come prevista nel secondo comma dell’attuale articolo 117, altro non è che il riconoscimento allo Stato del potere di tutela di materie altrimenti non trasferibile ad altro livello territoriale. Ma due legislazioni esclusive nella stessa materia o si elidono entrambe o sono destinate a confliggere: un sistema siffatto di potere non durerebbe comunque a lungo; sarebbe destinato a implodere con una rottura davvero irreparabile dell’intero ordinamento.

Non abbiamo difficoltà a convenire che il legislatore costituente della passata legislatura in tema di legislazione concorrente ha seguito un orientamento comune a tutti gli Stati regionali e federali: accolto addirittura nel progetto di Costituzione europea, una insistenza a rimuoverlo sarebbe in chiara controtendenza.

La preoccupazione maggiore va espressa in ordine alla divisata scelta di ripristinare un generico interesse nazionale come contenuto nel vecchio articolo 117 della Costituzione. Non escludendo la possibilità di far rivivere l’interesse nazionale come articolo a sé, resta tuttavia fermo il nostro convincimento, come diceva questa mattina il senatore Petrini, che esso debba essere ancorato a ben precise fattispecie.

Esso è, infatti, desumibile dal contesto della modifica, precisamente dalla lettera m) in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale con possibilità, in difetto, di surroga; dalla lettera n) in tema di istruzione; dall’articolo 119, in tema di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, oltre che di perequazione; dall’articolo 120, nella ipotesi di sostituzione agli organi delle Regioni e degli enti locali in caso di inerzia e di violazione di norme comunitarie; ancora, dallo stesso articolo 120 a fini di tutela dell’unità giuridica ed economica del Paese.

Lasciato invece indeterminato, l’interesse nazionale potrebbe essere fatto valere in ogni materia, anche esclusiva, e in qualunque momento; un ritorno, insomma, al centralismo statale foriero di conflitti permanenti tra Stato e Regioni e causa di continua indeterminatezza.

Le ombre che si addensano sul disegno di legge di attuazione, tuttavia, non autorizzano il Gruppo della Margherita a rivedere la posizione di partenza, che, seppure con accenti molto critici, fu e resta favorevole. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).

 

VIZZINI (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VIZZINI (FI). Signor Presidente, onorevoli rappresentati del Governo, colleghi, credo che nessuno possa contestare al senatore Villone il diritto di nutrire la fiducia che questo Governo rappresenti un episodio limitato nel tempo e nello spazio, ma io, correttamente, ho l’obbligo di informarlo che la sua fiducia è mal riposta. Questo Governo durerà infatti per tutta la legislatura, cioè per altri tre anni; poi decideranno gli elettori se vorranno proseguire questa esperienza o no.

Detto questo, ho però preso la parola per esprimere il voto favorevole dei senatori del Gruppo di Forza Italia sul provvedimento in esame, ringraziando il ministro per gli affari regionali, senatore La Loggia, per il lavoro svolto e per la correttezza istituzionale dimostrata nello svolgerlo.

Questo è il disegno di legge di attuazione di una modifica del Titolo V della Costituzione che la parte politica che oggi rappresento qui non ha votato, anzi ha avversato nelle Aule parlamentari nel corso della passata legislatura. Devo dire che la solerzia con cui il Governo e il Ministro per gli affari regionali hanno portato avanti questo disegno di legge che dà attuazione alla riforma del Titolo V, sia pure nei limiti consentiti allo stato (poi vedremo perché), è una dimostrazione di correttezza istituzionale.

Mi si dirà che ciò rientra nella logica della correttezza che tutti dobbiamo avere, ma la storia di questo Paese dimostra che le cose non sono andate sempre così e che coloro che hanno remato contro il processo di attuazione del decentramento prima e del federalismo poi sono stati giocatori silenziosi, che proprio affossando le riforme e la loro realizzazione hanno portato il Paese a non conseguire un’attuazione della Costituzione fino a questa data.

Quindi, stiamo andando avanti in questa direzione con un provvedimento che è stato ampiamente dibattuto, che ha ricevuto critiche ma soprattutto condivisioni da tutte le forze politiche e che oggi passa in un clima che non è quello nel quale normalmente si approvano in Aula i provvedimenti di legge. Questo è il segno dell’azione positiva che anche i Gruppi parlamentari hanno portato avanti nell’emendare e approvare il disegno di legge.

Certo, esso non affronta alcune materie delle quali non poteva occuparsi. Un disegno di legge che deve disciplinare una riforma del Titolo V, con un elenco non indifferente di competenze concorrenti, non può affrontare e risolvere il tema di un’altra riforma costituzionale, quello cioè di una Camera che diventi stanza di compensazione di tutte le vicende che nascono dalla gestione delle competenze concorrenti, che nella situazione attuale vengono affidate, nell’ipotesi di un contenzioso, alla giurisdizione, facendo della Corte costituzionale un organo che finisce per svolgere un ruolo di supplenza di quello che in tutti i federalismi è invece un compito svolto da un apposito ramo del Parlamento che della materia si occupa.

Bisognerà provvedere a questo; non faccio riferimento alla Commissione che ho l’onore di presiedere, per non porre qui io il tema del ruolo che essa potrebbe in questa fase avere. Debbo ragionevolmente dire che, ammesso che volessimo fare presto, la riforma di un ramo del Parlamento potrebbe essere approvata, se tutto va bene, entro la fine di questa legislatura per entrare in vigore nella prossima e che certamente, considerate le questioni che abbiamo di fronte, se vogliamo creare certezza del diritto per tutti gli imprenditori che investono nell’applicazione di leggi, che poi possono essere dichiarate decadute o nulle dalla Corte costituzionale, occorre che ci occupiamo nel più breve tempo possibile della materia.

L’altro pilastro del federalismo che non poteva essere presente in questo disegno di legge, e che è stato qui citato, è quello fiscale. Badate bene, condivido l’impostazione dell’articolo 119 della Costituzione, così com’è stato riscritto; però, debbo dire francamente che l’ipotesi di un vero federalismo fiscale non passa per un nuovo metodo di trasferimento delle risorse, ma per la destrutturazione di un sistema tributario e il suo rifacimento in funzione federale. Altri Paesi, che sono federalisti da lunghissimo tempo, hanno incontrato grandi difficoltà nel formare e utilizzare i fondi di perequazione e le altre provvidenze previste per le aree più svantaggiate dallo stesso articolo 119.

La strada seguita dal Governo è stata quella di istituire con la scorsa legge finanziaria l'Alta Commissione, che è un organo di consulenza al Governo, che si è insediata, che ha avviato i propri lavori e che ha insediato il Comitato tecnico-scientifico proprio nella giornata di ieri, se le mie informazioni sono esatte. Tuttavia, non ci nascondiamo il problema, che consiste nel fatto che non sarà facile, né rapidissimo, poter arrivare ad una forma di federalismo fiscale che non sia solo finanza da trasferimento, ma che trovi margini per un'autonomia finanziaria degli enti locali, delle Regioni, dei Comuni e delle Province, in un quadro complessivo di pressione tributaria che, ovviamente, non può assolutamente crescere rispetto agli impegni che il Governo ha assunto.

Detto questo, mi pare che invece vengano disciplinate nel disegno di legge che stiamo per approvare in via definitiva tutta una serie di problematiche, che consentiranno al Governo e al Parlamento, ma anche alle Regioni, alle Province, ai Comuni, di assumere in modo più pregnante la fisionomia che lo Stato si è dato con la concezione del Titolo V. Tutto questo avviene in un contesto di dialettica aperta tra i Gruppi; non di scontro, ma di cooperazione, per cercare di trovare il sistema migliore.

Non deve impressionare che il Governo abbia al contempo avviato un'operazione di restyling del Titolo V e non deve impressionare che si sia partiti con un percorso che vuol essere il più coinvolgente possibile. Non c'è un disegno di legge all'attenzione del Parlamento, e non c'è per la semplice ragione che il Governo, prima di riapprovarlo in Consiglio dei ministri e di portarlo in Parlamento, ha aperto il confronto con la Conferenza Stato-Regioni, con la partecipazione delle associazioni dei comuni, dell'Unione delle Province. Il percorso parlamentare - questo credo di poterlo dire per quanto riguarda il Gruppo di Forza Italia - sarà per noi un percorso aperto al contributo di tutte le forze politiche che vogliono ragionare insieme di questo restyling del Titolo V, per semplificare, per cercare di eliminare cose che sono state fatte anche con la fretta di una legislatura che finiva, ma puntando dritti verso il concetto di federalismo solidale, quello che tutti diciamo di volere nel nostro Paese.

Questo è quanto volevo dire a nome del Gruppo Forza Italia e con questi auspici e con queste valutazioni esprimo il nostro voto favorevole, convinto che con l'approvazione di questo disegno di legge abbiamo fatto finalmente un passo avanti, dopo troppo parlare, nell'operare concretamente a favore di un'organizzazione federale dello Stato e che questo sarà un fatto positivo per l'evoluzione delle vicende istituzionali del nostro Paese. (Applausi dai Gruppi FI, AN, UDC e LP).

 

PRESIDENTE. Metto ai voti il disegno di legge nel suo complesso.

 

È approvato.

(…)

La seduta è tolta (ore 19,54).

 

Allegato A

Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (1545-B)

 

ARTICOLO 1 NEL TESTO APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI

ART. 1.

 

Approvato

(Attuazione dell’articolo 117, primo e terzo comma, della Costituzione, in materia di legislazione regionale)

1. Costituiscono vincoli alla potestà legislativa dello Stato e delle Regioni, ai sensi dell’articolo 117, primo comma, della Costituzione, quelli derivanti dalle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, di cui all’articolo 10 della Costituzione, da accordi di reciproca limitazione della sovranità, di cui all’articolo 11 della Costituzione, dall’ordinamento comunitario e dai trattati internazionali.

2. Le disposizioni normative statali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla legislazione regionale continuano ad applicarsi, in ciascuna Regione, fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regionali in materia, fermo quanto previsto al comma 3, fatti salvi gli effetti di eventuali pronunce della Corte costituzionale. Le disposizioni normative regionali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla legislazione esclusiva statale continuano ad applicarsi fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni statali in materia, fatti salvi gli effetti di eventuali pronunce della Corte costituzionale.

3. Nelle materie appartenenti alla legislazione concorrente, le Regioni esercitano la potestà legislativa nell’ambito dei princìpi fondamentali espressamente determinati dallo Stato o, in difetto, quali desumibili dalle leggi statali vigenti.

4. In sede di prima applicazione, per orientare l’iniziativa legislativa dello Stato e delle Regioni fino all’entrata in vigore delle leggi con le quali il Parlamento definirà i nuovi princìpi fondamentali, il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con i Ministri interessati, uno o più decreti legislativi meramente ricognitivi dei princìpi fondamentali che si traggono dalle leggi vigenti, nelle materie previste dall’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, attenendosi ai princìpi della esclusività, adeguatezza, chiarezza, proporzionalità ed omogeneità. Gli schemi dei decreti, dopo l’acquisizione del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata: "Conferenza Stato-Regioni", sono trasmessi alle Camere per l’acquisizione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, compreso quello della Commissione parlamentare per le questioni regionali, da rendersi entro sessanta giorni dall’assegnazione alle Commissioni medesime. Acquisiti tali pareri, il Governo ritrasmette i testi, con le proprie osservazioni e con le eventuali modificazioni, alla Conferenza Stato-Regioni ed alle Camere per il parere definitivo, da rendersi, rispettivamente, entro trenta e sessanta giorni dalla trasmissione dei testi medesimi. Il parere parlamentare definitivo è reso dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali. Gli schemi di decreto legislativo sono esaminati rilevando se in essi non siano indicati alcuni dei princìpi fondamentali ovvero se vi siano disposizioni che abbiano un contenuto innovativo dei princìpi fondamentali, e non meramente ricognitivo ai sensi del presente comma, ovvero si riferiscano a norme vigenti che non abbiano la natura di principio fondamentale. In tal caso il Governo può omettere quelle disposizioni dal decreto legislativo, oppure le può modificare in conformità alle indicazioni contenute nel parere o, altrimenti, deve trasmettere ai Presidenti delle Camere e al Presidente della Commissione parlamentare per le questioni regionali una relazione nella quale sono indicate le specifiche motivazioni di difformità dal parere parlamentare.

5. Nei decreti legislativi di cui al comma 4, sempre a titolo di mera ricognizione, possono essere individuate le disposizioni che riguardano le stesse materie ma che rientrano nella competenza esclusiva dello Stato a norma dell’articolo 117, secondo comma, della Costituzione.

6. Nella predisposizione dei decreti legislativi di cui al comma 4, il Governo si attiene ai seguenti criteri direttivi:

 

a) individuazione dei princìpi fondamentali per settori organici della materia in base a criteri oggettivi desumibili dal complesso delle funzioni e da quelle affini, presupposte, strumentali e complementari, e in modo da salvaguardare la potestà legislativa riconosciuta alle Regioni ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione;

 

b) considerazione prioritaria, ai fini dell’individuazione dei princìpi fondamentali, delle disposizioni statali rilevanti per garantire l’unità giuridica ed economica, la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, il rispetto delle norme e dei trattati internazionali e della normativa comunitaria, la tutela dell’incolumità e della sicurezza pubblica, nonché il rispetto dei princìpi generali in materia di procedimenti amministrativi e di atti concessori o autorizzatori;

 

c) considerazione prioritaria del nuovo sistema di rapporti istituzionali derivante dagli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione;

 

d) considerazione prioritaria degli obiettivi generali assegnati dall’articolo 51, primo comma, e dall’articolo 117, settimo comma, della Costituzione, alla legislazione regionale;

 

e) coordinamento formale delle disposizioni di principio e loro eventuale semplificazione.

 

EMENDAMENTO

 

1.100

DEL PENNINO

 

Respinto

Al comma 1, aggiungere, in fine, le parole: "ratificati a seguito di legge di autorizzazione".

 

ARTICOLO 2 INTRODOTTO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI

ART. 2.

 

Approvato

(Delega al Governo per l’attuazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione e per l’adeguamento delle disposizioni in materia di enti locali alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri per gli affari regionali, per le riforme istituzionali e la devoluzione e dell’economia e delle finanze, uno o più decreti legislativi diretti alla individuazione delle funzioni fondamentali, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, essenziali per il funzionamento di Comuni, Province e Città metropolitane nonchè per il soddisfacimento di bisogni primari delle comunità di riferimento.

2. Con i decreti legislativi di cui al comma 1, si provvede, altresì, nell’ambito della competenza legislativa dello Stato, alla revisione delle disposizioni in materia di enti locali, per adeguarle alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

3. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1, dopo l’acquisizione dei pareri del Consiglio di Stato e della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, di seguito denominata "Conferenza unificata", da rendere entro trenta giorni dalla trasmissione degli schemi medesimi, sono trasmessi alle Camere per l’acquisizione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, da rendere entro quarantacinque giorni dall’assegnazione alle Commissioni medesime. Acquisiti tali pareri, il Governo ritrasmette i testi, con le proprie osservazioni e con le eventuali modificazioni, alla Conferenza unificata e alle Camere per il parere definitivo, da rendere, rispettivamente, entro trenta e quarantacinque giorni dalla trasmissione dei testi medesimi.

4. Nell’attuazione della delega di cui ai commi 1 e 2, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

a) garantire il rispetto delle competenze legislative dello Stato e delle Regioni, l’autonomia e le competenze costituzionali degli enti territoriali ai sensi degli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione, nonchè la valorizzazione delle potestà statutaria e regolamentare dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane;

 

b) individuare le funzioni fondamentali dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane in modo da prevedere, anche al fine della tenuta e della coesione dell’ordinamento della Repubblica, per ciascun livello di governo locale, la titolarità di funzioni connaturate alle caratteristiche proprie di ciascun tipo di ente, essenziali e imprescindibili per il funzionamento dell’ente e per il soddisfacimento di bisogni primari delle comunità di riferimento, tenuto conto, in via prioritaria, per Comuni e Province, delle funzioni storicamente svolte;

 

c) valorizzare i princìpi di sussidiarietà, di adeguatezza e di differenziazione nella allocazione delle funzioni fondamentali in modo da assicurarne l’esercizio da parte del livello di ente locale che, per le caratteristiche dimensionali e strutturali, ne garantisca l’ottimale gestione anche mediante l’indicazione dei criteri per la gestione associata tra i Comuni;

 

d) prevedere strumenti che garantiscano il rispetto del principio di leale collaborazione tra i diversi livelli di governo locale nello svolgimento delle funzioni fondamentali che richiedono per il loro esercizio la partecipazione di più enti, allo scopo individuando specifiche forme di consultazione e di raccordo tra enti locali, Regioni e Stato;

 

e) attribuire all’autonomia statutaria degli enti locali la potestà di individuare sistemi di controllo interno, al fine di garantire il funzionamento dell’ente, secondo criteri di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa, nonché forme e modalità di intervento, secondo criteri di neutralità, di sussidiarietà e di adeguatezza, nei casi previsti dagli articoli 141, commi 2 e 8, 193, comma 4, 243, comma 6, lettera b), 247 e 251 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

 

f) prevedere una disciplina di princìpi fondamentali idonea a garantire un ordinamento finanziario e contabile degli enti locali che consenta, sulla base di parametri obiettivi e uniformi, la rilevazione delle situazioni economiche e finanziarie degli enti locali ai fini della attivazione degli interventi previsti dall’articolo 119, terzo e quinto comma, della Costituzione, anche tenendo conto delle indicazioni dell’Alta Commissione di studio di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), della legge 27 dicembre 2002, n. 289;

 

g) procedere alla revisione delle disposizioni legislative sugli enti locali, comprese quelle contenute nel testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, limitatamente alle norme che contrastano con il sistema costituzionale degli enti locali definito dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, attraverso la modificazione, l’integrazione, la soppressione e il coordinamento formale delle disposizioni vigenti, anche al fine di assicurare la coerenza sistematica della normativa, l’aggiornamento e la semplificazione del linguaggio normativo;

 

h) adeguare i procedimenti di istituzione della Città metropolitana al disposto dell’articolo 114 della Costituzione, fermo restando il principio di partecipazione degli enti e delle popolazioni interessati;

 

i) individuare e disciplinare gli organi di governo delle Città metropolitane e il relativo sistema elettorale, secondo criteri di rappresentatività e democraticità che favoriscano la formazione di maggioranze stabili e assicurino la rappresentanza delle minoranze, anche tenendo conto di quanto stabilito per i Comuni e le Province;

 

l) definire la disciplina dei casi di ineleggibilità, di incompatibilità e di incandidabilità alle cariche elettive delle Città metropolitane anche tenendo conto di quanto stabilito in materia per gli amministratori di Comuni e Province;

 

m) mantenere ferme le disposizioni in vigore relative al controllo sugli organi degli enti locali, alla vigilanza sui servizi di competenza statale attribuiti al sindaco quale ufficiale del Governo, nonchè, fatta salva la polizia amministrativa locale, ai procedimenti preordinati alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica nonchè le disposizioni volte ad assicurare la conformità dell’attività amministrativa alla legge, allo statuto e ai regolamenti;

 

n) valorizzare le forme associative anche per la gestione dei servizi di competenza statale affidati ai comuni;

 

o) garantire il rispetto delle attribuzioni degli enti di autonomia funzionale;

 

p) indicare espressamente sia le norme implicitamente abrogate per effetto dell’entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, sia quelle anche implicitamente abrogate da successive disposizioni;

 

q) rispettare i princìpi desumibili dalla giurisprudenza costituzionale e fare salve le competenze spettanti alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano.

5. La decorrenza dell’esercizio delle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane che, a seguito dell’adozione dei decreti legislativi di cui al comma 1, sono attribuite ad un ente diverso da quello che le esercita alla data di entrata in vigore dei medesimi decreti legislativi, è stabilita dalle leggi che determinano i beni e le risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire. A tale fine il Governo, in conformità ad accordi da definire in sede di Conferenza unificata, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri per gli affari regionali, per le riforme istituzionali e la devoluzione e dell’economia e delle finanze, sentiti i Ministri interessati, presenta al Parlamento uno o più disegni di legge collegati, ai sensi dell’articolo 3, comma 4, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, alla manovra finanziaria annuale, per il recepimento dei suddetti accordi. Ciascuno dei predetti disegni di legge è corredato della relazione tecnica con l’indicazione della quantificazione e della ripartizione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative, ai fini della valutazione della congruità tra i trasferimenti e gli oneri conseguenti all’espletamento delle funzioni conferite. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano fino alla data di entrata in vigore delle norme concernenti il nuovo sistema finanziario in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione.

6. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può emanare, nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi indicati al comma 4, disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi.

7. I provvedimenti collegati di cui al comma 5 non possono comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

EMENDAMENTI

 

2.100

SODANO TOMMASO, MALABARBA

 

Respinto

Sopprimere l’articolo.

2.101

STIFFONI

 

Ritirato

Al comma 4, lettera b), sostituire le parole: "la titolarità di funzioni connaturate" con le seguenti: "la titolarità di un nucleo di funzioni tra quelle attribuite, connaturate".

 

2.102

DEL PENNINO, PIZZINATO, ZORZOLI

 

Ritirato e trasformato, congiuntamente all'em. 2.104, nell'odg G2.106

Al comma 4, lettera b), aggiungere, in fine, le parole: "nei casi in cui non sia istituita la città metropolitana".

 

2.103

DEL PENNINO

 

Ritirato

Al comma 4, sopprimere le lettere h), i).

 

2.104

DEL PENNINO, PIZZINATO, ZORZOLI

 

Ritirato e trasformato, congiuntamente all'em. 2.102, nell'odg G2.106

Al comma 4, sostituire la lettera h), con la seguente:

"h) adeguare i procedimenti di istituzione della Città metropolitana al disposto dell’articolo 114 della Costituzione, nel rispetto del principio di partecipazione degli enti e delle popolazioni interessate, riformando gli articoli 22, 23, 24, 25 e 26 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per prevedere l’istituzione obbligatoria della città metropolitana almeno per le aree in cui i comuni capoluogo abbiano una popolazione residente superiore a 800.000 abitanti, stabilendo che la Città metropolitana sostituisce, nelle aree in cui è istituita, la provincia e che nel suo ambito il comune capoluogo è scorporato e sostituito da una pluralità di comuni di dimensione omogenea, tenendo conto dei quartieri tradizionali e delle circoscrizioni di decentramento".

 

ORDINI DEL GIORNO

 

G2.100

STIFFONI, PIROVANO, MORO, TIRELLI, PERUZZOTTI, MONTI, VANZO, FRANCO PAOLO

 

V. testo 2

Il Senato,

esaminato il disegno di legge n. 1545-B,

considerato che l’articolo 2 del disegno di legge reca disposizioni di delega concernenti le funzioni fondamentali degli enti locali, in attuazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione e per l’adeguamento delle disposizioni in materia di enti locali alla legge costituzionale 18 ottobre 2001;

rilevato che la competenza legislativa statale, in base al richiamato articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, risulta limitata alle sole "funzioni fondamentali" degli enti;

sottolineato che le funzioni fondamentali, come tali, non possono esaurire il complesso di tutte le funzioni esercitate dagli enti locali e che, pertanto, un’interpretazione conforme a Costituzione delle disposizioni di delega contenute nell’articolo 2 del disegno di legge richiede di individuare un nucleo di funzioni tra quelle attribuite agli enti locali, effettuando una ragionevole selezione nell’ambito di tutte le funzioni a tali enti attribuite;

sottolineato che, secondo un corretto riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni, per le altre funzioni (quelle non fondamentali) deve essere garantita la competenza legislativa regionale di carattere residuale, di cui all’articolo 117, quarto comma, della Costituzione,

impegna il Governo:

ad assicurare, nell’attuazione della delega concernente le funzioni fondamentali degli enti locali in attuazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, la piena corrispondenza con i princìpi costituzionali richiamati, selezionando le funzioni fondamentali degli enti locali, con l’individuazione di un nucleo di funzioni significative, tra quelle già attribuite agli stessi enti locali;

a garantire, conseguentemente, il rispetto della competenza legislativa di carattere residuale, riconosciuta dalla Costituzione alle Regioni, per le altre funzioni degli enti locali, non ricomprese tra quelle fondamentali.

 

G2.100 (testo 2)

STIFFONI, PIROVANO, MORO, TIRELLI, PERUZZOTTI, MONTI, VANZO, FRANCO PAOLO

 

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

esaminato il disegno di legge n. 1545-B,

considerato che l’articolo 2 del disegno di legge reca disposizioni di delega concernenti le funzioni fondamentali degli enti locali, in attuazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione e per l’adeguamento delle disposizioni in materia di enti locali alla legge costituzionale 18 ottobre 2001;

rilevato che la competenza legislativa statale, in tale materia, in base al richiamato articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, risulta limitata alle sole "funzioni fondamentali" degli enti;

sottolineato che le funzioni fondamentali, come tali, non possono esaurire il complesso di tutte le funzioni esercitate dagli enti locali e che, pertanto, un’interpretazione conforme a Costituzione delle disposizioni di delega contenute nell’articolo 2 del disegno di legge richiede di individuare un nucleo di funzioni fondamentali;

sottolineato che, secondo un corretto riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni, per le altre funzioni (quelle non fondamentali) deve essere garantita la competenza legislativa regionale di carattere residuale, di cui all’articolo 117, quarto comma, della Costituzione,

impegna il Governo:

ad assicurare, nell’attuazione della delega concernente le funzioni fondamentali degli enti locali in attuazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, la piena corrispondenza con i princìpi costituzionali richiamati, selezionando le funzioni fondamentali degli enti locali, con l’individuazione di un nucleo di funzioni essenziali per il funzionamento degli enti locali e per il soddisfacimento dei bisogni primari delle rispettive collettività;

a garantire, conseguentemente, il rispetto della competenza legislativa di carattere residuale, riconosciuta dalla Costituzione alle Regioni, per le altre funzioni degli enti locali, non ricomprese tra quelle fondamentali.

________________

(*) Accolto dal Governo

 

G2.101

LA COMMISSIONE

 

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

nel procedere all’esame del disegno di legge n. 1545-B recante "Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3";

in relazione alla delega al Governo contenuta nell’articolo 2 del disegno di legge, e in particolare della lettera m) del secondo comma del medesimo articolo 2,

impegna il Governo:

a tener conto che le disposizioni in vigore relative al controllo sugli enti locali che dovranno essere "mantenute ferme" sono esclusivamente quelle rimaste in vigore dopo l’avvenuta abrogazione dei previgenti articoli 125 e 130 della Costituzione e dunque ad evitare la reintroduzione di controlli preventivi esterni sulla legittimità degli atti amministrativi degli enti locali.

________________

(*) Accolto dal Governo

 

G2.102

BASSANINI, VITALI, VILLONE, BATTISTI

 

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

nel procedere all’esame del disegno di legge n. 1545-B recante "Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3";

in relazione alla delega al Governo contenuta nell’articolo 2 del disegno di legge, e in particolare della lettera m) del secondo comma del medesimo articolo 2,

impegna il Governo:

a tener conto che le disposizioni in vigore relative al controllo sugli enti locali che dovranno essere "mantenute ferme" sono esclusivamente quelle rimaste in vigore dopo l’avvenuta abrogazione dei previgenti articoli 125 e 130 della Costituzione e dunque ad evitare la reintroduzione di controlli preventivi esterni sulla legittimità degli atti amministrativi degli enti locali.

________________

(*) Accolto dal Governo

 

G2.103 (testo 2)

BASSANINI, VILLONE, VITALI

 

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

tenuto anche conto del protocollo sottoscritto il 20 marzo 2003 a Cagliari dai rappresentanti di tutte le Regioni Speciali e Province Autonome e delle Associazioni delle Istituzioni locali operanti nell’ambito di tali Regioni,

impegna il Governo:

in sede di esercizio della delega di cui all’articolo 2 e di attuazione di quanto previsto dagli articoli 7 e 11 del disegno di legge in esame;

 

a favorire, per quanto di competenza, le forme più ampie di autonomia riconosciute in base alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 anche agli enti locali ricompresi nelle Regioni Speciali e Province Autonome di Trento e Bolzano, in sintonia con i princìpi sanciti dall’articolo 5 della Costituzione e con il principio di leale collaborazione.

________________

(*) Accolto dal Governo con le parole evidenziate che sostituiscono le altre: "ad applicare"

 

G2.104

CREMA, MARINI, DEL TURCO, MANIERI, LABELLARTE, CASILLO

 

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

premesso che:

l’articolo 10 della legge costituzionale n. 3/2001 garantisce forme più ampie di autonomia da riconoscere nelle Regioni a Statuto speciale e nelle province autonome di Bolzano e Trento, alle Regioni e province autonome stesse, nonchè ai Comuni alle province e alle Città metropolitane;

è stata raggiunta e sottoscritta una intesa istituzionale tra i Presidenti delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Bolzano e Trento e i Presidenti delle Associazioni rappresentative degli Enti locali tesa ad affermare ed ad attuare il principio di pari dignità istituzionale tra tutti gli Enti territoriali nel rispetto delle attribuzioni ad essi conferite in particolare, dagli articoli 117, 118 e 119 della Costituzione,

impegna il Governo:

a favorire, in ogni sede, il confronto con gli Enti territoriali per garantire la piena attuazione dell’articolo 10 della legge costituzionale n. 3/2001 nonchè l’attuazione del principio di pari dignità istituzionale tra tutte le autonomie territoriali e del principio di leale collaborazione nelle Regioni a Statuto speciale e nelle Province autonome di Bolzano e Trento.

________________

(*) Accolto dal Governo

 

G2.105

MUZIO, MARINO, PAGLIARULO

 

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

premesso che:

l’articolo 10 della legge costituzionale n. 3/2001 garantisce forme più ampie di autonomia da riconoscere nelle Regioni a Statuto speciale e nelle Province autonome di Bolzano e Trento, alle Regioni e Province autonome stesse, nonché ai Comuni, alle Province e alle Città metropolitane;

è stata raggiunta e sottoscritta una intesa istituzionale tra i Presidenti delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Bolzano e Trento e i Presidenti delle Associazioni rappresentative degli Enti locali tesa ad affermare e ad attuare il principio di pari dignità istituzionale tra tutti gli Enti territoriali nel rispetto delle attribuzioni ad essi conferite in particolare, dagli articoli 117, 118 e 119 della Costituzione,

impegna il Governo:

a favorire, in ogni sede, il confronto con gli Enti territoriali per garantire la piena attuazione dell’articolo 10 della legge costituzionale n. 3/2001 nonché l’attuazione del principio di pari dignità istituzionale tra tutte le autonomie territoriali e del principio di leale collaborazione nelle Regioni a Statuto speciale e nelle Province autonome di Bolzano e Trento.

________________

(*) Accolto dal Governo

 

G.2.106 (già emm. 2.102 e 2.104)

DEL PENNINO, PIZZINATO, ZORZOLI

 

V. testo 2

Il Senato,

impegna il Governo,

nell'esercizio della delega relativa alla revisione delle disposizioni in materia di enti locali, a prevedere l'istituzione obbligatoria della Città metropolitana almeno per le aree i cui Comuni capoluogo abbiano una popolazione residente superiore agli ottocentomila abitanti, stabilendo che la Città metropolitana sostituisca nelle aree in cui è istituita la Provincia, ed affidando alle Regioni il compito di garantire che i Comuni che fanno parte della Città metropolitana abbiano una dimensione territoriale e demografica tra loro omogenea.

 

G.2.106 (già emm. 2.102 e 2.104) (testo 2)

DEL PENNINO, PIZZINATO, ZORZOLI

 

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

impegna il Governo,

nell'esercizio della delega relativa alla revisione delle disposizioni in materia di enti locali, a studiare le modalità di istituzione della Città metropolitana almeno per alcune aree i cui Comuni capoluogo abbiano una popolazione residente superiore ad un determinato numero di abitanti, evitando il moltiplicarsi di livelli di Governo.

________________

(*) Accolto dal Governo come raccomandazione

 

ARTICOLO 3 NEL TESTO APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI

ART. 3.

 

Approvato

(Testi unici delle disposizioni legislative vigenti non aventi carattere di principio fondamentale nelle materie di legislazione concorrente)

1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 1, comma 2, primo periodo, il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all’articolo 1, uno o più decreti legislativi al fine di raccogliere in testi unici meramente compilativi le disposizioni legislative residue, per ambiti omogenei nelle materie di legislazione concorrente, apportandovi le sole modifiche, di carattere esclusivamente formale, necessarie ad assicurarne il coordinamento nonché la coerenza terminologica.

2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1, dopo l’acquisizione del parere della Conferenza Stato-Regioni, sono trasmessi alle Camere per il parere delle competenti Commissioni parlamentari e della Commissione parlamentare per le questioni regionali. Decorsi trenta giorni dall’assegnazione, i decreti legislativi possono essere emanati anche in mancanza del parere parlamentare.

 

EMENDAMENTO

 

3.100

DEL PENNINO

 

Respinto

Al comma 1, sopprimere la parola: "meramente".

 

ARTICOLO 4 NEL TESTO APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI

ART. 4.

 

Approvato

(Attuazione dell’articolo 114, secondo comma, e dell’articolo 117, sesto comma, della Costituzione in materia di potestà normativa degli enti locali)

1. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà normativa secondo i princìpi fissati dalla Costituzione. La potestà normativa consiste nella potestà statutaria e in quella regolamentare.

2. Lo statuto, in armonia con la Costituzione e con i princìpi generali in materia di organizzazione pubblica, nel rispetto di quanto stabilito dalla legge statale in attuazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, stabilisce i princìpi di organizzazione e funzionamento dell’ente, le forme di controllo, anche sostitutivo, nonché le garanzie delle minoranze e le forme di partecipazione popolare.

3. L’organizzazione degli enti locali è disciplinata dai regolamenti nel rispetto delle norme statutarie.

4. La disciplina dell’organizzazione, dello svolgimento e della gestione delle funzioni dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane è riservata alla potestà regolamentare dell’ente locale, nell’ambito della legislazione dello Stato o della Regione, che ne assicura i requisiti minimi di uniformità, secondo le rispettive competenze, conformemente a quanto previsto dagli articoli 114, 117, sesto comma, e 118 della Costituzione.

5. Il potere normativo è esercitato anche dalle unioni di Comuni, dalle Comunità montane e isolane.

6. Fino all’adozione dei regolamenti degli enti locali, si applicano le vigenti norme statali e regionali, fermo restando quanto previsto dal presente articolo.

 

EMENDAMENTO

 

4.100

DEL PENNINO

 

Ritirato

Al comma 5, dopo le parole: "il potere normativo" aggiungere le seguenti: "di cui al primo comma del presente articolo".

 

ARTICOLO 5 NEL TESTO APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI

ART. 5.

 

Approvato

(Attuazione dell’articolo 117, quinto comma, della Costituzione sulla partecipazione delle regioni in materia comunitaria)

1. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concorrono direttamente, nelle materie di loro competenza legislativa, alla formazione degli atti comunitari, partecipando, nell’ambito delle delegazioni del Governo, alle attività del Consiglio e dei gruppi di lavoro e dei comitati del Consiglio e della Commissione europea, secondo modalità da concordare in sede di Conferenza Stato-Regioni che tengano conto della particolarità delle autonomie speciali e, comunque, garantendo l’unitarietà della rappresentazione della posizione italiana da parte del Capo delegazione designato dal Governo. Nelle delegazioni del Governo deve essere prevista la partecipazione di almeno un rappresentante delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano. Nelle materie che spettano alle Regioni ai sensi dell’articolo 117, quarto comma, della Costituzione, il Capo delegazione, che può essere anche un Presidente di Giunta regionale o di Provincia autonoma, è designato dal Governo sulla base di criteri e procedure determinati con un accordo generale di cooperazione tra Governo, Regioni a statuto ordinario e a statuto speciale stipulato in sede di Conferenza Stato-Regioni. In attesa o in mancanza di tale accordo, il Capo delegazione è designato dal Governo. Dall’attuazione del presente articolo non possono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

2. Nelle materie di competenza legislativa delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, il Governo può proporre ricorso dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee avverso gli atti normativi comunitari ritenuti illegittimi anche su richiesta di una delle Regioni o delle Province autonome. Il Governo è tenuto a proporre tale ricorso qualora esso sia richiesto dalla Conferenza Stato-Regioni a maggioranza assoluta delle Regioni e delle Province autonome.

 

EMENDAMENTO

 

5.100

DEL PENNINO

 

Ritirato

Al comma 1, sopprimere le parole: "che può essere anche un presidente di giunta regionale o di provincia autonoma".

 

ARTICOLI 6 E 7 NEL TESTO APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI

ART. 6.

 

Approvato

(Attuazione dell’articolo 117, quinto e nono comma, della Costituzione sull’attività internazionale delle regioni)

1. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, provvedono direttamente all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali ratificati, dandone preventiva comunicazione al Ministero degli affari esteri ed alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, i quali, nei successivi trenta giorni dal relativo ricevimento, possono formulare criteri e osservazioni. In caso di inadempienza, ferma restando la responsabilità delle Regioni verso lo Stato, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 8, commi 1, 4 e 5, in quanto compatibili.

2. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, possono concludere, con enti territoriali interni ad altro Stato, intese dirette a favorire il loro sviluppo economico, sociale e culturale, nonché a realizzare attività di mero rilievo internazionale, dandone comunicazione prima della firma alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali ed al Ministero degli affari esteri, ai fini delle eventuali osservazioni di questi ultimi e dei Ministeri competenti, da far pervenire a cura del Dipartimento medesimo entro i successivi trenta giorni, decorsi i quali le Regioni e le Province autonome possono sottoscrivere l’intesa. Con gli atti relativi alle attività sopra indicate, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano non possono esprimere valutazioni relative alla politica estera dello Stato, né possono assumere impegni dai quali derivino obblighi od oneri finanziari per lo Stato o che ledano gli interessi degli altri soggetti di cui all’articolo 114, primo comma, della Costituzione.

3. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, possono, altresì, concludere con altri Stati accordi esecutivi ed applicativi di accordi internazionali regolarmente entrati in vigore, o accordi di natura tecnico-amministrativa, o accordi di natura programmatica finalizzati a favorire il loro sviluppo economico, sociale e culturale, nel rispetto della Costituzione, dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario, dagli obblighi internazionali e dalle linee e dagli indirizzi di politica estera italiana, nonché, nelle materie di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, dei princìpi fondamentali dettati dalle leggi dello Stato. A tale fine ogni Regione o Provincia autonoma dà tempestiva comunicazione delle trattative al Ministero degli affari esteri ed alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, che ne danno a loro volta comunicazione ai Ministeri competenti. Il Ministero degli affari esteri può indicare princìpi e criteri da seguire nella conduzione dei negoziati; qualora questi ultimi si svolgano all’estero, le competenti rappresentanze diplomatiche e i competenti uffici consolari italiani, previa intesa con la Regione o con la Provincia autonoma, collaborano alla conduzione delle trattative. La Regione o la Provincia autonoma, prima di sottoscrivere l’accordo, comunica il relativo progetto al Ministero degli affari esteri, il quale, sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, ed accertata l’opportunità politica e la legittimità dell’accordo, ai sensi del presente comma, conferisce i pieni poteri di firma previsti dalle norme del diritto internazionale generale e dalla Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio 1969, ratificata ai sensi della legge 12 febbraio 1974, n. 112. Gli accordi sottoscritti in assenza del conferimento di pieni poteri sono nulli.

4. Agli accordi stipulati dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano è data pubblicità in base alla legislazione vigente.

5. Il Ministro degli affari esteri può, in qualsiasi momento, rappresentare alla Regione o alla Provincia autonoma interessata questioni di opportunità inerenti alle attività di cui ai commi da 1 a 3 e derivanti dalle scelte e dagli indirizzi di politica estera dello Stato e, in caso di dissenso, sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, chiedere che la questione sia portata in Consiglio dei ministri che, con l’intervento del Presidente della Giunta regionale o provinciale interessato, delibera sulla questione.

6. In caso di violazione degli accordi di cui al comma 3, ferma restando la responsabilità delle Regioni verso lo Stato, si applicano le disposizioni dell’articolo 8, commi 1, 4 e 5, in quanto compatibili.

7. Resta fermo che i Comuni, le Province e le Città metropolitane continuano a svolgere attività di mero rilievo internazionale nelle materie loro attribuite, secondo l’ordinamento vigente, comunicando alle Regioni competenti ed alle amministrazioni di cui al comma 2 ogni iniziativa.

Art. 7.

 

Approvato

(Attuazione dell’articolo 118 della Costituzione in materia di esercizio delle funzioni amministrative)

1. Lo Stato e le Regioni, secondo le rispettive competenze, provvedono a conferire le funzioni amministrative da loro esercitate alla data di entrata in vigore della presente legge, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, attribuendo a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato soltanto quelle di cui occorra assicurare l’unitarietà di esercizio, per motivi di buon andamento, efficienza o efficacia dell’azione amministrativa ovvero per motivi funzionali o economici o per esigenze di programmazione o di omogeneità territoriale, nel rispetto, anche ai fini dell’assegnazione di ulteriori funzioni, delle attribuzioni degli enti di autonomia funzionale, anche nei settori della promozione dello sviluppo economico e della gestione dei servizi. Stato, Regioni, Città metropolitane, Province, Comuni e Comunità montane favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. In ogni caso, quando sono impiegate risorse pubbliche, si applica l’articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Tutte le altre funzioni amministrative non diversamente attribuite spettano ai Comuni, che le esercitano in forma singola o associata, anche mediante le Comunità montane e le unioni dei Comuni.

2. Per le finalità di cui al comma 1, e comunque ai fini del trasferimento delle occorrenti risorse, sulla base degli accordi con le Regioni e le autonomie locali, da concludere in sede di Conferenza unificata, diretti in particolare all’individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative necessarie per l’esercizio delle funzioni e dei compiti da conferire, il Governo, su proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti i Ministri interessati, presenta al Parlamento uno o più disegni di legge collegati, ai sensi dell’articolo 3, comma 4, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, alla manovra finanziaria annuale, per il recepimento dei suddetti accordi. Ciascuno dei predetti disegni di legge deve essere corredato da idonea relazione tecnica e non deve recare oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano fino alla data di entrata in vigore delle norme relative al nuovo sistema finanziario in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione.

3. Sulla base dei medesimi accordi e nelle more dell’approvazione dei disegni di legge di cui al comma 2, lo Stato può avviare i trasferimenti dei suddetti beni e risorse secondo princìpi di invarianza di spesa e con le modalità previste al numero 4) del punto II dell’Accordo del 20 giugno 2002, recante intesa interistituzionale tra Stato, regioni ed enti locali, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 159 del 9 luglio 2002. A tale fine si provvede mediante uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, tenendo conto delle previsioni di spesa risultanti dal bilancio dello Stato e del patto di stabilità. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 3, 7, commi 8, 9, 10 e 11, e 8 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Gli schemi di decreto, ciascuno dei quali deve essere corredato di idonea relazione tecnica, sono trasmessi alle Camere per l’acquisizione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, da rendere entro trenta giorni dall’assegnazione.

4. Le Commissioni possono chiedere ai Presidenti delle Camere una proroga di venti giorni per l’espressione del parere, qualora ciò si renda necessario per la complessità della materia o per il numero degli schemi di decreto trasmessi nello stesso periodo all’esame delle Commissioni. Qualora sia concessa, ai sensi del presente comma, la proroga del termine per l’espressione del parere, i termini per l’adozione dei decreti sono prorogati di venti giorni. Decorso il termine di cui al comma 3, ovvero quello prorogato ai sensi del presente comma, senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, i decreti possono comunque essere adottati. I decreti sono adottati con il concerto del Ministro dell’economia e delle finanze e devono conformarsi ai pareri delle Commissioni parlamentari competenti per le conseguenze di carattere finanziario nelle parti in cui essi formulano identiche condizioni.

5. Nell’adozione dei decreti, si tiene conto delle indicazioni contenute nel Documento di programmazione economico-finanziaria, come approvato dalle risoluzioni parlamentari. Dalla data di entrata in vigore dei suddetti decreti o da quella diversa indicata negli stessi, le Regioni o gli enti locali possono provvedere all’esercizio delle funzioni relative ai beni e alle risorse trasferite. Tali decreti si applicano fino alla data di entrata in vigore delle leggi di cui al comma 2.

6. Fino alla data di entrata in vigore dei provvedimenti previsti dal presente articolo, le funzioni amministrative continuano ad essere esercitate secondo le attribuzioni stabilite dalle disposizioni vigenti, fatti salvi gli effetti di eventuali pronunce della Corte costituzionale.

7. La Corte dei conti, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, verifica il rispetto degli equilibri di bilancio da parte di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, in relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti verificano, nel rispetto della natura collaborativa del controllo sulla gestione, il perseguimento degli obiettivi posti dalle leggi statali o regionali di principio e di programma, secondo la rispettiva competenza, nonché la sana gestione finanziaria degli enti locali ed il funzionamento dei controlli interni e riferiscono sugli esiti delle verifiche esclusivamente ai consigli degli enti controllati. Resta ferma la potestà delle Regioni a statuto speciale, nell’esercizio della loro competenza, di adottare particolari discipline nel rispetto delle suddette finalità. Per la determinazione dei parametri di gestione relativa al controllo interno, la Corte dei conti si avvale anche degli studi condotti in materia dal Ministero dell’interno.

8. Le Regioni possono richiedere ulteriori forme di collaborazione alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, nonché pareri in materia di contabilità pubblica. Analoghe richieste possono essere formulate, di norma tramite il Consiglio delle autonomie locali, se istituito, anche da Comuni, Province e Città metropolitane.

9. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti possono essere integrate, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, da due componenti designati, salvo diversa previsione dello statuto della Regione, rispettivamente dal Consiglio regionale e dal Consiglio delle autonomie locali oppure, ove tale organo non sia stato istituito, dal Presidente del Consiglio regionale su indicazione delle associazioni rappresentative dei Comuni e delle Province a livello regionale. I predetti componenti sono scelti tra persone che, per gli studi compiuti e le esperienze professionali acquisite, sono particolarmente esperte nelle materie aziendalistiche, economiche, finanziarie, giuridiche e contabili; i medesimi durano in carica cinque anni e non sono riconfermabili. Lo status dei predetti componenti è equiparato a tutti gli effetti, per la durata dell’incarico, a quello dei consiglieri della Corte dei conti, con oneri finanziari a carico della Regione. La nomina è effettuata con decreto del Presidente della Repubblica, con le modalità previste dal secondo comma dell’articolo unico del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 1977, n. 385. Nella prima applicazione delle disposizioni di cui al presente comma e ai commi 7 e 8, ciascuna sezione regionale di controllo, previe intese con la Regione, può avvalersi di personale della Regione sino ad un massimo di dieci unità, il cui trattamento economico resta a carico dell’amministrazione di appartenenza. Possono essere utilizzati a tal fine, con oneri a carico della Regione, anche segretari comunali e provinciali del ruolo unico previsto dal testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, previe intese con l’Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali o con le sue sezioni regionali.

 

ORDINI DEL GIORNO

 

G7.100

BASSANINI, VITALI, VILLONE, BATTISTI

 

Ritirato

Il Senato,

nel procedere all’esame del disegno di legge 1545-B recante "Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3", in relazione ai compiti attribuiti dall’articolo 7 del medesimo disegno di legge alle sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti per la verifica del rispetto degli equilibri di bilancio da parte di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, in relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia alla Unione Europea, e per il controllo sulla sana gestione finanziaria e sul funzionamento dei controlli interni degli enti stessi,

impegna il Governo:

a studiare, in collaborazione con il Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti e a sottoporre all’esame del Parlamento, misure idonee ad adeguare composizione e strumenti delle sezioni regionali della Corte dei Conti all’esercizio delle predette funzioni anche mediante il reclutamento di personale di alta qualificazione, esperto nel controllo di gestione e nella verifica dei bilanci, e dotato di laurea in economia, statistica, o ingegneria gestionale, anche prevedendo che tale personale di alta qualificazione faccia parte a pieno titolo dei collegi regionali quando siano chiamati ad esercitare le predette funzioni, pur senza acquisire lo status e le prerogative dei magistrati, e la facoltà di accedere alle funzioni di presidente di sezione.

 

G7.101

BASSANINI, VITALI

 

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

nel procedere all’esame del disegno di legge n. 1545-B recante "Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3";

in relazione ai compiti attribuiti dall’articolo 7 del medesimo disegno di legge alle sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti per la verifica del rispetto degli equilibri di bilancio da parte di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, in relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia alla Unione Europea, e per il controllo sulla sana gestione finanziaria e sul funzionamento dei controlli interni degli enti stessi,

impegna il Governo:

a studiare, in collaborazione con la Corte dei Contimisure idonee ad adeguare composizione e strumenti delle sezioni regionali della Corte dei Conti all’esercizio delle predette funzioni anche mediante il reclutamento di personale di alta qualificazione esperto nel controllo di gestione e nella verifica dei bilanci, e dotato di laurea in economia, statistica, o ingegneria gestionale;

a valutare le opportune soluzioni che consentano ai predetti esperti di partecipare non solo alle attività istruttorie, ma anche alla predisposizione e approvazione delle relazioni e dei referti delle sezioni regionali nell’esercizio del controllo di gestione o del controllo sul rispetto del patto di stabilità.

________________

(*) Accolto dal Governo con le parole evidenziate che sostituiscono le altre: "il Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti e a sottoporre all’esame del Parlamento," e con la soppressione in fine delle parole: ", fermo restando che ad essi non spetterà lo status dei magistrati, né la facoltà di far parte dei collegi nell’esercizio di attività giurisdizionali"

 

G7.102

BARELLI, IZZO

 

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

in sede di discussione del disegno di legge "Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3",

impegna il Governo:

a esaminare l'opportunità di riordinare con regolamento da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 1 della legge 23 agosto 1988, n. 400 o con altro provvedimento legislativo, l’assetto dirigenziale della Corte dei Conti tenendo conto delle esigenze organizzative delle tre strutture, giurisdizione, procura e controllo, presenti in ogni regione e della necessità della invarianza della spesa.

________________

(*) Accolto dal Governo con l'integrazione evidenziata e con la soppressione in fine delle parole: ", mediante la riduzione ad una sola unità di vertice regionale con il riconoscimento del livello economico adeguato all’entità del lavoro, alle dimensioni degli uffici e alla qualità delle funzioni esercitate dalle strutture periferiche della Corte dei Conti"

 

ARTICOLO 8 NEL TESTO APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI

ART. 8.

 

Approvato

(Attuazione dell’articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo)

1. Nei casi e per le finalità previsti dall’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all’ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l’organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento.

2. Qualora l’esercizio del potere sostitutivo si renda necessario al fine di porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria, gli atti ed i provvedimenti di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro competente per materia. L’articolo 11 della legge 9 marzo 1989, n. 86, è abrogato.

3. Fatte salve le competenze delle Regioni a statuto speciale, qualora l’esercizio dei poteri sostitutivi riguardi Comuni, Province o Città metropolitane, la nomina del commissario deve tenere conto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Il commissario provvede, sentito il Consiglio delle autonomie locali qualora tale organo sia stato istituito.

4. Nei casi di assoluta urgenza, qualora l’intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall’articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che possono chiederne il riesame.

5. I provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati alle finalità perseguite.

6. Il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l’armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni; in tale caso è esclusa l’applicazione dei commi 3 e 4 dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Nelle materie di cui all’articolo 117, terzo e quarto comma, della Costituzione non possono essere adottati gli atti di indirizzo e di coordinamento di cui all’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e all’articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

 

ARTICOLO 9 NEL TESTO APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI

ART. 9.

 

Approvato

(Attuazione degli articoli 123, secondo comma, e 127 della Costituzione, in materia di ricorsi alla Corte costituzionale)

1. L’articolo 31 della legge 11 marzo 1953, n. 87, è sostituito dal seguente:

"Art. 31. – 1. La questione di legittimità costituzionale di uno statuto regionale può, a norma del secondo comma dell’articolo 123 della Costituzione, essere promossa entro il termine di trenta giorni dalla pubblicazione.

 

2. Ferma restando la particolare forma di controllo delle leggi prevista dallo statuto speciale della Regione siciliana, il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere, ai sensi dell’articolo 127, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale della legge regionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione.

 

3. La questione di legittimità costituzionale è sollevata, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, anche su proposta della Conferenza Stato-Città e autonomie locali, dal Presidente del Consiglio dei ministri mediante ricorso diretto alla Corte costituzionale e notificato, entro i termini previsti dal presente articolo, al Presidente della Giunta regionale.

 

4. Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della Corte costituzionale entro il termine di dieci giorni dalla notificazione".

2. Il secondo comma dell’articolo 32 della legge 11 marzo 1953, n. 87, è sostituito dal seguente:

"La questione di legittimità costituzionale, previa deliberazione della Giunta regionale, anche su proposta del Consiglio delle autonomie locali, è promossa dal Presidente della Giunta mediante ricorso diretto alla Corte costituzionale e notificato al Presidente del Consiglio dei ministri entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell’atto impugnati".

3. Al primo comma dell’articolo 33 della legge 11 marzo 1953, n. 87, le parole: "dell’articolo 2, secondo comma, della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1" sono sostituite dalle seguenti: "dell’articolo 127, secondo comma, della Costituzione".

4. L’articolo 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87, è sostituito dal seguente:

"Art. 35. – 1. Quando è promossa una questione di legittimità costituzionale ai sensi degli articoli 31, 32 e 33, la Corte costituzionale fissa l’udienza di discussione del ricorso entro novanta giorni dal deposito dello stesso. Qualora la Corte ritenga che l’esecuzione dell’atto impugnato o di parti di esso possa comportare il rischio di un irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico o all’ordinamento giuridico della Repubblica, ovvero il rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti dei cittadini, trascorso il termine di cui all’articolo 25, d’ufficio può adottare i provvedimenti di cui all’articolo 40. In tal caso l’udienza di discussione è fissata entro i successivi trenta giorni e il dispositivo della sentenza è depositato entro quindici giorni dall’udienza di discussione".

5. Le Regioni assicurano la pronta reperibilità degli atti recanti la pubblicazione ufficiale degli statuti e delle leggi regionali.

6. Nei ricorsi per conflitto di attribuzione tra Stato e Regione e tra Regione e Regione, di cui agli articoli da 39 a 42 della legge 11 marzo 1953, n. 87, proposti anteriormente alla data dell’8 novembre 2001, il ricorrente deve chiedere la trattazione del ricorso, con istanza diretta alla Corte costituzionale e notificata alle altre parti costituite, entro quattro mesi dal ricevimento della comunicazione di pendenza del procedimento effettuata a cura della cancelleria della Corte costituzionale; in difetto di tale istanza, il ricorso si considera abbandonato ed è dichiarato estinto con decreto del Presidente.

 

ARTICOLO 10 NEL TESTO APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI

ART. 10.

 

Approvato

(Rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie)

1. In ogni Regione a statuto ordinario il prefetto preposto all’ufficio territoriale del Governo avente sede nel capoluogo della Regione svolge le funzioni di rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie.

2. Nell’esercizio delle funzioni di cui al comma 1, il rappresentante dello Stato cura in sede regionale:

 

a) le attività dirette ad assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione tra Stato e Regione, nonché il raccordo tra le istituzioni dello Stato presenti sul territorio, anche attraverso le conferenze di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, al fine di garantire la rispondenza dell’azione amministrativa all’interesse generale, il miglioramento della qualità dei servizi resi al cittadino e di favorire e rendere più agevole il rapporto con il sistema delle autonomie;

 

b) la tempestiva informazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali e ai Ministeri interessati degli statuti regionali e delle leggi regionali, per le finalità di cui agli articoli 123 e 127 della Costituzione, e degli atti amministrativi regionali, agli effetti dell’articolo 134 della Costituzione, nonché il tempestivo invio dei medesimi atti all’ufficio dell’Avvocatura dello Stato avente sede nel capoluogo;

 

c) la promozione dell’attuazione delle intese e del coordinamento tra Stato e Regione previsti da leggi statali nelle materie indicate dall’articolo 118, terzo comma, della Costituzione, nonché delle misure di coordinamento tra Stato e autonomie locali, di cui all’articolo 9, comma 5, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

 

d) l’esecuzione di provvedimenti del Consiglio dei ministri costituenti esercizio del potere sostitutivo di cui all’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, avvalendosi degli uffici territoriali del Governo e degli altri uffici statali aventi sede nel territorio regionale;

 

e) la verifica dell’interscambio di dati e informazioni rilevanti sull’attività statale, regionale e degli enti locali, di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, riferendone anche al Ministro per l’innovazione e le tecnologie;

 

f) l’indizione delle elezioni regionali e la determinazione dei seggi consiliari e l’assegnazione di essi alle singole circoscrizioni, nonché l’adozione dei provvedimenti connessi o conseguenti, fino alla data di entrata in vigore di diversa previsione contenuta negli statuti e nelle leggi regionali;

 

g) la raccolta delle notizie utili allo svolgimento delle funzioni degli organi statali, costituendo il tramite per la reciproca informazione nei rapporti con le autorità regionali; la fornitura di dati e di elementi per la redazione della Relazione annuale sullo stato della pubblica amministrazione; la raccolta e lo scambio dei dati di rilevanza statistica, da effettuarsi secondo gli standard e le metodologie definiti dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e avvalendosi anche dei suoi uffici regionali, d’intesa con lo stesso.

3. Nell’esercizio delle funzioni di cui al presente articolo il rappresentante dello Stato si avvale a tale fine delle strutture e del personale dell’ufficio territoriale del Governo.

4. Ai fini del presente articolo e per l’espletamento delle funzioni previste dall’articolo 1, comma 2, lettere e), f) e g), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 2001, n. 287, i segretari comunali e provinciali che, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono inseriti nella graduatoria di cui all’articolo 18, comma 9, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465, come modificato dall’articolo 7, comma 3, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, e che hanno presentato istanza di mobilità per gli uffici territoriali del Governo, sono assegnati, nel limite dei posti disponibili, agli stessi uffici, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’interno, con il Ministro per gli affari regionali e con gli altri Ministri interessati, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Restano ferme le disposizioni previste dal decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, e dai relativi decreti di attuazione.

5. Nelle Regioni a statuto speciale le funzioni del rappresentante dello Stato ai fini della lettera d) del comma 2 sono svolte dagli organi statali a competenza regionale previsti dai rispettivi statuti, con le modalità definite da apposite norme di attuazione.

6. Ai commissariati del Governo di Trento e di Bolzano si applicano le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 2001, n. 287, compatibilmente con lo statuto speciale di autonomia e con le relative norme di attuazione.

7. Il provvedimento di preposizione all’ufficio territoriale del Governo del capoluogo di Regione è adottato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno, d’intesa con il Ministro per gli affari regionali.

8. All’articolo 4, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, le parole da: "autonomie locali" fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: "autonomie locali, nonché dell’ufficio per il federalismo amministrativo, nel quale confluisce il personale addetto alla struttura di supporto del Commissario straordinario del Governo per l’attuazione del federalismo amministrativo, mantenendo il proprio stato giuridico; si avvale altresì, sul territorio, dei rappresentanti dello Stato nelle Regioni, che dipendono funzionalmente dal Presidente del Consiglio dei ministri".

9. All’articolo 11 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

a) il primo comma è sostituito dal seguente:

"Le leggi regionali sono promulgate dal Presidente della Giunta. Il testo è preceduto dalla formula: ’’Il Consiglio regionale ha approvato. Il Presidente della Giunta regionale promulga’’";

 

b) i commi secondo e terzo sono abrogati;

 

c) la rubrica è sostituita dalla seguente: "Promulgazione delle leggi regionali".

10. Sono abrogati: gli articoli 40, 43 e 44 della legge 10 febbraio 1953, n. 62; l’articolo 4, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616; l’articolo 13 della legge 23 agosto 1988, n. 400, ad eccezione del comma 3; l’articolo 3 del decreto legislativo 13 febbraio 1993, n. 40; l’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

11. Nelle norme dell’ordinamento giuridico, compatibili con le disposizioni della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, il riferimento al commissario del Governo è da intendersi al prefetto titolare dell’ufficio territoriale del Governo del capoluogo di Regione quale rappresentante dello Stato. Il presente comma comunque non concerne le norme compatibili con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, aventi ad oggetto le Regioni a statuto speciale.

 

ARTICOLI 11 E 12 NEL TESTO APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI

ART. 11.

 

Identico all'articolo 10 approvato dal Senato

(Attuazione dell’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3)

1. Per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano resta fermo quanto previsto dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione, nonché dall’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

2. Le Commissioni paritetiche previste dagli statuti delle Regioni a statuto speciale, in relazione alle ulteriori materie spettanti alla loro potestà legislativa ai sensi dell’articolo 10 della citata legge costituzionale n. 3 del 2001, possono proporre l’adozione delle norme di attuazione per il trasferimento dei beni e delle risorse strumentali, finanziarie, umane e organizzative, occorrenti all’esercizio delle ulteriori funzioni amministrative.

3. Le norme di attuazione di cui al comma 2 possono prevedere altresì disposizioni specifiche per la disciplina delle attività regionali di competenza in materia di rapporti internazionali e comunitari.

Art. 12.

 

Identico all'articolo 11 approvato dal Senato

(Entrata in vigore)

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale .

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