SENATO DELLA REPUBBLICA
COMMISSIONE AFFARI COSTITUZIONALI (1ª)
MERCOLEDI' 2 OTTOBRE 2002
La seduta inizia alle ore 14,30.
IN SEDE REFERENTE
(1545) Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
(Seguito dell'esame e rinvio)
Prosegue l'esame, sospeso nella seduta pomeridiana del 25 settembre.
Il PRESIDENTE informa che il senatore Passigli ha annunciato l'intenzione di svolgere
alcune considerazioni sul disegno di legge in titolo in una prossima seduta.
Comunica, quindi, che in base alle indicazioni pervenute dai Gruppi parlamentari, il
gruppo di lavoro ristretto sarà composto, oltre ai relatori, dai senatori Bassanini,
Marida Dentamaro, Del Pennino, Kofler, Maffioli, Petrini, Stiffoni e Turroni.
Come già stabilito nella seduta precedente, il gruppo di lavoro avrà il compito di
esaminare le prime ipotesi emendative, che successivamente potrebbero dare luogo, se ve ne
saranno le condizioni, a emendamenti largamente condivisi.
La senatrice DENTAMARO si compiace per il clima disteso nel quale si svolge l'esame del
disegno di legge, a suo giudizio decisivo per la trasformazione dell'assetto
costituzionale al fine di una riallocazione dei poteri verso la periferia e la
riconduzione della loro dinamica al principio di sussidiarietà, tema questo sul quale si
è ampiamente dibattuto ieri, in sede di esame del disegno di legge costituzionale n.
1187. Il confronto in corso conferma il notevole rilievo delle modifiche introdotte con la
riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, ancorché quel progetto,
realizzato sul finire della scorsa legislatura, sia meritevole di correzioni e
miglioramenti. A tale proposito precisa che la consapevolezza dei limiti delle novelle
costituzionali e la disponibilità a porvi rimedio, non implicano per la sua parte
politica l'accettazione di un ripensamento dell'intero modello.
Condivide l'esigenza espressa da altri senatori di procedere prioritariamente all'esame
dell'attuazione della riforma, sulla quale può realizzarsi un'ampia convergenza delle
forze politiche, piuttosto che affrontare l'ulteriore modifica costituzionale proposta con
il disegno di legge n. 1187.
Sul presupposto che la trasformazione in senso federalista dello Stato rappresenta un
processo complesso e articolato, ritiene che si debba procedere con cauta gradualità
soffermando l'attenzione, in particolare, sul tema delle risorse e sul ruolo degli organi
costituzionali dello Stato, anche al fine di evitare una disgregazione del tessuto
nazionale. L'introduzione affrettata di ulteriori modifiche costituzionali comporterebbe
enormi problemi per l'attuazione della riforma del Titolo V, in particolare sotto il
profilo della ripartizione delle competenze legislative, sotto quello dei rapporti
finanziari e per la stessa tenuta del principio di uguaglianza.
La Commissione dovrebbe interrogarsi sull'opportunità di dedicare tempo ed energie
all'esame delle disposizioni attuative quando il quadro sta per essere travolto con una
nuova norma costituzionale.
Il disegno di legge n. 1545 appare idoneo, a suo giudizio, a porre rimedio ad alcune delle
incongruenze della legge costituzionale n. 3 del 2001. E' il caso, ad esempio, del potere
sostitutivo di cui all'articolo 120 della Costituzione, per il quale il disegno di legge
La Loggia correttamente prevede l'ipotesi di esercizio anche attraverso la potestà
normativa dello Stato.
Dà atto al Governo dello sforzo compiuto nella elaborazione del disegno di legge in
titolo, applicando princìpi approfonditi dalla dottrina e sanciti nella giurisprudenza
costituzionale, come quello della continuità della legislazione e quello della
cedevolezza della legislazione statale.
Esprime la sua contrarietà riguardo alla delega prevista dall'articolo 1, comma 4, a
norma della quale il Governo adotta decreti legislativi diretti alla ricognizione dei
princìpi fondamentali che si traggono dalle leggi vigenti, nelle materie previste
dall'articolo 117, terzo comma, della Costituzione. A prescindere dai dubbi di
costituzionalità per contrasto con l'articolo 76 della Costituzione, ancora una volta la
questione del federalismo si ridurrebbe al rapporto fra Governi centrale e regionali, con
una evidente marginalizzazione del ruolo del Parlamento.
Si è sostenuto che la delega autorizza il Governo a una mera ricognizione dei princìpi
fondamentali esistenti, ma ciò è smentito, a suo avviso, non solo dalle difficoltà
incontrate dal Governo nell'individuazione dei criteri direttivi della delega, ma anche
dalla lettera degli stessi criteri, in particolare la completezza e l'esclusività, cui
dovrebbe ispirarsi la ricognizione. In proposito esprime perplessità sulla lettera a)
del comma 5 dell'articolo 1, laddove, riprendendo il testo del decreto del Presidente
della Repubblica n. 616 del 1977, si parla di "settori organici della materia"
anziché di "settori organici di materie", ponendo le premesse per rilevanti
equivoci interpretativi. Osserva, inoltre, che nella successiva lettera b) si
indica quale criterio direttivo della delega la considerazione delle disposizioni statali
rilevanti per garantire l'unità giuridica ed economica, la tutela dei livelli essenziali
delle prestazioni e il rispetto dell'ordinamento comunitario e internazionale, nonché la
tutela dell'incolumità e della sicurezza pubblica, con la conseguenza che
nell'individuazione dei princìpi fondamentali non si escludono innovazioni volte ad
adeguarli. Se effettivamente si fosse voluto limitare la delega a una mera ricognizione,
sarebbe stata sufficiente, a suo giudizio, la disposizione di cui alla seguente lettera f),
cioè il coordinamento formale delle disposizioni e la loro eventuale semplificazione.
Il senatore MANCINO esprime preoccupazione per il rischio che il disegno di legge
costituzionale n. 1187 sulla devoluzione ostacoli la corretta attuazione della riforma del
Titolo V, anche se si colloca chiaramente a valle della vigente ripartizione di competenze
legislative attribuite allo Stato in via esclusiva o allo Stato e alle regioni in via
concorrente o, infine, alle regioni in via residuale.
Si sofferma, quindi, sulla questione dei poteri dello Stato in materia di finanza
pubblica. In mancanza di una specifica attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, il
blocco delle addizionali regionali e comunali disposto dalla legge finanziaria comporta
l'esercizio di un potere che secondo la Costituzione non spetta allo Stato.
Ricorda le osservazioni svolte ieri dal Presidente della Camera dei deputati, a proposito
di una rivendicazione del ruolo del Parlamento. Se non vi sarà una presa di coscienza
generalizzata del problema, a suo avviso il Parlamento o diventerà il mero esecutore
dell'indirizzo politico fissato dall'Esecutivo o verrà completamente esautorato. In
questo senso ritiene che una riconsiderazione delle materie attribuite alla competenza
concorrente dello Stato e delle regioni non dovrebbe tradursi in una rivoluzione
dell'intero impianto al quale si è giunti dopo lunghi anni di riflessioni e di lavoro.
Piuttosto si dovrebbe affrontare apertamente il tema di una trasformazione del Senato in
Camera federale, richiamato di recente dal Presidente Pera in occasione della discussione
sul bilancio interno del Senato; in proposito, esprime la propria preferenza per una
elezione a suffragio universale e diretto con una eccezione, semmai per i Presidenti delle
Regioni.
Manifesta quindi il proprio dissenso sulla delega al Governo per l'individuazione dei
princìpi fondamentali cui dovrebbe ispirarsi la legislazione regionale, a suo avviso non
armonica con il dettato dell'articolo 76 della Costituzione. La definizione dei princìpi
fondamentali dovrebbe invece essere rimessa, a suo giudizio, a disegni di legge ordinari,
presentati dal Governo.
Si dovrebbe recuperare, inoltre, l'esplicito riferimento all'interesse nazionale, senza il
quale, ad esempio, con la previsione di una competenza esclusiva delle regioni in materia
di sanità, di istruzione e di polizia locale, si determinerebbe l'inopportuno venir meno
della garanzia circa i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali, oggi riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.
Se con la devoluzione si intende attribuire la potestà legislativa su alcune materie alle
regioni, conclude, si tratta di un risultato che può essere conseguito anche in base alla
Costituzione vigente.
Il relatore PASTORE, soffermandosi sulla previsione di una delega per la ricognizione dei
princìpi fondamentali nelle materie comprese nella sfera attribuita alla competenza
concorrente, evidenzia la differenza fra i princìpi e criteri direttivi, previsti
dall'articolo 76 della Costituzione come requisito essenziale per la delega, e i princìpi
fondamentali che devono essere osservati dalle regioni nella rispettiva legislazione. A
suo avviso la prescrizione dell'articolo 76 della Costituzione è correttamente
rispettata: la funzione ricognitiva dell'azione del Governo rappresenta uno dei princìpi
della delega.
Quanto alla valorizzazione del ruolo del Parlamento, ritiene che la procedura aggravata,
che prevede un doppio passaggio dei decreti legislativi per il parere sia presso le Camere
sia presso la Conferenza Stato-regioni, rappresenta lo strumento idoneo per la piena
partecipazione del Parlamento; tale strumento potrebbe essere rafforzato, peraltro,
stabilendo che il parere identico espresso da entrambe le Camere assume valenza vincolante
per il Governo in sede di emanazione dei decreti legislativi. Ritiene, poi, che la delega
per la ricognizione dei princìpi fondamentali, proprio perché riguarda la potestà
concorrente, non interferisce con le disposizioni sulla devoluzione, poiché, all'atto
dell'attivazione della potestà da parte delle regioni, viene meno il vincolo del rispetto
dei princìpi fondamentali.
Per quanto concerne il limite dell'interesse nazionale, osserva che, pur non essendo
esplicitamente previsto, esso emerge per altra via attraverso una serie di disposizioni
costituzionali che riconducono alla potestà esclusiva dello Stato gli ambiti che
sostanziano l'interesse nazionale.
Il relatore MAGNALBO', intervenendo in replica, ringrazia i senatori intervenuti nella
discussione generale e si riserva di svolgere ulteriori considerazioni in sede di esame
degli emendamenti.
Il ministro LA LOGGIA ricorda l'allarmante situazione del contenzioso fra lo Stato e le
regioni, che rischia di mettere in crisi la funzionalità della Corte costituzionale.
Dichiara che il Governo non ha alcuna intenzione di utilizzare lo strumento della delega
per individuare princìpi fondamentali nuovi e diversi: la enucleazione dei princìpi
fondamentali dalla legislazione vigente avrà una natura effettivamente ricognitiva come,
del resto, il disegno di legge espressamente prevede. Il Governo è, anzi, disponibile,
laddove sia ritenuto necessario, a specificare la natura meramente ricognitiva della sua
azione. L'alternativa alla soluzione indicata nel disegno di legge n. 1545 sarebbe quella
di un disegno di legge ordinario: una procedura a suo avviso inidonea ad affrontare
tempestivamente il contenzioso istituzionale citato.
A proposito del ruolo del Parlamento, richiamato da ultimo dal senatore Mancino, osserva
che la partecipazione della Conferenza Stato-Regioni, della Commissione bicamerale per le
questioni regionali e della Conferenza unificata al procedimento istruttorio dei disegni
di legge governativi comporta un evidente aggravio del processo decisionale e dunque un
difetto di rapidità, cui si deve porre rimedio.
Con riguardo al disegno di legge sulla devoluzione, riferisce sull'incontro svoltosi
recentemente a Londra con i rappresentanti del Governo del Regno Unito, tra i quali i
ministri delegati agli affari della Scozia e del Galles. Ne ha ricavato la netta
impressione che, anche a prescindere da altre modifiche, l'ordinamento italiano si trovi
in una situazione molto più avanzata del processo di trasformazione in senso federale.
Quanto al coordinamento dell'attività parlamentare, che congiuntamente al potere di
iniziativa del Governo concorre a garantire la democraticità del sistema, si dovrebbe
affrontare la questione del Senato federale.
E' necessario individuare positivamente, a suo giudizio, un ambito di competenze
legislative esclusive delle regioni, visto che il concetto di residualità di cui
all'articolo 117 della Costituzione lascia spazio a elementi di ambiguità. In tale
direzione, potrebbe essere considerata, anche nella sede attuale, la possibilità di
demandare agli statuti l'autoindicazione delle materie da riservare alla competenza
legislativa esclusiva regionale.
Premesso che non è possibile modificare la ripartizione delle competenze legislative con
un provvedimento attuativo della riforma ed esclusa ogni interferenza con il disegno di
legge sulla devoluzione, che data la natura costituzionale avrà un iter più
lungo, sottolinea l'urgenza di approvare il disegno di legge in titolo, al Senato
possibilmente prima dell'inizio della sessione di bilancio.
Con riguardo alle osservazioni del senatore Mancino, ritiene che sia stato un errore
comprendere il coordinamento della finanza pubblica fra le materie di legislazione
concorrente. Nella situazione attuale, il coordinamento non può che essere esercitato dal
Governo, con l'indicazione degli obiettivi finanziari per il Paese.
Il senatore VITALI, condividendo l'auspicio del Ministro per una approvazione del disegno
di legge prima dell'esame della manovra finanziaria, invita il Presidente a fissare per il
24 ottobre il termine per la presentazione di eventuali emendamenti.
Il presidente PASTORE invita i senatori ad avanzare le rispettive ipotesi di modifica del
disegno di legge entro martedì 15 ottobre. Il gruppo di lavoro informale potrà così
svolgere il suo lavoro istruttorio, nella prospettiva di un termine finale per la
presentazione di emendamenti da fissare in una data non successiva al 25 ottobre.
Il seguito dell'esame è quindi rinviato.
( )
La seduta termina alle ore 15,55.
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