SENATO DELLA REPUBBLICA

314a SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

GIOVEDÌ 23 GENNAIO 2003

(Antimeridiana)

Presidenza del vice presidente DINI,

indi del vice presidente CALDEROLI

 

 

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,34).

(…)

Seguito della discussione e approvazione, con modificazioni, del disegno di legge:

(1545) Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 1545.

Ricordo che nella seduta pomeridiana di ieri si è concluso l'esame degli articoli e dei relativi emendamenti.

Passiamo alla votazione finale.

 

MARINO (Misto-Com). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARINO (Misto-Com). Signor Presidente, i Comunisti Italiani si asterranno dal votare questo disegno di legge, pur riconoscendo che il lavoro fatto in Commissione ha reso in diversi punti più accettabile il testo normativo.

Non possiamo votare a favore perché brucia ancora la ferita procurata dalla decisione del Governo e della maggioranza di portare innanzi ad ogni costo il disegno di legge costituzionale sulla devoluzione, che costituisce, quello sì, una lacerazione profonda e grave della Carta costituzionale e che, ove definitivamente approvato, inevitabilmente determinerà nel campo della sanità, dell'istruzione e della sicurezza una differenziazione tra cittadini e cittadini, quindi una diversa tutela dei diritti a seconda della Regione di appartenenza.

È innanzitutto questo che sbarra la strada a un voto favorevole da parte nostra, oltre ad alcune contrarietà che persistono in ordine a determinati aspetti di questo provvedimento legislativo.

La legge costituzionale n. 3 del 2001 ha ridisegnato posizioni e rapporti di Regioni, Province, Comuni e dello stesso Stato. Al di là delle riserve espresse dai Comunisti Italiani all'atto della sua adozione, ci dichiarammo comunque favorevoli alla sua approvazione, pur esprimendo alcune valutazioni critiche e, soprattutto, non condividendo la nuova formulazione dell'articolo 114, che stabilisce che la Repubblica è costituita da Comuni, Province, Regioni, Città metropolitane e dallo Stato, inteso quest'ultimo come Stato apparato. Una grande confusione tra Stato ordinamento, Stato apparato, forma di Stato, ed anche un'ambiguità politica. Noi preferivamo il vecchio testo, che recitava: "La Repubblica si articola in Regioni, Province e Comuni".

Ma certamente la legge costituzionale n. 3 del 2001 ha avuto un forte impatto sulla struttura e produrrà un forte impatto sulla gestione dei pubblici poteri. Noi non abbiamo escluso la possibilità, lo abbiamo detto ancora nella recente discussione sulle riforme istituzionali, di migliorare la riforma del Titolo V, completando il trasferimento delle competenze e, soprattutto, realizzando un federalismo solidale, perché noi Comunisti abbiamo sempre ritenuto che Regioni, Province e Comuni non siano altro che un modo di essere dello Stato repubblicano.

Non ci sfugge l'importanza di questo provvedimento che attua quella riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, che ha ottenuto sostanzialmente il consenso delle autonomie locali e delle Regioni. Era questo il provvedimento che avrebbe dovuto avere la priorità rispetto ad altre ipotesi di modifiche costituzionali, a mio avviso sciagurate, come quella della devoluzione. Ma è un provvedimento comunque monco, perché rinvia ad un momento successivo la determinazione delle risorse. E qui la storia si ripete.

Il ministro La Loggia ricorderà che, sin dall'atto del primo trasferimento, anziché partire dal bilancio dello Stato, cancellando capitoli (ora unità previsionali di base), si trasferirono competenze, senza provvedere ad accompagnarle con adeguate risorse strumentali, finanziarie, organizzative e umane. Quindi, la storia finirà per ripetersi, ove il trasferimento delle risorse non sia congruo, con conseguente impossibilità di garantire i livelli essenziali, l'uniformità dei servizi erogati e condizioni di vita non eccessivamente divaricate sul territorio nazionale.

Di qui l'importanza dell'articolo 119 nella nuova formulazione, che parla espressamente di coordinamento finanziario e, soprattutto, di un fondo perequativo per accorciare le distanze che ancora esistono, purtroppo, tra le diverse aree geografiche del nostro Paese.

Abbiamo poi da affrontare insieme un problema. L'ISAE ha calcolato in ben 92 miliardi di euro il volume di risorse necessario per far fronte a queste nuove competenze. Di qui la necessità di mantenere un incisivo controllo parlamentare su tutto questo. Ora, il testo licenziato dalla Commissione prevede che vi siano uno o più disegni di legge con le disposizioni per il trasferimento delle risorse necessarie all'esercizio delle funzioni e dei compiti previsti dagli articoli 117 e 118 della Costituzione. Il che è un passo avanti rispetto alla formulazione che si voleva proporre, quella di uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. Occorrerà quindi in quella sede valutare la congruità reale fra trasferimenti di funzioni e oneri conseguenti all'espletamento delle stesse funzioni devolute.

L'articolo dice che tutto ciò sarà realizzato sino all'entrata in vigore delle norme relative al nuovo sistema finanziario, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione che ho richiamato.

Non ci sfugge, quindi, il notevole rilievo di questo provvedimento, ma noi avremmo preferito affrontare questo problema nella contestualità di quelle norme attuative dell'articolo 119, su cui in sostanza, poi, si gioca l'unità del Paese. Quindi, contestualità e non rinvio.

Su questo provvedimento esprimiamo anche alcune riserve, anzi vere e proprie contrarietà. Il punto più controverso, anche secondo la dottrina costituzionalista, è quello della delega, prevista all'articolo 1, ad adottare uno o più decreti legislativi, sia pure meramente ricognitivi dei princìpi fondamentali, nelle materie previste dall'articolo 117 della Costituzione, al quale dovrebbe ispirarsi la legislazione regionale.

Non ci sfugge lo sforzo compiuto in Commissione per sottolineare la natura essenzialmente tecnica della ricognizione, ma la delega da noi non può essere condivisa, non solo perché non sono chiari i criteri e i princìpi direttivi (anzi, dico apertamente che sono molto vaghi e quindi in contrasto con l'articolo 76 della Costituzione), ma perché tale ricognizione dovrebbe essere contenuta, a nostro avviso, in uno specifico disegno di legge. Questo punto trova la nostra contrarietà insieme a quella profonda riserva in ordine alla mancata previsione di disposizioni attuative dell'articolo 119.

Il nostro sarà pertanto un voto di astensione.

Riconosciamo il passo avanti notevole compiuto in un processo di riallocazione dei poteri verso la periferia, che è senz'altro complesso, articolato (di questo noi ci rendiamo perfettamente conto, signor Presidente e signor Ministro) e che richiederà, quando saranno presentati i disegni di legge previsti da questo provvedimento legislativo, un'analisi approfondita sugli effetti dei trasferimenti, soprattutto in relazione all'erogazione dei servizi e delle prestazioni, alla soddisfazione dei bisogni delle comunità locali e dei cittadini e, in particolare, alla tenuta della coesione nazionale. (Applausi del senatore Brunale).

 

SODANO Tommaso (Misto-RC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SODANO Tommaso (Misto-RC). Signor Presidente, Rifondazione Comunista voterà contro il provvedimento. È a nostro avviso questa, che si completa con il presente disegno di legge di attuazione, una riforma che grava pesantemente sulla struttura stessa del nostro Stato, sulla dislocazione dei poteri costituzionali e che allo stesso tempo incide sul lavoro, sulla fruizione dei servizi, sulla vita quotidiana delle cittadine e dei cittadini del nostro Paese.

La modifica del Titolo V, varata dal Governo precedente e che aveva visto già la nostra contrarietà, rappresentava l'ultimo anello di una riforma già avviata, che aveva portato all'elezione diretta del presidente della Regione e che aveva concesso appunto un'autonomia statutaria alle Regioni, arrivando a determinare la possibilità che ogni Regione scegliesse la propria forma di governo e la propria legge elettorale.

Le degenerazioni dell'elezione diretta dei presidenti delle Regioni sono state evidenziate anche nel corso del dibattito, con lo svuotamento delle assemblee elettive. Le modifiche costituzionali intervenute sul Titolo V hanno senza dubbio creato confusione su competenze e funzioni attribuite. Molti sono i punti su cui è dubbia la piena titolarità regolamentare tra Stato e Regioni. La materia concorrente e le stesse materie residuali hanno elementi contraddittori, tali da generare confusioni procedurali, vizi di legittimità, di competenza, con continui ricorsi presso la Consulta.

Ma non ci sono solo problemi di interpretazione su funzioni e competenze, esistono anche problemi in relazione alla funzionalità e alla democrazia istituzionale in seguito appunto al trasferimento dei poteri alle Regioni. Il potere legislativo è stato rovesciato a tutto vantaggio delle Regioni, senza che vi sia una forma di tutela e garanzia che fino ad oggi - o meglio fino a ieri - era esercitata dal Capo dello Stato; anzi, nei disegni di legge attuativi delle modifiche del Titolo V tale potere viene addirittura attribuito all'Esecutivo che promulgherà le leggi regionali.

Il disegno di legge di attuazione del Titolo V della Costituzione - disegno di legge La Loggia - avrebbe necessità, a nostro avviso, di profonde modifiche che non sono avvenute né in Commissione né in Aula, e anche la quasi unanimità esistente su questo provvedimento non riesce, secondo noi, a ridurre quel pasticcio che le modifiche del Titolo V hanno prodotto, nè porterà a una sorta di federalismo pseudosolidale.

Noi avremmo preferito e preferiamo, nella nostra impostazione, un regionalismo forte, ciò anche per garantire quell'unitarietà dello Stato e l'unitarietà della fruizione dei diritti civili e sociali. A nostro avviso, questo può avvenire attraverso la valorizzazione dell'articolo 120 della nostra Costituzione, che riafferma il carattere sovraordinato e di garanzia dello Stato rispetto ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti, appunto, i diritti civili e sociali, affinché in assenza di norme di principio generali stabilite dal Parlamento non sia possibile, da parte delle Regioni, una legislazione concorrente e residuale che contrasti con le attuali norme nazionali e con i diritti costituzionali stabiliti nella prima parte della Costituzione stessa.

La verità è che noi interveniamo su una normativa che divide profondamente le Regioni del nostro Paese. Non possiamo svolgere questo dibattito non considerando la discussione che si è svolta in questo ramo del Parlamento riferita alla devoluzione. C'è il rischio che le Regioni più forti si allontanino sempre di più da quelle più deboli; c'è un recupero strutturale che non può essere garantito; non è garantito solamente con il fondo perequativo che, seppure in questa riforma rappresenta uno strumento necessario, è assolutamente insufficiente a garantire il recupero delle aree arretrate del Paese.

Riteniamo anche profondamente sbagliato che si possa intervenire in via straordinaria su materie del genere, su una questione che riguarda soprattutto il Mezzogiorno del nostro Paese. Questo è un obbligo e un dovere dello Stato in via primaria e ordinaria.

La Costituzione assegna allo Stato il compito di stabilire i princìpi universali in un modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Con questa riforma e con queste norme di attuazione, noi riteniamo che ciò non verrà garantito. Questo non è presente nel provvedimento, non ci sono le garanzie che noi avremmo richiesto e confermo tutte le preoccupazioni espresse in sede di discussione generale.

Per queste motivazioni, preannuncio il voto contrario dei senatori di Rifondazione Comunista.

 

KOFLER (Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

KOFLER (Aut). Signor Presidente, signor Ministro, signor Sottosegretario, colleghe e colleghi, facendo una considerazione finale e complessiva del disegno di legge che andiamo a votare notiamo tentativi più o meno velati di evitare che la riforma del Titolo V possa esplicare la sua vera portata ed i suoi effetti salutari e benefici per un cammino federalista.

La maggioranza sembra avere poca fiducia addirittura nella propria attività parlamentare, se già all’articolo 1 prevede una delega al Governo per la fissazione di nuovi princìpi fondamentali, in attesa dell’emanazione delle leggi relative da parte del Parlamento stesso. Le varie procedure previste, ad esempio, in tema di partecipazione delle Regioni in materia comunitaria oppure in tema di attività internazionale delle Regioni stesse sono assai macchinose, lunghe e complicate.

Ciò che poi ci preoccupa molto è il fatto che maggioranza e Governo non erano disposti ad eliminare passaggi di dubbia costituzionalità e nemmeno passaggi di sicura incostituzionalità, che noi del Gruppo per le Autonomie avremmo voluto sopprimere con nostri emendamenti. Ricordo all’uopo la riduzione della portata generale del dettato costituzionale riguardante le materie di competenza legislativa delle Regioni e delle Province. Ricordo inoltre la previsione di interventi di rango legislativo tra i poteri sostitutivi del Governo.

Infine, va annoverata anche la - seppure molto velatamente ed indirettamente formulata - reintroduzione del potere di indirizzo e coordinamento esplicitamente abrogato in precedenza da una riforma costituzionale. Mi riferisco precisamente al comma 6 dell’articolo 7.

Maggioranza e Governo non erano disposti a dare neanche un piccolo segnale di considerazione particolare per le autonomie speciali, garantendo almeno un rappresentante delle stesse nelle delegazioni che parteciperanno alla formulazione degli atti comunitari.

Turbamento profondo ci ha arrecato il tentativo di far applicare le norme relative al rappresentante dello Stato per le Regioni a statuto ordinario anche alle Province autonome di Trento e Bolzano. Non siamo d’accordo né sul merito, né sul metodo e neanche sulla raccomandazione al Governo. Le competenze del commissario di Governo nelle province di Bolzano e Trento non hanno bisogno di essere integrate o aumentate. Tentativi del genere sono e saranno in futuro considerati come un attacco alle nostre autonomie speciali, ai quali ci opporremo con forza e che speriamo non abbiano più a ripetersi.

Non voglio tralasciare, dopo queste considerazioni preoccupate, un riferimento al forse unico momento positivo, cioè la riformulazione dell’articolo 10, a cura del presidente della 1a Commissione Pastore, che ha recepito integralmente la proposta da noi avanzata. Per tale motivo, vorrei esprimere in questa sede il nostro apprezzamento.

Tuttavia, la riformulazione dell’articolo 10 non è sufficiente a fugare le nostre preoccupazioni e perplessità sopra evidenziate nei confronti del disegno di legge nel suo complesso. Per questo motivo, annuncio il nostro voto contrario.

 

MAFFIOLI (UDC:CCD-CDU-DE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAFFIOLI (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, mi sembra inutile sottolineare l’importanza di questo provvedimento, che dà finalmente il via ad una serie di puntualizzazioni e di precisazioni su come meglio applicare il Titolo V della Costituzione, recentemente modificato. È quindi inutile, a mio avviso, ribadire quanto già emerso nella discussione generale.

Per i motivi già espressi, il Gruppo dell’UDC non può che essere favorevole all’approvazione del provvedimento. Colgo l’occasione per congratularmi ancora con il ministro La Loggia, per la capacità che ha avuto nel condurre questo provvedimento ad una approvazione pressoché unanime. (Applausi dal Gruppo UDC:CCD-CDU-DE).

 

STIFFONI (LP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

STIFFONI (LP). Signor Presidente, a nome del Gruppo Lega Padana esprimo il consenso a questa iniziativa governativa, volta a modificare ulteriormente le norme costituzionali, già riformate con la legge n. 3 del 2001, nel senso di una piena attuazione del principio del pluralismo autonomistico.

In questa ottica, infatti, si inseriscono il disegno di legge sulla devoluzione del nostro ministro delle riforme Bossi, già approvato dal Senato, e le iniziative in via di elaborazione dirette alla trasformazione del Senato in Camera delle Regioni, alla modifica della composizione della Corte costituzionale in modo da assicurare una rappresentanza delle Regioni, nonché il progetto di attuazione del federalismo fiscale.

Per questi motivi, confermo il voto favorevole del mio Gruppo. (Applausi dal Gruppo LP e del senatore Pastore).

 

BATTISTI (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BATTISTI (Mar-DL-U). Signor Presidente, nell’annunciare il voto favorevole del Gruppo della Margherita al provvedimento in esame, desidero fare alcune brevi considerazioni: i giorni alle nostre spalle sono stati comunque positivi per il Senato - lo dobbiamo anche al presidente Pera, che ha avuto la sensibilità di avviare un dibattito ampio e sereno - perché abbiamo toccato con mano che è possibile, quando parliamo di Costituzione, di regole comuni, della casa in cui tutti dobbiamo operare, discutere, dibattere, trovare soluzioni, convergere e confrontarsi facendo vivere il primato della ragione. È una questione di metodo non di secondo piano.

Anche nel merito del provvedimento abbiamo registrato un positivo e comune lavoro. Il lavoro del Ministro, particolarmente competente in questa materia, il lavoro della maggioranza e dell’opposizione è stato nella sostanza un buon lavoro. Nel merito siamo ancora più soddisfatti per un principio fondamentale, perché cominciamo ad attuare la Costituzione e quella parte di essa di recente riformata: Stato, Regioni, Province, Comuni, nuovo ruolo e nuova funzione della Corte dei conti sono certamente un passo in avanti nell’attuazione della riforma del Titolo V.

Vi sono alcune lacune, come è ovvio che vi siano in un provvedimento complesso e difficile; il cammino dell’attuazione della riforma inizia da qui e non sarà certo né breve né facile ma quello dato è un segno importante. Credo che il disegno di legge al nostro voto sia di cruciale importanza per l’evoluzione del regionalismo italiano, proprio perché chiamato ad operare delle fondamentali scelte di disciplina costituzionale che, come è stato osservato, in più punti rinvia la sua specificazione e concreta operatività a leggi di attuazione.

Il provvedimento La Loggia si muove nella logica di coordinazione dell’esercizio delle rispettive attribuzioni. Si tratta di un metodo, di un contenuto, di una forma e di una sostanza ben diversi da quelli che ci hanno costretto alla discussione ed alla approvazione di un altro testo di legge, quello sulla devolution, di segno nettamente opposto e differente, che segna la mancanza di un indirizzo unitario all’interno del Governo e della maggioranza che si muova su linee compatibili tra loro.

Vedremo il futuro dell’attuazione del provvedimento oggi alla nostra approvazione; vedremo anche se le perplessità, le critiche da noi rivolte contro il provvedimento sulla devolution si riveleranno o meno vere.

Oltre ad approvare questo provvedimento, dobbiamo prendere atto che quel metodo, cui facevo riferimento prima, può e deve guidarci nell’agenda futura di fronte a noi: le riforme, la giustizia; temi scottanti che dividono maggioranza ed opposizione che, se letti in una logica comune e di rispetto costituzionale, ci avvieranno ad una stagione di lavoro più proficuo.

Per questi motivi e per quelli già illustrati in precedenza, il Gruppo della Margherita voterà a favore del provvedimento. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U e della senatrice De Zulueta).

 

BONGIORNO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BONGIORNO (AN). Signor Presidente, onorevoli senatori, desidero, sia pure in questo brevissimo intervento, fare riferimento ad un dato politico che mi sembra assolutamente rilevante, e cioè lo spirito di assoluta e grande disponibilità al dialogo, alla collaborazione e al perseguimento di questo grande obiettivo, che potrebbe caratterizzare la legislatura in corso, ossia il perfezionamento di un percorso riformatore che potrebbe cambiare il volto della nostra Repubblica.

Credo che da questo punto di vista ci sia una diffusa volontà, registratasi in questo dibattito nell'Aula di Palazzo Madama, sia per quanto riguarda le riforme istituzionali, sia per quanto riguarda il disegno di legge di adeguamento dell'ordinamento alla riforma costituzionale del Titolo V, Parte II, della Costituzione.

Desidero sottolineare questo aspetto perché poi, al di fuori di quest'Aula, le cronache giornalistiche, le cronache televisive di ieri sera e gli ultimi telegiornali, evidentemente suonavano un po' stonati rispetto al contenuto, ai toni, agli atteggiamenti registratisi in quest'Aula sino a pochi minuti prima.

Si parlava di netta contrapposizione, di scontro tra i senatori della maggioranza e i senatori dell'opposizione, cosa che assolutamente non corrisponde a verità; così che, se la politica italiana negli ultimi mesi è stata indubbiamente caratterizzata da questi scontri, da questa rissosità, a volte con punte addirittura violente, non vi è però dubbio che questo viene amplificato, artatamente, strumentalmente, anche quando la realtà delle cose non è assolutamente questa. Quindi, che si sottolinei e che si evidenzi invece lo spirito di collaborazione e di disponibilità al dialogo, è un fatto politicamente rilevante.

Ora, però, bisogna andare avanti sul percorso delle riforme. Si sta centrando un obiettivo assolutamente importante con l'approvazione di questo disegno di legge presentato dal Governo e dal ministro La Loggia. Bisognerebbe centrare entro la fine del 2003 l'obiettivo della chiusura del grande processo di riforma costituzionale. In questo senso c'è la grande disponibilità e la ferma volontà di Alleanza Nazionale che, sia pure ferma su determinate posizioni, tuttavia è disponibilissima al dialogo per raggiungere quel punto d'incontro utile al perseguimento ed alla concretizzazione della causa, nel rispetto, peraltro, della collaborazione e della disponibilità mostrata da altri.

Avviandomi alla conclusione, desidero evidenziare come ieri sera sia emersa con forza una particolare attenzione verso le zone e le aree deboli del Paese, in particolare verso il Mezzogiorno d'Italia e le isole, e un'attenzione verso le peculiarità di queste Regioni. È stato ribadito e confermato che c'è quest'attenzione, si legge nelle norme del disegno di legge che stiamo per approvare, e questo non può non confortare quegli schieramenti, quei partiti che hanno particolarmente a cuore le sorti del Mezzogiorno d'Italia, come appunto, e fortemente, Alleanza Nazionale.

Svolte queste osservazioni, che si aggiungono alle altre che ho avuto la possibilità di esprimere nel corso del dibattito ieri sera, confermo il voto favorevole di Alleanza Nazionale. (Applausi dal Gruppo AN).

 

IOANNUCCI (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IOANNUCCI (FI). Signor Presidente, onorevole Ministro, colleghi senatori, l'approvazione della legge costituzionale n. 3 del 2001, di riforma organica del Titolo V della parte seconda della Costituzione, entrata in vigore a seguito dell'esito positivo del referendum costituzionale di cui all'articolo 138 della Costituzione, ha profondamente mutato l'assetto dei rapporti tra Stato, Regioni ed enti locali, realizzando un decentramento politico.

Tale legge, pur avendo prodotto effetti di notevole impatto sull'intero assetto costituzionale, tuttavia non ha delineato uno Stato federale, basato sullo Stato centrale ed i singoli Stati membri, le Regioni in questo caso, che restano padroni dell'ordinamento degli enti territoriali minori, cioè una differenziazione di competenze e poteri ben delineata e definita, ma ha disegnato una Repubblica delle autonomie articolata su più livelli territoriali di Governo (Comuni, Città metropolitane, Province, Regioni, Stato), ciascuno dotato di autonomia politica, costituzionalmente garantita.

Tuttavia la scelta della "Repubblica delle autonomie", che richiede, proprio per la sua essenza, una attenta costruzione giuridica, ha comportato, anche per il superficiale impegno dell'allora legislatore costituzionale (che, lo ricordo, ha approvato la riforma con maggioranza minimale), incongruenze sul modo in cui sono ripartite e collegate le competenze, sia quelle legislative che quelle amministrative, tra lo Stato e gli altri enti territoriali.

Ed infatti, in un sistema in cui è prevista l'equiordinazione di rango dei predetti enti territoriali e delle leggi (statale e regionale), la stessa norma costituzionale ha dimenticato, non solo di dettare i meccanismi di raccordo di ordine generale tra i vari istituti costituzionali, ma ha ancor più aggravato la situazione ordinamentale, ponendo competenze "trasversali" e trasferimenti contenutisticamente vuoti.

Non per nulla uno dei punti più difficili della riforma risulta, da un lato, determinare l'oggettivazione delle funzioni fondamentali di Comuni, Provincie e Città metropolitane, dall'altro, individuare il soggetto istituzionale - Stato o Regioni - che è competente a determinarle.

E' significativo il dibattito se debba essere lo Stato ad attivare con propria legge le funzioni degli enti locali, sottraendole alle Regioni, per evitare che queste si riservino un numero quantitativamente e qualitativamente importante delle funzioni stesse, o se, invece, spetta alla Regione autodeterminarsi nell'equiordinamentismo istituzionale, oppure se gli enti locali entrano nel nuovo assetto ordinamentale costituzionale con le previgenti funzioni. Un problema di tutta evidenza non marginale ma centrale per quella nuova organizzazione costituzionale che, però, non ha tenuto neppure conto del numero e della varietà sostanziale degli 8.100 Comuni italiani, differenti nella dimensione e nei mezzi.

Né appare risolutiva la novella dell'articolo 118 della Costituzione che, per tentare di assicurare l'esercizio unitario delle funzioni amministrative, sostanzializza la possibilità di conferirle alle Provincie e alle Città metropolitane, senza indicare a quale ente costituzionale spetti questa discrezionalità.

A ciò va aggiunta anche una confusione terminologica che aggrava ulteriormente il sistema legislativo. Non sfugge, infatti, che la legge costituzionale del 2001, per individuare le materie attribuite alle diverse specie di competenze legislative, ricorre a termini differenti rispetto a quelli utilizzati nel testo modificato, dando luogo ad una evidente difficoltà di determinazione dei confini delle materie e delle relative competenze.

La riforma del Titolo V, quindi, se ha arrecato modifiche di portata ampia e complessa, nel senso di una pariordinazione degli enti territoriali costitutivi della Repubblica (ridisegnando i poteri e le competenze degli enti locali e modificando la struttura di base del nostro Paese), ha però generato significative incongruenze e lacune giuridiche, che non sono state neppure temperate da opportune norme transitorie. L'evidente limite della totale assenza di tali norme transitorie (che permettono di passare da un sistema di regolamentazione ad un altro), ha determinato uno stato di totale incertezza intorno al tema dell'attuazione e delle connesse urgenze legislative, generando fondata preoccupazione non solo politica ma anche istituzionale.

Tra l'altro la riforma, così come approvata, non solo è difficilmente attuabile, ma è priva del necessario raccordo con tutto il sistema istituzionale e ordinamentale del nostro paese e dell'Europa. La necessaria funzione di far fronte alle gravi difficoltà di attuazione del riformato Titolo V della Costituzione (allo stato degli atti assolutamente e oggettivamente inapplicabile), ha imposto l'urgenza di approvazione di una legge formale che si ponga come piattaforma logico-giuridica per la sua attuazione.

Un programma ed una legge che, riconoscendo la necessità di sostenere e valorizzare il processo autonomistico in senso federale, scioglie i più rilevanti nodi interpretativi e di attuazione della riforma costituzionale, in attuazione dei principi di sussidiarietà e di pari dignità costituzionale, rendendo, così, attuabili concretamente le norme costituzionali del novellato Titolo V.

Il disegno di legge in esame, dunque, si pone come la necessaria ma efficiente ed efficace risposta alle problematiche espresse ed ai nodi costituiti dall'attuazione degli articoli 114, 117, 118 e 120 della Costituzione, dalla corretta applicazione del riparto delle funzioni legislative tra lo Stato e le regioni, dalla determinazione delle funzioni amministrative, dal potere sostitutivo dello Stato, dal riconoscimento del potere normativo degli enti locali, dalla determinazione essenziale delle forme di garanzia degli enti di fronte alla Corte costituzionale, dalla determinazione dei controlli e degli ambiti di operatività dell'articolo 120, dall'attuazione del titolo V nelle Regioni a statuto speciale.

Un lavoro attento di un legislatore che, di fronte ad una novella costituzionale di fatto inapplicabile, è riuscito a trovare un sistema legislativo di particolare perizia che ha permesso, con una legge ordinaria, di costruire un valido sistema in cui inserire la norma costituzionale, cioè un'opera di complessa ed articolata ingegneria giuridica che ha rivoluzionato, con maestria, i canoni ordinari del legiferare che individuano nella legge costituzionale la forza traente, trainante ed applicativa della legge formale. Ed, invece, nella situazione in esame, è la legge ordinaria che è riuscita a dare valenza ed applicabilità alle disposizioni costituzionali, applicando una rivoluzione copernicana giuridica e legislativa.

Con disposizioni consequenziali e coerenti, di cui va dato un doveroso riconoscimento a questo Governo ed in particolare al ministro La Loggia, il disegno di legge in esame integra, chiarisce, concretizza, insomma dà vita attraverso una legge formale a ciò che avrebbe dovuto essere già contenuto nella norma costituzionale, conferendo coerenza ed organicità ad un sistema caotico e non funzionale.

Non giunge, quindi, inaspettato il plauso dell'opposizione nell'accogliere questa legge, ma accanto al sollievo di uno scampato pericolo, ci si sarebbe, forse, aspettati un più significativo ringraziamento al Governo ed in particolare all'impegno e alla fattiva ed intelligente opera del ministro La Loggia. Noi di Forza Italia lo facciamo convinti che tutto il lavoro svolto è non solo un pregevole rimedio agli errori altrui, ma è la più lampante conferma della seria e proficua attività che l'Esecutivo sta compiendo nel campo delle riforme.

Con soddisfazione apprendiamo che il Ministro considera questo suo pregevole lavoro come un primo passo per giungere alla riforma della riforma del Titolo V della Costituzione, riconosciuta necessaria anche dall'opposizione che, finalmente, di fronte all'oggettività giuridica, non può, come spesso è avvenuto, negare l'evidenza degli errori commessi quando era maggioranza.

Ma, al di là di ogni pur dovuta considerazione politica, ciò che oggi rileva è la condivisione totale ed oggettiva dell'importanza delle istituzioni e della forza delle loro funzioni. Spero che tale comune sentire possa continuare nell'opera necessaria delle riforme costituzionali, ricordando sempre che la Costituzione non è né della maggioranza, né dell'opposizione ma di tutti.

Il ringraziamento al ministro La Loggia per il lavoro svolto e la soddisfazione di un'unanime sentire di tutte le forze politiche lo concretizziamo, noi di Forza Italia, con il nostro convinto voto favorevole. (Applausi dai Gruppi FI e LP. Congratulazioni).

 

TURRONI (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Prego i colleghi di ridurre il brusìo, perché l’Aula si è riempita e non si ascoltano bene le dichiarazioni.

TURRONI (Verdi-U). Signor Presidente, le condizioni della mia voce non sono affatto migliorate e non mi consentono di svolgere il mio intervento.

Voglio solo annunciare il voto di astensione dei Verdi, dovuto a due ragioni.

La prima attiene alla nostra considerazione di tutta l’architettura costituzionale, così come si è venuta delineando, alle perplessità di cui ho dato ancora conto ieri nei miei interventi e quindi ad una valutazione coerente delle misure che sono state introdotte a questo proposito nel disegno di legge che abbiamo all’esame.

La seconda ragione riguarda il modo in cui ci si è confrontati con il nostro Gruppo da parte del Governo e dei relatori, non tenendo fede alle parole date in Commissione.

Ci siamo trovati su una questione, certamente marginale per la maggioranza e anche per taluni dell'opposizione, cioè la possibilità per le associazioni di vedere riconosciuto negli statuti, in virtù della loro missione di tutela dell'ambiente, della salute e dei diritti dei cittadini, il diritto di accedere ai documenti e agli atti dei Ministeri, della pubblica amministrazione. Questa era l'unica cosa sostanziale che avevamo chiesto. Ci è stato risposto a muso duro. Benissimo. Terremo conto, anche nel prosieguo dei nostri lavori, delle finte aperture che ci faranno il Governo e la maggioranza.

Confermo il voto di astensione.

 

*DEL PENNINO (Misto-PRI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DEL PENNINO (Misto-PRI). Signor Presidente, esprimerò un voto favorevole al disegno di legge al nostro esame, ma non posso esimermi da alcune riflessioni, anche critiche. La prima riguarda la natura di questo stesso disegno di legge.

Certo, siamo in presenza di un testo articolato e ben scritto, ma che mantiene il limite di una legge di procedure, resa necessaria per disciplinare la fase transitoria e consentire la messa a regime del nuovo assetto istituzionale.

Il disegno rappresenta un passo avanti rispetto alla legge costituzionale n. 3 del 2001, la cui diretta ed immediata applicazione aveva creato non pochi problemi, ma io non posso non ribadire la convinzione, già espressa in sede di udienze conoscitive e di dibattito in 1a Commissione, che la legge costituzionale sopracitata meriti più correzioni che non attuazione. È una legge che presenta forti elementi di confusione e di contrasto, a partire dalla cosiddetta legislazione concorrente, sulla quale apprendo con piacere che il Ministro intende introdurre elementi correttivi.

Proprio in materia di legislazione concorrente non posso non richiamare l'attenzione del Ministro su un punto che a nostro avviso rappresenta uno degli aspetti più delicati e più complessi. Tra le materie di legislazione concorrente figura oggi anche la protezione civile. Tecnicamente la cosa lascerebbe quasi increduli, giacché le calamità naturali sono ormai occasione di solidarietà addirittura internazionale. Di fronte alla possibile enormità di un disastro naturale è letteralmente un non senso attribuirne prevenzione e gestione ad una struttura intermedia qual è la Regione.

Oltretutto, la competenza regionale in materia creerebbe inaccettabili disparità di trattamento tra i cittadini in emergenze attinenti agli interessi primari dell'uomo. Avevamo presentato su questo punto un emendamento, che è stato giudicato inammissibile dalla Presidenza, perché non rientrava nella materia. Ci premeva però sottolineare questo aspetto e ci preme ribadirlo in questa dichiarazione di voto, perché siamo convinti che è materia su cui il Governo ed il Parlamento dovranno intervenire in fase di revisione della legislazione concorrente.

La seconda ed ultima considerazione che vorrei fare è relativa all'andamento di questo dibattito e alle correzioni che sono state apportate al testo del disegno di legge, così come era stato presentato dal Governo.

Gli emendamenti che noi avevamo presentato andavano esattamente nella direzione opposta a quella degli emendamenti che sono stati approvati. Da questo punto di vista, non possiamo non giudicare il testo che uscirà dal voto del Senato come un testo peggiorativo rispetto a quello iniziale del Governo, e ne attribuiamo la responsabilità ai colleghi dell'opposizione: ancora una volta, la deriva pararegionalista ha travolto alcuni paletti che erano stati messi nel disegno di legge originario. Ebbene, io credo che questo sia un argomento su cui occorre riflettere. (Brusìo in Aula).

PRESIDENTE. Colleghi, vi invito a sgombrare l'emiciclo: non è possibile, c'è troppo rumore in Aula! Non c'è rispetto per l'oratore! Quindi, fuori dall'emiciclo, per favore, conversazioni fuori dall'Aula.

Prego, senatore Del Pennino, vada pure avanti.

DEL PENNINO (Misto-PRI). Dicevo, signor Presidente, che è questo un punto su cui bisogna riflettere.

Ieri, intervenendo nel dibattito sulle questioni istituzionali, citavo un recente articolo di un autorevole politologo, Ernesto Galli Della Loggia, il quale aveva detto che sono venuti meno tre punti centrali che avevano garantito l'equilibrio e lo sviluppo della società italiana in questi anni: lo Stato, l'industria e i partiti. Ieri mi sono dilungato nell'analisi del problema dei partiti.

Vorrei oggi toccare, sia pure brevemente, il tema dello Stato, per riproporre un interrogativo posto da Galli Della Loggia che, anche per il modo in cui è stato corretto questo disegno di legge dal voto che il Senato ha espresso sugli emendamenti, è reso più pressante.

Affermava Galli Della Loggia: "Con le Regioni siamo ora consegnati ad un'autorità divisa e diversa da luogo a luogo, che avvertiamo, ed è, perlopiù inesperta, senza neppure quel po' di tradizione e di prestigio che aveva il vecchio Stato". E si chiedeva: "Riusciranno le Regioni ad assolvere ai loro nuovi compiti?". Ecco, credo che emendamenti e correzioni al disegno di legge come quelli che sono stati fatti introdurre dai colleghi dell'opposizione non aiutino a dare una risposta positiva a questo interrogativo. (Applausi dai Gruppi FI e AN. Congratulazioni).

 

VITALI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VITALI (DS-U). Signor Presidente, abbiamo svolto un lavoro sicuramente utile, prima in Commissione e poi in Aula, un lavoro che non ha risolto tutti i problemi.

Il senatore Turroni ricordava, ad esempio, un problema, che ha una sua rilevanza, che non è stato adeguatamente risolto e che credo debba rimanere alla nostra attenzione, perché questioni come quelle che riguardano le associazioni in generale, e quelle ambientaliste in particolare, debbano essere considerate di primaria grandezza.

Altri problemi che non sono stati risolti sono quelli posti in parte dall'ANCI e in parte dalla Conferenza dei presidenti delle Regioni. Voglio ricordare per tutte la questione relativa alla norma inserita all'articolo 8, dove si introduce il meccanismo della sospensiva della legge regionale o statale esercitabile d'ufficio dalla Corte costituzionale, quando essa ritenga che l'esecuzione della legge impugnata possa comportare il rischio di un irreparabile pregiudizio all'interesse pubblico o all'ordinamento giuridico della Repubblica. La Conferenza delle Regioni, giustamente, chiede che questa formulazione venga modificata, venga resa più ristretta, in modo tale da impedire incertezze gravi per i cittadini, qualora ci si trovasse di fronte a questa impugnativa.

Un altro problema che non è stato adeguatamente risolto è quello posto dall'ANCI, che voleva maggiori garanzie circa il trasferimento delle funzioni amministrative dalle Regioni agli enti locali contro i fenomeni di centralismo regionale. Così come sia senatori della maggioranza che senatori dell'opposizione avevano sostenuto la necessità di ripristinare il meccanismo di finanziamento delle funzioni delegate, delle cosiddette leggi Bassanini, cioè sulla base di decreti-legge.

Invece, anche per un parere che in questo senso è stato espresso dalla 5a Commissione, è rimasto il testo originario dell'articolato, che chiede che questi finanziamenti avvengano attraverso disegni di legge ordinari. Anche a tal proposito vi è un'osservazione, a me pare molto fondata, da parte della Conferenza delle Regioni, nella quale si sottolinea che questo introduce meccanismi troppo lunghi, che non hanno alcuna possibilità reale di corrispondere alle esigenze di rapidità ed efficienza in tale meccanismo finanziario.

Al di là di questi problemi, che rimangono a nostro modo di vedere aperti, anche il nostro Gruppo, così come altri Gruppi dell'opposizione, annuncia il proprio voto favorevole sul provvedimento in esame. Noi siamo in particolare soddisfatti della soluzione che è stata trovata ieri sera in Aula circa un problema che la Commissione aveva lasciato aperto, quello relativo ai controlli della Corte dei conti in materia di Patto di stabilità interno.

La soluzione è coerente con l'emendamento che avevamo presentato e complessivamente riteniamo importante che si sia provveduto ad esaminare, discutere e adesso approvare un provvedimento essenziale di attuazione del Titolo V della Costituzione tenendo conto delle osservazioni, delle proposte e dei suggerimenti dell'opposizione.

Questa è la ragione essenziale che ci porta ad esprimere un giudizio complessivamente positivo, pur con le riserve che ho ricordato del lavoro svolto, e che ci porta ad esprimere - ripeto - il nostro voto favorevole sul provvedimento.

Si sarebbe dovuto procedere in questo modo anche su altre questioni. Non posso non ricordare in sede di dichiarazione di voto che la devolution ha rappresentato uno strappo grave a questo metodo. Mentre per il disegno di legge La Loggia si è attuata l'intesa interistituzionale che prevedeva l'accordo fra i diversi livelli dell'autonomia degli enti locali per l'attuazione di provvedimenti relativi al Titolo V, questo accordo è stato calpestato, è stato stracciato quando si è trattato di devolution, perché su quel provvedimento vi erano pareri contrari delle associazioni delle autonomie e della metà delle Regioni italiane.

Voglio però ricordare che consideriamo la conclusione positiva di questo lavoro solo il primo di altri passi necessari per dare effettiva e coerente attuazione al processo federalista che finalmente abbiamo aperto nel nostro Paese con la riforma del Titolo V della Costituzione, che certo non sarà perfetto, che noi non riteniamo immodificabile in tutte le sue parti, ma che consente oggi a questo Parlamento, a questo Senato di approvare un testo importante di attuazione e quindi di aprire effettivamente un processo nella direzione voluta, cioè del trasferimento di competenze consistenti a Comuni, Province e Regioni, che vuol dire avvicinare l'esercizio delle funzioni pubbliche ai cittadini e alle comunità che sono i titolari della sovranità.

Questo cammino, secondo noi, deve prevedere altre tappe fondamentali. La prima è l'allargamento della Commissione per le questioni regionali ai rappresentanti di Regioni e autonomie locali. Insieme al senatore Vizzini abbiamo posto questo problema in sede di dibattito generale sulle riforme istituzionali. Sono soddisfatto che nel testo definitivo del provvedimento alla Commissione per le questioni regionali venga affidato il compito di verificare, di discutere circa i decreti delegati del Governo sulle funzioni fondamentali.

L'allargamento di quella Commissione rappresenta il primo segnale concreto di voler provvedere a costituire istituzioni di raccordo tra Parlamento, Regioni e autonomie locali, che sono indispensabili nel momento in cui con la nuova Costituzione si trasferiscono enormi poteri a livello locale e regionale. Non possiamo lamentarci del cattivo funzionamento dei meccanismi che abbiamo messo in atto se non completiamo il processo e soprattutto se non costituiamo questi organismi di raccordo.

Il secondo passo - anche di questo si è parlato in sede di dibattito generale sulle riforme istituzionali - dovrà necessariamente consistere nella discussione di appositi disegni di legge - che, per quanto ci riguarda, stiamo provvedendo a presentare - riguardanti la riforma federalista del Parlamento, il superamento del bicameralismo perfetto in direzione di un bicameralismo di tipo funzionale, che preveda competenze differenziate ed un Senato federale, eletto direttamente insieme alle assemblee regionali, che rappresenti le comunità locali nel processo di definizione dei provvedimenti adottati a livello centrale necessari per far funzionare il meccanismo delineato dal Titolo V.

Infine (non voglio dilungarmi troppo, ma ritengo che questi siano punti importanti), vorrei ricordare un altro aspetto di cui si è discusso a lungo nella seduta di ieri sera, ma che è bene ricordare in sede di dichiarazione di voto. Mi riferisco al provvedimento attuativo del pilastro della riforma federalista della Costituzione, cioè l’articolo 119 relativo al coordinamento della finanza pubblica e al federalismo fiscale. Anche su questo argomento ci prepariamo a presentare un apposito disegno di legge.

Sollecitiamo a fare altrettanto la maggioranza e anche il Governo, tramite il ministro La Loggia. Egli non ha direttamente competenza in materia, ma è Ministro per gli affari regionali e credo che lui stesso debba farsi carico della necessità che il Governo presenti una proposta in materia, perché è l’unico modo per dimostrare che si crede veramente a questo processo di trasferimento.

Senza la definizione di un quadro di attribuzione di risorse, di un fondo perequativo, è chiaro che l’attuazione del Titolo V, ma ancor più la devolution, qualora malauguratamente diventasse legge, sono destinati a produrre differenze enormi tra Regioni forti e Regioni deboli, e quindi a mettere in discussione l’uguaglianza dei diritti sociali e civili su tutto il territorio nazionale.

Pertanto, dobbiamo proseguire rapidamente su questa strada. Riteniamo che il voto largamente convergente del Senato della Repubblica su un fondamentale provvedimento istituzionale come questo sia di auspicio al fatto che si proceda realmente lungo una strada che secondo me è l’unica per cui si possa attuare davvero un ordinamento federale della nostra Repubblica. (Applausi dal Gruppo DS-U. Congratulazioni).

 

*SERVELLO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

SERVELLO (AN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella giornata di ieri si è svolto un ampio ed impegnato dibattito sulle riforme istituzionali, nel corso del quale ho avuto l’onore di prendere la parola sulle riforme in senso generale. Pur con tutte le preoccupazioni, che a suo tempo espressi in sede di Bicamerale, ho dichiarato la mia adesione al processo di devoluzione, sempreché questo venga bilanciato da quella centralità dello Stato che si esercita attraverso norme e riforme che vanno dal semipresidenzialismo a tutta un’altra serie di misure con riflessi anche sul terreno parlamentare. Questa è la posizione del Gruppo e del partito al quale appartengo.

Mi sarei aspettato che tutto filasse diritto su questa legge, che tende all’obiettivo di riparare, in un certo senso, ai guasti e alle conseguenze determinati dalla riforma del Titolo V della Costituzione, varata alla fine della scorsa legislatura dal centro-sinistra. Invece, nel corso della seduta di ieri sera, un emendamento che inquadrava perfettamente questa necessità di bilanciamento, presentato dal relatore Magnalbò, sul quale - a quel che mi risulta - c’era il consenso non solo di tutta Alleanza Nazionale, ma del Governo stesso, è stato improvvisamente ritirato, dietro sollecitazioni di carattere politico rivolte al Governo e al relatore.

A quel che mi risulta non vi è stata nessuna trattativa al riguardo, trattandosi di una materia delicata che riguarda i rapporti tra lo Stato e le province di Bolzano e di Trento. Sono spiacente di non aver potuto assistere, per indisposizione, al dibattito di ieri sera. Tuttavia, debbo dire che mi è sembrata una forzatura politicamente non comprensibile tanto più, onorevole La Loggia, che lei era ben consapevole della portata di questo emendamento e mi risulta che ne fosse anche convinto.

Apprendo ancora dal resoconto che, dopo che il senatore Magnalbò aveva obtorto collo aderito alla richiesta di un Gruppo parlamentare di ritirare l’emendamento e di trasformarlo in un ordine del giorno, lei, onorevole Ministro, lo ha accettato come raccomandazione. Lei è troppo abituato a queste Aule parlamentari come ex Capogruppo per non capire che - benedetto Iddio! - di fronte ad una forzatura politica di questa natura, di cui il Gruppo non era stato affatto avvertito in tempo debito, perlomeno doveva esprimere un assenso pieno all’ordine del giorno.

Per questi motivi, onorevole Presidente, a meno che il Governo non intenda fornire delle precisazioni, io non voterò questa legge. Naturalmente ne condivido in pieno le finalità e la sostanza, ma questo sintomo - una specie di svegliarino! - mi fa intendere che bisogna stare molto attenti anche nella maggioranza e ad alcune ispirazioni ad essa contigue. Non basta avere l’intenzione di guadagnare qualche voto in più: questa maggioranza può funzionare, quando non ha altri apporti esterni, con se stessa, purché sia compatta! (Applausi dai Gruppi AN e LP).

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale del disegno di legge n. 1545, ha chiesto di intervenire, per il Governo, il ministro La Loggia. Ne ha facoltà.

 

LA LOGGIA, ministro per gli affari regionali. Signor Presidente, colleghi, per la verità intervengo solo per adempiere ad un dovere, cosa che faccio, con piacere e con grande soddisfazione.

Il percorso di questo disegno di legge ha segnato - e credo che tutti ne dobbiamo essere soddisfatti - momenti di approfondimento, di confronto, di dibattito e di dialogo che hanno realmente contribuito ad una migliore formulazione e ad un’intesa, che è nell’auspicio di tutti - come è emerso anche dal dibattito sulle riforme che si è concluso ieri - così come dovrebbe avvenire quando si parla di regole della "casa comune" che è il nostro Paese, nel quale viviamo ed operiamo. Altra cosa, com'è ovvio, sono le contrapposizioni tra un programma di Governo, un programma di maggioranza e le proposte alternative, le critiche o anche le pregiudiziali politiche che possono venire dalle opposizioni.

Devo veramente dichiararmi soddisfatto. È stato svolto un buon lavoro, ed esprimo il mio ringraziamento particolare al Presidente della Commissione affari costituzionali, anche nella sua veste di relatore, così come nei confronti del senatore Magnalbò, altro relatore, ai componenti della Commissione affari costituzionali e a tutti i colleghi. Tutti: i colleghi della maggioranza, i colleghi dell’opposizione che hanno ritenuto di doversi astenere, manifestando comunque una non ostilità nei confronti del disegno di legge, e quelli dell’opposizione che hanno manifestato addirittura un voto favorevole, fatto che forse va anche al di là delle nostre aspettative. Di questo sono grato.

Desidero svolgere alcune precisazioni su alcuni emendamenti. Lo faccio non solo perché sollecitato dall’amico senatore Servello, ma perché so che anche su altre proposte di modifiche vi può essere stato forse qualche equivoco o fraintendimento: spesso si trattava di emendamenti che, pur essendo buoni di per sé e concettualmente anche ben costruiti, era difficile potessero trovare luogo e spazio in questa sede, cioè all'interno della materia che è stata oggetto del disegno di legge in esame.

In particolare, senatore Servello, vorrei invitarla ad un ripensamento rispetto alle sue motivate valutazioni: l’argomento sul quale lei si è opportunamente soffermato obiettivamente necessita di un ulteriore approfondimento. Tuttavia, senza che mai appaia una eventuale violazione dell’autonomia statutaria delle Regioni a statuto speciale, perché questo non poteva e non voleva essere, senatore Kofler, l’argomento di per sé non si prestava ad essere inserito nel contesto di attuazione di una riforma costituzionale.

Quello è argomento che, dopo i dovuti approfondimenti, può trovare spazio in altri disegni di legge, in altro momento di dibattito parlamentare, certo non nel momento in cui si attua la Costituzione e si può dare - così come peraltro è stato da qualcuno evidenziato - la sensazione di volere incidere dal centro, dal Parlamento nazionale nei confronti delle autonomie a statuto speciale, garantite di per sé dalla nostra Costituzione. Quindi non siamo voluti entrare nel merito.

Sono molto grato al relatore Magnalbò di aver voluto trasformare l'emendamento in ordine del giorno, che ho accolto come raccomandazione nel senso che anche questo argomento deve restare nell’agenda dei nostri pensieri, dei problemi da affrontare e da risolvere, trattandosi di una questione autorevolmente sollevata, tenuto conto che la sede in cui sarà affrontata sarà altra e che questa non è la sede opportuna.

Mi auguro che, anche attraverso queste mie parole, si possa recuperare quel clima di armonia, peraltro mai messo in discussione, e si possa concludere positivamente questo percorso che - desidero sottolinearlo - anche per merito di tutti i colleghi del Senato, si sta esaurendo in un tempo inferiore alle sei ore e mezza complessive; il che significa ancora meno di una singola giornata parlamentare. Ciò la dice lunga sulla possibilità di procedere ad esaminare questi argomenti quando vengono affrontati senza pregiudiziali ma con il buon senso e il senso di responsabilità a cui tutti siamo chiamati. (Applausi dai Gruppi FI e LP e dei senatori Monticone e Vitali).

 

PRESIDENTE. Con l'intesa che la Presidenza si intende autorizzata ad effettuare i coordinamenti che si rendessero necessari, metto ai voti il disegno di legge nel suo complesso, nel testo emendato.

 

E' approvato.

(…)

PRESIDENTE La seduta è tolta (ore 13,14).

 

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