SENATO DELLA REPUBBLICA

312a SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MERCOLEDÌ 22 GENNAIO 2003

(Antimeridiana)

Presidenza del presidente PERA, indi del vice presidente FISICHELLA

 

 

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,33).

(…..)

Discussione del disegno di legge:

(1545) Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1545.

La relazione è stata già stampata e distribuita. Chiedo ai relatori, senatori Pastore e Magnalbò se intendono integrare la loro relazione scritta congiunta.

 

PASTORE, relatore. Signor Presidente, rinvio alla relazione scritta, aggiungendo poche parole di carattere generale sull'iter e sui contenuti essenziali di questo importante disegno di legge.

Innanzitutto, è uno dei quei disegni di legge su cui abbiamo registrato un percorso parlamentare estremamente collaborativo da parte delle opposizioni, che hanno saputo svolgere adeguatamente il loro ruolo di critica costruttiva, trovando d'altro canto una maggioranza ben disposta ad accogliere interventi che potessero migliorare il testo normativo, al fine di dare una prima attuazione sostanziale – e direi anche sostanziosa, sul piano quantitativo – alla novella introdotta con la riforma costituzionale del Titolo V della Parte II della Costituzione.

Sono convinto che questo clima permarrà anche durante i lavori di Aula sugli emendamenti presentati da colleghi sia della maggioranza sia dell'opposizione, in modo da licenziare oggi stesso un testo che, anche se sarà soggetto al doveroso vaglio della Camera dei deputati, rappresenta già un punto di riferimento per tutto il sistema delle istituzioni e delle autonomie regionali e locali.

Vediamo ora da quali elementi è caratterizzato questo disegno di legge. Innanzitutto, l'articolo 1 mira ad evitare una situazione di possibile, probabile conflitto istituzionale in tema di legislazione concorrente Stato-Regioni. Infatti, la riforma del Titolo V ha rimodellato le attribuzioni e le competenze, prevedendo, diversamente dal precedente sistema, che le Regioni abbiano competenza esclusiva in tutte le materie non elencate nei commi 2 e 3. Il disegno di legge in esame non intende toccare questa competenza, almeno all'articolo 1. Infatti, al comma 3 di detto articolo 1, utilizzando – anche se con modifiche – un meccanismo presente nel vecchio articolo 117 della Costituzione, viene riconfermata la potestà concorrente Stato-Regioni per alcune materie, ma estremamente ampliate rispetto al modello del vecchio articolo 117.

Da ciò deriva il rischio che, in assenza di una chiara indicazione dei princìpi fondamentali dell'ordinamento ai quali si devono parametrare e sono vincolati gli interventi legislativi regionali in materia di legislazione concorrente, si possa e si potrà ancora di più in futuro arrivare ad una conflittualità permanente tra Stato ed autonomie. Credo che questa situazione non sia voluta da nessuno e che nessuno naturalmente si presterà a rendere effettiva, salvo che non ci sia un'assoluta mancanza di interventi legislativi che indichino una strada da percorrere insieme. E quello al nostro esame è uno di essi, perché si prevedono interventi sulla normativa statale e regionale esistente, con una norma di passaggio indolore verso un nuovo sistema.

Si attribuisce soprattutto una delega al Governo con funzioni esclusivamente ricognitive dei princìpi fondamentali già esistenti nell’ordinamento giuridico.

Mi rendo perfettamente conto che questa delega al Governo sia, in un certo senso, "originale", perché non riguarda una singola materia, ma l’elenco delle materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 della Costituzione, e altresì che mancano dei princìpi e criteri direttivi specifici per ogni singola materia. Però esiste un principio e criterio direttivo unico che, a mio sommesso avviso, soddisfa pienamente le esigenze costituzionali poste a regolamentare la delega legislativa, cioè la funzione meramente ricognitiva dei decreti legislativi che il Governo andrà poi ad adottare ed emanare.

Sull’argomento specifico vi è stata una discussione ampia con l’opposizione, che naturalmente ha considerato con perplessità questo strumento. Però sono state inserite delle norme di garanzia che hanno portato anche l’opposizione a riconoscere la validità ricognitiva dello strumento stesso, che servirà per lo Stato e per le Regioni come indice dei parametri di cui al comma terzo sopracitato, al quale ci si dovrà attenere nel prosieguo, salvo interventi legislativi successivi, variamente modulati.

Ricordo che il modello procedimentale previsto contempla un primo parere delle Commissioni di merito e poi della Commissione bicamerale per le questioni regionali e, sul successivo schema, un nuovo parere, avente però lo stesso valore e la stessa efficacia del primo. La Commissione affari costituzionali, in sostituzione di questo secondo parere, ha ritenuto, da un lato, di dover individuare un percorso con uno strumento diverso, attribuendo al Parlamento il controllo della natura meramente ricognitiva dei decreti legislativi. C’è, in sostanza, una prima fase di merito, in cui il Governo svolge le sue riflessioni, poi c’è una fase di accertamento della natura ricognitiva dei decreti legislativi, con effetti non di natura vincolante, altrimenti avremmo modificato il percorso costituzionale dei decreti legislativi, ma con meccanismi che tutelano il peso di questa voce del Parlamento.

Dall’altro lato, si era attribuita questa funzione, proprio perché deve essere svolta da entrambi i rami del Parlamento in modo congiunto, ad un Comitato paritetico costituito da componenti delle Commissioni affari costituzionali di Camera e Senato. Sul punto c’è stata la richiesta - è stato presentato un emendamento in proposito - di attribuire queste stesse funzioni alla Commissione per le questioni regionali, richiesta alla quale credo si possa accedere, perché fa salvo lo spirito di questo secondo passaggio parlamentare di cui dicevo prima.

Il disegno di legge contiene anche altre norme estremamente significative. L’articolo 2, che è stato aggiunto, si inserisce in quell'intento di riordino della legislazione, necessario anche in questa materia. Visto che il Governo deve provvedere ad un’attività ricognitiva dei princìpi fondamentali, può anche svolgere, con la formula dei testi unici, una funzione ricognitiva delle norme di dettaglio, in modo da fornire a tutti quelli che si trovano alle prese - ahinoi, siamo noi tutti, è l'intero Paese - con la legislazione, uno strumento sicuro di consultazione rapida anche alle stesse Regioni, che poi potranno disattendere queste norme di dettaglio e modificarle secondo le competenze loro riconosciute dalla Costituzione.

Parlando sempre per la parte di mia competenza - perché ho redatto la relazione con il collega Magnalbò, ma vi è stata una ripartizione di materie - l’articolo 3 prevede l’attuazione dell’articolo 114, secondo comma, e dell'articolo 117, sesto comma, della Costituzione in materia di potestà delle autonomie locali.

Gli articoli 4 e 5 sono di competenza del collega Magnalbò.

L’articolo 6 provvede a dare attuazione all’articolo 118 della Costituzione che rappresenta una norma chiave, cardine della riforma costituzionale, perché modifica i livelli di potestà e di responsabilità amministrativa secondo la scalettatura a tutti ormai nota: l’intera potestà amministrativa viene riconosciuta ai comuni salvo che, per le ragioni indicate in Costituzione, non debba essere trasferita ai livelli superiori (Città metropolitane, Province, Regioni e Stato). Si cerca, con un’articolazione complessa ma credo equilibrata, di portare anche a realizzazione questo obiettivo.

Fondamentale è anche l’articolo 7, che prevede l’esercizio del potere sostitutivo del Governo in caso di inadempienza e di inerzia da parte delle Regioni nella loro attività istituzionale, naturalmente quando siano in gioco valori costituzionali rilevanti quali la sicurezza o i livelli minimi dei diritti civili e sociali o, ancora, il rispetto dei trattati e della normativa comunitaria. Quindi, anche sotto tale profilo, il disegno di legge svolge una funzione estremamente significativa.

È chiaro che - un’ultima battuta e concludo - anche se il disegno di legge in esame realizza, o tende a realizzare e ad attuare una grandissima parte della riforma del Titolo V, tuttavia vi sono alcuni aspetti che non sono stati toccati e sui quali, forse, è opportuno svolgere una riflessione nel corso di questa legislatura affinché si possa completare la transizione da uno Stato centrale ad uno federale, naturalmente anche con gli interventi, da operarsi a livello costituzionale, che sono in cantiere.

La riforma proposta dal disegno di legge in esame può comunque funzionare, anche qualora intervenissero modifiche sul modello costituzionale, e questo è anche il pregio dell’impostazione data al provvedimento. (Applausi dal Gruppo FI).

 

MAGNALBO', relatore. Signor Presidente, signor Ministro, amici senatori (ben tredici!), passo all’illustrazione del disegno di legge per quanto concerne la parte di mia competenza.

Vorrei delineare solo un breve quadro generale anche per far capire ai nostri ascoltatori, a coloro che ci seguono attraverso gli strumenti mediatici, quale sia l’impianto complessivo di questo provvedimento.

Il disegno di legge in questione ha la funzione di adeguare, per la parte di competenza statale, l’ordinamento della Repubblica alle nuove norme costituzionali che hanno modificato il Titolo V della Costituzione e sono entrate in vigore l’8 novembre 2001 in seguito a referendum confermativo del 7 ottobre 2001. Tali modifiche sono state oggetto di un’indagine conoscitiva condotta dalla 1a Commissione del Senato, iniziata nell’ottobre 2001 e i cui risultati sono stati presentati il 18 luglio 2002 al Capo dello Stato, nel corso di una solenne cerimonia svoltasi nella sala Maccari del Senato.

Nella sua relazione, che rappresentava il documento conclusivo di tale indagine, il presidente Pastore scriveva: "La riforma necessita, allo stesso tempo, di attuazione e correzione."

E proseguiva: "Il limite più evidente della novella sta proprio nella mancanza di norme transitorie di qualsiasi genere, vuoi generali vuoi particolari. Non occorre commentare oltre questo dato, che ha imposto ed impone al legislatore statale e regionale e all’interprete di considerare esistente nella riforma una sorta di transitorietà implicita collegata al processo di attuazione. Tale situazione" - annotava ancora il presidente Pastore - "ha determinato uno stato d'incertezza intorno al tema dell’attuazione delle connesse urgenze legislative, incertezza che ha generato e genera preoccupazione non solo nei soggetti istituzionali protagonisti della riforma (Stato, Regioni ed enti locali), ma soprattutto nel cittadino, il quale potrebbe venire a trovarsi nell’incapacità di individuare quale sia la fonte che regola la sua condotta".

In questo quadro preoccupante quanto stimolante si inserisce il provvedimento in esame il quale, a parte l’articolo 1, che riguarda in linea generale il contenuto dell'articolo 117 in merito ai vincoli internazionali e comunitari, la cedevolezza delle norme vigenti, la delega sui principi fondamentali, si suddivide in tre distinti ambiti.

Del primo ambito ha parlato il presidente Pastore, perché contiene articoli di sua competenza. Il secondo ed il terzo ambito riguardano gli articoli di mia competenza come relatore e vanno suddivisi nel modo seguente.

Il secondo ambito, nel quale si collocano gli articoli originari 3, 4 - diventati 4 e 5 nel testo proposto dalla Commissione, a causa dell'inserimento dell'articolo 2 sui testi unici - è volto invece a dare attuazione all’articolo 117, quinto comma, sulla partecipazione delle Regioni alla materia comunitaria, e ai commi quinto ed ottavo del medesimo articolo, in relazione all’attività internazionale delle Regioni, sempre e naturalmente in connessione alla potestà di intervento conferita in materia allo Stato, considerato quale organo paritetico della Repubblica e non più quale titolare di poteri normativi residuali, ossia in virtù dell’avvenuta inversione del criterio di ripartizione legislativa tra Stato e Regioni.

La terza parte del provvedimento, agli originari articoli 7, 8 e 9 - diventati 8, 9 e 10 nel testo proposto dalla Commissione- riguarda l’attuazione degli articoli 123, secondo comma, e 127 della Costituzione in materia di ricorsi alla Corte costituzionale, per l’individuazione e le funzioni del rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie e l’attuazione dell’articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, dedicato ai rapporti con le Regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano; una parte quindi, questa terza, che è più rivolta ad organi di raccordo e ad intentabili procedure.

Dalla relazione depositata, alla quale mi riporto, emergono le modifiche che hanno dato luogo al testo proposto dalla Commissione, sul quale dovremo lavorare in Aula.

Per quanto riguarda gli emendamenti d’Aula agli articoli di mia competenza, a parte i non ammissibili per i rilievi della 5a Commissione, tra i rimanenti non sembra ve ne siano alcuni di particolare contenuto propositivo, salvo quelli riferibili all’articolo 10 in merito alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome, testi che verranno presi nella dovuta considerazione.

Nel complesso questo disegno di legge si presenta con un buon impianto e ritengo che, dopo l’attenta valutazione che merita, l’Aula possa approvarla. Concludo auspicando che questo lavoro possa trovare buoni raccordi con i lavori riguardanti la Convenzione europea e con le future previste modifiche alla nostra Costituzione. (Applausi dal Gruppo FI).

 

PRESIDENTE. Rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

(…)

La seduta è tolta (ore12,59).

 

 

SENATO DELLA REPUBBLICA

    ———– XIV LEGISLATURA ———–

    N. 1545-A  

RELAZIONE DELLA 1ª COMMISSIONE PERMANENTE

(AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E DELL’INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE)

 

(Relatori PASTORE e MAGNALBÒ)

Comunicata alla Presidenza il 20 novembre 2002

SUL

DISEGNO DI LEGGE

Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3


presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri

e dal Ministro per gli affari regionali

di concerto col Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione

e col Ministro dell’interno

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 26 GIUGNO 2002

 

     Onorevoli Senatori. – La Commissione affari costituzionali ha compiuto l’esame di un’importante iniziativa legislativa del Governo, recante le norme di attuazione della recente riforma costituzionale relativa all’ordinamento delle Regioni e degli enti locali.

Considerazioni generali

    Il presente disegno di legge ha la funzione di adeguare, per la parte di competenza statale, l’ordinamento della Repubblica alle nuove norme costituzionali che hanno modificato il titolo V della Costituzione, oggetto di una indagine conoscitiva condotta dalla Commissione, i cui risultati sono stati presentati il 18 luglio 2002, alla presenza del Presidente della Repubblica, nel corso di un importante convegno sul «federalismo nella democrazia italiana», svoltosi in Senato.

    Nella relazione conclusiva di tale indagine, si è osservato che la riforma necessita di attuazione e di correzioni ed è necessario agire in sintonia con Regioni ed enti locali, poiché non c’è dubbio che la scelta del legislatore costituzionale è stata nel senso di una pari ordinazione degli enti territoriali costitutivi della Repubblica, in coerenza al principio di sussidiarietà, principio cardine a livello europeo. Si è rilevato, inoltre, che il limite più evidente della riforma è nella mancanza di norme transitorie, situazione che ha determinato uno stato di incertezza intorno al tema dell’attuazione e delle connesse urgenze legislative, generando preoccupazione non solo nei soggetti istituzionali protagonisti della riforma ma soprattutto nei cittadini.
    In questo quadro si inserisce il provvedimento in oggetto, il cui esame è stato arricchito dallo svolgimento di una serie di audizioni in Commissione, ai sensi dell’articolo 48 del Regolamento – nel quadro di un’altra indagine conoscitiva sui provvedimenti in itinere in materia di attuazione e di ulteriore revisione del titolo V della parte II della Costituzione – che si sono tenute parallelamente allo sviluppo della discussione generale del disegno di legge. In tale ambito sono stati ascoltati i Ministri per le politiche comunitarie e dell’istruzione, dell’università e della ricerca scientifica e il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri nonché i rappresentanti della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, della Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali, dell’Associazione nazionale dei comuni italiani e dell’Unione delle province d’Italia.
    Il disegno di legge, con le modificazioni introdotte dalla Commissione, si suddivide in quattro distinti ambiti. Il primo, costituito dall’articolo 1 e dal nuovo articolo 2, è volto a dare attuazione all’articolo 117, primo e terzo comma, della Costituzione, in materia di legislazione regionale, nonché a chiarire il rapporto fra le disposizioni normative vigenti e quelle che saranno adottate in base alla nuova ripartizione dei poteri di cui al nuovo titolo V della parte II della Costituzione.
    La seconda parte, rappresentata dagli articoli 3, 6 e 7, è dedicata all’attuazione dell’articolo 114, secondo comma, e dell’articolo 117, sesto comma, in relazione alla potestà normativa degli enti locali, dell’articolo 118, in merito all’esercizio delle funzioni amministrative, e dell’articolo 120, che regola il potere sostitutivo dello Stato; tratta quindi dei rapporti tra i soggetti che compongono la Repubblica.
    Il terzo ambito, nel quale si collocano gli articoli 4 e 5, attiene invece all’esigenza di dare attuazione all’articolo 117, quinto comma, sulla partecipazione delle Regioni al procedimento normativo comunitario, e ai commi quinto e ottavo del medesimo articolo, in relazione all’attività internazionale delle Regioni.
    La quarta parte, agli articoli 8, 9, e 10, riguarda l’attuazione degli articoli 123, secondo comma, e 127 della Costituzione, in materia di ricorsi alla Corte costituzionale, individuazione e funzioni del rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie e attuazione dell’articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, dedicato ai rapporti con le Regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano.
    L’articolo 11 riguarda infine l’entrata in vigore del provvedimento.

Le modifiche proposte dalla Commissione

    All’articolo 1, comma 1, la Commissione propone modifiche, di tenore eminentemente formale, dirette a precisare il quadro di riferimento della potestà legislativa statale e di quella regionale, sia nei riguardi dell’ordinamento comunitario sia riguardo ai trattati internazionali. Al comma 2, si propone di introdurre una clausola di salvaguardia degli effetti prodotti, nel frattempo, da eventuali pronunce della Corte costituzionale. Quanto al comma 4, che reca disposizioni tra le più critiche nel contesto in questione, il testo della Commissione esordisce affermando lo scopo della delegazione legislativa, quello di orientare l’iniziativa legislativa dello Stato e delle Regioni fino alle nuove leggi con le quali il Parlamento definirà i nuovi princìpi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente. La delega contenuta nell’articolo 1, dunque, riguarda l’enucleazione dei princìpi fondamentali già disposti da leggi vigenti, in via meramente ricognitiva, come del resto si desume anche dal testo proposto dal Governo. In proposito il disegno di legge prevede un doppio parere parlamentare, in tempi successivi, sugli schemi di decreto legislativo, seguendo un modello procedimentale già sperimentato. La Commissione, da parte sua, propone di realizzare il secondo e definitivo parere parlamentare non già quale iterazione del primo da parte degli stessi organi (Commissioni competenti per materia e Commissione parlamentare per le questioni regionali). La soluzione adottata è quella di prevedere un solo parere parlamentare definitivo, reso da un organo ad hoc, un comitato paritetico di deputati e senatori appartenenti alle Commissioni affari costituzionali. In tal modo, si concentra in una sola sede e in una valutazione comune alle due Camere la procedura consultiva finale, avendo già acquisito, sugli originari schemi di decreto, i pareri delle Commissioni competenti per materia e della Commissione parlamentare per le questioni regionali. Inoltre, la valutazione sarebbe riferita a due soli parametri, quello della rispondenza dei princìpi indicati negli schemi di decreto al limite della natura ricognitiva e quello della stessa natura di principio delle disposizioni contenute negli schemi di decreto. Quando la valutazione del comitato sia negativa, alla stregua di quei parametri, il Governo avrebbe tre opzioni: espungere dal decreto legislativo le disposizioni censurate dal comitato, oppure modificarle in conformità alle indicazioni contenute nel parere o, altrimenti, motivare con apposita relazione alle Camere le ragioni di difformità dal parere parlamentare. Così si potrebbe ottenere una consultazione parlamentare «guidata» nell’oggetto e negli esiti possibili, con l’indicazione delle determinazioni conseguenti del Governo. Nello stesso comma 4, si propone di omettere il riferimento al principio della «completezza», ritenuto fuorviante nella ricognizione dei princìpi fondamentali.

    Al comma 5, sono apportate alcune integrazioni, l’una diretta a precisare che le disposizioni di principio desunte dalla legislazione vigente devono avere un contenuto normativo tale da postulare anche l’intervento legislativo regionale (lettera a), le altre dirette a chiarire la natura prioritaria e non esclusiva dei criteri di cui alle lettere b), c) e d); nella lettera c), inoltre, è incluso un riferimento anche all’articolo 118 della Costituzione. La Commissione, infine, propone di sopprimere le lettere e) e f).
    Con il nuovo articolo 2 del testo proposto all’Assemblea, la Commissione propone di autorizzare il Governo a raccogliere in testi unici, per materie omogenee, le disposizioni «residuali», dopo l’operazione di ricognizione dei princìpi fondamentali prevista dall’articolo 1, in modo da offrire alle Regioni una base conoscitiva attendibile e certa circa lo spazio concreto di normazione regionale nelle materie di legislazione concorrente.
    All’articolo 2 del disegno di legge (ora articolo 3) la Commissione propone una limitata modifica, nel comma 4, diretta a prevedere la garanzia di livelli minimi di uniformità, demandati alla legislazione statale e regionale, nella disciplina della organizzazione, dello svolgimento e della gestione delle funzioni degli enti locali.

        L’articolo 3 (ora articolo 4) regola la partecipazione delle Regioni alla cosiddetta fase ascendente, mentre la possibilità delle Regioni di dare immediata attuazione alle direttive comunitarie (fase discendente), nelle materie di competenza concorrente o esclusiva, nonché altri aspetti inerenti ai rapporti delle Regioni con l’Unione europea vengono affrontati nell’apposito disegno di legge di modifica della cosiddetta legge «La Pergola» (A.C. 3123 e connessi).

    Il comma 1 prevede che Regioni e Province autonome concorrono direttamente, nelle materie di loro competenza legislativa, come si è precisato nel testo licenziato dalla Commissione, alla formazione degli atti comunitari. Le modalità della partecipazione saranno concordate in sede di Conferenza Stato-Regioni – tenendo conto, come stabilito dalla Commissione, delle particolarità delle autonomie speciali – e dovranno garantire l’unitarietà della rappresentazione della posizione italiana da parte del Capo delegazione designato dal Governo. L’ultimo periodo, con le modifiche apportatevi dalla Commissione, precisa che le relative spese sono a carico dei bilanci delle amministrazioni di ciascun ente. Si evidenzia in proposito che nel corso della citata indagine conoscitiva condotta dalla Commissione il ministro Buttiglione ha reso noto l’orientamento del Governo, favorevole alla partecipazione direttamente al tavolo negoziale europeo.
    Il comma 2 prevede che nelle materie di competenza legislativa delle Regioni e delle Province autonome il Governo ricorra alla Corte di giustizia della Comunità avverso atti normativi comunitari, ritenuti illegittimi, anche su richiesta di una Regione o di una Provincia autonoma. La norma, in sostanza, consente di chiedere l’attivazione della procedura del ricorso per annullamento alla Corte di giustizia, prevista dal comma secondo dell’articolo 230 del Trattato delle Comunità europee, mentre le Regioni fino a oggi hanno fatto ricorso alla applicazione del comma quarto del medesimo articolo, che legittima qualsiasi persona fisica o giuridica a ricorrere contro decisioni che la riguardino.
    L’articolo 4 (ora articolo 5) attribuisce alle Regioni e alle Province autonome il potere di dare esecuzione agli accordi internazionali ratificati, dandone preventiva comunicazione al Ministero per gli affari esteri e al Dipartimento per gli affari regionali, e di concludere intese e accordi con Stati esteri. In base alla nuova formulazione del comma 2 proposta dalla Commissione, le suddette intese possono essere concluse dagli enti interessati ove il Governo non esprima eventuali osservazioni entro trenta giorni dalla necessaria comunicazione preventiva. Fra le più significative modificazioni introdotte al comma 3, a proposito dei vincoli che condizionano la conclusione dei suddetti accordi, figurano poi l’introduzione del riferimento al rispetto degli obblighi comunitari nonché la specificazione dell’esigenza di attenersi ai princìpi fondamentali dettati dalle leggi dello Stato nella conclusione di accordi che attengono a materie di competenza concorrente. Si prevede altresì che le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari competenti possano collaborare alla conduzione delle relative trattative.
    Il comma 4 tratta della pubblicità degli accordi regionali, il comma 5 della procedura per portare in Consiglio dei ministri le questioni di opportunità e derivanti dalle scelte e dagli indirizzi di politica estera, come precisato dalla Commissione, e il comma 7 della attività internazionale delle autonomie diverse dalle Regioni.
    L’articolo 6 (già articolo 5 nel disegno di legge) è sottoposto all’Assemblea in un testo riformulato in misura significativa riguardo ai commi 1 e 2.
    Quanto al comma 1, in Commissione si è convenuto su un emendamento di mera precisazione, diretto a riferire le funzioni trasferite agli enti che le esercitano, ma anche su modifiche più sostanziali, come quella che integra la considerazione degli enti di autonomia funzionale con lo scopo di assegnare loro anche funzioni ulteriori. Inoltre, la Commissione ha riformulato la disposizione concernente la cosiddetta «sussidiarietà orizzontale», recuperando la lettera della corrispondente previsione costituzionale (articolo 118, ultimo comma). La stessa disposizione è integrata con un riferimento espresso alle norme recate dall’articolo 12 della legge n. 241 del 1990, che regolano l’impiego di risorse pubbliche, da parte delle amministrazioni, a favore di persone ed enti privati.
    Il comma 2 è integralmente riformulato, in conformità al parere della Commissione bilancio: nel nuovo testo si prevede, in particolare, una legge annuale per il trasferimento delle risorse alle Regioni e agli enti locali, sulla cui congruità all’esigenza di provvedere gli enti destinatari delle risorse necessarie è stata manifestata più di una riserva nel corso dell’esame in Commissione, con l’impegno, condiviso anche del Governo, di riconsiderare la questione per la discussione in Assemblea.
    Al comma 6 si prevede come possibile, e non come prescritta, l’integrazione delle sezioni regionali della Corte dei conti con componenti designati dal Consiglio regionale e dal Consiglio delle autonomie: anche questa modifica è stata introdotta in esito al parere della Commissione bilancio. Vi si aggiunge, inoltre, la possibilità di un concorso di personale regionale, d’intesa con la Regione, alle attività delle sezioni regionali di controllo.
    Ma la discussione in Commissione si è concentrata soprattutto sul comma 4, che prevede la verifica, da parte della Corte dei conti, sia degli equilibri di bilancio degli enti territoriali in relazione al patto di stabilità e ai vincoli comunitari, sia del perseguimento degli obiettivi posti dalle leggi regionali di principio e di programma, secondo i princìpi del controllo successivo di gestione, nonché la verifica della sana gestione finanziaria degli enti locali e del funzionamento dei controlli interni.
    A tale ultimo riguardo, in particolare, si contrappongono due tesi: l’una diretta a sostenere la compatibilità al principio di autonomia e l’utilità, nell’interesse generale e anche nell’interesse degli enti regionali e locali, di un controllo di natura economica, tale da favorire l’efficiente gestione delle risorse. L’altra, invece, assai critica sulla stessa possibilità, e sulla legittimità costituzionale, di ogni controllo esterno, salvo quelli propri della giurisdizione, che sarebbe lesivo del principio di autonomia e non utile all’efficienza amministrativa, nel presupposto che i controlli di tale natura siano necessariamente interni e, inoltre, che le competenze della Corte dei conti non siano adeguate allo scopo.
    Respinti gli emendamenti al testo, si è comunque convenuto di contemperare le esigenze proprie delle due diverse prospettazioni, individuando, per la discussione in Assemblea, una soluzione di equilibrio, ad opera dei relatori e con il contributo del Governo.
    La Commissione non propone modifiche all’articolo 6 (ora articolo 7), relativo all’attuazione dell’articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo, mentre per l’articolo 7 (attualmente 8), concernente i ricorsi alla Corte costituzionale ai sensi degli articoli 123, secondo comma, e 127 della Costituzione, si propone una modifica assai significativa. Dopo approfondito dibattito, infatti, la Commissione ha convenuto su una modifica al comma 4, che reca un nuovo testo dell’articolo 35 della legge n. 87 del 1953, relativa alla costituzione e al funzionamento della Corte costituzionale: nel testo della Commissione si prevede che l’udienza di discussione di ricorsi diretti alla Corte per lo scrutinio di legittimità costituzionale degli statuti regionali e per il difetto di competenza delle leggi statali e regionali, sia fissata entro novanta giorni dal deposito del ricorso, e non entro trenta giorni, come previsto nel testo del disegno di legge. Allo stesso tempo, si prevede che la Corte possa avvalersi del potere, già previsto dall’articolo 40 della legge n. 87 del 1953 per i casi di conflitto di attribuzioni, di sospendere l’esecuzione degli atti impugnati qualora si configuri il rischio di un irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico o all’ordinamento giuridico della Repubblica. In tal caso si applicano termini ulteriori per la fissazione dell’udienza e il deposito del dispositivo della sentenza (rispettivamente, trenta e quindici giorni).
    L’articolo reca, al comma 6, anche alcune norme transitorie relative ai ricorsi per conflitto di attribuzione dei poteri tra Stato e Regioni pendenti alla data di entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001. La Commissione ha esteso le suddette disposizioni anche al caso di conflitti di attribuzione fra Regione e Regione.
    All’articolo 8 (ora articolo 9), comma 4, si propone una modifica formale, conforme al nuovo ordinamento introdotto in materia, mentre si introduce un comma aggiuntivo (il comma 6 del testo della Commissione), recante una modifica all’articolo 11 della legge n. 62 del 1953, che contestualmente enuncia la formula di promulgazione delle leggi regionali ed elide, nell’articolo 11 della stessa legge, le ormai anacronistiche disposizioni relative al controllo sulle leggi regionali, come già previsto, del resto, nel comma 6 del testo del disegno di legge (ora comma 7), dal quale la stessa disposizione è conseguentemente espunta per ragioni di coordinamento. Al comma 8 (già comma 7), si propone di aggiungere una disposizione di salvaguardia delle autonomie speciali e, nello stesso senso, l’articolo 9 (articolo 10 del testo della Commissione) è proposto in una nuova formulazione, più aderente all’articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.

Pastore e Magnalbò, relatori

 

PARERE DELLA 3ª COMMISSIONE PERMANENTE

\(AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE)

 (Estensore: Castagnetti)

6 novembre 2002

        La Commissione, esaminato il disegno di legge, per quanto di competenza, esprime parere favorevole, osservando come sia opportuno, al fine di prevenire possibili ricadute negative dell’attività internazionale delle regioni sulla conduzione della politica estera dello Stato, definire con la massima sollecitudine meccanismi idonei ad assicurare il necessario coordinamento tra le istanze decisionali statuali e regionali. In proposito, appare in particolare auspicabile la pronta attivazione, conformemente agli orientamenti maturati nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni, della figura del cosiddetto «consigliere diplomatico» del Presidente delle Regioni, secondo criteri e modalità operative uniformi per l’interno territorio nazionale.

        Si chiede la pubblicazione del presente parere ai sensi dell’articolo 39, comma 4 del Regolamento.

 

PARERE DELLA 5ª COMMISSIONE PERMANENTE

(PROGRAMMAZIONE ECONOMICA, BILANCIO)

 (Estensore: Azzollini)

Sul disegno di legge e su emendamenti

12 novembre 2002

        La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge, per quanto di propria competenza, esprime parere di nulla osta a condizione che, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione:

            a) il comma 2 dell’articolo 5, venga sostituito dal seguente:
        «2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, lo Stato avvia il trasferimento dei beni e delle risorse strumentali, finanziarie, umane e organizzative necessarie per l’esercizio delle funzioni e dei compiti previsti dagli articoli 117 e 118 della Costituzione. A tale fine, sulla base degli accordi con le regioni e le autonomie locali, da concludersi in sede di Conferenza unificata, il Governo, su proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, presenta al Parlamento ogni anno uno o più disegni di legge recanti: “Disposizioni per il trasferimento delle risorse necessarie per l’esercizio delle funzioni e dei compiti previsti dagli articoli 117 e 118 della Costituzione“. Ciascuno dei predetti disegni di legge deve essere corredato dalla relazione tecnica di cui all’articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, ai fini della valutazione della congruità tra i trasferimenti alle Regioni, con l’indicazione della quantificazione e della ripartizione dei beni e delle risorse strumentali, finanziarie, umane ed organizzative, e gli oneri conseguenti all’espletamento delle funzioni devolute. Le disposizioni di cui al presente comma trovano applicazione fino alla data di entrata in vigore delle norme relative al nuovo sistema finanziario in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione.»;
            b) al comma 6 dell’articolo 5, le parole: «sono integrate», vengano sostituite dalle altre: «possono essere integrate».
        Esaminati, inoltre, per quanto di competenza, gli emendamenti trasmessi, ad eccezione degli emendamenti 1.0.1, 2.0.1, 2.0.2 e 2.0.3, esprime parere contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, sull’emendamento 5.5 e parere di nulla osta sugli emendamenti 5.30 e 5.8, a condizione che, ai sensi della medesima norma costituzionale, vengano riformulati coerentemente con la condizione posta all’articolo 5, comma 2.

        Esprime, infine, parere di nulla osta sui restanti emendamenti.

 

PARERE DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE PER LE QUESTIONI REGIONALI

 (Estensore: Ponzo)

9 ottobre 2002

        La Commissione per le questioni regionali, esaminato il disegno di legge, per quanto di propria competenza, esprime parere favorevole raccomandando peraltro la più puntuale ricognizione dei princìpi fondamentali sottesi alla materia e la sostituzione del parere reso dalla Conferenza Stato-Regioni con il parere della Conferenza unificata. Segnala inoltre l’opportunità di una più estesa disciplina dei profili di merito, di ordine ai quali i diversi Gruppi parlamentari hanno già manifestato un ampio consenso, e una più coerente attribuzione di funzioni al prefetto, in armonia con l’impianto riformatore determinato dal vigente titolo V della parte seconda della Costituzione.

        La Commissione, infine, auspica una conclusione rapida dell’iter parlamentare del disegno di legge, stante la necessità di dare piena attuazione alla riforma costituzionale.

 

 

DISEGNO DI LEGGE

DISEGNO DI LEGGE

D’iniziativa del Governo

Testo proposto dalla Commissione

Art. 1.

Art. 1.

(Attuazione dell’articolo 117, primo
e terzo comma, della Costituzione,
in materia di legislazione regionale)

(Attuazione dell’articolo 117, primo
e terzo comma, della Costituzione,
in materia di legislazione regionale)

    1. Costituiscono vincolo alla potestà legislativa dello Stato e delle regioni, ai sensi dell’articolo 117, primo comma, della Costituzione, gli obblighi derivanti dalle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, di cui all’articolo 10 della Costituzione, da accordi di reciproca limitazione della sovranità di cui all’articolo 11 della Costituzione, dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea e alle Comunità europee e dai trattati internazionali ratificati a seguito di legge di autorizzazione.     1. Costituiscono vincoli alla potestà legislativa dello Stato e delle Regioni, ai sensi dell’articolo 117, primo comma, della Costituzione, quelli derivanti dalle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, di cui all’articolo 10 della Costituzione, da accordi di reciproca limitazione della sovranità di cui all’articolo 11 della Costituzione, dall’ordinamento comunitario e dai trattati internazionali ratificati a seguito di legge di autorizzazione.
    2. Le disposizioni normative statali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla legislazione regionale continuano ad applicarsi, in ciascuna regione, fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regionali in materia, fermo quanto previsto al comma 3. Le disposizioni normative regionali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla legislazione esclusiva statale continuano ad applicarsi fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni statali in materia.     2. Le disposizioni normative statali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla legislazione regionale continuano ad applicarsi, in ciascuna Regione, fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regionali in materia, fermo quanto previsto al comma 3, fatti salvi gli effetti di eventuali pronunce della Corte costituzionale. Le disposizioni normative regionali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla legislazione esclusiva statale continuano ad applicarsi fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni statali in materia, fatti salvi gli effetti di eventuali pronunce della Corte costituzionale.
    3. Nelle materie appartenenti alla legislazione concorrente, le regioni esercitano la potestà legislativa nell’ambito dei princìpi fondamentali espressamente determinati dallo Stato o, in difetto, quali desumibili dalle leggi statali vigenti.     3. Nelle materie appartenenti alla legislazione concorrente, le Regioni esercitano la potestà legislativa nell’ambito dei princìpi fondamentali espressamente determinati dallo Stato o, in difetto, quali desumibili dalle leggi statali vigenti.
    4. In sede di prima applicazione, il Governo, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri interessati, è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi diretti alla ricognizione dei princìpi fondamentali che si traggono dalle leggi vigenti, nelle materie previste dall’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, attenendosi ai principi della completezza, esclusività, adeguatezza, chiarezza, proporzionalità ed omogeneità. Gli schemi dei decreti, dopo l’acquisizione del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata: «Conferenza Stato-Regioni», sono trasmessi alle Camere per l’acquisizione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, compreso quello della Commissione parlamentare per le questioni regionali, da rendersi entro sessanta giorni dall’assegnazione alle Commissioni medesime. Acquisiti tali pareri, il Governo ritrasmette i testi, con le proprie osservazioni e con le eventuali modificazioni, alla Conferenza Stato-Regioni ed alle Camere per il parere definitivo, da rendersi, rispettivamente, entro trenta e sessanta giorni.     4. In sede di prima applicazione, per orientare l’iniziativa legislativa dello Stato e delle Regioni fino all’entrata in vigore delle leggi con le quali il Parlamento definirà i nuovi princìpi fondamentali, il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con i Ministri interessati, uno o più decreti legislativi meramente ricognitivi dei princìpi fondamentali che si traggono dalle leggi vigenti, nelle materie previste dall’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, attenendosi ai princìpi della esclusività, adeguatezza, chiarezza, proporzionalità ed omogeneità. Gli schemi dei decreti, dopo l’acquisizione del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata: «Conferenza Stato-Regioni», sono trasmessi alle Camere per l’acquisizione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, compreso quello della Commissione parlamentare per le questioni regionali, da rendersi entro sessanta giorni dall’assegnazione alle Commissioni medesime. Acquisiti tali pareri, il Governo ritrasmette i testi, con le proprie osservazioni e con le eventuali modificazioni, alla Conferenza Stato-Regioni ed alle Camere per il parere definitivo, da rendersi, rispettivamente, entro trenta e sessanta giorni. Il parere parlamentare definitivo è reso da un comitato composto da eguale numero di deputati e di senatori appartenenti alle Commissioni affari costituzionali, nominati dai Presidenti delle rispettive Camere d’intesa con i Presidenti delle stesse Commissioni, designati da tutti i gruppi parlamentari in proporzione alla propria consistenza. Il comitato esamina gli schemi di decreto legislativo rilevando se vi siano disposizioni che abbiano un contenuto innovativo dei princìpi fondamentali, e non meramente ricognitivo ai sensi del presente comma, ovvero si riferiscano a norme vigenti che non abbiano la natura di principio fondamentale. In tal caso il Governo può omettere quelle disposizioni dal decreto legislativo, oppure le può modificare in conformità alle indicazioni del comitato o, altrimenti, deve trasmettere ai Presidenti delle Camere una relazione nella quale sono indicate le specifiche motivazioni di difformità dal parere parlamentare.
    5. Nella predisposizione dei decreti legislativi di cui al comma 4, il Governo si attiene ai seguenti criteri direttivi:     5. Identico:
        a) individuazione dei princìpi fondamentali per settori organici della materia in base a criteri oggettivi desumibili dal complesso delle funzioni e da quelle affini, presupposte, strumentali e complementari, e in modo da richiedere disposizioni applicative regionali;         a) individuazione dei princìpi fondamentali per settori organici della materia in base a criteri oggettivi desumibili dal complesso delle funzioni e da quelle affini, presupposte, strumentali e complementari, e in modo da salvaguardare la potestà legislativa riconosciuta alle Regioni ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione;
        b) considerazione, ai fini dell’individuazione dei princìpi fondamentali, delle disposizioni statali rilevanti per garantire l’unità giuridica ed economica, la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, il rispetto delle norme e dei trattati internazionali e della normativa comunitaria e la tutela dell’incolumità e della sicurezza pubblica;         b) considerazione prioritaria, ai fini dell’individuazione dei princìpi fondamentali, delle disposizioni statali rilevanti per garantire l’unità giuridica ed economica, la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, il rispetto delle norme e dei trattati internazionali e della normativa comunitaria e la tutela dell’incolumità e della sicurezza pubblica;
        c) considerazione del nuovo sistema di rapporti istituzionali derivante dagli articoli 114 e 117 della Costituzione;         c) considerazione prioritaria del nuovo sistema di rapporti istituzionali derivante dagli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione;
        d) considerazione degli obiettivi generali assegnati dall’articolo 117, settimo comma, della Costituzione, alla legislazione regionale;         d) considerazione prioritaria degli obiettivi generali assegnati dall’articolo 117, settimo comma, della Costituzione, alla legislazione regionale;
        e) considerazione delle disposizioni legislative vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge;         soppressa
        f) coordinamento formale delle disposizioni di principio e loro eventuale semplificazione;         e) identica.
        g) esclusione delle disposizioni contenenti deroghe od eccezioni espresse.         soppressa

Art. 2.




 

(Testi unici delle disposizioni
legislative vigenti non aventi carattere
di principio fondamentale nelle materie
di legislazione concorrente)

    1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 1, comma 2, primo periodo, il Governo è autorizzato, una volta emanati i decreti legislativi di cui all’articolo 1, a raccogliere in testi unici le disposizioni legislative residue, per ambiti omogenei nelle materie di legislazione concorrente, apportandovi le sole modifiche, di carattere esclusivamente formale, necessarie ad assicurarne il coordinamento nonché la coerenza terminologica.
    2. Gli schemi di testo unico, dopo l’acquisizione del parere della Conferenza Stato-Regioni, sono trasmessi alle Camere per il parere delle competenti Commissioni parlamentari. Decorsi trenta giorni dall’assegnazione, i testi unici possono essere emanati anche in mancanza del parere parlamentare.

Art. 2.

Art. 3.

(Attuazione dell’articolo 114, secondo comma e dell’articolo 117, sesto comma,
della Costituzione in materia di potestà
normativa degli enti locali)

(Attuazione dell’articolo 114, secondo comma e dell’articolo 117, sesto comma,
della Costituzione in materia di potestà
normativa degli enti locali)

    1. I comuni, le province e le città metropolitane hanno potestà normativa secondo i princìpi fissati dalla Costituzione. La potestà normativa consiste nella potestà statutaria e in quella regolamentare.     1. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà normativa secondo i princìpi fissati dalla Costituzione. La potestà normativa consiste nella potestà statutaria e in quella regolamentare.
    2. Lo statuto, in armonia con la Costituzione e con i princìpi generali in materia di organizzazione pubblica, nel rispetto di quanto stabilito dalla legge statale in attuazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, stabilisce i princìpi di organizzazione e funzionamento dell’ente, le forme di controllo, anche sostitutivo, nonché le garanzie delle minoranze e le forme di partecipazione popolare.     2. Identico.
    3. L’organizzazione degli enti locali è disciplinata dai regolamenti nel rispetto delle norme statutarie.     3. Identico.
    4. La disciplina dell’organizzazione, dello svolgimento e della gestione delle funzioni dei comuni, delle province e delle città metropolitane è riservata alla potestà regolamentare dell’ente locale, nell’ambito della legislazione dello Stato o della regione, secondo le rispettive competenze, conformemente a quanto previsto dagli articoli 114, 117, sesto comma, e 118 della Costituzione.         4. La disciplina dell’organizzazione, dello svolgimento e della gestione delle funzioni dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane è riservata alla potestà regolamentare dell’ente locale, nell’ambito della legislazione dello Stato o della Regione, che ne assicura i requisiti minimi di uniformità, secondo le rispettive competenze, conformemente a quanto previsto dagli articoli 114, 117, sesto comma, e 118 della Costituzione.
    5. Il potere normativo è esercitato anche dalle forme associative tra gli enti locali.     5. Identico.
    6. Fino all’adozione dei regolamenti degli enti locali, si applicano le vigenti norme statali e regionali, fermo restando quanto previsto dal presente articolo.     6. Identico.

Art. 3.

Art. 4.

(Attuazione dell’articolo 117, quinto comma, della Costituzione sulla partecipazione delle regioni in materia comunitaria)

(Attuazione dell’articolo 117, quinto comma, della Costituzione sulla partecipazione delle regioni in materia comunitaria)

    1. Le regioni e le province autonome concorrono direttamente, nelle materie di loro competenza, alla formazione degli atti comunitari, partecipando, nell’ambito delle delegazioni del Governo, alle attività dei gruppi di lavoro e dei comitati del Consiglio e della Commissione europea, secondo modalità da concordare in sede di Conferenza Stato-Regioni, che devono comunque garantire l’unitarietà della rappresentazione della posizione italiana da parte del Capo delegazione designato dal Governo; le relative spese sono a carico dei bilanci di dette amministrazioni.     1. Le Regioni e le Province autonome concorrono direttamente, nelle materie di loro competenza legislativa, alla formazione degli atti comunitari, partecipando, nell’ambito delle delegazioni del Governo, alle attività del Consiglio, secondo modalità da concordare in sede di Conferenza Stato-Regioni tenendo conto della particolarità delle autonomie speciali, comunque garantendo l’unitarietà della rappresentazione della posizione italiana da parte del Capo delegazione designato dal Governo. Le relative spese sono a carico dei bilanci delle amministrazioni di ciascun ente.
    2. Nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, il Governo può proporre ricorso dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee avverso gli atti normativi comunitari, anche su richiesta di una delle regioni e delle province autonome.     2. Nelle materie di competenza legislativa delle Regioni e delle Province autonome, il Governo propone ricorso dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee avverso gli atti normativi comunitari ritenuti illegittimi anche su richiesta di una delle Regioni e delle Province autonome.

Art. 4.

Art. 5.

(Attuazione dell’articolo 117, quinto
e nono comma, della Costituzione
sull’attività internazionale delle regioni)

(Attuazione dell’articolo 117, quinto
e nono comma, della Costituzione
sull’attività internazionale delle regioni)

    1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, provvedono direttamente all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali ratificati, dandone preventiva comunicazione al Ministero degli affari esteri ed alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, i quali, nei successivi trenta giorni dal relativo ricevimento, possono formulare criteri e osservazioni. In caso di inadempienza, ferma restando la responsabilità delle regioni verso lo Stato, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 6, commi 1, 4 e 5, in quanto compatibili.     1. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, provvedono direttamente all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali ratificati, dandone preventiva comunicazione al Ministero degli affari esteri ed alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, i quali, nei successivi trenta giorni dal relativo ricevimento, possono formulare criteri e osservazioni. In caso di inadempienza, ferma restando la responsabilità delle Regioni verso lo Stato, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 7, commi 1, 4 e 5, in quanto compatibili.
    2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, possono concludere, con enti territoriali interni ad altro Stato, intese dirette a favorire il loro sviluppo economico, sociale e culturale, nonché a realizzare attività di mero rilievo internazionale, dandone comunicazione prima della firma alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali ed al Ministero degli affari esteri, ai fini delle eventuali osservazioni di questi ultimi e dei Ministeri competenti, da far pervenire entro i successivi trenta giorni a cura del Dipartimento medesimo. Con gli atti relativi alle attività sopra indicate, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano non possono esprimere valutazioni relative alla politica estera dello Stato, né possono assumere impegni dai quali derivino obblighi od oneri finanziari per lo Stato o che ledano gli interessi degli altri soggetti di cui all’articolo 114, primo comma, della Costituzione.     2. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, possono concludere, con enti territoriali interni ad altro Stato, intese dirette a favorire il loro sviluppo economico, sociale e culturale, nonché a realizzare attività di mero rilievo internazionale, dandone comunicazione prima della firma alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali ed al Ministero degli affari esteri, ai fini delle eventuali osservazioni di questi ultimi e dei Ministeri competenti, da far pervenire a cura del Dipartimento medesimo entro i successivi trenta giorni, decorsi i quali le Regioni possono sottoscrivere l’intesa. Con gli atti relativi alle attività sopra indicate, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano non possono esprimere valutazioni relative alla politica estera dello Stato, né possono assumere impegni dai quali derivino obblighi od oneri finanziari per lo Stato o che ledano gli interessi degli altri soggetti di cui all’articolo 114, primo comma, della Costituzione.
    3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, possono, altresì, concludere con altri Stati accordi esecutivi ed applicativi di accordi internazionali regolarmente entrati in vigore, o accordi di natura tecnico-amministrativa, o accordi di natura programmatica, nel rispetto della Costituzione, dei vincoli derivanti dagli impegni internazionali e dalle linee e dagli indirizzi di politica estera italiana, nonché dei princìpi fondamentali dettati dalle leggi dello Stato. A tale fine ogni regione o provincia autonoma dà tempestiva comunicazione delle trattative al Ministero degli affari esteri ed alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, che ne danno a loro volta comunicazione ai Ministeri competenti. Il Ministero degli affari esteri può indicare princìpi e criteri da seguire, nella conduzione dei negoziati; qualora questi ultimi si svolgano all’estero, le locali rappresentanze diplomatiche o uffici consolari italiani potranno, previa intesa con la regione o con la provincia autonoma, intervenire e collaborare alla conduzione delle trattative. La regione o la provincia autonoma, prima di sottoscrivere l’accordo, comunica il relativo progetto al Ministero degli affari esteri, il quale, sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, ed accertata l’opportunità politica e la legittimità dell’accordo, ai sensi del presente comma, conferisce i pieni poteri di firma previsti dalle norme del diritto internazionale generale e dalla Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio 1969, ratificata ai sensi della legge 12 febbraio 1974, n. 112. Gli accordi sottoscritti in assenza del conferimento di pieni poteri sono nulli.     3. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, possono, altresì, concludere con altri Stati accordi esecutivi ed applicativi di accordi internazionali regolarmente entrati in vigore, o accordi di natura tecnico-amministrativa, o accordi di natura programmatica finalizzati a favorire il loro sviluppo economico, sociale e culturale, nel rispetto della Costituzione, dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario, dagli obblighi internazionali e dalle linee e dagli indirizzi di politica estera italiana, nonché, nelle materie di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, dei princìpi fondamentali dettati dalle leggi dello Stato. A tale fine ogni Regione o Provincia autonoma dà tempestiva comunicazione delle trattative al Ministero degli affari esteri ed alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, che ne danno a loro volta comunicazione ai Ministeri competenti. Il Ministero degli affari esteri può indicare princìpi e criteri da seguire, nella conduzione dei negoziati; qualora questi ultimi si svolgano all’estero, le competenti rappresentanze diplomatiche e i competenti uffici consolari italiani potranno, previa intesa con la Regione o con la Provincia autonoma, intervenire e collaborare alla conduzione delle trattative. La Regione o la Provincia autonoma, prima di sottoscrivere l’accordo, comunica il relativo progetto al Ministero degli affari esteri, il quale, sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, ed accertata l’opportunità politica e la legittimità dell’accordo, ai sensi del presente comma, conferisce i pieni poteri di firma previsti dalle norme del diritto internazionale generale e dalla Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio 1969, ratificata ai sensi della legge 12 febbraio 1974, n. 112. Gli accordi sottoscritti in assenza del conferimento di pieni poteri sono nulli.
    4. Agli accordi stipulati dalle regione e dalle province autonome è data pubblicità in base alla legislazione vigente.     4. Agli accordi stipulati dalle Regioni e dalle Province autonome è data pubblicità in base alla legislazione vigente.
    5. Il Ministro degli affari esteri può, in qualsiasi momento, rappresentare alla regione o alla provincia autonoma interessata questioni di opportunità politica inerenti alle attività di cui ai commi 1, 2 e 3 e, in caso di dissenso, sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, chiedere che la questione sia portata in Consiglio dei ministri che, con l’intervento del Presidente della giunta regionale interessato, delibera sulla questione.     5. Il Ministro degli affari esteri può, in qualsiasi momento, rappresentare alla Regione o alla Provincia autonoma interessata questioni di opportunità inerenti alle attività di cui ai commi da 1 a 3 e derivanti dalle scelte e dagli indirizzi di politica estera dello Stato e, in caso di dissenso, sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, chiedere che la questione sia portata in Consiglio dei ministri che, con l’intervento del Presidente della giunta regionale o provinciale interessato, delibera sulla questione.
    6. In caso di violazione degli accordi di cui al comma 3, ferma restando la responsabilità delle regioni verso lo Stato, si applicano le disposizioni dell’articolo 6, commi 1, 4 e 5, in quanto compatibili.     6. Identico.
    7. Resta fermo che i comuni, le province e le città metropolitane continuano a svolgere attività di mero rilievo internazionale nelle materie loro attribuite, secondo l’ordinamento vigente.     7. Resta fermo che i Comuni, le Province e le Città metropolitane continuano a svolgere attività di mero rilievo internazionale nelle materie loro attribuite, secondo l’ordinamento vigente.

Art. 5.

Art. 6.

(Attuazione dell’articolo 118
della Costituzione in materia di esercizio
delle funzioni amministrative)

(Attuazione dell’articolo 118
della Costituzione in materia di esercizio
delle funzioni amministrative)

    1. Lo Stato e le regioni, secondo le rispettive competenze, provvedono a conferire le funzioni amministrative esercitate alla data di entrata in vigore della presente legge, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, attribuendo a province, città metropolitane, regioni e Stato soltanto quelle di cui occorra assicurare l’unitarietà di esercizio, per motivi di buon andamento, efficienza o efficacia dell’azione amministrativa ovvero per motivi funzionali o economici o per esigenze di programmazione o di omogeneità territoriale, tenendo conto delle attribuzioni degli enti di autonomia funzionale e favorendo, altresì, lo svolgimento di attività amministrative di interesse generale da parte di associazioni o singoli cittadini, sulla base del principio di sussidiarietà. Tutte le altre funzioni non diversamente attribuite spettano ai comuni.     1. Lo Stato e le Regioni, secondo le rispettive competenze, provvedono a conferire le funzioni amministrative da loro esercitate alla data di entrata in vigore della presente legge, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, attribuendo a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato soltanto quelle di cui occorra assicurare l’unitarietà di esercizio, per motivi di buon andamento, efficienza o efficacia dell’azione amministrativa ovvero per motivi funzionali o economici o per esigenze di programmazione o di omogeneità territoriale, tenendo conto, anche ai fini dell’assegnazione di ulteriori funzioni, delle attribuzioni degli enti di autonomia funzionale. Stato, Regioni, Città metropolitane, Province, Comuni e comunità montane favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. In ogni caso, quando sono impiegate risorse pubbliche, si applica l’articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Tutte le altre funzioni amministrative non diversamente attribuite spettano ai Comuni.
    2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, lo Stato avvia il trasferimento dei beni e delle risorse strumentali, finanziarie, umane e organizzative necessarie per l’esercizio delle funzioni e dei compiti previsti dagli articoli 117 e 118 della Costituzione. Alla quantificazione e alla ripartizione dei beni e delle risorse si provvede mediante uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, previo accordo tra Governo, regioni ed autonomie locali, da concludersi in sede di Conferenza unificata, tenendo conto delle previsioni di spesa risultanti dal bilancio dello Stato per l’anno 2002. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 3, 7, commi 9, 10 e 11, ed 8 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Gli schemi di decreto sono trasmessi alla Commissione parlamentare per le questioni regionali, per il parere da rendersi entro trenta giorni dall’assegnazione; decorso tale termine il Governo può emanare i decreti anche in assenza di tale parere. Il trasferimento delle risorse avviene secondo le modalità previste al punto 4, Titolo II, dell’Accordo recante intesa interistituzionale tra Stato, regioni ed enti locali firmato il 20 giugno 2002. A decorrere dall’anno successivo si provvede con la legge finanziaria di ciascun anno. Le disposizioni di cui al presente comma trovano applicazione fino alla data di entrata in vigore delle norme relative al nuovo sistema finanziario in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione.     2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, lo Stato avvia il trasferimento dei beni e delle risorse strumentali, finanziarie, umane e organizzative necessarie per l’esercizio delle funzioni e dei compiti previsti dagli articoli 117 e 118 della Costituzione. A tal fine, sulla base degli accordi con le Regioni e le autonomie locali, da concludere in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.  281, il Governo, su proposta del Ministro per gli affari regionali, presenta al Parlamento ogni anno uno o più disegni di legge recanti disposizioni per il trasferimento delle risorse necessarie all’esercizio delle funzioni e dei compiti previsti dagli articoli 117 e 118 della Costituzione. Ciascuno dei predetti disegni di legge deve essere corredato della relazione tecnica di cui all’articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, con l’indicazione della quantificazione e della ripartizione dei beni e delle risorse strumentali, finanziarie, umane e organizzative, ai fini della valutazione della congruità tra i trasferimenti e gli oneri conseguenti all’espletamento delle funzioni devolute. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano fino alla data di entrata in vigore delle norme relative al nuovo sistema finanziario in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione.
    3. Fino alla data di entrata in vigore dei provvedimenti previsti dal presente articolo, le funzioni amministrative continuano ad essere esercitate secondo le attribuzioni stabilite dalle disposizioni vigenti.     3. Identico.
    4. La Corte dei conti, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, verifica il rispetto degli equilibri di bilancio da parte di comuni, province, città metropolitane e regioni, anche in relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti verificano, secondo i princìpi del controllo successivo sulla gestione, il perseguimento degli obiettivi posti dalle leggi regionali di principio e di programma, nonché la sana gestione finanziaria degli enti locali ed il funzionamento dei controlli interni.     4. La Corte dei conti, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, verifica il rispetto degli equilibri di bilancio da parte di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, anche in relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti verificano, secondo i princìpi del controllo successivo sulla gestione, il perseguimento degli obiettivi posti dalle leggi regionali di principio e di programma, nonché la sana gestione finanziaria degli enti locali ed il funzionamento dei controlli interni.
    5. Ciascuna regione può richiedere ulteriori forme di collaborazione alla sezione regionale di controllo ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, nonché pareri nelle materie di cui all’articolo 88 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.     5. Ciascuna Regione può richiedere ulteriori forme di collaborazione alla sezione regionale di controllo ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, nonché pareri nelle materie di cui all’articolo 88 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.
    6. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti sono integrate da due componenti designati, rispettivamente, dal consiglio regionale e dal consiglio delle autonomie locali salvo diversa previsione dello statuto della regione, scelti tra persone che, per gli studi compiuti e le esperienze professionali acquisite, sono particolarmente esperte nelle materie aziendalistiche, economiche, finanziarie, giuridiche e contabili; i medesimi durano in carica 5 anni e non sono riconfermabili. Il loro status è equiparato a tutti gli effetti, per la durata dell’incarico, a quello dei consiglieri della Corte dei conti, con oneri finanziari a carico della Regione. La nomina è effettuata con decreto del Presidente della Repubblica, con le modalità previste dal secondo comma dell’articolo unico del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 1977, n. 385.     6. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti possono essere integrate da due componenti designati, rispettivamente, dal Consiglio regionale e dal Consiglio delle autonomie locali salvo diversa previsione dello statuto della Regione, scelti tra persone che, per gli studi compiuti e le esperienze professionali acquisite, sono particolarmente esperte nelle materie aziendalistiche, economiche, finanziarie, giuridiche e contabili; i medesimi durano in carica 5 anni e non sono riconfermabili. Il loro status è equiparato a tutti gli effetti, per la durata dell’incarico, a quello dei consiglieri della Corte dei conti, con oneri finanziari a carico della Regione. La nomina è effettuata con decreto del Presidente della Repubblica, con le modalità previste dal secondo comma dell’articolo unico del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 1977, n. 385. Nella prima applicazione delle disposizioni di al presente comma e ai commi 4 e 5, ciascuna sezione regionale di controllo, previe intese con la Regione, può avvalersi di personale della Regione sino ad un massimo di dieci unità, il cui trattamento economico resta a carico dell’amministrazione di appartenenza.

Art. 6.

Art. 7.

(Attuazione dell’articolo 120
della Costituzione sul potere sostitutivo)

(Attuazione dell’articolo 120
della Costituzione sul potere sostitutivo)

    1. Nei casi e per le finalità previsti dall’articolo 120 della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle regioni o degli enti locali, assegna all’ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l’organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario.     1. Nei casi e per le finalità previsti dall’articolo 120 della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all’ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l’organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario.
    2. Qualora l’esercizio del potere sostitutivo si renda necessario al fine di porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria, gli atti ed i provvedimenti di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro competente per materia. L’articolo 11 della legge 9 marzo 1989, n. 86, è abrogato.     2. Identico.
    3. Qualora l’esercizio dei poteri sostitutivi riguardi comuni, province o città metropolitane, la nomina del commissario deve tenere conto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Il commissario provvede, sentito il consiglio delle autonomie locali.         3. Qualora l’esercizio dei poteri sostitutivi riguardi Comuni, Province o Città metropolitane, la nomina del commissario deve tenere conto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Il commissario provvede, sentito il Consiglio delle autonomie locali.
    4. Nei casi di assoluta urgenza, qualora l’intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall’articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle comunità montane, che possono chiederne il riesame.     4. Identico.
    5. I provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati alle finalità perseguite.     5. Identico.
    6. Il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l’armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni; in tale caso è esclusa l’applicazione dei commi 3 e 4 dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Nelle materie di cui all’articolo 117, terzo e quarto comma, della Costituzione non possono essere adottati gli atti di indirizzo e di coordinamento di cui all’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e all’articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.     6. Identico.

Art. 7.

Art. 8.

(Attuazione degli articoli 123, secondo
comma, e 127 della Costituzione, in materia di ricorsi alla Corte costituzionale)

(Attuazione degli articoli 123, secondo
comma, e 127 della Costituzione, in materia di ricorsi alla Corte costituzionale)

    1. L’articolo 31 della legge 11 marzo 1953, n. 87, è sostituito dal seguente:     1.  Identico:
    «Art. 31. – 1. La questione di legittimità costituzionale di uno statuto regionale può, a norma del secondo comma dell’articolo 123 della Costituzione, essere promossa entro il termine di trenta giorni dalla pubblicazione.     «Art. 31. – 1. Identico.
    2. Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della regione, può promuovere, ai sensi dell’articolo 127, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale della legge regionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione.     2. Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere, ai sensi dell’articolo 127, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale della legge regionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione.
    3. La questione di legittimità costituzionale è sollevata, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, anche su proposta della Conferenza Stato-Città e autonomie locali, dal Presidente del Consiglio dei ministri mediante ricorso diretto alla Corte costituzionale e notificato, entro i termini previsti dal presente articolo, al Presidente della giunta regionale.     3. La questione di legittimità costituzionale è sollevata, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, anche su proposta della Conferenza Stato-Città e autonomie locali, dal Presidente del Consiglio dei ministri mediante ricorso diretto alla Corte costituzionale e notificato, entro i termini previsti dal presente articolo, al Presidente della Giunta regionale.
    4. Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della Corte costituzionale entro il termine di dieci giorni dalla notificazione.».     4.  Identico».
    2. Il secondo comma dell’articolo 32 della legge 11 marzo 1953, n. 87, è sostituito dal seguente:     2.  Identico:
    «La questione di legittimità costituzionale, previa deliberazione della giunta regionale, anche su proposta del consiglio delle autonomie locali, è promossa dal Presidente della giunta mediante ricorso diretto alla Corte costituzionale e notificato al Presidente del Consiglio dei ministri entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell’atto impugnati».     «La questione di legittimità costituzionale, previa deliberazione della Giunta regionale, anche su proposta del Consiglio delle autonomie locali, è promossa dal Presidente della Giunta mediante ricorso diretto alla Corte costituzionale e notificato al Presidente del Consiglio dei ministri entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell’atto impugnati».
    3. Al primo comma dell’articolo 33 della legge 11 marzo 1953, n. 87, le parole: «dell’articolo 2, secondo comma, della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1», sono sostituite dalle seguenti: «dell’articolo 127, secondo comma, della Costituzione».     3.  Identico.
    4. L’articolo 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87, è sostituito dal seguente:     4.  Identico:
    «Art. 35. – 1. Quando è promossa una questione di legittimità costituzionale ai sensi degli articoli 31, 32 e 33, l’udienza di merito è fissata entro trenta giorni dal deposito del ricorso e il dispositivo della sentenza è depositato entro quindici giorni dall’udienza di discussione».     «Art. 35. – 1. Quando è promossa una questione di legittimità costituzionale ai sensi degli articoli 31, 32 e 33, la Corte costituzionale fissa l’udienza di discussione del ricorso entro novanta giorni dal deposito dello stesso. Qualora la Corte ritenga che l’esecuzione dell’atto impugnato o di parti di esso possa comportare il rischio di un irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico o all’ordinamento giuridico della Repubblica, trascorso il termine di cui all’articolo 25, d’ufficio può adottare i provvedimenti di cui all’articolo 40. In tal caso l’udienza di discussione è fissata entro i successivi trenta giorni e il dispositivo della sentenza è depositato entro quindici giorni dall’udienza di discussione».
    5. Le regioni assicurano la pronta reperibilità degli atti recanti la pubblicazione ufficiale degli statuti e delle leggi regionali.     5. Le Regioni assicurano la pronta reperibilità degli atti recanti la pubblicazione ufficiale degli statuti e delle leggi regionali.
    6. Nei ricorsi per conflitto di attribuzione tra Stato e regione, di cui agli articoli da 39 a 42 della legge 11 marzo 1953, n. 87, proposti anteriormente alla data dell’8 novembre 2001, il ricorrente deve chiedere la trattazione del ricorso, con istanza diretta alla Corte costituzionale e notificata alle altre parti costituite, entro quattro mesi dal ricevimento della comunicazione di pendenza del procedimento effettuata a cura della cancelleria della Corte costituzionale; in difetto di tale istanza, il ricorso si considera abbandonato ed è dichiarato estinto con decreto del Presidente.     6. Nei ricorsi per conflitto di attribuzione tra Stato e Regione e tra Regione e Regione, di cui agli articoli da 39 a 42 della legge 11 marzo 1953, n. 87, proposti anteriormente alla data dell’8 novembre 2001, il ricorrente deve chiedere la trattazione del ricorso, con istanza diretta alla Corte costituzionale e notificata alle altre parti costituite, entro quattro mesi dal ricevimento della comunicazione di pendenza del procedimento effettuata a cura della cancelleria della Corte costituzionale; in difetto di tale istanza, il ricorso si considera abbandonato ed è dichiarato estinto con decreto del Presidente.

Art. 8.

Art. 9.

(Rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie)

(Rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie)

    1. In ogni regione a statuto ordinario è istituito il rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie. Le relative funzioni sono svolte dal prefetto preposto all’ufficio territoriale del Governo avente sede nel capoluogo della regione.     1. In ogni Regione a statuto ordinario è istituito il rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie. Le relative funzioni sono svolte dal prefetto preposto all’ufficio territoriale del Governo avente sede nel capoluogo della Regione.
    2. Nell’esercizio delle funzioni di cui al comma 1, il rappresentante dello Stato cura in sede regionale:     2.  Identico:
        a) le attività dirette ad assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione tra Stato e regione, nonchè il raccordo tra le istituzioni dello Stato presenti sul territorio, anche attraverso le conferenze di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, al fine di garantire la rispondenza dell’azione amministrativa all’interesse generale, il miglioramento della qualità dei servizi resi al cittadino e di favorire e rendere più agevole il rapporto con il sistema delle autonomie;         a) le attività dirette ad assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione tra Stato e Regione, nonchè il raccordo tra le istituzioni dello Stato presenti sul territorio, anche attraverso le conferenze di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, al fine di garantire la rispondenza dell’azione amministrativa all’interesse generale, il miglioramento della qualità dei servizi resi al cittadino e di favorire e rendere più agevole il rapporto con il sistema delle autonomie;
        b) la tempestiva informazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali e ai Ministeri interessati degli statuti regionali e delle leggi regionali, per le finalità di cui agli articoli 123 e 127 della Costituzione, e degli atti amministrativi regionali, agli effetti dell’articolo 134 della Costituzione, nonchè il tempestivo invio dei medesimi atti all’ufficio dell’Avvocatura dello Stato avente sede nel capoluogo;         b)  identica;
        c) la promozione dell’attuazione delle intese e del coordinamento tra Stato e regione previsti da leggi statali nelle materie indicate dall’articolo 118, terzo comma, della Costituzione, nonchè delle misure di coordinamento tra Stato e autonomie locali, di cui all’articolo 9, comma 5, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;         c) la promozione dell’attuazione delle intese e del coordinamento tra Stato e Regione previsti da leggi statali nelle materie indicate dall’articolo 118, terzo comma, della Costituzione, nonchè delle misure di coordinamento tra Stato e autonomie locali, di cui all’articolo 9, comma 5, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
        d) l’esecuzione di provvedimenti del Consiglio dei ministri costituenti esercizio del potere sostitutivo di cui all’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, avvalendosi degli uffici territoriali del Governo e degli altri uffici statali aventi sede nel territorio regionale;         d)  identica;
        e) la verifica dell’interscambio di dati e informazioni rilevanti sull’attività statale, regionale e degli enti locali, di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, riferendone anche al Ministro per l’innovazione e le tecnologie;         e)  identica;
        f) l’indizione delle elezioni regionali e la determinazione dei seggi consiliari e l’assegnazione di essi alle singole circoscrizioni, nonchè l’adozione dei provvedimenti connessi o conseguenti, fino alla data di entrata in vigore di diversa previsione contenuta negli statuti e nelle leggi regionali;         f)  identica;
–    g) la raccolta delle notizie utili allo svolgimento delle funzioni degli organi statali, costituendo il tramite per la reciproca informazione nei rapporti con le autorità regionali; la fornitura di dati e di elementi per la redazione della Relazione annuale sullo stato della pubblica amministrazione; la raccolta e lo scambio dei dati di rilevanza statistica, da effettuarsi secondo gli standard e le metodologie definiti dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e avvalendosi anche dei suoi uffici regionali, d’intesa con lo stesso.         g)  identica.
    3. Nell’esercizio delle funzioni di cui al presente articolo il prefetto titolare dell’ufficio territoriale del Governo del capoluogo di regione si avvale a tale fine delle strutture e del personale dell’ufficio territoriale del Governo.     3. Nell’esercizio delle funzioni di cui al presente articolo il prefetto titolare dell’ufficio territoriale del Governo del capoluogo di Regione si avvale a tale fine delle strutture e del personale dell’ufficio territoriale del Governo.
    4. Il provvedimento di preposizione alla prefettura – ufficio territoriale del Governo del capoluogo di Regione è adottato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno, d’intesa con il Ministro per gli affari regionali.     4. Il provvedimento di preposizione all’ufficio territoriale del Governo del capoluogo di Regione è adottato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno, d’intesa con il Ministro per gli affari regionali.
    5. L’articolo 4, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, è sostituito dal seguente:     5.  Identico:
    «3. Per l’esercizio dei compiti di cui al presente articolo, il Presidente del Consiglio dei ministri, o il Ministro per gli affari regionali, se nominato, si avvale di un apposito Dipartimento per gli affari regionali e delle annesse, in posizione di autonomia, segreterie della Conferenza permanente per il rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e della Conferenza Stato-Città e autonomie locali; si avvale altresì, sul territorio, dei rappresentanti dello Stato nelle regioni, che dipendono funzionalmente dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro per gli affari regionali, se nominato».     «3. Per l’esercizio dei compiti di cui al presente articolo, il Presidente del Consiglio dei ministri, o il Ministro per gli affari regionali, se nominato, si avvale di un apposito Dipartimento per gli affari regionali e delle annesse, in posizione di autonomia, segreterie della Conferenza permanente per il rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e della Conferenza Stato-Città e autonomie locali; si avvale altresì, sul territorio, dei rappresentanti dello Stato nelle Regioni, che dipendono funzionalmente dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro per gli affari regionali, se nominato».
    6. All’articolo 11 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, sono apportate le seguenti modificazioni:
        a) il primo comma è sostituito dal seguente:
    ««Le leggi regionali sono promulgate dal Presidente della Giunta. Il testo è preceduto dalla formula: “Il Consiglio regionale ha approvato. Il Presidente della Giunta regionale promulga“.»;
        b) i commi secondo e terzo sono abrogati;
        c) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Promulgazione delle leggi regionali».
    6. Sono abrogati: gli articoli 11, limitatamente alle disposizioni relative al controllo sulle leggi regionali, 40, 43 e 44 della legge 10 febbraio 1953, n. 62; l’articolo 4, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616; l’articolo 13 della legge 23 agosto 1988, n. 400, ad eccezione del comma 3; l’articolo 3 del decreto legislativo 13 febbraio 1993, n. 40; l’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.     7. Sono abrogati: gli articoli 40, 43 e 44 della legge 10 febbraio 1953, n. 62; l’articolo 4, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616; l’articolo 13 della legge 23 agosto 1988, n. 400, ad eccezione del comma 3; l’articolo 3 del decreto legislativo 13 febbraio 1993, n. 40; l’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
    7. Nelle norme dell’ordinamento giuridico, compatibili con le disposizioni della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, il riferimento al commissario del Governo è da intendersi al prefetto titolare dell’ufficio territoriale del Governo del capoluogo di regione quale rappresentante dello Stato.     8. Nelle norme dell’ordinamento giuridico, compatibili con le disposizioni della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, il riferimento al commissario del Governo è da intendersi al prefetto titolare dell’ufficio territoriale del Governo del capoluogo di Regione quale rappresentante dello Stato. Il presente comma comunque non concerne le norme compatibili con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, avente ad oggetto le Regioni a statuto speciale.

Art. 9.

Art. 10.

(Attuazione dell’articolo 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001)

(Attuazione dell’articolo 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001)

    1. In attesa delle modifiche statutarie, le commissioni paritetiche previste dagli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in relazione alle ulteriori materie spettanti alla competenza legislativa di tali regioni e province autonome, in forza dell’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, propongono l’adozione delle norme di attuazione che definiscono i beni e le risorse strumentali, finanziarie, umane e organizzative da trasferire, occorrenti all’esercizio delle ulteriori funzioni amministrative.     1. Ferme restando le forme di autonomia più ampie già attribuite dai vigenti statuti speciali e sino all’adeguamento degli statuti stessi, le disposizioni della presente legge si applicano, ai sensi dell’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano.

Art. 10.

Art. 11.

(Entrata in vigore)

(Entrata in vigore)

    1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.     Identico

 

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