CAMERA DEI DEPUTATI

COMMISSIONE AFFARI COSTITUZIONALI (1ª)

MERCOLEDÌ 19 FEBBRAIO 2003

Presidenza del presidente Donato BRUNO

Interviene il sottosegretario di Stato per gli affari regionali Alberto Giorgio Gagliardi.

 

 

SEDE REFERENTE

La seduta comincia alle 13,35

(…)

Adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale n. 3 del 2001.
C. 3590 Governo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta di ieri.

Donato BRUNO, presidente, ricorda che nella seduta di ieri è stato svolto un intervento di carattere generale.

Sesa AMICI (DS-U) esprime apprezzamento per il disegno di legge in esame, con il quale si è inteso dare attuazione al testo della Costituzione novellato dalla legge costituzionale 2001. Si tratta di un intervento necessario anche alla luce del rilevante numero di ricorsi pendenti dinanzi alla Corte costituzionale in materia di ripartizione delle competenze tra Stato e regioni. Del resto, il tema si pone ripetutamente nell'ambito dell'attività legislativa, così come i membri del Comitato permanente per i pareri possono quotidianamente rilevare nell'esercizio della loro attività.
Richiamate le considerazioni del relatore Cristaldi, secondo cui non sono state sufficientemente tutelate le particolari forme di autonomia delle regioni a statuto speciale, esprime alcuni rilevi sulle norme di attuazione dell'articolo 114, secondo comma, e dell'articolo 117, sesto comma, in materia di podestà normativa degli enti locali, nonché sulle norme di attuazione dell'articolo 118 della Costituzione in tema di esercizio delle funzioni amministrative. Evidenzia in particolare la necessità di una riflessione sui meccanismi idonei ad evitare forme di neocentralismo di tipo regionale.
Ricorda il dibattito svolto al Senato sul comma 4 dell'articolo 1, che prevede il conferimento al Governo di una delega ad emanare uno o più decreti legislativi aventi ad oggetto la ricognizione dei principi fondamentali che si desumono dalle leggi vigenti nelle materie attribuite alla podestà legislativa concorrente di Stato e regioni. Tale dibattito ha condotto all'approvazione di un emendamento con il quale si è inteso affermare la competenza del Parlamento a determinare "a regime" i principi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente e il carattere meramente ricognitivo dell'opera di individuazione dei principi fondamentali da parte del Governo; tale formulazione ha consentito di superare le perplessità iniziali della sua parte politica, ma restano ancora da affrontare altri temi come quello della "cedevolezza" delle norme vigenti.
Evidenzia quindi il ruolo del rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie, chiamato a svolgere una funzione di raccordo e di collaborazione, sottolineando l'esigenza di prevedere elementi che consentano di escludere l'inserimento di forme surrettizie di controllo; ciò vale anche per la Corte dei conti, cui viene affidato il compito di verificare il rispetto degli obiettivi fissati dal patto di stabilità interno.
Ribadito il proprio orientamento favorevole rispetto al disegno di legge in esame, ravvisa elementi di contraddittorietà nel comportamento del Governo che avrebbe dovuto concludere l'esame del provvedimento in titolo prima di avviare quello del disegno di legge sulla devoluzione.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame rinviato, da ultimo, nella seduta di giovedì 13 febbraio 2003.

Gianclaudio BRESSA (MARGH-U) ritiene che la Commissione avrebbe dovuto in primo luogo avviare l'esame del disegno di legge C. 3590, che rappresenta la chiave di lettura per verificare il funzionamento del sistema e presenta il merito di affrontare una materia di particolare complessità.
Rilevato che il Titolo V della Costituzione richiede interventi di aggiustamento, osserva relativamente al testo in esame che, nonostante il significativo lavoro svolto dal Senato, occorre affrontare alcune questioni molto delicate.
Si sofferma in primo luogo sul comma 2 dell'articolo 1 contenente disposizioni volte a regolare il passaggio dal precedente all'attuale assetto delle potestà legislative con riguardo agli effetti delle vigenti disposizioni normative statali sulle materie divenute regionali e viceversa.
La disposizione in particolare fa salva l'applicabilità delle norme adottate, al di fuori dei limiti di competenza sanciti dalla Costituzione, anche dopo l'entrata in vigore del nuovo Titolo V. In virtù della prevalenza delle norme costituzionali sulle norme di legge, ritiene che tale disposizione sia suscettibile di giudizi di legittimità costituzionale rispetto ad eventuali disposizioni legislative intervenute in vigenza e in violazione del nuovo assetto costituzionale delle competenze.
In effetti nel corso dell'esame al Senato in sede referente è stato introdotto un limite alla continuità di applicazione della normativa statale in materie regionali nella salvezza degli "effetti di eventuali pronunce della Corte costituzionale", ma le disposizioni regolamentari che venissero adottate dallo Stato o dalle regioni al di fuori dei limiti di competenza posti dal sesto comma dell'articolo 117 parrebbero sanate in virtù del comma 2 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame.
Occorrerebbe pertanto chiarire che il meccanismo della normazione statale cedevole nei confronti della successiva legislazione regionale non potrà essere adottato in futuro dallo Stato per legiferare su materie estranee alla propria competenza.
Si sofferma quindi sul comma 3 dell'articolo 1, riguardante l'esercizio della potestà legislativa da parte delle regioni nell'ambito dei principi fondamentali, la cui determinazione è riservata alla legislazione dello Stato. Ricordato che la Corte costituzionale ha affermato in via generale la desumibilità di tali principi, esprime perplessità sull'inciso "o, in difetto,", che potrebbe essere interpretato come una sorta di principio di "esclusività".
Con riferimento ai commi 4, 5 e 6 riguardanti la delega per la ricognizione dei principi fondamentali vigenti, osserva che sebbene la delega ad emanare uno o più decreti legislativi sia prevista in sede di prima applicazione e pertanto spetti al Parlamento individuare con proprie leggi i nuovi principi fondamentali, la norma non fa riferimento alla possibilità che lo Stato, nelle more della definizione di questi nuovi principi fondamentali, approvi leggi con cui modificare anche radicalmente principi fondamentali già presenti nell'ordinamento vigente. Mancando una clausola di salvaguardia, si potrebbe produrre un vulnus molto grave, per esempio, in materia di ordine pubblico e sicurezza nazionale, considerata la diversità di posizioni dei ministri dell'interno e delle riforme istituzionali, oppure su un tema controverso come la riforma della scuola.
Sollecitato un chiarimento al ministro La Loggia sul comma 5 dell'articolo 1, introdotto nel testo nel corso dell'esame al Senato a seguito dell'approvazione di un emendamento del relatore Pastore, si sofferma sui termini e la procedura per l'esercizio della delega, rilevando in particolare che in occasione del parere definitivo delle Camere non vengono incluse indicazioni circa la possibilità di rilevare l'assenza di principi riconoscibili nell'ordinamento, ma non inseriti dal Governo.
Con riferimento all'articolo 6 del disegno di legge, di attuazione all'articolo 118 della Costituzione in materia di esercizio delle funzioni amministrative, rileva la necessità di definire con maggiore precisione le funzioni amministrative dello Stato da conferire, anche in considerazione del fatto che non è stata ancora individuata una sede in cui affrontare in modo trasparente la materia.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

(…)

La seduta termina alle 14.

 

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