CAMERA DEI DEPUTATI
COMMISSIONE AFFARI ESTERI (3ª)
MARTEDÌ 11 MARZO 2003
Presidenza del presidente Gustavo SELVA
SEDE CONSULTIVA
La seduta comincia alle 10,40.
Adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale n. 3 del 2001.
C. 3590 Governo, approvato dal Senato.
Parere alla I Commissione).
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame.
Giovanni DEODATO (FI), relatore, illustra il disegno di legge in esame, recante
disposizioni per adeguare l'ordinamento dello Stato alla riforma in senso federale sancita
dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, osservando, per quanto di competenza della III
Commissione, che il nuovo testo del Titolo V della Costituzione ha conferito alle Regioni
ed alle Province autonome una significativa rilevanza internazionale e comunitaria.
Infatti, ai sensi del quinto comma dell'articolo 117 della Costituzione, nelle materie di
loro competenza, le Regioni e le Province autonome partecipano alle decisioni dirette alla
formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione ed all'esecuzione
degli atti dell'Unione europea e degli accordi internazionali. Inoltre, secondo il nono
comma dello stesso articolo, esse possono concludere accordi con altri Stati ed intese con
enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e nelle forme disciplinati con legge
della Repubblica.
Lo svolgimento di tutte queste attività è sottoposto ai limiti individuati dal primo
comma dell'articolo 117 della Costituzione. L'articolo 1 del disegno di legge in esame
identifica questi limiti in quelli derivanti dalle norme di diritto internazionale
generalmente riconosciute e dagli accordi di reciproca limitazione della sovranità (di
cui rispettivamente agli articoli 10 ed 11 della Costituzione), dall'ordinamento
comunitario e dai trattati internazionali ratificati a seguito di legge di autorizzazione.
Una prima questione sorge in merito alla definizione di quest'ultima tipologia di limite.
L'articolo 1 del disegno di legge, nel testo approvato dal Senato, ne circoscrive infatti
la portata ai soli trattati internazionali ratificati. La prassi internazionale invero
conosce, oltre agli accordi che per la propria entrata in vigore richiedono appunto lo
scambio delle ratifiche, anche i cosiddetti "accordi in forma semplificata" che
entrano in vigore all'atto della firma senza successiva ratifica.
Al riguardo potrebbe perciò formularsi una prima osservazione,riguardante la possibilità
di modificare il comma 1 dell'articolo 1 ed il comma 1 dell'articolo 5 nel senso di
considerare come limite della potestà legislativa dello Stato e delle Regioni tutti i
trattati in vigore per l'Italia secondo il diritto internazionale, comprendendovi cioè
sia i trattati ratificati sia quelli conclusi in forma semplificata.
Infatti, l'attuale discriminazione tra trattati sottoposti o meno a ratifica non sembra
coerente con l'intenzione del costituente, che nel primo comma dell'articolo 117 si è
riferito in generale ai "vincoli derivanti ...dagli obblighi internazionali".
Inoltre detta discriminazione comporterebbe la possibilità che, qualora una Regione
emanasse una legge contrastante con un trattato stipulato dall'Italia in forma
semplificata, da un lato la normativa regionale comporterebbe per lo Stato una
responsabilità sul piano internazionale per violazione del trattato, dall'altro quelle
norme risulterebbero viceversa valide alla stregua dell'ordinamento italiano, poiché non
avrebbero violato alcun limite.
Infine, sul piano delle fonti del diritto internazionale, nemmeno è dato riscontrare una
prevalenza dei trattati richiedenti lo scambio delle ratifiche sui trattati in forma
semplificata, rilevando tale distinzione solo circa la "fase integrativa
dell'efficacia".
Passando ad esaminare le competenze attribuite dal nuovo quinto comma dell'articolo 117
alle Regioni ed alle Province autonome, osserva che la costituzionalizzazione della
competenza di tali autonomie territoriali a stipulare accordi internazionali, già
affermatasi nella prassi da diversi anni, costituisce una significativa conquista in senso
federalista.
Deve però sottolineare che la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (ratificata
dall'Italia ai sensi della legge n. 112 del 1974) riconosce esclusivamente allo Stato la
competenza all'assunzione di obblighi internazionali. Lo Stato rimane dunque pur sempre, a
parte ovviamente le organizzazioni internazionali, l'unico soggetto dell'ordinamento
internazionale e comunitario. Le Regioni e le Province autonome non assurgono a tale
qualifica, che non può certo essere attribuita loro con legge dello Stato. Si spiegano
così i limiti ai quali il disegno di legge in esame sottopone l'attività internazionale
delle Regioni e delle Province autonome.
L'articolo 5 del disegno di legge disciplina perciò le attività di coordinamento fra lo
Stato da una parte e le Regioni e le Province autonome dall'altra, attività propedeutiche
alla conclusione degli accordi internazionali sottoscritti da queste autonomie
territoriali.
Il comma 2 dell'articolo 5 si occupa anzitutto della possibilità per le Regioni e le
Province autonome - nelle materie di propria competenza legislativa - di concludere con
enti territoriali interni ad altro Stato "intese dirette a favorire il loro sviluppo
economico, sociale e culturale, nonché a realizzare attività di mero rilievo
internazionale".
Si sottolinea però che "con gli atti relativi alle attività sopra indicate, le
Regioni e le Province autonome ... non possono esprimere valutazioni relative alla
politica estera dello Stato, nè possono assumere impegni dai quali derivino obblighi od
oneri finanziari per lo Stato" o che ledano gli interessi dei Comuni, delle Province
e delle Città metropolitane.
Le attività relative a questo tipo di accordi sono oggetto da parte dello Stato di un
apposito "atto di indirizzo e coordinamento in materia di attività all'estero delle
Regioni", di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1994. Riguardo
in particolare alle "attività di mero rilievo internazionale", l'articolo 2 del
decreto del Presidente della Repubblica citato considera tali, tra le altre, le attività
di studio, lo scambio di esperienze, le tavole rotonde, i seminari, le visite di cortesia,
i gemellaggi.
Con riferimento al decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1994, ritiene perciò
possa proporsi la seguente seconda osservazione. Potrebbe infatti essere inserito nel
comma 2 dell'articolo 5 il riferimento all'individuazione delle attività di mero rilievo
internazionale sulla base di un apposito atto di indirizzo e coordinamento dello Stato.
Il decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1994 trae infatti una rinnovata
legittimazione costituzionale dall'articolo 117, secondo comma, lettera a), che riserva
alla competenza esclusiva dello Stato la materia "politica estera e rapporti
internazionali", nel cui alveo può farsi rientrare appunto l'attività di indirizzo
e coordinamento dello Stato in materia di attività internazionale delle Regioni e delle
Province autonome.
Il comma 3 dell'articolo 5 si occupa invece degli accordi che le Regioni e le Province
autonome possono concludere con altri Stati. Si tratta di accordi esecutivi ed applicativi
di accordi internazionali, o accordi di natura tecnico-amministrativa, o di natura
programmatica finalizzati a favorire il loro sviluppo economico, sociale e culturale.
Ritiene opportuno anzitutto ribadire che questi accordi non vincolano la Regione ma tutto
lo Stato. Precisa tuttavia che il riconoscimento alla Regione di tale potere estero può
comportare obblighi per l'Italia solo una volta conferiti alla Regione i pieni poteri di
firma ai sensi della citata Convenzione di Vienna.
Ogni attività posta in essere dalla Regione prima della concessione di tali poteri di
firma non sarà perciò vincolante per lo Stato in caso di valutazione sfavorevole da
parte del Ministero degli affari esteri.
In merito alla concessione dei poteri di firma, potrebbe perciò formularsi una terza
osservazione. Potrebbe infatti espungersi dal comma 3 dell'articolo 5 la sanzione della
nullità degli accordi sottoscritti in carenza di pieni poteri, trattandosi di una
fattispecie già regolata dalla Convenzione di Vienna, la quale prevede peraltro per lo
Stato la possibilità di confermare l'accordo nullo.
Sotto altro profilo, il potere delle Regioni e delle Province autonome di stipulare tali
accordi sussiste solo per le materie di propria competenza legislativa. Tuttavia questa
competenza regionale incontra un limite nell'articolo 80 della Costituzione, secondo il
quale i trattati di natura politica, o che prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o
importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi,
necessitano della legge delle Camere di autorizzazione alla ratifica.
Per non sovrapporre la competenza regionale (per materia) e quella statale (di cui
all'articolo 80), formula la seguente quarta osservazione. Potrebbe infatti modificarsi il
comma 3 dell'articolo 5 in modo tale che la possibilità per le Regioni e le Province
autonome di stipulare accordi con altri Stati sia circoscritta ai soli accordi in forma
semplificata ed a quelli che precisano in ambito locale gli effetti di trattati
internazionali già in vigore. Queste due categorie di accordi che verrebbero così
riservate a tali autonomie territoriali non rientrano infatti nella previsione
dell'articolo 80 della Costituzione.
Un'ultima questione sorge in relazione al potere sostitutivo dello Stato nei confronti
delle Regioni con riferimento alle ipotesi di inosservanza da parte di queste degli
obblighi derivanti da vincoli internazionali o dalla normativa comunitaria.
Una quinta osservazione riguarda anzitutto la possibilità di espungere dai commi 1 e 5
dell'articolo 5 il riferimento ad una non meglio determinata "responsabilità delle
Regioni verso lo Stato".
Sotto altro profilo, considera auspicabile mantenere anche nel testo del disegno di legge
in esame la distinzione operata dalla Costituzione tra l'ipotesi di
"inadempienza" nell'attuazione ed esecuzione degli accordi internazionali e
degli atti comunitari (di cui al quinto comma dell'articolo 117) da un lato, e l'ipotesi
di "mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa
comunitaria"(di cui al comma 2 dell'articolo 120) dall'altro.
Potrebbe perciò avanzarsi una sesta ed ultima osservazioneipotizzando la possibilità di
conformare l'articolo 7 del disegno di legge a questa distinzione. In primo luogo si
potrebbe specificare che, in caso di "inadempienza", l'esercizio del potere
sostitutivo da parte dello Stato dovrebbe avvenire in via legislativa o regolamentare
(magari con l'esplicita indicazione della natura sostitutiva o cedevole delle disposizioni
a quello scopo emanate). In secondo luogo, in caso di "mancato rispetto di norme e
trattati internazionali o della normativa comunitaria", l'intervento sostitutivo
dello Stato dovrebbe invece avvenire in via amministrativa.
In conclusione, propone alla Commissione di esprimere parere favorevole sul disegno di
legge in esame, sia pure con le osservazioni in precedenza formulate (vedi allegato).
Valdo SPINI (DS-U), nell'esprimere apprezzamento per l'ampia relazione svolta, concorda in particolare sull'osservazione riguardante la discriminazione fra trattati sottoposti o meno alla ratifica. Ritiene comunque che un rinvio del seguito dell'esame possa consentire un'adeguata riflessione sulla materia oggetto del provvedimento.
Giovanni DEODATO (FI), relatore, concorda sulla richiesta di rinvio.
Gustavo SELVA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame a domani, mercoledì 12 marzo 2003, alle ore 14.30.
La seduta termina alle 10.55.