CAMERA DEI DEPUTATI
Resoconto stenografico dell'AssembleaSeduta n. 301 del 29 aprile 2003
Presidenza del Vicepresidente PUBLIO FIORI
Indi del Presidente PIER FERDINANDO CASINI
Seguito della discussione e approvazione del disegno di legge: S. 1545 - Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (approvato dal Senato) (3590) (ore 9,38)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge,
già approvato dal Senato: Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della
Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
Ricordo che nella seduta di ieri è stato approvato, da ultimo, l'articolo 7.
(Esame dell'articolo 8 - A.C. 3590)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 8 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 3590 sezione 1).
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,39).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Si riprende la discussione del disegno di legge n. 3590.
(Ripresa esame dell'articolo 8 - A.C. 3590)
PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
NICOLÒ CRISTALDI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sugli emendamenti Boccia
8.9 ed 8.15 della Commissione ed esprime, invece, parere contrario sulle restanti proposte emendative.
PRESIDENTE. Il Governo?
ENRICO LA LOGGIA, Ministro per gli affari regionali. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Poiché è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico, per consentire l'ulteriore decorso del termine regolamentare del preavviso, sospendo la seduta fino alle ore 10.
( )
Si riprende la discussione del disegno di legge n. 3590 (ore 10,03).
(Ripresa esame dell'articolo 8 - A.C. 3590)
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boccia
8.9, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva
(Presenti 293
Votanti 290
Astenuti 3
Maggioranza 146
Hanno votato sì 289
Hanno votato no 1
Sono in missione 75 deputati).
Prendo atto che gli onorevoli Bellini e Pinto non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
KARL ZELLER. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo?
KARL ZELLER. Vorrei intervenire sul mio emendamento 8.2.
PRESIDENTE. Onorevole Zeller, il suo emendamento 8.2 non è stato segnalato e, quindi,
non verrà posto in votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boccia
8.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Presenti e Votanti 299
Maggioranza 150
Hanno votato sì 119
Hanno votato no 180
Sono in missione 75 deputati).
Prendo atto che gli onorevoli Bellini, Luigi Pepe e Pinto non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare sull'ordine lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, vorrei solo far notare ai colleghi della maggioranza
un dato, anche rispetto ad un dibattito che si è svolto ieri alla presenza del Presidente
della Camera Casini, il quale ha affermato che in questi giorni la Camera non è riunita
solo per esaminare le questioni riguardanti il patteggiamento. A differenza di ciò che è
avvenuto ieri in quest'aula, quando i banchi del Governo (così come quelli della
maggioranza) erano particolarmente affollati, vorrei segnalare che quest'ultimo
emendamento è stato bocciato con 180 voti dei colleghi della maggioranza, mentre
occorrono 209 deputati perché la Camera sia in numero legale.
Ovviamente, l'opposizione oggi resterà in aula perché si tratta dell'attuazione di una
nostra riforma. Anche se non condividiamo alcuni punti del provvedimento, sostanzialmente
esso riguarda l'attuazione di una riforma federalista che nella passata legislatura
abbiamo fortemente voluto. Facciamo tuttavia notare che gli interessi di questa
maggioranza sono diversi da quelli che vengono presentati...
PRESIDENTE. Onorevole Ruzzante, le chiedo scusa ma questo non è un argomento...
PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, ho concluso. Quando si discute di federalismo, l'aula è vuota; quando si tratta di discutere di altri temi, l'aula è piena (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega nord Padania)! Credo che questo vada fatto notare (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Boato 8.1
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, con questo emendamento si propone di aggiungere
al comma 1 dell'articolo 8 l'inciso "provvisori e". Non si tratta di una
questione banale perché, attraverso tale inciso, si tende a far chiarezza in modo
definitivo sul fatto che si tratta di provvedimenti sostitutivi che hanno una limitata
efficacia nel tempo. C'è bisogno di questo chiarimento perché il testo della norma
prevede che si possa far ricorso all'uso di provvedimenti sostitutivi anche normativi.
L'inciso "provvisori" chiarisce che si tratta di sostituirsi nell'esercizio di
un potere e non di una surroga di competenza.
Si tratta di un'utile ed opportuna specificazione, rispettosa dei principi che la riforma
del titolo V ha introdotto: il principio di sussidiarietà e di leale collaborazione
previsti dall'articolo 120 della Costituzione. Senza tale inciso, si corre il rischio di
mettere in atto provvedimenti normativi che, anziché avere un potere sostitutivo
nell'emergenza, possono risultare arbitrari perché definitivi e limitati nel tempo. È
una specificazione che ritengo quanto mai opportuna al fine di trovare elementi di
chiarezza in un testo che ha, altrimenti, forti elementi di ambiguità.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO LEONI. Signor Presidente, il mio gruppo sostiene l'emendamento in esame con le
argomentazioni già esplicitate dal collega Bressa poco fa e non aggiungo nulla su questo.
Coglierei l'occasione per rivolgermi al ministro La Loggia al quale tutti dobbiamo
riconoscere la pazienza e la costanza con la quale ha seguito i lavori parlamentari sia al
Senato sia alla Camera, sia in Commissione sia in aula su questo provvedimento. È un
segno di rispetto nei confronti del nostro lavoro, ma perché tale rispetto si manifesti
pienamente il ministro non può stamattina non dare alcuni chiarimenti al Parlamento su
quanto sta avvenendo nella Casa delle libertà a proposito del tema del federalismo.
Ci era stata raccontata la raggiunta grande armonia all'interno della vostra coalizione
attorno ad un nuovo disegno di riforma costituzionale che avrebbe inglobato la devolution
di Bossi. Leggiamo in questi giorni dichiarazioni di esponenti importanti della Lega
(Calderoli ed oggi lo stesso ministro Bossi) che dicono tutt'altro. Il senatore Calderoli
dice: noi non voteremo mai la controriforma centralista La Loggia-D'Onofrio che è un
tradimento del patto elettorale. Non possiamo accettare né la reintroduzione del concetto
di interesse nazionale, né Roma capitale, né il principio capestro in base al quale
tutte le regioni insieme sono obbligate ad attivare il federalismo. Inoltre, colora tali
dichiarazione con un'affermazione che non comprendiamo: conta la devolution, non i
patti su marciapiedi e tombini. Infine, è sui giornali di stamani la dichiarazione del
ministro Bossi che dice: attenti, il Governo può cadere; la riforma La Loggia non la
votiamo; non votiamo l'interesse nazionale; Enrico La Loggia e D'Onofrio non sono esempi
di federalismo, sono professori molto cavillosi e vecchi democristiani.
Signor ministro, a tali affermazioni lei risponde sui giornali in un modo del tutto
insufficiente perché si appella alla categoria prepolitica della calma. Non credo che il
problema che pone la Lega derivi dal fatto che sono poco calmi in questi giorni e lo
saranno, magari, ancor meno a Pontida. Vi è un problema politico attorno a questa vicenda
che abbiamo già denunciato: la confusione che state facendo tra riforme costituzionali
che dovrebbero cambiare o stravolgere quella riforma del titolo V che con la legge che
stiamo esaminando dovrebbe essere applicata.
Signor ministro, se lei non darà tali chiarimenti - io credo che lo farà stamattina -
dovremo pensare che anche lei sia partecipe di una presa in giro nei confronti del
Parlamento che il Parlamento non deve essere più disposto a sopportare (Applausi dei
deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boato
8.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Presenti e Votanti 368
Maggioranza 185
Hanno votato sì 149
Hanno votato no 219).
Ricordo che l'emendamento Zeller 8.4 non è stato segnalato.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boccia
8.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Presenti 364
Votanti 359
Astenuti 5
Maggioranza 180
Hanno votato sì 141
Hanno votato no 218).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 8.15
della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva
(Presenti 369
Votanti 363
Astenuti 6
Maggioranza 182
Hanno votato sì 352
Hanno votato no 11).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 8.6.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA. Questo emendamento affronta, nel campo dei poteri sostitutivi, un
problema che consideriamo fondamentale in particolare in questo provvedimento, ma più in
generale in tutta la partita che riguarda il federalismo: mi riferisco alla questione dei
diritti fondamentali, cioè i diritti civili e sociali universalmente riconosciuti ai
sensi della Costituzione. Noi, quindi, riprendiamo quanto stabilito dall'articolo 120
della Costituzione e chiediamo che venga introdotto tale principio, affinché lo Stato
possa agire con un potere sostitutivo, nel caso che tali diritti fondamentali venissero
violati.
Riteniamo che ciò sia indispensabile perché, mentre con riferimento a tutta la partita
della normativa comunitaria vi è un'articolazione di percorso e di provvedimenti
affinché ogni ruolo venga svolto nella dovuta maniera, su questa partita dei diritti
niente è regolamentato; noi invece riteniamo che almeno dal punto di vista dei principi
ciò debba essere affermato.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia
8.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Presenti 379
Votanti 377
Astenuti 2
Maggioranza 189
Hanno votato sì 151
Hanno votato no 226).
Avverto che gli emendamenti Mascia 8.7 e Zeller 8.5 non sono stati segnalati.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boccia
8.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Presenti e Votanti 376
Maggioranza 189
Hanno votato sì 155
Hanno votato no 221).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento
Mascia 8.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Presenti 380
Votanti 377
Astenuti 3
Maggioranza 189
Hanno votato sì 18
Hanno votato no 359).
Passiamo alla votazione dell'articolo 8.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.
ANTONIO BOCCIA. Poc'anzi, il collega Leoni ha posto una questione rilevante, ma -
ahimè - il ministro fa finta di niente, così come la maggioranza. Stiamo votando un
articolo importante e soprattutto un provvedimento importante e, al riguardo, vorrei
precisare che l'opposizione ha tenuto un atteggiamento fortemente costruttivo ed anche il
nostro voto lo sarà altrettanto. Si tratta infatti dell'attuazione di una riforma varata
nella scorsa legislatura e di fatto noi stiamo assecondando il processo di attuazione di
quella riforma.
Qualche settimana fa - è stato rilevato già altre volte ed io insisto su questo -
abbiamo approvato una modifica costituzionale, la cosiddetta devolution, mentre il
Consiglio dei ministri approvava una controriforma, per così dire, del titolo V, così
come, al tempo stesso, altre riforme strettamente connesse alla vita degli enti locali e
delle regioni si annunziano alle porte.
Stiamo riproponendo questa mattina, con serenità, con garbo ed anche con una certa
fermezza, il problema che abbiamo già sollevato ieri sera. Non c'è alcun motivo né di
ostruzionismo, né di opposizione strumentale, né di critica distruttiva: questo
provvedimento sta registrando un atteggiamento fortemente costruttivo da parte
dell'opposizione e sappiamo anche che questa mattina dovremo concludere i nostri lavori.
Non ci sono dietrologie, vi è solo e soltanto la giusta richiesta dell'opposizione di
conoscere quale sia l'itinerario programmatico che la maggioranza e il Governo intendono
porre in campo sulle questioni di riordino costituzionale delle leggi di attuazione di
tale riordino.
Possibile che ogni giorno dobbiamo assistere ad affermazioni che dicono tutto e il
contrario di tutto? Ed oggi, che il Governo e la maggioranza hanno l'opportunità ed anche
il dovere di informare il Parlamento su ciò che intendono realizzare, non riusciamo ad
ottenere una risposta.
Dunque, ho colto l'occasione di una dichiarazione di voto su questo articolo per porre con
forza, anche se con molto garbo e serenità, l'esigenza che il ministro ci dica con
altrettanto garbo e serenità qual è l'intenzione del Governo e della maggioranza
sull'itinerario complessivo delle riforme costituzionali e delle leggi di attuazione.
Noi avremmo l'esigenza di saperlo, ma credo anche - mi consenta, Presidente - il diritto
di saperlo, visto che ci troviamo in un regime democratico ancorché fortemente minacciato
da una serie di provvedimenti che, purtroppo, si stanno affermando in questa legislatura.
Quindi, ritengo che fornire una risposta sia doveroso da parte del ministro (Applausi
dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistral'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.
KARL ZELLER. Signor Presidente, l'articolo in esame presenta una grave carenza, in
quanto non prevede più il coinvolgimento della Commissione bicamerale per le questioni
regionali.
Vorrei ricordare a questa Assemblea che, sin dal 1989, nella legge cosiddetta La Pergola,
in caso di esercizio del potere sostitutivo da parte del Governo, era sempre previsto il
parere della Commissione bicamerale per le questioni regionali.
Tale carenza ci appare, peraltro, in netta controtendenza con lo stesso spirito del
provvedimento in esame in quanto, negli articoli 1 e 3, è stato introdotto proprio il
parere della suddetta Commissione bicamerale.
Anche l'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 valorizza il ruolo di tale
Commissione e stranamente, proprio in un campo molto delicato nel quale sarebbe
assolutamente necessario il coinvolgimento della Commissione bicamerale, viene cancellato
ogni riferimento al riguardo.
Per questo motivo esprimeremo un voto contrario sul presente articolo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, signor ministro, annuncio l'astensione dei Verdi
sull'articolo 8, ma vorrei brevissimamente ritornare sulle questioni sollevate durante la
discussione dell'articolo dal collega Carlo Leoni e, in sede di dichiarazione di voto sul
medesimo articolo, dal collega Boccia.
Signor ministro, lei sa che alla collaborazione e al confronto leale e costruttivo che da
parte nostra ci sono stati su questo provvedimento si sono sempre accompagnate, via via
che si stava intorbidendo il quadro politico e istituzionale, preoccupazioni connesse a
questo disegno di legge. Tanto è vero che su una questione specifica avevamo presentato
due questioni di costituzionalità che, a seguito dell'impegno da parte del Governo di
superare quella problematica, abbiamo ritirato.
Tuttavia, sulla connessione tra la vicenda di questo disegno di legge ordinario di
attuazione del vigente titolo V della Costituzione e il disegno di legge costituzionale di
modifica dell'articolo 117 in materia di cosiddetta devoluzione e del preannunciato...
Vedo, però, che il ministro, a cui ci stiamo rivolgendo, non può ascoltarci. Stiamo
cercando di dialogare, ma bisogna essere in due per farlo.
ENRICO LA LOGGIA, Ministro per gli affari regionali. Ascolto, ascolto.
MARCO BOATO. In relazione al preannunciato e, poi, ufficializzato, in sede di Consiglio dei ministri, nuovo, ulteriore disegno di legge costituzionale di riforma più generale e complessiva - è stato definito un restyling del titolo V della Costituzione -, abbiamo espresso tempestivamente alcune preoccupazioni, tanto che abbiamo presentato una questione sospensiva che abbiamo mantenuto.
PRESIDENTE. Onorevole Boato...
MARCO BOATO. Quindi, non è da oggi che Boccia, Leoni e Boato pongono questo problema.
Lo abbiamo posto sin dall'inizio. Cosa si aggiunge oggi, signor Presidente e signor
ministro? Voi ci avete annunciato in quest'aula un accordo della maggioranza sul rapporto
tra questo provvedimento, devoluzione e riforma del titolo V. Noi leggiamo le
dichiarazioni di un Vicepresidente del Senato e di esponenti politici della maggioranza
che denunciano l'inesistenza di quell'accordo e, addirittura, dichiarano di voler votare
contro. Ieri, ho usato un'espressione e ho pregato i resocontisti di scriverla tra
virgolette. Lo dico nuovamente ai resocontisti: scrivetela tra virgolette. Avete un modo
"schizoide" di procedere. Ma, è una materia così delicata ed importante che
non può essere accettabile che ciò avvenga.
Questo è il motivo delle nostre preoccupazioni che abbiamo espresso fin dall'inizio ma
che, adesso, trovano, per tabulas, nelle dichiarazioni pubbliche, fondamento
politico e istituzionale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Innocenti. Ne ha facoltà.
RENZO INNOCENTI. Signor Presidente, anche il nostro gruppo si asterrà dalla votazione
di questo articolo. Pensiamo che la legge al nostro esame dia un elemento di parziale
certezza - ma sempre e comunque certezza - nei confronti di una discussione che si è
aperta da molto tempo sul rapporto tra Stato e regioni e che ha la necessità di trovare
un ancoraggio, per permettere ad ognuno di avere elementi definiti per quanto riguarda le
proprie competenze e le proprie funzioni, in merito a quanto è stato riformato, nel
passato, del titolo V della Costituzione.
Tocchiamo un tema rilevantissimo che riguarda tutto il paese e tutti i cittadini, perché
sappiamo che su questo si gioca una parte rilevante dell'organizzazione dello Stato, in
termini di ridefinizione di competenze, di programmazione dello sviluppo, di
organizzazione dei servizi, di effettività dei diritti di cittadinanza su questioni di
grande rilievo che vanno dal tema dell'istruzione, a quello della salute, a quello
sicurezza, ai problemi del lavoro e a quant'altro riguardi i diritti fondamentali che
afferiscono al diritto di cittadinanza.
Oramai, ci troviamo impegnati in seconda lettura, in questo ramo del Parlamento, per dare
attuazione ad una riforma costituzionale con legge ordinaria. È già stato ricordato,
però, quanto questo avvenga in un clima di profonda incertezza e di grande confusione,
determinatosi per le continue difficoltà di rapporti tra i gruppi politici di maggioranza
e all'interno del Governo. Abbiamo avuto modo di seguire con attenzione il dibattito, che
ci riserva ogni giorno qualche novità: ci sono giorni nei quali vengono annunciate pace,
fratellanza, concordia e unità di intenti tra il Governo e i gruppi politici della
maggioranza; ventiquattr'ore dopo, assistiamo a minacce come quelle pronunciate ieri, in
modo molto chiaro e netto, da Bossi e da altri appartenenti alla Lega, i quali minacciano
la crisi di governo. Pertanto, è atteso, tra qualche giorno, un ritrovo in qualche
località italiana, durante il quale, forse, qualcuno annuncerà al paese che ci potrebbe
essere una crisi di governo. Ma ci rendiamo conto di cosa significhi ciò? Si vuole,
quindi, rimettere in fibrillazione l'intero sistema politico nel nostro paese?
Sono affermazioni, lasciatemelo dire, irresponsabili. Non si tratta di una perdita di
responsabilità che può passare inosservata quando queste affermazioni vengono fatte da
autorevoli figure politiche o da autorevoli ministri per le riforme a questo proposito.
Quindi, credo che ci sia la necessità di avere una risposta a quanto già affermato da
alcuni colleghi, come l'onorevole Leoni (quando ci trovavamo in sede di dichiarazioni di
voto su un emendamento all'articolo 8) o, poco fa, dagli onorevoli Boccia e Boato i quali
chiedevano al ministro La Loggia che segue i nostri lavori una parola di chiarezza su
questo punto.
Tuttavia, non è tanto un problema di curiosità personale, ma vi è la necessità di
avere per tutti, ad iniziare dalla chiarezza e dalla trasparenza dei rapporti seppure
dialettici all'interno di un aula parlamentare, un'indicazione su quello che intende fare
il Governo nonché cosa pensa su quanto ieri è stato dichiarato sulle questioni più
politiche generali dell'assetto del Governo e più in particolare su una riforma ulteriore
del titolo V che rischia di mettere alla berlina tutto il lavoro che stiamo facendo,
mettendolo da parte, annullandolo e quindi creando ancora degli stati di incertezza e di
difficoltà per quanto concerne l'organizzazione dello Stato. Io credo che queste cose
siano inammissibili e, signor Presidente, vi è la necessità che il Governo non indugi
ulteriormente per dare una risposta a quanto già abbiamo chiesto (Applausi dei
deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
MARCO BOATO. Abbiamo avuto una risposta...
RENZO INNOCENTI. È inaudito!
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'articolo 8, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva.
(Presenti 392
Votanti 250
Astenuti 142
Maggioranza 126
Hanno votato sì 226
Hanno votato no 24).
(Esame dell'articolo 9 - A.C. 3590)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 9...
MARCO BOATO. È stato eloquente il Governo! Questo sarebbe il dialogo parlamentare?
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.
Passiamo all'esame dell'articolo 9 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi
l'allegato A - A.C. 3590 sezione 2).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
NICOLÒ CRISTALDI, Relatore. Signor Presidente (Commenti del deputato Boato)...
PRESIDENTE. Onorevole Boato, la prego.
NICOLÒ CRISTALDI, Relatore. Signor Presidente, tenendo presente che l'emendamento 9.4 della Commissione è stato ritirato, il parere sugli altri emendamenti è contrario.
PRESIDENTE. Il Governo?
ENRICO LA LOGGIA, Ministro per gli affari regionali. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia
9.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Presenti 402
Votanti 262
Astenuti 140
Maggioranza 132
Hanno votato sì 24
Hanno votato no 238).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento
Boccia 9.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Presenti 406
Votanti 392
Astenuti 14
Maggioranza 197
Hanno votato sì 159
Hanno votato no 233).
Avverto che l'emendamento Collé 9.1 non è stato segnalato.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 9.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva
(Presenti 410
Votanti 401
Astenuti 9
Maggioranza 201
Hanno votato sì 394
Hanno votato no 7).
(Esame dell'articolo 10 - A.C. 3590)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 10 e delle proposte emendative ad esso
presentate (vedi l'allegato A - A.C. 3590 sezione 3).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
NICOLÒ CRISTALDI, Relatore. Signor Presidente, il parere è favorevole
all'emendamento 10.20 della Commissione, nonché sugli identici emendamenti Olivieri 10.1,
Boato 10.11 e Detomas 10.12 a condizione che vengano riformulati negli stessi termini
dell'emendamento 10.20 della Commissione.
Il parere è contrario su tutti gli altri emendamenti presentati.
PRESIDENTE. Il Governo?
ENRICO LA LOGGIA, Ministro per gli affari regionali. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zeller
10.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Presenti 387
Votanti 383
Astenuti 4
Maggioranza 192
Hanno votato sì 149
Hanno votato no 234).
Avverto che gli emendamenti Zeller 10.5, 10.6, 10.7 e 10.8 non sono stati segnalati.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Collè
10.19, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Presenti 409
Votanti 398
Astenuti 11
Maggioranza 200
Hanno votato sì 44
Hanno votato no 354).
Avverto che il successivo emendamento Detomas 10.17, identico agli emendamenti Olivieri
10.16 e Boato 10.18, non è stato segnalato.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici
emendamenti Olivieri 10.16 e Boato 10.18, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Presenti 413
Votanti 411
Astenuti 2
Maggioranza 206
Hanno votato sì 176
Hanno votato no 235).
Prendo atto che gli onorevoli Perrotta, Ciro Alfano e Spina Diana non sono riusciti a
votare.
Avverto che l'emendamento Zeller 10.9, identico all'emendamento Bressa 10.2, non è stato
segnalato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 10.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, quello in oggetto è uno degli argomenti che ha
lungamente interessato i lavori della Commissione. Noi volevamo sopprimere questo comma
per una serie di ragioni che, addirittura, ci avevano indotto a presentare una questione
pregiudiziale di costituzionalità. Ritenevamo infatti che la lettera dell'articolo -
presentata a seguito di un emendamento proposto dal relatore ed approvato dal Governo -
fosse palesemente incostituzionale per una serie di motivi.
Innanzitutto, veniva sovvertito il principio della gerarchia delle fonti e rinviato ad un
decreto del Presidente della Repubblica - di natura regolamentare - il contenuto di
importanti norme, mentre questa materia è regolata dallo statuto di autonomia speciale e
dalle relative norme di attuazione di rango costituzionale. In secondo luogo, vi erano
delle obiezioni logico-giuridiche perché il contenuto era chiaramente contraddittorio, in
quanto, da un lato venivano fatte salve le competenze delle province autonome e dall'altro
veniva richiamata genericamente la disposizione del decreto del Presidente della
Repubblica n. 287 del 17 maggio 2001. Vi era poi un ulteriore salto logico in quanto si
faceva riferimento a questo specifico decreto del Presidente della Repubblica - n. 287
delle 17 maggio 2001 - il cui articolo 15 prevedeva espressamente che il medesimo non
trovasse applicazione nei confronti delle province autonome: quindi ci trovavamo di fronte
ad un autentico pasticcio.
Va dato atto al ministro La Loggia di essersi fatto interprete di queste nostre
preoccupazioni e di aver contribuito a fare chiarezza, al punto tale che adesso ci
troviamo di fronte all'emendamento 10.20 della Commissione, e agli identici emendamenti
Olivieri 10.1, Boato 10.11 e Detomas 10.12 che superano il problema. Di qui la nostra
disponibilità, non solo a ritirare la questione pregiudiziale di costituzionalità, ma a
votare anche a favore del provvedimento.
Da parte del ministro La Loggia ci saremmo immaginati un analogo atteggiamento di
disponibilità e comprensione anche rispetto ad altri controversi passaggi di questo
provvedimento. Ci saremmo aspettati dal ministro - date le sue qualità - che quest'oggi
rendesse in aula un chiarimento politico, in qualche modo definitivo rispetto alle
polemiche giornalistiche che tra ieri ed oggi hanno impegnato gli organi di stampa. Spero
che lo possa fare a conclusione di questo nostro dibattito, perché non è cosa di poco
conto trovarsi in aula a ragionare circa l'attuazione di una riforma costituzionale nel
momento in cui il Consiglio dei ministri ha approvato una nuova riforma del titolo V e
all'interno della maggioranza vi sono delle crepe così clamorosamente vistose.
Per vostra memoria voglio solo ricordare che pochi giorni fa in quest'aula, mentre
discutevamo della devoluzione e sia la maggioranza sia il Governo si erano chiusi a riccio
senza voler mai accettare una discussione sul merito, in più occasioni richiamai il
ministro Bossi alla coerenza dei comportamenti. Infatti, in quell'occasione stavamo per
votare il testo di legge sulla devoluzione, mentre due giorni prima il Consiglio dei
ministri aveva approvato una potente riforma di ricentralizzazione che, in qualche modo,
smontava la riforma in senso federale attuata nella passata legislatura attraverso la
modifica del titolo V.
Oggi, riviviamo in quest'aula le stesse contraddizioni di allora, ma con un'aggiunta:
infatti, mentre quel giorno il ministro Bossi brontolava rispetto alle mie argomentazioni,
ieri la Padania ha fatto sue quelle stesse argomentazioni e ha dichiarato di non
poter in nessun modo accettare l'ipotesi della reintroduzione dell'interesse nazionale e
la cancellazione della competenza legislativa concorrente.
Ora, mi rendo conto che, nel momento in cui da questi banchi sono state mosse queste
critiche, il ministro Bossi, che doveva "incassare" la bandiera elettorale della
devoluzione, non poteva fare diversamente, ma in seguito probabilmente ha letto meglio
ciò che è stato approvato nel Consiglio dei ministri e si è reso conto di essere stato
imbrogliato; di qui le reazioni molto dure apparse sugli organi di stampa.
Prima di arrivare al voto finale sul provvedimento in esame, che - lo ripeto - è
importante perché attua la riforma del titolo V della Costituzione, sarebbe quanto mai
opportuno che il Governo e la maggioranza facessero chiarezza anche sulla loro posizione
politica perché non si può continuamente scherzare con le istituzioni, come da troppo
tempo questo Governo e questa maggioranza stanno facendo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO MARONE. Signor Presidente, il sesto comma dell'articolo 10 del provvedimento
La Loggia è sintomatico di ciò che sta avvenendo relativamente a questa materia, vale a
dire di una confusione sostanziale che si manifesta nel Governo sul tipo di politica che
si vuole adottare in materia di federalismo regionale. Da una parte, vi sono componenti
della maggioranza che spingono verso forme di federalismo spinto, addirittura distruttivo
dell'unità nazionale e dall'altra parte, quella prevalente, vi è una tendenza alla
riaffermazione di un centralismo che mi sembra oramai del tutto antistorica.
Abbiamo condotto una lunga battaglia in Commissione per ottenere un punto di mediazione
(è francamente anche una cosa ovvia); è stato convenuto, infatti, relativamente al comma
6 dell'articolo 10, che le previsioni del decreto del Presidente della Repubblica n. 287
del 2001 debbano essere compatibili con lo statuto speciale di autonomia e con le relative
norme di attuazione. Se non fosse così, qualsiasi disposizione sarebbe incostituzionale
visto il rango degli statuti delle regioni a statuto speciale. Abbiamo condotto una
durissima battaglia in Commissione per ottenere questo punto di mediazione, che è durata
un'intera serata, mentre il Governo, arroccato su una posizione centralista, pretendeva di
non modificare minimamente il comma 6 che noi abbiamo ritenuto non solo sbagliato, ma
addirittura incostituzionale. Siamo comunque riusciti ad ottenere questo punto di
mediazione anche se continuiamo a ritenere che sarebbe preferibile non approvare proprio
il sesto comma. È per questo motivo che abbiamo presentato un emendamento soppressivo del
medesimo.
Mi interessava comunque sottolineare, rispetto alle polemiche che vengono sollevate
quotidianamente in materia di federalismo regionale ed agli atteggiamenti ondivaghi del
Governo, il fatto che su questo tema tutto il dibattito che si è incentrato in
Commissione sul sesto comma dell'articolo 10 è sostanzialmente indicativo della
confusione presente nel Governo su tale tema.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
GIANCLAUDIO BRESSA. Chiedo di parlare per una precisazione.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, ritiro l'emendamento 10.2 che reca la mia prima firma.
PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che anche l'emendamento Boato 10.10 è stato ritirato.
Passiamo ora all'emendamento 10.20 della Commissione.
Ricordo che il relatore ha avanzato ai presentatori degli identici emendamenti Olivieri
10.1 e Boato 10.11 la richiesta che gli stessi vengano riformulati negli stessi termini
dell'emendamento 10.20 della Commissione. Se l'emendamento 10.20 della Commissione venisse
approvato, gli identici emendamenti risulterebbero assorbiti.
Onorevole Boato, concorda con la richiesta avanzata dal relatore?
MARCO BOATO. Signor Presidente, credo che il collega Olivieri abbia già comunicato alla Presidenza di essere d'accordo a riformulare l'emendamento 10.1 che reca la sua prima firma; lo stesso si può dire per gli identici emendamenti 10.11, che reca la mia prima firma, e Detomas 10.12.
PRESIDENTE. Onorevole Boato, l'emendamento Detomas 10.12 non è segnalato.
MARCO BOATO. In ogni caso vi sarebbe stato l'accordo a riformularlo. Una volta accettato nell'acceso dibattito svolto in Commissione (alla fine ha avuto un esito positivo) di aggiungere al comma 6 l'espressione "compatibilmente con lo statuto speciale di autonomia e relative norme di attuazione", diventa pleonastico, ed i giuristi direbbero ultroneo, fare iniziare il comma 6 con l'espressione "Fatte salve le competenze spettanti alle Province autonome di Trento e Bolzano (...)".
È ovvio che se la norma che viene introdotta deve essere compatibile con lo statuto e
con le norme di attuazione, queste competenze sono fatte salve. Abbiamo già ricordato, lo
ha fatto poc'anzi il collega Bressa illustrando la ratio dell'emendamento Bressa
10.2 che successivamente abbiamo ritirato perché interamente soppressivo, che durante il
confronto in Commissione, ed anche di fronte all'opinione pubblica delle province autonome
di Bolzano e di Trento, che ha avuto grande attenzione, tramite gli organi di stampa,
rispetto a questa vicenda, è emerso quanto ritenessimo grave l'originaria introduzione,
sarebbe da dirsi imposizione, da parte del Governo del comma 6, così come originariamente
definito.
Il confronto e la presentazione per l'esame dell'Assemblea delle due questioni
pregiudiziali di costituzionalità hanno indotto, e di questo abbiamo dato atto
positivamente in quella circostanza e lo ripeto anche oggi, il Governo e la maggioranza
della Commissione, ed anche il relatore Cristaldi, a cercare un punto d'incontro che fosse
rispettoso delle competenze e delle autonomie speciali, in particolare di quelle delle
province autonome di Trento e di Bolzano. Per questa ragione, noi esprimeremo voto
favorevole sull'emendamento 10.20 della Commissione e sugli emendamenti Olivieri 10.1 e
Boato 10.11 resi identici a seguito della riformulazione trovando così un punto di
incontro e di equilibrio positivo dopo un aspro confronto costituzionale e politico.
Proprio sottolineando l'esito positivo di tale confronto, mi rivolgo ancora una volta al
ministro La Loggia, perché credo che non sia corretto ciò che sta avvenendo - in questo
momento specifico sta avvenendo qualcosa di positivo e noi lo voteremo, - ovvero che un
ministro che viene interpellato da tutti i gruppi dell'opposizione su una materia che è
strettamente legata con quella al nostro esame e che, a tale interpello, fra l'altro molto
rispettoso, non risponda; credo si tratti di un episodio negativo sotto il profilo del
confronto parlamentare. Mi auguro quindi che ciò possa avvenire tempestivamente. Annuncio
quindi il voto favorevole del gruppo Misto-Verdi-l'Ulivo sugli identici emendamenti 10.20
della Commissione, Olivieri 10.1 e Boato 10.11.
PRESIDENTE. Onorevole Olivieri, accetta anche lei la riformulazione proposta dal relatore?
LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei associarmi alle
riflessioni formulate dal collega Boato sulla riformulazione che viene proposta,
attraverso l'emendamento 10.20 della Commissione, degli emendamenti 10.1 e 10.11 di cui il
primo reca la mia firma e quella dei colleghi Kessler e Bressa.
Vorrei evidenziare come i gruppi dell'opposizione hanno avuto ragione in Commissione nel
tenere alta e viva la riflessione su questo comma 6, che rappresentava, nella stesura
originaria veramente uno strafalcione sia dal punto di vista istituzionale sia da quello
costituzionale, tant'è che presentammo due questioni pregiudiziali, una di
costituzionalità e l'altra di merito, successivamente anche una questione sospensiva, che
vennero ritirate proprio all'esito dell'ulteriore riflessione svolta dal relatore ed anche
dal Governo. Da questo punto di vista deve essere dato atto ad entrambi di avere svolto
una riflessione molto positiva in modo che ci permette di votare positivamente
sull'emendamento 10.20 della Commissione e di ritenere quindi assorbiti gli emendamenti
che hanno dato vita all'emendamento della Commissione.
PRESIDENTE. Passiamo, quindi, alla votazione degli identici emendamenti 10.20 della
Commissione, Olivieri 10.1 e Boato 10.11.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.
KARL ZELLER. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche il gruppo Misto-Minoranze
linguistiche esprimerà voto favorevole sull'emendamento 10.20 della Commissione,
ricordando soltanto che, nonostante discussione in sede di Commissione e nonostante il
fatto che questo emendamento sia stato depotenziato, in modo che nella sostanza non avrà
più alcun effetto pratico, rimane un vulnus a livello procedurale, perché
continuiamo a sostenere che questa materia andrebbe disciplinata con norme di attuazione e
con lo statuto di autonomia.
Ciononostante, dobbiamo dare atto al ministro La Loggia per la sensibilità dimostrata e
ringraziamo anche i colleghi della Lega che ci hanno dato una mano e quelli
dell'opposizione che ci hanno sostenuto in questa nostra richiesta. Per questo motivo,
voteremo a favore di questi emendamenti.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 10.20
della Commissione, unitamente agli identici emendamenti Olivieri 10.1 e Boato 10.11, nel
testo riformulato, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva
(Presenti 418
Votanti 415
Astenuti 3
Maggioranza 208
Hanno votato sì 412
Hanno votato no 3).
Passiamo all'emendamento D'Alia 10.15.
GIAMPIERO D'ALIA. Lo ritiro, signor Presidente.
PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo alla votazione dell'articolo 10.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.
KARL ZELLER. Signor Presidente, le minoranze linguistiche voteranno contro questo articolo 10, per il semplice motivo che noi riteniamo che questa norma sia di dubbia costituzionalità. Vorrei ricordare a quest'Assemblea che due anni fa, in occasione del voto sulla legge costituzionale n. 3 del 2001, abbiamo abolito il commissario del Governo dalla Costituzione. Ora ci viene riproposta, in una veste diversa, la stessa cosa: praticamente si reintroduce il prefetto come rappresentante dello Stato nelle autonomie. Noi riteniamo che questo sistema sia poco compatibile con una riforma federalista, perché non esiste nessuno Stato federale al mondo, nessun esempio a livello internazionale, dove vi sia la figura del commissario del Governo o di un rappresentante dello Stato. Anche in paesi diciamo poco sviluppati in senso federalista, come ad esempio la Repubblica d'Austria, la funzione di rappresentanza del Governo spetta al presidente del Land - nel nostro caso, al presidente della regione -, per cui avevamo presentato degli emendamenti dove si demandava al presidente della regione di svolgere questo compito. Questo sarebbe stato un indirizzo federalista, ma certamente non reintrodurre una cosa che è stata cancellata da una riforma costituzionale! Ci pare di costituzionalità assai dubbia reintrodurre con legge ordinaria una figura abolita con legge costituzionale. Pertanto, noi voteremo contro questo articolo, proprio per i motivi che ho appena spiegato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Con l'approvazione degli emendamenti 10.20 della Commissione, Olivieri 10.1 e Boato 10.11, le perplessità che noi avevamo sono state fugate. Da parte nostra non c'è nessuna obiezione al contenuto di questo articolo: lo consideravamo lesivo delle autonomie speciali, ma con la correzione che è stata apportata questo pericolo non vi è più, pertanto il nostro sarà un voto favorevole.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 10, nel
testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva
(Presenti 415
Votanti 406
Astenuti 9
Maggioranza 204
Hanno votato sì 394
Hanno votato no 12).
Prendo atto che l'onorevole Falanga non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
(Esame dell'articolo 11 - A.C. 3590)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 11 e delle proposte emendative ad esso
presentate (vedi l'allegato A - A.C. 3590 sezione 4).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
NICOLÒ CRISTALDI, Relatore. Signor Presidente, il parere della Commissione è contrario su tutte le proposte emendative all'articolo 11, salvo l'emendamento Zeller 11.2, per il quale si invitano i presentatori al ritiro.
PRESIDENTE. L'emendamento Zeller 11.2 non è stato segnalato, onorevole Cristaldi,
quindi non verrà comunque posto in votazione.
Il Governo?
ENRICO LA LOGGIA, Ministro per gli affari regionali. Il Governo esprime parere conforme a quello della Commissione.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Cabras 11.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Enzo Bianco. Ne ha facoltà.
ENZO BIANCO. Signor Presidente, mi rivolgo innanzitutto al ministro La Loggia ma anche
al relatore. Entrambi provengono da una regione a statuto speciale. Il relatore è
addirittura l'apprezzato e stimato sindaco di un'importante città siciliana. L'onorevole
La Loggia è stato - lo voglio ricordare - assessore al bilancio di una giunta importante
e significativa (non solo al bilancio; ha avuto molte altre deleghe) del comune di
Palermo. La loro tradizione è, dunque, fortemente segnata da un'esperienza municipalista.
Ministro, vorrei che, in pochi secondi, ci spiegasse per quale ragione le maggiori
autonomie riconosciute da questa legge costituzionale ai comuni nelle regioni a statuto
ordinario non debbano essere riconosciute ai comuni nelle regioni a statuto speciale. Per
quale ragione, con il disegno di legge che ci accingiamo ad approvare, in gran parte
dell'Italia si potranno realizzare le città metropolitane, com'è previsto dalla
Costituzione, mentre in Sicilia, in Sardegna o in Trentino-Alto Adige si dovrà approvare
un'apposita legge regionale per realizzare tutto questo?
L'autonomia speciale è una marcia in più per consentire, con la specialità dello
statuto, di recuperare condizioni di maggiore e migliore autonomia e capacità di
autorganizzazione. Francamente, ciò che vale per le regioni a statuto ordinario dovrebbe
essere consentito, ordinariamente, alle regioni a statuto speciale. La prego, ministro, di
rivedere, anche in relazione alla sua profonda conoscenza della specialità dello statuto
siciliano e delle altre regioni, la sua posizione, riconoscendo alle città, ai comuni e
alle province dell'isola siciliana e delle altre regioni una condizione riconosciuta alle
regioni a statuto ordinario. Le chiedo ciò, apprezzando il senso costruttivo con il quale
ha voluto guardare anche a questi aspetti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO MARONE. Signor Presidente, con l'emendamento in esame abbiamo posto un
problema serio. Francamente, non comprendiamo per quale motivo il ministro ed il relatore
continuino ad esprimere parere contrario. Quello riguardante le autonomie è un processo
evolutivo che, in questo paese, è iniziato oltre cinquant'anni fa con l'articolo 5 e il
titolo V della Costituzione. Ovviamente, attraverso tale processo evolutivo, le autonomie
acquistano, in questo paese, sempre maggiori poteri. Oggi, si pone il seguente problema:
la riforma del titolo V, approvata nel 2001, è più avanzata rispetto alla situazione
delle autonomie locali nelle regioni a statuto speciale.
Con l'emendamento in esame, riteniamo di risolvere tale problema, ristabilendo un
equilibrio e riconoscendo maggiori autonomie anche alle regioni a statuto speciale,
laddove, attraverso il titolo V, sono state riconosciute maggiori autonomie agli enti
locali. È incomprensibile, quindi, l'atteggiamento - ed anche il parere contrario - del
Governo se non nel senso che ho già avuto modo di spiegare, ossia che questo Governo
manifesta una sostanziale mentalità centralista, sia a livello nazionale sia a livello
regionale. In realtà, possiamo constatare che anche tra gli esponenti della Lega,
compreso il ministro Bossi, pur parlando di federalismo regionale, si ragiona in termini
di centralismo, ossia di un potere centrale delle regioni che sia soffocante rispetto a
quello delle autonomie. Solo in questa logica, interpretiamo il parere contrario espresso
dal ministro e dal relatore.
NICOLÒ CRISTALDI, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NICOLÒ CRISTALDI, Relatore. Signor Presidente, non vorrei che, dal dibattito,
ai distratti risultasse che sulle autonomie locali non abbiamo legiferato né abbiamo
espresso tesi. L'articolo 2, approvato con un ampio consenso, offre, con riferimento agli
enti locali, una precisa disciplina, andando oltre l'originaria posizione del disegno di
legge della maggioranza e del sottoscritto.
La vicenda delle città metropolitane, onorevole Enzo Bianco, non è un caso nuovo per le
regioni a statuto speciale, le quali possono già legiferare.
Lei ha voluto citare anche la regione siciliana: mi permetto di dire che quest'ultima, ad
esempio, ha già legiferato sulle città metropolitane, ha istituito le città
metropolitane.
ENZO BIANCO. In modo difforme dalla Costituzione!
NICOLÒ CRISTALDI, Relatore. Le città metropolitane non sono diventate
esecutive per una serie di provvedimenti esecutivi che si sarebbe dovuto adottare
successivamente ma che non sono stati adottati perché, nel frattempo, sviluppatosi il
dibattito sul nuovo titolo V della Costituzione, la politica ha deciso un momento di
attesa e di riflessione; tuttavia, i poteri istitutivi delle città metropolitane sono
già contenuti negli atti delle regioni a statuto speciale.
L'eventuale approvazione di questo emendamento peggiorerebbe le cose perché andrebbe non
tanto a chiarire alcuni aspetti, ma ad introdurre materie nuove e complesse. Mi permetto
di dirlo, in tutta modestia, essendo un appassionato di questa materia, come lei molto
benevolmente ha voluto riconoscere.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cabras
11.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Presenti 401
Votanti 391
Astenuti 10
Maggioranza 196
Hanno votato sì 159
Hanno votato no 232).
Prendo atto che l'onorevole Falanga non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Detomas
11.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Presenti 407
Votanti 331
Astenuti 76
Maggioranza 166
Hanno votato sì 97
Hanno votato no 234).
Prendo atto che l'onorevole Falanga non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 11.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva
(Presenti 405
Votanti 242
Astenuti 163
Maggioranza 122
Hanno votato sì 237
Hanno votato no 5).
Prendo atto che l'onorevole Falanga non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Cabras 11.01.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto per l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, questo articolo aggiuntivo, così lungo, non è
una pura esercitazione di stile, ma un esempio di provvedimento organico di attuazione dei
principi fondamentali del federalismo fiscale previsto dall'articolo 119 della nostra
Costituzione (come riformata nella passata legislatura).
La proposta emendativa in parola, molto importante e molto ben strutturata, consta delle
seguenti parti: principi fondamentali del finanziamento delle amministrazioni
territoriali; oggetto e procedure del finanziamento delle amministrazioni territoriali;
coordinamento della finanza pubblica; tema dei tributi propri; tema delle
compartecipazioni; tema del coordinamento e dell'autonomia tributaria delle regioni; tema
del coordinamento dell'autonomia tributaria degli enti locali; esercizio dei poteri
legislativi e regime finanziario; Fondo perequativo di cui all'articolo 119, terzo comma,
della Costituzione; quote regionali del Fondo perequativo di cui all'articolo 119, terzo
comma, della Costituzione; rapporti finanziari tra Stato ed enti locali; Fondo perequativo
di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione; partecipazione delle regioni
alle attività di accertamento; infine, la parte concernente le norme transitorie.
Potrebbe essere - e sarà - un provvedimento autonomo che presenteremo come Ulivo
all'indomani della chiusura di questa discussione. Ciò a dimostrazione del fatto che la
partita più importante relativa all'attuazione del titolo V della Costituzione, quella
delle norme che danno sostanza e corpo al federalismo fiscale in questo paese è stata
presa, da noi, molto sul serio e, da parte del Governo e della maggioranza, molto, molto
meno.
Vorrei ricordare ancora una volta che la Commissione, che si sarebbe dovuta occupare di
queste questioni - attraverso uno strumento che era stato auspicato dal collega
Pagliarini, che aveva presentato un emendamento alla legge finanziaria, poi approvato - ,
che avrebbe dovuto occuparsi di queste cose e che avrebbe dovuto consegnare entro il mese
di marzo un rapporto, non si è ancora riunita perché il Governo non ha nominato i propri
rappresentanti. Ma questo è ancora poca cosa: sono due anni che questo Governo è in
carica e in questi due anni questo Governo, che sembrerebbe fare del federalismo uno dei
punti programmatici forti della sua azione, non ha ancora scritto una riga in questa
direzione, non ha fatto ancora una proposta.
Di fronte a questo nostro maxi articolo aggiuntivo abbiamo sentito una parola del
relatore? Abbiamo sentito una parola dei colleghi di maggioranza? Abbiamo sentito una
parola del Governo? No, l'unica parola che sono stati capaci di dire è stata in senso
contrario: votiamo contro questa ipotesi.
Allora, la domanda è presto fatta: di che cosa stiamo discutendo? E davvero voi pensate
che questa striminzita legge di attuazione del titolo V, contraddetta da altre iniziative
del Governo, possa qualificarvi convenientemente sul piano dell'attuazione del federalismo
nella nostra Repubblica? Io credo che la risposta sia immediata: no, a voi del federalismo
interessa poco o nulla; a voi della modifica istituzionale e degli assetti di potere nel
nostro paese non interessa nulla. Ne avete dato dimostrazione ieri quando non avete votato
un emendamento (con l'eccezione della Lega nord Padania) che l'opposizione aveva proposto
e che avrebbe consentito alle regioni, alle province e ai comuni di disporre di risorse
strumentali, organizzative, umane e finanziarie in tempi rapidi. Avete scelto la strada
dei collegati alla finanziaria, una strada che rinvierà di oltre due anni l'attuazione
delle cose di cui stiamo discutendo.
Ma vi rendete conto della debolezza politica e delle vostre prese di posizione normative e
politiche? Vi rendete conto che voi non state facendo nulla lungo la strada
dell'attuazione del federalismo in questo nostro paese? Anzi, quello che state facendo, in
qualche modo, contraddice quella linea, quella strada che la XIII legislatura aveva così
chiaramente segnato.
Io credo che questa Assemblea oggi debba prendere ancora una volta atto di questa
latitanza del Governo e della sua maggioranza su un tema cruciale quale è quello
dell'organizzazione dei poteri dello Stato. E guardate che non è una questione che
riguarda solo i costituzionalisti o gli appassionati di riforme istituzionali, ma riguarda
l'interesse e la vita di ogni giorno dei cittadini italiani.
PRESIDENTE. Onorevole, la invito a concludere
GIANCLAUDIO BRESSA. Concludo, Presidente. Abbiamo un meccanismo che prevede una riforma in un certo senso (perché la Costituzione dice questo), ma abbiamo anche l'incapacità da parte del Governo e del Parlamento di fare delle leggi che rendano possibile questo. Ciò rappresenta un atto gravissimo, la cui responsabilità politica ricade su questo maggioranza, su questo Governo e sul suo Presidente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO MARONE. Signor Presidente, questo provvedimento, il cosiddetto provvedimento
La Loggia, si intitola: disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica
alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Ora, una delle norme più qualificanti
della modifica del titolo V della Costituzione, approvata con legge costituzionale 18
ottobre 2001 n. 3, è rappresentata, ovviamente, dall'articolo 119. Infatti, è a tutti
noto che tanto si affermano delle riforme e tanto un potere trova una sua funzione quanto
si abbiano a disposizione risorse finanziarie.
Quindi, l'aspetto certamente qualificante di un provvedimento, che intendesse essere
provvedimento di adeguamento, avrebbe dovuto essere quello della disciplina delle risorse
finanziarie conseguenti alla modifica del titolo V della Costituzione. Tutto questo in
questo provvedimento non c'è.
Noi abbiamo proposto un lungo articolo aggiuntivo dove diamo la nostra idea - noi ce
l'abbiamo - di come dovrebbe essere la legge di adeguamento del titolo V della
Costituzione in materia di risorse finanziarie delle regioni e degli enti locali., se non
un parere contrario da parte del Governo.
Visto che il ministro Bossi si indigna tanto quando sostiene che la cosiddetta legge La
Loggia parla troppo di interesse nazionale, com'è che lo stesso ministro non si indigna
quando nella legge di adeguamento non ci sono le risorse finanziarie per attuare il
federalismo? Ciò rappresenta, peraltro, quanto ha giustamente sostenuto il collega Bressa
nel suo precedente intervento.
Questo Governo (e anche il ministro Bossi che, in realtà, fa finta di volere il
federalismo soltanto sulle pagine dei giornali) quando va ad operare con i provvedimenti
non si occupa minimamente di realizzarlo in concreto. In particolare, ci chiediamo perché
nel corso di questi due anni questo Governo, e questa maggioranza che affermano di essere
federalisti non si siano occupati del tema più importante dell'attuazione del titolo V
della Costituzione e, cioè, del tema delle risorse finanziarie.
Ci chiediamo, inoltre, perché il ministro Bossi, tenuto conto che l'unica elaborazione
che lo stesso ha saputo fare nel corso di questi due anni di Governo è stato quel famoso
quinto comma - la cosiddetta devolution - ovvero, in pratica, poche parole e nulla
di più, peraltro, già smentite da questa maggioranza, non si sia invece battuto in seno
al Governo per far approvare norme che siano effettivamente applicative del titolo V della
Costituzione in materia di risorse finanziarie delle regioni e degli enti locali. Questo,
a mio parere, sarebbe stato vero federalismo! Questa sarebbe stata vera volontà di
attuare una riforma in senso federale! Tutto ciò non c'è. Noi abbiamo presentato
un'articolata proposta emendativa che rappresenta la nostra visione di come dovrebbe
essere attuato il federalismo. Di fronte a questo c'è il nulla del Governo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo
Cabras 11.01, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione
(Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Presenti 394
Votanti 387
Astenuti 7
Maggioranza 194
Hanno votato sì 161
Hanno votato no 226).
Prendo atto che gli onorevoli Falanga, Angelino Alfano e Gioacchino Alfano non sono riusciti a votare e che gli ultimi due avrebbero voluto esprimere voto contrario.
(Esame dell'articolo 12 - A.C. 3590)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 12 (vedi l'allegato A - A.C. 3590
sezione 5).
Nessuno chiedendo di parlare e non essendo state presentate proposte emendative, passiamo
ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 12.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva
(Presenti 393
Votanti 387
Astenuti 6
Maggioranza 194
Hanno votato sì 372
Hanno votato no 15).
Prendo atto che gli onorevoli Falanga, Angelino Alfano e Gioacchino Alfano non sono riusciti a votare e che gli ultimi due avrebbero voluto esprimere voto favorevole.
(Esame degli ordini del giorno - A.C. 3590)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (vedi l'allegato A
- A.C. 3590 sezione 6).
Qual è il parere del Governo?
ENRICO LA LOGGIA, Ministro per gli affari regionali. Signor Presidente,
approfitto di questo momento per dare delle risposte insistentemente richieste nel corso
del dibattito e per le quali avevo fatto cenno che avrei provveduto a fornirle al termine
del dibattito.
Sento anche il dovere di ringraziare l'Assemblea della Camera dei deputati per il livello
altissimo raggiunto nel corso dell'esame di questo che io ritengo un importante
provvedimento attuativo.
Devo dare due risposte. La prima viene proprio dalle parole dell'onorevole Marone.
PRESIDENTE. Le chiedo scusa, signor ministro. Colleghi, vorrei pregarvi di prestare un minimo di attenzione ed invitarvi ad interrompere questi colloqui a titolo personale. Per favore, colleghi. Prego ministro.
ENRICO LA LOGGIA, Ministro per gli affari regionali. Come stavo dicendo, prendo
spunto proprio dalle parole pronunziate dall'onorevole Marone quando ci ricorda che il
titolo del provvedimento al nostro esame recita: disposizioni per l'adeguamento
dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Si
tratta di un disegno di legge ordinaria che dà alcune risposte, mitiga alcuni effetti,
rimuove alcuni ostacoli e pone in condizioni certamente migliori lo Stato e le regioni e
le istituzioni locali nel procedere nell'esercizio delle loro funzioni e competenze dopo
la riforma costituzionale.
Altra cosa, onorevoli deputati, è la nuova riforma costituzionale della quale ci stiamo
occupando, e che segue una procedura che credo di non dover ricordare, perché mi sentirei
quasi mortificato a ricordarlo in un'aula, come quella della Camera dei deputati, dove
legislatori esperti e competenti hanno accumulato, spesso nel corso di anni, l'esperienza
necessaria per quanto concerne questi argomenti, anche tecnicamente complessi.
Il Consiglio dei ministri, infatti, ha approvato uno schema di disegno di legge di riforma
costituzionale; tale schema sarà portato, nei tempi più congrui, al confronto con il
mondo delle autonomie regionali e locali, in seno alla Conferenza unificata
Stato-regioni-autonomie locali, e successivamente tornerà presso il Consiglio dei
ministri per diventare un formale disegno di legge di riforma della Costituzione. In quel
momento, e solo in quel momento, potrà iniziare la procedura parlamentare per il suo
esame - che credo di non dover ricordare a nessuno come viene svolta -, secondo le
previsioni dell'articolo 138 della Costituzione.
Si tratta di un percorso lungo e pertanto non si giustifica neanche la domanda che mi è
stata rivolta da molti esponenti delle opposizioni in questa Assemblea, perché un conto
è provvedere, con un atto normativo ordinario, all'attuazione di una riforma già
approvata - da troppi mesi, oserei dire (in quanto è entrata in vigore nel novembre del
2001) -, altro è predisporre una nuova riforma costituzionale, rispetto alla quale
nessuno è in grado di prevedere una data precisa di entrata in vigore. Nel frattempo,
tuttavia, si è giudicato indispensabile, urgente e necessario - e tutti lo avete
confermato - offrire intanto una risposta che oggi stiamo dando e auspico che, con un
rapidissimo passaggio al Senato, possa diventare legge dello Stato nel giro di qualche
settimana.
Poi, continueremo a discutere delle riforme costituzionali, ed in assenza di un'Assemblea
costituente, o di una Bicamerale per le riforme, non si può che procedere a segmenti di
riforme, secondo le norme previste dall'articolo 138 della Costituzione, che saranno
coordinati tra loro per poter concludere il percorso riformatore entro questa legislatura.
Non c'è nessun problema, se non quello che nasce dalla normale dialettica politica,
perché siamo tutti volti all'interesse del nostro paese ed a fornire le risposte più
adeguate, efficaci, efficienti ed economiche, affinché questo paese sia sempre più
competitivo e siano meglio rappresentati e serviti i suoi cittadini.
È tutto qui: non vedo cosa altro possa essere messo in discussione in questo momento ed
in questo contesto, nel quale stiamo discutendo di un disegno di legge di attuazione di
una riforma già approvata ed entrata in vigore, rispetto a polemiche - pur legittime,
naturalmente - che possono sorgere riguardo a percorsi futuri di nuove riforme. Si tratta
di questioni completamente diverse, e non si giustifica, collega Boato, né la
pregiudiziale, né la sospensiva che avete presentato a questo disegno di legge: infatti,
una è stata ritirata, mentre l'altra è stata opportunamente respinta da quest'Assemblea,
poiché nella realtà non vi è, né vi può essere, alcun punto di contatto tra questo
disegno di legge e la nuova riforma.
Peraltro, come è a tutti noto, almeno per quanto sino ad oggi è stato esaminato, il
presente provvedimento mantiene la sua validità nel tempo e, per quanto mi riguarda,
continuerà a mantenere la sua validità anche dopo il varo della nuova riforma
costituzionale, quando e se verrà approvata definitivamente dal Parlamento, e laddove
fosse necessario un referendum del popolo sovrano.
Per quanto riguarda il federalismo fiscale, onorevoli deputati, si tratta di un argomento
troppo complesso ed all'inizio fu deciso di scindere i due percorsi. Questo disegno di
legge darà le risposte che conosciamo. Il federalismo fiscale ha bisogno ancora di un
breve (ce lo auguriamo) periodo di gestazione. È stata già insediata l'alta commissione
prevista dall'articolo 3 dell'ultima legge finanziaria; essa sta per iniziare il suo
lavoro e, quanto prima, darà le indicazioni necessarie su un argomento estremamente
complesso e difficile per poter approvare un disegno di legge specifico, ad hoc,
che certamente terrà conto anche dei suggerimenti che erano stati proposti con un vostro
emendamento.
Vengo ora ad esprimere il parere sugli ordini del giorno. Signor Presidente, mi avvio a
concludere e le chiedo scusa ma, anziché intervenire in altro momento, ho voluto
approfittare di questa circostanza.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno Deodato n. 9/3590/1, vorrei proporre la seguente
riformulazione. Nel dispositivo, dopo il termine "legislativa", inserire la
parola "non". Dopodiché, dopo l'espressione "con altri Stati accordi
internazionali", si propone di eliminare la parola "non". Inoltre, dopo la
parola "nonché", aggiungere le seguenti "possono stipulare accordi
applicativi o esecutivi in ambito locale di accordi internazionali". Si propone,
pertanto, di eliminare le parole "di precisazione degli effetti" e
"conseguenti ad" e di aggiungere la preposizione "di". Qualora
l'onorevole Deodato ritenga di poter accogliere questa riformulazione, che trasmetto alla
Presidenza, il suo ordine del giorno sarebbe accettato dal Governo.
Per quanto concerne l'ordine del giorno Bressa n. 9/3590/2, lo stesso ieri è stato
sostanzialmente oggetto di un breve scambio di battute fra me e gli onorevoli Bressa,
Marone e Boato. Come ho già detto - e lo confermo - sono disponibile ad accettare questo
ordine del giorno nel suo spirito, proponendo però una formulazione di tipo diverso.
Credo di cogliere l'aspetto essenziale dell'ordine del giorno presentato, ma preferirei
una formulazione di ordine diverso che, laddove accettata dai proponenti, potrebbe essere
accolta dal Governo. Signor Presidente, vorrei illustrare tale riformulazione perché
possa seguirmi anche la Presidenza.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 11,20)
ENRICO LA LOGGIA, Ministro per gli affari regionali. La parte motiva dell'ordine
del giorno va bene così com'è. Invece, per quanto riguarda il dispositivo, proporrei di
sostituire lo stesso con la seguente formulazione: la Camera dei deputati impegna il
Governo "a studiare, in collaborazione con il Consiglio di Presidenza della Corte dei
conti e a sottoporre all'esame del Parlamento, misure idonee ad adeguare le strutture
delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti all'esercizio delle predette
funzioni, anche mediante la utilizzazione di esperti nel controllo di gestione e sulla
verifica dei bilanci, dotati di laurea specialistica in economia, statistica o ingegneria
gestionale, attribuendo loro un congruo trattamento economico".
Laddove, tale ordine del giorno dovesse essere così modificato, verrebbe accettato dal
Governo.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno Zeller n. 9/3590/3, il Governo lo accetta, purché
si apportino le seguenti modifiche: dopo le parole "impegna il Governo"
sostituire le parole "ad interpretare le pertinenti disposizioni del disegno di legge
in esame" con le parole "ad operarsi". Inoltre, al termine, dopo la parola
"disegno di legge" aggiungere le parole "nel rispetto della Costituzione e
delle disposizioni dello statuto speciale, nonché dei vincoli derivanti dagli obblighi
internazionali e dall'ordinamento comunitario, nonché delle linee e degli indirizzi di
politica estera italiana". In tal modo, sarebbe conforme a quanto già approvato ma
anche molto più rispettoso perché, mi permetto di suggerire a valenti autonomisti da
autonomista par loro, altrimenti sembrerebbe lesivo dell'autonomia statutaria delle
regioni, quanto meno quelle a statuto speciali.
Credo che gli ordini del giorno D'Agrò n. 9/3590/4 e D'Alia n. 9/3590/5 siano stati
ritirati.
PRESIDENTE. Sì, signor ministro.
Onorevole Deodato, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/3590/1
proposta dal ministro?
GIOVANNI DEODATO. Signor Presidente, accetto la riformulazione assolutamente opportuna proposta dal ministro e non insisto per la votazione.
PRESIDENTE. Onorevole Bressa, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/3590/2 proposta dal ministro?
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, è del tutto singolare che dal Governo venga
fatta la richiesta di ritirare un emendamento e di trasfonderne il contenuto in un ordine
del giorno e che, poi, tale ordine del giorno venga completamente riscritto dal Governo.
Si tratta di una procedura non correttissima dal punto di vista parlamentare, signor
ministro. Tuttavia, sono fortemente dotato di senso della realtà. Se non accettassi la
sua riformulazione - che è cosa sostanzialmente diversa dal testo da me presentato - mi
ritroverei con un pugno di mosche: non ho fatto votare l'emendamento e presento un ordine
del giorno che viene bocciato.
È solo una logica di realismo estremo, quasi masochista, che mi porta ad accettare la sua
riformulazione con una chiara specificazione: questo non è l'ordine giorno Bressa, ma
l'ordine del giorno La Loggia. Pertanto ci accontentiamo di questo
"striminzitissimo" impegno del Governo e non insisto per la votazione. Vorremmo,
tuttavia, che questo non rappresentasse un precedente per i lavori parlamentari (Applausi
dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Onorevole Zeller, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/3590/3 proposta dal ministro?
KARL ZELLER. Sì, signor Presidente, e non insisto per la votazione.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, l'onorevole Monaco le aveva chiesto di parlare sul complesso degli ordini del giorno...
PRESIDENTE. Onorevole Boccia, in questa fase potrebbe intervenire solo per dichiarazione di voto, ma poiché gli ordini del giorno non vengono posti in votazione è evidente che non posso darle la parola.
È così esaurita la trattazione degli ordini del giorno presentati.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3590)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Onorevoli colleghi, sono le 11.30. Il successivo punto all'ordine del giorno riguarda le
mozioni sui provvedimenti adottati a Cuba: per non rinviarlo al pomeriggio credo sia
necessario uno sforzo di sintesi da parte di tutti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Giandomenico. Ne ha
facoltà.
REMO DI GIANDOMENICO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella difficile fase di
transizione dell'assetto politico istituzionale del nostro paese, il provvedimento che ci
accingiamo a votare rappresenta un passo necessario. In questa difficile fase si deve
adeguare l'ordinamento alle nuove norme costituzionali immediatamente applicabili ed è
opportuno dare concreta attuazione alla riforma fatta nella precedente legislatura
emanando le necessarie disposizioni esecutive.
Tuttavia, occorre osservare che l'esame del disegno di legge ha posto in evidenza, ancora
una volta, gli aspetti critici dell'impostazione dell'attuale titolo V della seconda parte
della Costituzione. Per queste ragioni, pur condividendone le impostazioni ed apprezzando
il lavoro svolto dal ministro La Loggia, si osserva che permane l'esigenza di procedere
speditamente anche ad una correzione dell'attuale titolo V.
L'azione di attuazione integrata da correttivi al titolo V è a sua volta necessaria per
rendere coerente il sistema costituzionale con i principi fondamentali dell'assetto
istituzionale espressi nella Costituzione.
Tale esigenza è stata manifestata anche nel corso dell'indagine conoscitiva effettuata
dal Senato sugli effetti, nell'ordinamento, delle revisioni del titolo V della parte II
della Costituzione.
Vorrei inoltre ricordare a chi in quest'aula ha ricordato il percorso della riforma
costituzionale approvata nella scorsa legislatura - sottolineando come il referendum
confermativo, il primo nella storia repubblicana, abbia trovato (cito testualmente) il
larghissimo consenso da parte dei cittadini italiani, al punto che il titolo V oggi in
vigore (come dichiarato dall'onorevole Boato) è l'unico titolo della Costituzione la cui
modifica sia stata confermata dal voto popolare - che il referendum ha avuto una
partecipazione talmente scarsa da non raggiungere il quorum di validità previsto
per i referendum abrogativi. Non capisco quindi come si possa fare un ragionamento di
questo genere, accostandolo poi al lavoro svolto dall'Assemblea costituente e alla
validità dei principi espressi nella Costituzione repubblicana.
Le richieste di revisione dell'intero titolo V, da associare alla modifica dell'articolo
117, avanzate dal gruppo dell'UDC con una propria proposta e confluite in una posizione
chiara ed univoca della Casa delle libertà, se approvate dal Parlamento - come
auspichiamo -, consentiranno di definire in maniera precisa le competenze dello Stato e
quelle delle regioni (limitando il contenzioso) e consentiranno, altresì, di reintrodurre
il principio della salvaguardia dell'interesse nazionale. Si tratta di elementi
indispensabili per la realizzazione di un trasferimento di competenze verso le autonomie
regionali e locali che sia sostenibile sul piano istituzionale, ovvero in grado di
realizzare i propri obiettivi e rispettoso dei principi fondamentali ed irrinunciabili
della nostra Carta costituzionale, come il principio secondo il quale la Repubblica è una
e indivisibile, ma riconosce e promuove le autonomie locali.
Ringrazio, pertanto, il ministro La Loggia per il pregevole lavoro svolto, che nel
dibattito parlamentare ha potuto trovare i necessari miglioramenti e completamenti. Il
Parlamento ha saputo esprimere su temi tanto delicati un dialogo nel quale non sono
mancati interventi polemici, ma nel complesso costruttivi. Preannuncio, quindi, il voto
favorevole del gruppo dell'UDC (Applausi dei deputati del gruppo dell'Unione dei
democratici cristiani e dei democratici di centro).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pappaterra. Ne ha facoltà.
DOMENICO PAPPATERRA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge al
nostro esame si pone l'obiettivo di dare attuazione alla riforma del titolo V della parte
II della Costituzione, approvata due anni fa dal Parlamento. Si tratta di una riforma
della quale il centrosinistra rivendica con orgoglio i suoi meriti, pur nella
consapevolezza che una revisione costituzionale di così rilevante importanza debba essere
accompagnata da un progetto attuativo.
Va subito detto che il ministro La Loggia ha presentato un progetto estremamente efficace
per le risposte da fornire in ordine a tutti i problemi posti dall'attuazione della
riforma dell'Ulivo. Egli individua un sistema legislativo che permette, attraverso una
legge ordinaria, di costruire un valido sistema sul quale inserire tutta la norma
costituzionale. Devo aggiungere, altresì, che questo lavoro è stato possibile, in quanto
impostato su una legge - quella del centrosinistra - che avvia un processo federalista
senza abbandonare il senso dell'unitarietà dello Stato, senza perdere di vista il valore
della solidarietà nazionale e senza farsi assalire da tentazioni secessionistiche, ma
anzi ponendo alla base del lavoro il valore dell'unità repubblicana contenuto
nell'articolo 5 della Costituzione.
Il gruppo dello SDI ribadisce il proprio fermo convincimento che la riforma del 2001 si è
mantenuta fedele a tali valori, al fine di assicurare appunto la centralità dello Stato,
che deve essere compatto e non disgregato al suo interno, in un equilibrio che sia molto
lontano dalle fughe in avanti della devolution o dalle nostalgie - anch'esse
presenti - per il vecchio Stato che ormai non c'è più.
Il disegno di legge in esame, onorevoli colleghi, sviluppa, con puntuali raccordi
legislativi, amministrativi e procedurali, quei meccanismi di unità, rispettando appunto
con rigore i termini della Costituzione. Questo sforzo unitario lo ritroviamo soprattutto
nelle procedure riguardanti la legislazione concorrente, anch'essa riguardante ben 22
materie (e sappiamo che, ad oggi, tutto è nelle mani della Corte costituzionale, per i
tanti e numerosi conflitti tra Stato e regioni).
Con questo disegno di legge si compie senza dubbio uno sforzo di chiarezza, attraverso
l'affermazione che lo Stato oggi si limita ad affermare i principi fondamentali, lasciando
alle regioni la competenza su tutte le altre materie.
Si rovescia, cioè, l'impostazione finora vigente che assegna alle regioni le competenze
attraverso proposte di legge e tutta la competenza residuale allo Stato. Oggi, si può
affermare il contrario, in quanto vengono indicate con chiarezza le competenze dello
Stato, lasciando alle regioni tutte le materie residuali.
Fin qui tutto bene, ministro La Loggia; infatti, abbiamo apprezzato - lo ribadisco - tutto
il lavoro svolto sia al Senato sia nella Commissione affari costituzionali della Camera:
un lavoro ed un confronto che hanno visto una forte e motivata partecipazione delle forze
di opposizione, che hanno largamente condiviso quanto proposto.
Tuttavia, oggi, signor ministro, molte cose sono cambiate. Soprattutto il contesto
politico, all'interno del quale si svolge questa discussione, è profondamente mutato per
due ragioni di fondo: la prima è che la devianza della devolution ha prodotto un
irrimediabile strappo nei rapporti politici e istituzionali tra maggioranza e opposizione;
la seconda è che il Governo, rinfacciando all'Ulivo il fatto di aver approvato la riforma
del titolo V della Costituzione con i soli voti della maggioranza, ha pensato di
pareggiare il conto approvando a sua volta una controriforma del titolo V senza che essa
abbia ricevuto il beneplacito del variegato sistema delle autonomie locali e delle regioni
e, soprattutto, senza un confronto all'interno del Parlamento. Sappiamo che questo disegno
di legge tende soprattutto a fornire una risposta, ad incamerare e ad inglobare il
progetto di legge che il ministro delle riforme, Umberto Bossi, ha voluto. Onorevoli
colleghi, la riforma del 2001, seppur approvata con i soli voti della maggioranza, aveva
ricevuto un forte sostegno dalle regioni e dagli enti locali e soprattutto - non
dimentichiamolo - un'autorevole copertura popolare con il primo referendum costituzionale
della storia repubblicana.
Va detto, invece, che la pseudointesa raggiunta nella maggioranza di Governo - peraltro
messa in discussione dal ministro per le riforme e dal suo partito - rappresenta, sul
piano politico e istituzionale, un metodo che contrasta con il principio della centralità
del Parlamento e del preventivo coinvolgimento delle regioni e degli enti locali:
un'intesa che - come ha dichiarato il presidente del nostro partito, Boselli - può
rappresentare un pericoloso salto nel buio in quanto, nel tentativo di far quadrare il
separatismo di Bossi con il nazionalismo di Fini, si rischia lo sgretolamento di tutto
l'impianto costituzionale costruito oltre cinquant'anni fa e che, fino ad oggi, ha
superato difficili prove.
Signor ministro, ecco perché siamo molto contrariati del fatto che il clima di
collaborazione e di serenità che aveva accompagnato l'esame del presente disegno di legge
sia stato turbato dalla volontà della maggioranza di introdurre pressanti forzature che,
peraltro, non sono sicuramente consigliabili in previsione della discussione di altre
importanti riforme di carattere costituzionale.
Per queste ragioni di fondo - signor Presidente, onorevoli colleghi -, pur confermando il
nostro giudizio positivo su questa legge, che rappresenta il primo passo, ovviamente
intermedio, in attesa della completa rivisitazione del titolo V della Costituzione,
dichiaro l'astensione dal voto dei Socialisti democratici italiani (Applausi dei
deputati del gruppo Misto-Socialisti democratici italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.
KARL ZELLER. Signor Presidente, onorevoli colleghi, da sempre la Sudtiroler Volkspartei
chiede riforme costituzionali in senso federalista. Per questo motivo, avevamo fornito il
nostro contributo, che in questa Camera si è rivelato determinante, in occasione
dell'approvazione della legge costituzionale n. 3 del 2001. Tale riforma, sebbene non
perfetta, presentava un notevole passo in direzione federalista.
Dopo l'annuncio dell'attuale maggioranza, in occasione delle ultime azioni politiche, di
voler realizzare il vero federalismo, ci aspettavamo proposte per il completamento della
riforma federale, come l'introduzione della Camera delle regioni e la nomina di una parte
dei giudici costituzionali da parte delle regioni.
Dopo due anni di Governo Berlusconi, non vediamo nulla di tutto ciò e, dopo il recente
voto sulla cosiddetta devolution, che non avrà conseguenze pratiche, affrontiamo
ora l'attuazione della legge costituzionale n. 3 del 2001. In memoria delle dichiarazioni
rese in campagna elettorale, ci aspettavamo tutto, ma certamente non un'interpretazione
restrittiva della riforma costituzionale in vigore, all'epoca bollata ingiustamente come
"riformetta".
Dobbiamo, purtroppo, constatare che il testo presenta alcuni punti molto deboli, che mal
si conciliano con il federalismo. Nelle materie di competenza esclusiva regionale, il capo
delegazione per le trattative in sede comunitaria è designato unilateralmente dal Governo
e non dalle regioni, come avviene, per esempio, in Germania. Il potere estero delle
regioni e delle province autonome, riconosciuto per la prima volta in Costituzione dalla
legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, viene sottoposto a vincoli e a paletti
talmente incisivi che non cambierà niente rispetto alla situazione pre riforma. In questo
modo, si cancella la portata innovativa della riforma del 2001. E la costante
subordinazione del treaty-making power regionale a considerazioni di mera
opportunità politica solleva seri dubbi di compatibilità costituzionale e lede,
comunque, in misura eccessiva le competenze regionali. Nell'esercizio del potere
sostitutivo da parte del Governo vengono eliminati i pareri della Commissione bicamerale
per le questioni regionali, già previsti dalla legge La Pergola del 1989, riducendo in
tal modo le garanzie per le regioni. Con il rappresentante dello Stato per i rapporti con
il sistema delle autonomie si reintroduce, in pratica, il commissario del Governo. Ciò
non ci appare compatibile con la riforma del 2001, approvata a larga maggioranza con
referendum popolare, dove tale figura, incompatibile con un sistema federale, era stata
abolita.
Tutti questi motivi potrebbero indurci a dire "no" al provvedimento. Dobbiamo,
però, dare atto che il testo, rispetto all'originaria formulazione, è stato notevolmente
migliorato nell'iter parlamentare e accanto alle ombre contiene anche alcune luci, come la
garanzia della presenza delle regioni speciali nella delegazione italiana in sede
comunitaria. Si riconosce altresì un ruolo importante alle commissioni paritetiche per
l'attuazione della riforma nelle regioni speciali. In questo quadro, vorrei ricordare
anche l'accoglimento del nostro ordine del giorno in materia di attività internazionale
delle regioni speciali. Dobbiamo anche dare atto della disponibilità e della sensibilità
dimostrate dal ministro La Loggia che ha consentito di depotenziare il cosiddetto
emendamento Mitolo che, in palese violazione dello statuto di autonomia, mirava ad
aumentare i poteri del commissario del Governo di Trento e di Bolzano. Colgo l'occasione
anche per ringraziare gli amici della Lega e dell'opposizione per il sostegno datoci in
tale difficile situazione.
Per questi motivi, annuncio l'astensione dal voto della componente delle Minoranze
linguistiche (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Minoranze linguistiche e della
Margherita, DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, penso che questo provvedimento sia frutto di una
discussione nata male, nel senso che, già dalla scorsa legislatura, in quest'aula del
Parlamento ma anche fuori, si è rincorsa un po' un'idea di federalismo che aveva alle
spalle una sorta di ideologia, indipendentemente dagli obiettivi che ci si voleva
prefiggere con una riforma federale.
Come è stato già ricordato, la storia del federalismo, i concetti e le esperienze di
tutto il mondo sono di diversa natura. Da noi si verifica un processo inverso rispetto
all'esperienza di altri paesi da questo punto di vista. Noi abbiamo pensato che fosse
necessario dare seguito anche ai principi costituzionali con l'idea di regionalismo forte,
di decentramento forte dei problemi. Tuttavia, la barra che avremmo considerato necessario
seguire consisteva nell'avere chiari gli obiettivi: essere più vicini e rispondere meglio
ai problemi dei cittadini e, certamente - questo dovrebbe essere il punto fondamentale di
ogni riforma -, garantire i diritti universali previsti dalla Costituzione, rendendoli
effettivamente esigibili. Questa è la questione che ci divide profondamente
dall'impostazione del provvedimento al nostro esame ma, sostanzialmente, anche
dall'esperienza che fin qui è stata compiuta in questa materia.
Anziché andare nella direzione indicata, si sono introdotti principi di sussidiarietà
che, di fatto, hanno portato ad una privatizzazione dei servizi e ad una cancellazione dei
diritti. Anziché cercare di alzare il livello delle garanzie dal punto di vista dei
diritti, nei fatti - e le esperienze di questi anni lo dimostrano - si va tendenzialmente
verso una differenziazione e, a volte, verso una contrapposizione e una competizione tra
regioni. In tal modo, alle differenze già esistenti tra le diverse condizioni dei
cittadini e delle cittadine si aggiungono le differenze territoriali. Questo è il
bilancio che io penso siamo tenuti a fare. In questa legge attuativa si aggiunge un dato
che noi consideriamo grave dal punto di vista politico, quello della
costituzionalizzazione di fatto del patto di stabilità interno, un patto interno
all'Europa, che noi non avevamo condiviso perché consideravamo che l'Europa dovesse avere
altri parametri di riferimento per costruire la sua identità e la sua unità. Tuttavia,
quello dei bilanci è diventato l'unico parametro e questo parametro è stato introiettato
non solo sul territorio nazionale, ma addirittura condiziona e oggi, a questo punto, con
questa legge attuativa, diventa vincolante rispetto ai bilanci degli enti locali. Noi
consideriamo che questo sia un fatto molto grave perché già nel corso di questi ultimi
anni la spinta, i vincoli e le pressioni che venivano dalle leggi nazionali rispetto agli
enti locali, che spingevano al risparmio, ai tagli della spesa sociale e a questi processi
di privatizzazione, ha portato a risultati preoccupanti. Infatti, vi sono segnalazioni le
quali ci dicono che in virtù di questi vincoli di bilancio, di questa richiesta di tagli
nelle spese sociali ed anche di questo superpotere degli esecutivi rispetto alle assemblee
legislative, si sono portate più parti a chiedere, per esempio, che si superasse
addirittura il contratto della sanità, una materia prettamente, quasi esclusivamente, di
competenza delle regioni. Queste sono le spinte che vengono avanti e questi sono gli
effetti concreti che noi possiamo misurare.
A questo punto siamo sul terreno di una legge attuativa. Tuttavia, a queste considerazioni
e a queste esperienze, che già ci fanno esprimere in premessa una valutazione negativa
sulla legge costituzionale che la ispirò, si aggiunge che, in ogni caso, questa legge
attuativa oggi non risponde all'esigenza di chiarire le competenze e i conflitti di
competenza che si sono determinati nel corso di questi mesi e di questi anni, con una
confusione di ruoli e soprattutto non risponde ad un percorso di attuazione che, così
come si è cercato di fare sul terreno della normativa comunitaria, avrebbe potuto porre
rimedio a quegli elementi non chiari o che, comunque, meritano delle precisazioni proprio
sul terreno dei diritti sociali.
Questo non è stato fatto e noi ora siamo in presenza di una legge che mantiene, anzi
peggiora, un impianto già da noi considerato non positivo. Essa si colloca nei fatti in
un contesto ancora più preoccupante, in una confusione ed in un pasticcio istituzionale
che si è determinato, sicché noi stiamo per approvare una legge attuativa di una
riforma, avendo questo Parlamento già votato un'altra modifica costituzionale, come
quella della cosiddetta devoluzione che spinge oltre misura la territorialità, le
differenziazioni e la deregolamentazione di quei diritti che noi riteniamo debbano essere
la premessa di queste riforme. Come è stato più volte denunciato, siamo dentro a una
divisione della maggioranza che non si comprende quali ulteriori novità ci riservi dal
punto di vista di una nuova riforma che è stata annunciata.
Pertanto, l'esito e gli effetti concreti della legge che noi andiamo oggi a votare non
sono chiarissimi, perché non è chiaro quale sarà il percorso che questo Governo intende
seguire su questa enorme partita delle riforme costituzionali. Quelle che conosciamo però
sono già le esperienze fin qui maturate ed è uno sbarramento che si insiste perché
venga perseguito, ovvero quella della privatizzazione dei servizi, della competizione e
della disgregazione territoriale sul terreno sociale, del rispetto dei vincoli di
bilancio, che porterà necessariamente gli enti locali ad un taglio delle spese sociali e
della spesa corrente.
Questi punti fondamentali - che ispirano le politiche del Governo - sono molto gravi,
rappresentano gli elementi di fondo che costringono il nostro partito, non solo ad opporsi
anche fuori dal Parlamento, ma, sicuramente, ad esprimere oggi in aula un voto contrario
nei confronti di questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione
comunista). l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, signor ministro, colleghi, anche i deputati dei Verdi -
assieme agli altri gruppi del centrosinistra, dell'Ulivo rappresentati in quest'aula -
annunciano la loro astensione su questo provvedimento. Si tratta di un'astensione che, se
vi fosse stato un diverso contesto politico, istituzionale e costituzionale ed un più
approfondito e costruttivo dialogo parlamentare, avrebbe potuto - lo dico senza
difficoltà - anche tramutarsi (da parte nostra e di tutto il centrosinistra) in un voto
positivo.
I gruppi del centrosinistra hanno lavorato in piena sintonia attraverso consultazioni,
approfondimento delle questioni e - uso un'espressione atecnica - con un vero e proprio
gioco di squadra anche in aula. Ciò che hanno detto i colleghi Bressa, Marone, Leoni,
Amici e gli altri che sono intervenuti sono le stesse cose che avrei potuto dire io e
credo che valga anche il viceversa. Abbiamo creduto alla riforma federalista ed abbiamo
ritenuto giusto e doveroso che il Governo - rappresentato dal ministro La Loggia - si
ponesse (anche se tardivamente) il problema relativo all'adeguamento dell'ordinamento al
nuovo titolo V della Costituzione, che è entrato in vigore alla fine del 2001 dopo il
referendum confermativo del 7 ottobre 2001. Quando questo provvedimento entrerà in vigore
saranno ormai passati circa due anni, quindi queste norme erano sicuramente attese e
doverose.
In Commissione, in aula, riguardo alla questione sospensiva e nell'interlocuzione odierna
abbiamo più volte sostenuto che le nostre riserve critiche debbono rimanere - è per
questo che ci asterremo dal votare questo provvedimento - e le confermiamo con una forte
preoccupazione in sede di dichiarazioni di voto finali.
Poco fa il ministro La Loggia ha finto di rispondere alle nostre richieste senza poter
dire assolutamente nulla: finto tra virgolette, poiché ha formalmente risposto senza
rispondere. In ogni caso, chiunque abbia un po' di sensibilità istituzionale se ne può
rendere conto, lei per primo, signor ministro poiché ciò è dimostrato anche
dall'andamento di questa vicenda. Al Senato i gruppi del centrosinistra, pur mantenendo
alcune riserve sul testo, hanno votato a favore, ma è questo è avvenuto nel momento in
cui è stato imposto il voto sulla cosiddetta devoluzione. La maggioranza di centrodestra
(composta da esponenti dell'UDC, di Forza Italia e di Alleanza nazionale) sostenne che
alla Camera sarebbe stata rimessa in discussione la devoluzione. Alla Camera invece - il
presidente Bruno ne è, ahimè, buon testimone poiché ne è stato il relatore - riguardo
il provvedimento sulla devoluzione ci si è presi in giro per alcune settimane; noi
credevamo di poter approfondire, migliorare e correggere il testo, mentre voi non ci
prendevate sul serio. Infine, si è sostenuto che il provvedimento era blindato e che
perciò non si doveva cambiare una virgola. Tutto questo però verrà rimesso in
discussione in un nuovo disegno di legge costituzionale che cambierà il titolo V della
Costituzione attraverso, ad esempio, l'abolizione della legislazione concorrente, quella
rispetto alla quale bisogna individuare i principi fondamentali di competenza dello Stato.
L'articolo 1 del disegno di legge attuale delega il Governo per la definizione ricognitiva
dei principi fondamentali previsti per la legislazione concorrente, ma lo stesso Governo
presenta un disegno di legge costituzionale di ulteriore riforma del titolo V che abolisce
la legislazione concorrente.
Ma è lo stesso Governo che ci ha imposto, che vi ha imposto - e mi riferisco a voi della
maggioranza - di esprimere un voto favorevole sulla devoluzione del ministro Bossi; si è
detto, per convincere i gruppi dell'UDC, di Alleanza nazionale ed una parte di Forza
Italia, che si tratta comunque di un voto formale per permettere a Bossi di sventolare a
Pontida e nel corso delle elezioni del 25 maggio la bandierina innocua della devoluzione
perché poi il voto vero sarà quello che si esprimerà sul nuovo disegno di legge di
riforma del titolo V della Costituzione.
Sullo schema del nuovo disegno di legge di riforma del titolo V della Costituzione approvato in Consiglio dei ministri, ancora non presentato in Parlamento, sono già partite alcune "sparate" a raffica da parte degli esponenti della Lega. Forse vi sarà lo stesso scenario - il collega Bressa lo ha già detto - che abbiamo avuto con Maroni all'epoca del decreto Biondi. Allora, Maroni, ministro dell'interno, disse che aveva firmato il provvedimento senza leggere e che non aveva capito.
ALFREDO BIONDI. Aveva capito.
MARCO BOATO. Aveva capito, ma poi ha ritirato... Adesso, comunque, vi è lo stesso
scenario, ma Biondi ha già sopportato una volta: perché dobbiamo farlo patire una
seconda volta? Tutto questo, ministro La Loggia, sottosegretario Gagliardi, presidente
Bruno, relatore Cristaldi, vice presidente Fontanini, colleghi, è - permettetemelo di
dire - poco serio.
Non si può giocare con le istituzioni! Non si può fare il gioco delle tre carte: una
volta vi è la legge di attuazione, una volta vi è la devoluzione ed un'altra volta vi è
il restyling del titolo V della Costituzione, ma poi non si è più d'accordo. È
un giochetto delle tre carte che si può fare, e non me ne abbia il collega Marone, solo
per ragioni di localizzazione, in qualche stazione partenopea nella quale vi sono gli
specialisti di tale gioco (vi sono anche altrove, anche a Trieste come mi suggerisce il
presidente Bruno).
Non si può giocare al gioco delle tre carte quando si hanno responsabilità di Governo,
responsabilità costituzionali ed istituzionali. È per tale motivo che noi del
centrosinistra, noi dell'Ulivo abbiamo contribuito a correggere, a migliorare, a far
attuare, a far giungere in porto questo provvedimento che, fra qualche settimana,
diventerà legge dello Stato (è comunque positivo che ciò avvenga). Tuttavia, non
possiamo non esprimere la nostra distanza politica, direi persino culturale ed etica da
questo modo di procedere ed è, pertanto, questa la ragione fondamentale della nostra
astensione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, signor ministro, con questo vostro disegno di
legge costituzionale date finalmente attuazione al titolo V della Costituzione,
affrancandovi anche da una sorta di finzione che vi ha accompagnato nel corso di questi
mesi. Il Governo e la maggioranza hanno ripetuto più volte in quest'aula che la riforma
del titolo V della Costituzione apparteneva solo alla maggioranza della XIII legislatura,
dimenticando non solo il referendum costituzionale, ma anche un fatto altrettanto
importante, vale a dire che quel testo era, per nove decimi, identico a quello che è
stato approvato in Commissione bicamerale e sul quale è stato espresso in questa Camera
un voto da parte di tutti, ad eccezione del gruppo della Lega. È stato votato dal
presidente Berlusconi, dal vicepresidente Fini e da tutti i maggiori esponenti
dell'attuale maggioranza politica.
Pertanto, anche se con ritardo, si tratta del primo atto, che cancella questa finzione, di
un riconoscimento estremamente importante del fatto che la Costituzione in questo nostro
paese deve essere applicata. È un atto dovuto da parte vostra che comunque noi
riconosciamo importante, anche perché è il primo provvedimento, che questo Governo e
questa maggioranza sottopongono all'esame ed al voto del Parlamento, di sapore
autenticamente federale, anche se si tratta di un riconoscimento debole, in parte affetto
da un'eccessiva timidezza.
Infatti, appare sicuramente timida e, direi, per certi aspetti anche non del tutto
compatibile con la riforma costituzionale adottata con legge n. 3 del 2001, che ha
introdotto un criterio squisitamente federale nel riparto delle competenze legislative. La
ricognizione dei principi è un aspetto importante, ma rappresenta un atto di timidezza
che probabilmente non sortirà tutti gli effetti sperati. Tuttavia, si tratta di un passo
in avanti rispetto alle finzioni che sino ad oggi hanno caratterizzato l'atteggiamento del
Governo e della maggioranza.
È un atto timido perché non sarà facile stabilire cosa sia principio e cosa non lo sia,
diventando quindi norma di dettaglio di competenza delle regioni. Questa non è affatto
un'operazione meramente ricognitiva; tuttavia, noi abbiamo voluto riconoscere
all'intelligenza legislativa del ministro La Loggia l'invenzione di questo strumento che
sicuramente farà compiere dei passi in avanti al processo di riforma. Di fronte a questa
intelligenza legislativa e alla sapienza politica del ministro La Loggia vi sono molte
altre questioni che invece non ci convincono affatto. Ne abbiamo discusso ampiamente nel
corso di questo dibattito e mi limiterò a citarne brevemente alcune: in primo luogo, si
pone la questione dell'articolo 6, relativo all'attività internazionale delle regioni.
Qui si pone l'importante questione della pienezza dei poteri per la firma dei trattati in
capo alle regioni che, con questa legge di attuazione, viene fortemente menomata. Infatti,
la possibilità del treaty making power è subordinata a valutazioni, compiute dal
Ministero degli esteri, sentito il Dipartimento per gli affari regionali, non soltanto di
legittimità ma anche di opportunità politica. Questa subordinazione della pienezza dei
poteri per la firma dei trattati sembra sollevare il dubbio che l'articolo 6 del disegno
di legge che stiamo per approvare possa essere andato oltre il mandato conferito
dall'articolo 117, nono comma della Costituzione e che questa norma attuativa possa ledere
in misura eccessiva la potestà di autodeterminazione delle regioni in materie che la
Costituzione ha loro rimesso direttamente.
Vi è poi la questione dell'articolo 7, in tema di Corte dei conti. La soppressione
dell'articolo 130 della Costituzione ha rappresentato un passaggio non da tutti
"digerito" e si tenta, in maniera ossessiva da parte di qualcuno, di modificare
quella che invece è stata salutata come una delle novità più importanti sulla via di un
processo di federalizzazione della nostra Repubblica. Noi abbiamo assistito ad uno strano
balletto da parte del Governo: al Senato, il Governo, proprio per volontà del ministro La
Loggia, accoglie un nostro emendamento che riportava il futuro assetto della Corte dei
conti fuori dalle secche delle logiche formalistiche che ormai rappresentano la tenaglia
che non blocca soltanto l'attività logica della Corte dei conti, ma è fonte anche di un
conflitto infinito con regioni, province e comuni; al Senato quindi il Governo sembrava
"aprire" verso questa direzione. Inspiegabilmente, o meglio molto
spiegabilmente, le pressioni di qualche autorevole consigliere della Corte dei conti che
quest'oggi ha compiti di alta responsabilità presso la Presidenza del Consiglio, ha fatto
fare marcia indietro al Governo e la cosa non è bella! Infatti, lei, signor ministro,
aveva coraggiosamente e giustamente intrapreso una strada che alcune lobby interne
al Governo hanno voluto mettere in discussione. Mi consenta, signor ministro: l'aver
accettato da parte mia, lo ripeto ancora una volta masochisticamente, non l'ordine del
giorno a firma Bressa, Marone e Boato, ma il nuovo ordine del giorno La Loggia,
rappresenta semplicemente un atto di fiducia nei suoi confronti.
È un atto di rispetto e di fiducia nella sua serietà, sapendo però che, all'interno del
Governo, lei avrà vita dura, se davvero intende mettere mano alla riforma della Corte dei
conti, perché i tentacoli della lobby più conservatrice e reazionaria della Corte
dei conti tenteranno ancora una volta di strangolare questi timidi tentativi di riforma.
Le ripeto, è stato solo un gesto di cortesia istituzionale e di fiducia personale
rispetto a quello che lei potrà fare e le auguro, da questo punto di vista, davvero buona
fortuna.
Vi è poi l'articolo 8, quello dei poteri sostitutivi, un'altra partita molto delicata che
non ci vede convinti. La mancanza di una tipizzazione delle cause di esercizio del potere
sostitutivo, l'esiguità dei meccanismi collaborativi - vi è solo la fissazione di un
termine senza alcun obbligo di consultazione dell'ente inadempiente, non c'è un
contraddittorio per accertare l'inadempienza -, l'assenza di precisazioni in ordine al
rapporto tra il ricorso a questo potere e la tutela in via giurisdizionale ex articolo 127
davanti alla Corte costituzionale e, infine, la mancata previsione di meccanismi di
restituzione del potere esercitato in via sostitutiva all'ente locale, una volta accertata
l'idoneità di questo a provvedere, inducono a dubitare che l'articolo 8 abbia previsto
una disciplina rispettosa dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione, come
era invece richiesto dall'articolo 120 della Costituzione.
Vi è poi tutta la partita riferibile all'articolo 2, alla delega per l'adeguamento delle
disposizioni in materia di enti locali. Noi abbiamo riproposto in questa sede un
emendamento che riproduceva alla lettera l'accordo istituzionale del giugno 2002 che voi
avevate firmato, che il Presidente Berlusconi aveva firmato! La vostra
"timidezza" è tale che apparati interni alla Presidenza del Consiglio dei
ministri vi hanno fatto fare dei passi indietro. Non avete nemmeno il coraggio di
attestarvi su posizioni che voi avete firmato in accordo con il mondo delle autonomie
locali!
PRESIDENTE. Onorevole Bressa, la prego di concludere.
GIANCLAUDIO BRESSA. Accenno soltanto per titolo alla questione del federalismo fiscale
sulla quale mi sono precedentemente soffermato. Ma le pare possibile, ministro La Loggia,
che questo, che è il cuore della riforma federale, debba essere giudicato non ancora
sufficientemente maturo all'interno del Governo? Non è maturo perché voi non avete
voluto minimamente mettere mano a questa partita!
Infine, mi consenta - e con questo concludo - di fare riferimento a quella che è stata la
sua replica politica. Lei ha parlato di percorsi futuri di riforma costituzionale,
facendoci capire che quanto è avvenuto qualche settimana fa all'interno del Consiglio dei
ministri è stato solo, come dire, una sorta di sondaggio di opinione. Allora la prego di
comunicare al ministro Giovanardi, che le siede accanto, o al presidente Follini, i quali
dicevano che la condizione fondamentale per votare la devoluzione di Bossi era che il
Consiglio di ministri approvasse una nuova riforma del titolo V, che questo non è
avvenuto, che si è trattato solo di un sondaggio di opinione! Se invece questo non è
vero e quella era un'ipotesi di riforma costituzionale, allora lei ha il dovere di
avvisare il ministro Bossi - che oggi non siede al suo fianco -, di dirgli che sta
sbagliando lui, che non è un sondaggio di opinione, ma una vera riforma che
sostanzialmente svuota l'ipotesi della devoluzione.
Vede, io le ho riconosciuto sapienza politica, intelligenza politica e consumata abilità,
ministro La Loggia. Però le consiglio di rifarsi ad un altro consumato uomo politico, il
Presidente Lincoln, il quale diceva che si può imbrogliare una persona tutte le volte, si
possono imbrogliare tutte le persone una volta, ma non si possono imbrogliare tutti tutte
le volte. Il suo Governo, in tema di riforme costituzionali ha scelto questa strada:
imbrogliare tutti tutte le volte! Noi non ci stiamo, non ci caschiamo in questo scherzetto
e siamo qui per denunciare tutti questi vostri imbrogli! Lo abbiamo fatto nelle scorse
settimane, lo facciamo oggi e lo faremo sempre. Tutti questi motivi ci portano ad
astenerci dal voto su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo della
Margherita, DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.
PIETRO FONTANINI. La ringrazio, signor Presidente. La Lega nord Padania voterà a
favore di questo provvedimento. Tuttavia, essa intende rimarcare ancora una volta
l'urgenza dell'effettivo trasferimento di competenze e correlati mezzi finanziari a
comuni, province e regioni per avviare il federalismo nel nostro paese.
Noi riteniamo che in questo provvedimento ci siano i presupposti per trasformare la
macchina amministrativa dell'Italia, ancora fortemente caratterizzata da un'ispirazione
centralista, in una forma più moderna e più snella in cui le regioni e le autonomie
locali possano esprimere le loro grandi qualità amministrative. In particolare, chiediamo
al Governo di non tergiversare nel trasferire funzioni alle regioni e che queste siano
accompagnate da trasferimenti finanziari congrui, per dare modo ai nostri enti locali di
espletare concretamente le funzioni conferite.
Dare attuazione al titolo V della Costituzione, secondo un'ispirazione federalista,
significa dare attuazione ad uno dei punti qualificanti del programma di Governo. Le forze
politiche che si ispirano ad un corretto federalismo ritengono che la piena attuazione del
titolo V debba passare attraverso una serie di trasferimenti di funzioni dal centro alla
periferia, con il sostegno delle risorse finanziarie che debbono essere ancorate ai
territori ed alle popolazioni che le producono.
Noi, deputati del gruppo della Lega Nord, non condividiamo certe riforme costituzionali
che vogliono far fare all'Italia un'involuzione federalista e lo diciamo a lei, signor
ministro La Loggia. Noi, insieme a tutti i membri del Governo, abbiamo ricevuto dai
cittadini italiani un preciso mandato: fare dell'Italia un paese federale e su
quest'impegno non siamo disposti a rinnegare il mandato ricevuto dagli elettori (Applausi
dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO MARONE. Signor Presidente, credo che l'intervento del collega Fontanini dimostri, ancora una volta, che, in realtà, il ministro Bossi si occupa di federalismo e di riforme federali solo sui giornali. Non lo fa realmente. Abbiamo tutti letto sui giornali che il gruppo della Lega avrebbe votato contro. Abbiamo letto le dichiarazioni di Bossi il quale afferma che questa legge non gli piace perché...
SERGIO ROSSI. Stai sbagliando legge!
RICCARDO MARONE. Non questa, l'altra legge La Loggia. Ho capito. Questo è un altro
degli equivoci. Infatti, è effettivamente sorprendente che il ministro La Loggia - ci
piace essere caduti in questo equivoco - con una mano firmi una legge con cui si
stabiliscono i principi fondamentali della legislazione concorrente e con l'altra una
legge con cui abolisce la legislazione concorrente. La chiarezza di idee di questo Governo
ci sembra eccezionale, anche perché il ministro ha dichiarato che questo provvedimento
rimarrà nel tempo. Siamo convinti che rimarrà nel tempo perché, in realtà, l'altra
riforma La Loggia non la realizzerete mai. Non avete la voglia né i numeri per
realizzarla. Restiamo perplessi su questo atteggiamento del Governo così ondivago e su
questa concezione del federalismo così poco coerente con la nostra Costituzione.
Mi rendo conto che il ministro Bossi considera la Costituzione cavilli giuridici e coloro
che si occupano di diritto costituzionale personaggi cavillosi (come il senatore
D'Ambrosio o il ministro La Loggia). Noi, invece, continuiamo a ritenere che la
Costituzione, non solo quella risultante dalla modifica del titolo V, ma anche quella
precedente ed in particolare l'articolo 5, approvato oltre cinquant'anni fa, segni il
giusto equilibrio tra esigenze di interesse e identità nazionale ed esigenze di
federalismo. Bisognerebbe ricordare al ministro Bossi che l'articolo 5 della Costituzione
- i nostri padri costituenti la sapevano scrivere -, proprio l'articolo riguardante le
autonomie, dispone che la Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le
autonomie locali.
Non a caso, l'affermazione dell'unità e dell'indivisibilità del nostro paese, della
nostra Repubblica, è contenuta nell'articolo che disciplina le autonomie locali: ciò
significa che il disegno delle autonomie deve garantire, da una parte, l'unità, quindi,
l'interesse nazionale e l'indivisibilità, della Repubblica - certamente non quelle
pagliacciate della secessione di cui si parlava fino a qualche tempo fa - e, dall'altra,
la reale autonomia, il reale decentramento delle funzioni.
Tutto questo, in realtà, non avviene per un motivo fondamentale: se è pur vero che il
ministro La Loggia ha avviato l'adeguamento del titolo V, è anche vero che sulla parte
fondamentale del titolo V, sulla parte delle risorse finanziarie, questo Governo è
completamente fermo. Nella sua replica, il ministro ci ha detto che non è vero, che si
sta cominciando a lavorare al tema del federalismo fiscale; ma, con le sue stesse parole,
egli ha riconosciuto che ci sono voluti ben due anni per istituire una commissione che
cominciasse a lavorare su questi temi. Ciò dimostra quanta sia la sensibilità di questo
Governo sul tema del federalismo fiscale.
Noi siamo fermamente convinti che l'adeguamento e l'attuazione del titolo V passano,
anzitutto, per l'attuazione dell'articolo 119 e per l'attuazione del federalismo fiscale.
Avevamo proposto un emendamento articolato e molto approfondito su questo tema e, perciò,
ci aspettavamo un confronto; invece, ci è stato dato soltanto un parere contrario
perché, così è stato detto, il Governo sta studiando il tema ed ha istituito
un'apposita commissione di studio. Io credo che, studiando studiando, in realtà, non si
voglia concretamente attuare e realizzare il federalismo del titolo V.
Tutto ciò lo dico anche alla luce della confusione che regna in questo Governo. Nella sua
replica, il ministro ha tentato di trovare una coerenza tra la legge di adeguamento che
oggi stiamo discutendo e la sua stessa proposta di modifica del titolo V: ha tentato di
dimostrare che sono cose diverse e che seguono iter diversi (e questo lo sapevamo!). Il
problema è: qual è la volontà politica di questo Governo? Se è vero che stiamo
ragionando di provvedimenti di rango diverso, che si trovano in fasi procedimentali
diverse, non può essere diverso il disegno politico di questo Governo! Noi continuiamo a
chiederci se sia veramente un disegno federalista ovvero di ricentralizzazione delle
funzioni!
Questo disegno di legge La Loggia sul nuovo titolo V ancora non abbiamo avuto la
possibilità di vederlo. Da quanto si legge, si prevederebbe l'abolizione della
legislazione concorrente ed il ritrasferimento allo Stato di tutta una serie di materie di
competenza regionale. Insomma, a quanto pare, non v'è alcunché che vada nel senso della
sbandierata devolution di Bossi!
Ormai, siamo abituati a constatare che alle grandi parole ed alle grandi affermazioni
fatte sui giornali segue poco sul piano della produzione legislativa. La tanto sbandierata
devolution di Bossi, sulla quale si combatte tanto strenuamente nella maggioranza,
più in relazione alle prossime elezioni amministrative che ad una reale volontà di
riformare la Costituzione, in altro non consiste che in tre o quattro parole contenute in
un comma: questa è tutta l'elaborazione del ministro per le riforme istituzionali!
Anche questo disegno di legge, che abbiamo accolto con grande favore e che doveva
consentire l'attuazione concreta del titolo V, è un provvedimento che il Governo porta
avanti sostanzialmente perché le regioni stanno spingendo fortemente in questa direzione.
Sono le regioni che premono, quelle con governi coerenti con questa maggioranza non meno
di quelle con governi diversi. Tutte le regioni spingono affinché si approvi finalmente
una legge.
Però, noi non possiamo dare un giudizio complessivamente positivo su questo
provvedimento, perché leggiamo in tutte le norme di questa legge, ogni volta che vi siano
spazi di manovra nell'attuazione del titolo V, che la scelta del Governo, tra le due
possibili interpretazioni che si possono dare, è sempre quella mirante ad una
ricentralizzazione. E questo mi sembra in coerenza con il disegno di legge sul nuovo
titolo V che il ministro La Loggia ha firmato e di cui un giorno forse discuteremo.
Noi abbiamo sempre notato in questo provvedimento una certa mentalità centralistica sia a
livello governativo sia a livello regionale. C'è un forte accentramento delle funzioni
delle regioni a scapito delle autonomie. Questo ci sembra grave, oltretutto perché non
c'è il processo di sviluppo delle autonomie voluto dalla riforma del titolo V e voluto
innanzitutto dall'articolo 5 della Costituzione. Nella concezione del ministro Bossi il
federalismo è concepito come centralismo regionale e non come sviluppo delle autonomie, e
noi su questo siamo profondamente contrari. Non a caso, quando abbiamo proposto
l'emendamento all'articolo 11, esso è stato respinto con affermazioni che noi non
condividiamo assolutamente.
Un altro esempio è quello sulle relazioni internazionali: invece di dare contenuto alla
riforma del titolo V, invece di introdurre una legislazione di dettaglio che potesse dare
contenuto, si è sostanzialmente introdotta una legislazione di
"procedimentalizzazione", che, in ogni sua forma, ha imbrigliato le attività
delle regioni con le autorizzazioni del Governo nazionale. Quindi, anche qui mi sembra che
si sia persa un'occasione per sviluppare il discorso aperto con la riforma del titolo V,
anziché tornare indietro come l'articolo 6 di questo provvedimento fa.
PRESIDENTE. Onorevole Marone...
RICCARDO MARONE. Complessivamente, quindi - e chiudo signor Presidente - non possiamo dare - anche se volevamo darlo - un voto favorevole su questo provvedimento e ci asterremo. Infatti, riteniamo che sia un provvedimento indispensabile per le esigenze delle regioni, ma non possiamo condividerne il contenuto nella sua totalità (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Saponara. Ne ha facoltà.
MICHELE SAPONARA. Signor Presidente, dichiaro il voto favorevole del gruppo di Forza Italia e chiedo alla Presidenza l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza sulla base dei consueti criteri.
Sono così concluse le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, intervengo proprio per tre minuti per dire tre cose.
La prima. È successo ancora una volta oggi - dico ancora una volta perché non è la
prima volta - che il Governo abbia impropriamente utilizzato il momento dell'espressione
dei pareri sugli ordini del giorno per fare, di fatto, una replica. È accaduto oggi;
siccome l'abbiamo chiesto noi al ministro La Loggia, desidero ringraziarlo perché,
effettivamente, seppure in ritardo rispetto alle nostre richieste, ha dato una risposta
puntuale in ordine agli orientamenti del Governo. Ovviamente, noi non li condividiamo,
però c'è stata una presa di posizione.
Sennonché, Presidente, nel procedimento legislativo la fase della replica del Governo dà
la possibilità ai colleghi, che lo ritenessero, di intervenire nuovamente. Ora, il fatto
che la replica si svolga nel momento dell'espressione dei pareri sugli ordini del giorno
impedisce, in pratica (perché poi è questa l'interpretazione che ne dà lei), ai
colleghi di prendere la parola.
Guardi Presidente, non mi riferisco tanto agli escamotage che vengono utilizzati
dal Governo o dalla maggioranza e nemmeno al fatto che, in questo modo, si priva
l'opposizione della possibilità di intervenire dopo la replica del Governo: la questione
è istituzionale. I parlamentari possono parlare dopo che il Governo è intervenuto per
una questione di rispetto della forma, che in democrazia è sostanza. È il Parlamento a
dover dire l'ultima parola. Io vorrei chiederle cortesemente, Presidente, di non
considerare questo episodio come una prassi, ma - ahimè - soltanto un precedente da non
ripetere.
Non è più possibile che il Governo utilizzi la fase dell'espressione del parere sugli
ordini del giorno come occasione per fare una replica: il rispetto di ciò spetta alla
Presidenza della Camera. In secondo luogo, si è verificato un piccolo incidente nel senso
che il collega Monaco ha chiesto di parlare per esprimere la propria dichiarazione di voto
sul complesso degli ordini del giorno. Anche in questo caso si è verificata una
situazione che, sebbene in buona fede, non è la prima volta che accade. Come avviene per
gli emendamenti, la parola sul complesso degli ordini del giorno va data prima che ciascun
collega decida se chiedere o non chiedere la votazione o se ritirare o non ritirare
l'ordine del giorno; non può, quindi, essere data dopo.
Signor Presidente, se noi svolgiamo una piccola indagine sui precedenti acquisendo delle
informazioni al riguardo e assumiamo un orientamento e lo facciamo divenire definitivo,
allora i comportamenti che la Presidenza terrà non solo non saranno soggetti a critiche
o, peggio ancora, a censure, ma terranno tutti più tranquilli nel senso che noi
disciplineremo le fasi della votazione degli ordini del giorno e della discussione sulla
votazione degli ordini del giorno in maniera stabile e predeterminata evitando equivoci di
ogni genere.
Da ultimo, Presidente, mi consenta di dirle che, avendo chiesto la parola un
vicepresidente di gruppo, forse, dal punto di vista del buon funzionamento della Camera
poteva anche consentire al collega Monaco di esprimere la sua opinione (Applausi dei
deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Onorevole Boccia, l'autorevolezza del vicepresidente del suo gruppo non è
certo messa in discussione da me, anche perché, essendo lui impegnato sempre a mettere in
discussione la mia, non potrei io restituirgli l'eguale moneta. Io ho solamente attenzione
nei confronti dell'onorevole Monaco e apprezzo molto il modo con cui svolge, con
encomiabile prestigio, il suo lavoro parlamentare.
Debbo dirle, però, che ho dei precedenti molto chiari su questo punto. Mi riferisco
innanzitutto ad un precedente capitato all'onorevole Illy in cui è stato applicato
esattamente un criterio diverso a quello a cui lei mi richiama. In quel caso il Presidente
della Camera disse: "Onorevole Illy, mi scusi lei può chiedere la parola nella fase
di dichiarazione di voto finale sul provvedimento non essendo più in votazione questo
ordine del giorno".
Desidero precisare che il ministro La Loggia è intervenuto al fine di esprimere il parere
sugli ordini del giorno presentati. L'onorevole Monaco ha comunicato alla Presidenza la
sua richiesta di parlare durante l'intervento del ministro. A termine di regolamento
l'unico titolo che egli avrebbe avuto per parlare, non essendo presentatore di un ordine
del giorno, sarebbe stato per dichiarazione di voto sul complesso degli ordini del giorno.
Tale intervento avrebbe potuto aver luogo solo dopo che i presentatori avessero illustrato
il loro ordine del giorno e dopo che il Governo avesse espresso il proprio parere.
Poiché, a seguito dell'accettazione da parte del Governo degli ordini del giorno
presentati non sussistevano ordini del giorno da porre in votazione, era venuta meno la
possibilità di effettuare dichiarazioni di voto e, quindi, non ho ritenuto di dare la
parola all'onorevole Monaco. Se ci fosse un'analoga situazione, mi comporterei esattamente
nello stesso modo.
Per quanto riguarda invece il problema che lei ha posto in ordine all'invito al Governo a
non riaprire sostanzialmente il dibattito con il parere sugli ordini del giorno, io
accetto questo suo invito e lo trasmetto al Governo, ritenendolo fondato. Mi consenta di
dire che è molto difficile il discrimine, nel momento in cui il Governo esprime un parere
su un ordine del giorno, tra una valutazione sul contenuto dell'atto ed una valutazione
politica più generale. In ogni caso, certamente per il futuro la Presidenza presterà la
massima attenzione. Pertanto, le ripeto, la Presidenza trasmetterà al Governo questa sua
giusta valutazione.
NICOLÒ CRISTALDI, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NICOLÒ CRISTALDI, Relatore. Signor Presidente, anch'io consegnerò agli uffici
il testo del mio intervento, ma desidero ringraziare, come relatore di questo
provvedimento, tutti i componenti della Commissione che hanno dato la loro disponibilità
per il raggiungimento di buoni risultati.
C'è stata un'ottima collaborazione anche con il Governo, e vorrei altresì rivolgere un
ringraziamento ai funzionari, che anche in questo caso hanno confermato la loro alta
professionalità.
Le motivazioni del voto favorevole di Alleanza nazionale su questo provvedimento, che
colgo l'occasione per preannunciare, sono affidate alle modeste parole scritte che chiedo
vengano pubblicate in calce al resoconto stenografico della seduta odierna (Applausi
dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. La Presidenza ne autorizza senz'altro la pubblicazione, sulla base dei consueti criteri.
(Coordinamento - A.C. 3590)
PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia
autorizzata a procedere al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
(Votazione finale e approvazione - A.C. 3590)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di
legge n. 3590, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva.
(S. 1545 - Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) (approvato dal Senato) (3590):
(Presenti 409
Votanti 245
Astenuti 164
Maggioranza 123
Hanno votato sì 230
Hanno votato no 15).
Prendo atto che gli onorevoli Scherini, Santulli e Garagnani non sono riusciti a votare e che quest'ultimo avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
( )
La seduta termina alle 18,30
TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DELL'ONOREVOLE SAPONARA SUL DISEGNO DI LEGGE N. 3590
MICHELE SAPONARA. I deputati del gruppo di Forza Italia voteranno a favore del disegno di legge di attuazione della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ed esprimono vivo apprezzamento per il lavoro intelligente svolto dal ministro La Loggia, il quale accogliendo molti suggerimenti dell'opposizione, è riuscito a rispettarli pienamente, correggendone, quanto è stato possibile, gli aspetti poco chiari. E la conferma della bontà della legge viene dall'atteggiamento dell'opposizione, che pur astenendosi, non ha potuto non apprezzare lo sforzo del Governo. Comunque questa legge rappresenta il primo ed importante passo per la riforma federalista dello Stato.
CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELL'INTERVENTO DEL RELATORE NICOLÒ CRISTALDI SUL DISEGNO DI LEGGE N. 3590
NICOLÒ CRISTALDI, Relatore. Ribadisco in sede di votazione finale le
motivazioni già espresse in sede di discussione sulle linee generali. È stato fatto un
buon lavoro e desidero cogliere l'occasione per ringraziare quanti hanno collaborato alla
serenità del dibattito ed al raggiungimento del testo definitivo che consente di compiere
un ulteriore passo verso la modernizzazione del nostro paese.
Con il presente provvedimento si entra nelle fasi attuative del nuovo Titolo V della
Costituzione. Grazie a questo testo, tra l'altro, si introducono alcuni meccanismi
positivi utili al migliore funzionamento della Repubblica attraverso i suoi elementi
istituzionali.
Con questo disegno di legge si danno poteri concreti ed esecutivi alle regioni a statuto
ordinario e si conferma la salvaguardia operativa delle regioni a statuto speciale nonché
delle province autonome di Trento e di Bolzano.
Grande spazio hanno trovato in questo disegno di legge le legittime rivendicazioni della
autonomie locali che possono ora affermare di vedere riconosciute esecutivamente le loro
prerogative costituzionali.
Con il voto di oggi viene riconosciuto l'alto ruolo delle conferenze Stato-Regioni e
l'alta funzione della Conferenza unificata.
Ci sarà un momento successivo in cui il Parlamento dovrà tornare su alcuni aspetti per
il pieno raggiungimento del federalismo nel nostro paese anche per gli aspetti finanziari.
Mi si consenta infine di ringraziare i componenti della Commissione per la maniera con la
quale hanno attuato il loro ruolo politico nel rispetto del ruolo della Commissione, del
relatore e di ogni opinione diversa espressa sia in Commissione che in aula.
Infine rivolgo un particolare ringraziamento ai funzionari della Commissione che hanno,
con il loro operato, confermato la loro alta professionalità.
Colgo l'occasione per ribadire il voto favorevole dei deputati del gruppo di Alleanza
nazionale.
(A.C. 3590 - Sezione 1)
ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE
Art. 8.
(Attuazione dell'articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo).
1. Nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120 della Costituzione, il
Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia,
anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un
congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale
termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro
competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari,
anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei
ministri partecipa il Presidente della Regione interessata al provvedimento.
2. Qualora l'esercizio del potere sostitutivo si renda necessario al fine di porre rimedio
alla violazione della normativa comunitaria, gli atti ed i provvedimenti di cui al comma 1
sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le
politiche comunitarie e del Ministro competente per materia. L'articolo 11 della legge 9
marzo 1989, n. 86, è abrogato.
3. Fatte salve le competenze delle Regioni a statuto speciale, qualora l'esercizio dei
poteri sostitutivi riguardi Comuni, Province o Città metropolitane, la nomina del
commissario deve tenere conto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione.
Il commissario provvede, sentito il Consiglio delle autonomie locali qualora tale organo
sia stato istituito.
4. Nei casi di assoluta urgenza, qualora l'intervento sostitutivo non sia procrastinabile
senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall'articolo 120 della Costituzione, il
Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle
Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente
comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie
locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che possono chiederne il
riesame.
5. I provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati alle finalità perseguite.
6. Il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o
di Conferenza unificata, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni
o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni; in tale
caso è esclusa l'applicazione dei commi 3 e 4 dell'articolo 3 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281. Nelle materie di cui all'articolo 117, terzo e quarto comma, della
Costituzione non possono essere adottati gli atti di indirizzo e di coordinamento di cui
all'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e all'articolo 4 del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 112.
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE
ART. 8.
(Attuazione dell'articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo).
Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: articolo 120 aggiungere le seguenti:
, secondo comma,
8. 9. Boccia.
(Approvato)
Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: enti locali, aggiungere le seguenti:
sentito il parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali,
8. 2. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.
Al comma 1, primo periodo, sopprimere le parole: o necessari.
8. 11. Boccia.
Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: sentito l'organo interessato aggiungere
le seguenti: e la Commissione parlamentare per le questioni regionali.
8. 3. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.
Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: adotta i provvedimenti aggiungere le
seguenti: provvisori e.
8. 1. Boato, Amici, Bressa, Leoni, Marone, Pisicchio, Buemi, Pappaterra, Sgobio.
Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: provvedimenti necessari aggiungere le
seguenti: in sostituzione dei predetti organi.
8. 4. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.
Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: , anche normativi, ovvero nomina
un apposito commissario con le seguenti: ovvero nomina un commissario ad acta
che vi provvede in sostituzione dell'organo inadempiente entro dieci giorni.
8. 10. Boccia.
Al comma 1, secondo periodo, sostituire la parola: Regione con le seguenti:
Giunta regionale.
8. 15. La Commissione.
(Approvato)
Al comma 2, primo periodo, dopo le parole: al fine di porre rimedio alla violazione
della normativa comunitaria aggiungere le seguenti: o per garantire i livelli
essenziali delle prestazioni inerenti i diritti civili e sociali universalmente
riconosciuti ai sensi della Costituzione.
8. 6. Mascia, Giordano.
Al comma 4, sopprimere le parole da: , che sono immediatamente fino alla fine
del comma.
8. 7. Mascia, Giordano.
Al comma 4, dopo le parole: Comunità montane aggiungere le seguenti: e alla
Commissione parlamentare per le questioni regionali.
8. 5. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.
Al comma 5, aggiungere, in fine, le parole: e devono riguardare esclusivamente e
strettamente l'adozione degli atti dovuti ai sensi del secondo comma dell'articolo 120
della Costituzione.
8. 12. Boccia.
Al comma 6, primo periodo, sopprimere le parole: di Conferenza Stato-Regioni o.
8. 8. Mascia, Giordano.
(A.C. 3590 - Sezione 2)
ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 9.
(Attuazione degli articoli 123, secondo comma, e 127 della Costituzione, in materia di
ricorsi alla Corte costituzionale).
1. L'articolo 31 della legge 11 marzo 1953, n. 87, è sostituito dal seguente:
"Art. 31. - 1. La questione di legittimità costituzionale di uno statuto
regionale può, a norma del secondo comma dell'articolo 123 della Costituzione, essere
promossa entro il termine di trenta giorni dalla pubblicazione.
2. Ferma restando la particolare forma di controllo delle leggi prevista dallo
statuto speciale della Regione siciliana, il Governo, quando ritenga che una legge
regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere, ai sensi dell'articolo 127,
primo comma, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale della legge
regionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione.
3. La questione di legittimità costituzionale è sollevata, previa deliberazione
del Consiglio dei ministri, anche su proposta della Conferenza Stato-Città e autonomie
locali, dal Presidente del Consiglio dei ministri mediante ricorso diretto alla Corte
costituzionale e notificato, entro i termini previsti dal presente articolo, al Presidente
della Giunta regionale.
4. Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della Corte costituzionale
entro il termine di dieci giorni dalla notificazione".
2. Il secondo comma dell'articolo 32 della legge 11 marzo 1953, n. 87, è sostituito
dal seguente:
"La questione di legittimità costituzionale, previa deliberazione della Giunta
regionale, anche su proposta del Consiglio delle autonomie locali, è promossa dal
Presidente della Giunta mediante ricorso diretto alla Corte costituzionale e notificato al
Presidente del Consiglio dei ministri entro il termine di sessanta giorni dalla
pubblicazione della legge o dell'atto impugnati".
3. Al primo comma dell'articolo 33 della legge 11 marzo 1953, n. 87, le parole:
"dell'articolo 2, secondo comma, della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n.
1" sono sostituite dalle seguenti: "dell'articolo 127, secondo comma, della
Costituzione".
4. L'articolo 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87, è sostituito dal seguente:
"Art. 35. - 1. Quando è promossa una questione di legittimità costituzionale
ai sensi degli articoli 31, 32 e 33, la Corte costituzionale fissa l'udienza di
discussione del ricorso entro novanta giorni dal deposito dello stesso. Qualora la Corte
ritenga che l'esecuzione dell'atto impugnato o di parti di esso possa comportare il
rischio di un irreparabile pregiudizio all'interesse pubblico o all'ordinamento giuridico
della Repubblica, ovvero il rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti
dei cittadini, trascorso il termine di cui all'articolo 25, d'ufficio può adottare i
provvedimenti di cui all'articolo 40. In tal caso l'udienza di discussione è fissata
entro i successivi trenta giorni e il dispositivo della sentenza è depositato entro
quindici giorni dall'udienza di discussione".
5. Le Regioni assicurano la pronta reperibilità degli atti recanti la pubblicazione
ufficiale degli statuti e delle leggi regionali.
6. Nei ricorsi per conflitto di attribuzione tra Stato e Regione e tra Regione e Regione,
di cui agli articoli da 39 a 42 della legge 11 marzo 1953, n. 87, proposti anteriormente
alla data dell'8 novembre 2001, il ricorrente deve chiedere la trattazione del ricorso,
con istanza diretta alla Corte costituzionale e notificata alle altre parti costituite,
entro quattro mesi dal ricevimento della comunicazione di pendenza del procedimento
effettuata a cura della cancelleria della Corte costituzionale; in difetto di tale
istanza, il ricorso si considera abbandonato ed è dichiarato estinto con decreto del
Presidente.
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE
ART. 9.
(Attuazione degli articoli 123, secondo comma, e 127 della Costituzione, in materia di
ricorsi alla Corte costituzionale).
Al comma 1, capoverso ART. 31, comma 2, sostituire la parola: siciliana con la
seguente: Sicilia.
9. 4. La Commissione.
Al comma 1, capoverso ART. 31, comma 3, sopprimere le parole: anche su proposta
della Conferenza Stato-Città e autonomie locali,
9. 2. Mascia, Giordano.
Al comma 2, capoverso, premettere le parole: Salvo diversa disposizione dello
statuto regionale,
9. 3. Boccia.
Sopprimere il comma 4.
9. 1. Collè, Brugger, Zeller, Widmann, Detomas.
(A.C. 3590 - Sezione 3)
ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE
Art. 10.
(Rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie).
1. In ogni Regione a statuto ordinario il prefetto preposto all'ufficio territoriale
del Governo avente sede nel capoluogo della Regione svolge le funzioni di rappresentante
dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie.
2. Nell'esercizio delle funzioni di cui al comma 1, il rappresentante dello Stato cura in
sede regionale:
a) le attività dirette ad assicurare il rispetto del principio di leale
collaborazione tra Stato e Regione, nonché il raccordo tra le istituzioni dello Stato
presenti sul territorio, anche attraverso le conferenze di cui all'articolo 11 del decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 300, al fine di garantire la rispondenza dell'azione
amministrativa all'interesse generale, il miglioramento della qualità dei servizi resi al
cittadino e di favorire e rendere più agevole il rapporto con il sistema delle autonomie;
b) la tempestiva informazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri -
Dipartimento per gli affari regionali e ai Ministeri interessati degli statuti regionali e
delle leggi regionali, per le finalità di cui agli articoli 123 e 127 della Costituzione,
e degli atti amministrativi regionali, agli effetti dell'articolo 134 della Costituzione,
nonché il tempestivo invio dei medesimi atti all'ufficio dell'Avvocatura dello Stato
avente sede nel capoluogo;
c) la promozione dell'attuazione delle intese e del coordinamento tra Stato e
Regione previsti da leggi statali nelle materie indicate dall'articolo 118, terzo comma,
della Costituzione, nonché delle misure di coordinamento tra Stato e autonomie locali, di
cui all'articolo 9, comma 5, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
d) l'esecuzione di provvedimenti del Consiglio dei ministri costituenti esercizio
del potere sostitutivo di cui all'articolo 120, secondo comma, della Costituzione,
avvalendosi degli uffici territoriali del Governo e degli altri uffici statali aventi sede
nel territorio regionale;
e) la verifica dell'interscambio di dati e informazioni rilevanti sull'attività
statale, regionale e degli enti locali, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 112, riferendone anche al Ministro per l'innovazione e le tecnologie;
f) l'indizione delle elezioni regionali e la determinazione dei seggi consiliari e
l'assegnazione di essi alle singole circoscrizioni, nonché l'adozione dei provvedimenti
connessi o conseguenti, fino alla data di entrata in vigore di diversa previsione
contenuta negli statuti e nelle leggi regionali;
g) la raccolta delle notizie utili allo svolgimento delle funzioni degli organi
statali, costituendo il tramite per la reciproca informazione nei rapporti con le
autorità regionali; la fornitura di dati e di elementi per la redazione della Relazione
annuale sullo stato della pubblica amministrazione; la raccolta e lo scambio dei dati di
rilevanza statistica, da effettuarsi secondo gli standard e le metodologie
de-finiti dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e avvalendosi anche dei suoi
uffici regionali, d'intesa con lo stesso.
3. Nell'esercizio delle funzioni di cui al presente articolo il rappresentante dello
Stato si avvale a tale fine delle strutture e del personale dell'ufficio territoriale del
Governo.
4. Ai fini del presente articolo e per l'espletamento delle funzioni previste
dall'articolo 1, comma 2, lettere e), f) e g), del regolamento di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 2001, n. 287, i segretari comunali e
provinciali che, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono inseriti nella
graduatoria di cui all'articolo 18, comma 9, del regolamento di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465, come modificato dall'articolo 7,
comma 3, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, e che hanno presentato istanza di mobilità
per gli uffici territoriali del Governo, sono assegnati, nel limite dei posti disponibili,
agli stessi uffici, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con
il Ministro dell'interno, con il Ministro per gli affari regionali e con gli altri
Ministri interessati, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore
della presente legge. Restano ferme le disposizioni previste dal decreto legislativo 19
maggio 2000, n. 139, e dai relativi decreti di attuazione.
5. Nelle Regioni a statuto speciale le funzioni del rappresentante dello Stato ai fini
della lettera d) del comma 2 sono svolte dagli organi statali a competenza
regionale previsti dai rispettivi statuti, con le modalità definite da apposite norme di
attuazione.
6. Fatte salve le competenze spettanti alle Province autonome di Trento e di Bolzano, ai
commissariati del Governo di Trento e di Bolzano si applicano le disposizioni del
regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 2001, n. 287.
7. Il provvedimento di preposizione all'ufficio territoriale del Governo del capoluogo di
Regione è adottato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del
Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro
per gli affari regionali.
8. All'articolo 4, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, le parole
da: "autonomie locali" fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti:
"autonomie locali, nonché dell'Ufficio per il federalismo amministrativo, nel quale
confluisce il personale addetto alla struttura di supporto del Commissario straordinario
del Governo per l'attuazione del federalismo amministrativo, mantenendo il proprio stato
giuridico; si avvale altresì, sul territorio, dei rappresentanti dello Stato nelle
Regioni, che dipendono funzionalmente dal Presidente del Consiglio dei ministri".
9. All'articolo 11 della legge 10 febbraio 1953, n.62, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente:
"Le leggi regionali sono promulgate dal Presidente della Giunta. Il testo è
preceduto dalla formula: "Il Consiglio regionale ha approvato. Il Presidente della
Giunta regionale promulga"";
b) i commi secondo e terzo sono abrogati;
c) la rubrica è sostituita dalla seguente: "Promulgazione delle leggi
regionali".
10. Sono abrogati: gli articoli 40, 43 e 44 della legge 10 febbraio 1953, n. 62;
l'articolo 4, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977,
n. 616; l'articolo 13 della legge 23 agosto 1988, n. 400, ad eccezione del comma 3;
l'articolo 3 del decreto legislativo 13 febbraio 1993, n. 40; l'articolo 11, comma 3, del
decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
11. Nelle norme dell'ordinamento giuridico, compatibili con le disposizioni della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, il riferimento al commissario del Governo è da
intendersi al prefetto titolare dell'ufficio territoriale del Governo del capoluogo di
Regione quale rappresentante dello Stato. Il presente comma comunque non concerne le norme
compatibili con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3, aventi ad oggetto le Regioni
a statuto speciale.
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE
ART. 10.
(Rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie).
Sopprimerlo.
10. 3. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.
Al comma 1, sostituire le parole da: prefetto fino a: Regione con le seguenti: Presidente della giunta regionale.
Conseguentemente:
al comma 3, sostituire le parole: rappresentante dello Stato con le seguenti:
Presidente della giunta regionale;
al comma 11, primo periodo, sostituire le parole da: prefetto fino a: di
Regione con le seguenti: Presidente della giunta regionale.
10. 4. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.
Al comma 2, sostituire le lettere da a) a g) con le parole: il
coordinamento delle funzioni amministrative esercitate dagli uffici periferici dello Stato
e le coordina con quelle esercitate dalle Regioni.
10. 5. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.
Al comma 2, lettera a), sopprimere le parole da: le attività fino a:
nonché.
10. 6. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas.
Al comma 2, sopprimere la lettera b).
10. 7. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.
Al comma 2, sopprimere la lettera g).
10. 8. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.
Al comma 5, sostituire le parole da: del rappresentante fino alla fine del comma
con le seguenti: di cui alla lettera d) del comma 2 sono svolte,
compatibilmente con i rispettivi statuti speciali, secondo quanto definito da apposite
norme di attuazione statutaria.
10. 19. Collè, Brugger, Zeller, Widmann, Detomas.
Al comma 5, sostituire le parole da: dagli organi statali fino alla fine del
comma con le seguenti: , compatibilmente con i rispettivi statuti speciali, dagli
organi statali a competenza regionale previsti dagli statuti medesimi, secondo quanto
definito da apposite norme di attuazione statutaria.
*10. 16. Olivieri.
Al comma 5, sostituire le parole da: dagli organi statali fino alla fine del
comma con le seguenti: , compatibilmente con i rispettivi statuti speciali, dagli
organi statali a competenza regionale previsti dagli statuti medesimi, secondo quanto
definito da apposite norme di attuazione statutaria.
*10. 17. Detomas, Brugger, Zeller, Widmann, Collè.
Al comma 5, sostituire le parole da: dagli organi statali fino alla fine del
comma con le seguenti: , compatibilmente con i rispettivi statuti speciali, dagli
organi statali a competenza regionale previsti dagli statuti medesimi, secondo quanto
definito da apposite norme di attuazione statutaria.
*10. 18. Boato, Bressa.
Sopprimere il comma 6.
**10. 2. Bressa, Leoni, Boato, Marone, Amici, Buemi, Pisicchio, Pappaterra, Sgobio.
Sopprimere il comma 6.
**10. 9. Zeller, Brugger, Widmann, De-tomas, Collè.
Sostituire il comma 6 con il seguente:
6. Nel rispetto dello Statuto speciale di autonomia e delle relative norme di
attuazione per le Province autonome di Trento e di Bolzano, ai commissariati del Governo
di Trento e di Bolzano si applicano in quanto compatibili le disposizioni del decreto del
Presidente della Repubblica 17 maggio 2001, n. 287.
10. 10. Boato, Bressa, Leoni.
Al comma 6, sopprimere le parole: Fatte salve le competenze spettanti alle Province autonome di Trento e di Bolzano,
Conseguentemente, al medesimo comma, aggiungere, in fine, le parole: ,
compatibilmente con lo statuto speciale di autonomia e le relative norme di attuazione.
* 10. 20. La Commissione.
(Approvato)
Al comma 6, sopprimere le parole: Fatte salve le competenze spettanti alle Province
autonome di Trento e di Bolzano,
Conseguentemente, al medesimo comma, aggiungere, in fine, le parole: ,
compatibilmente con lo statuto speciale di autonomia e le relative norme di attuazione.
* 10. 1. (Testo modificato nel corso della seduta) Olivieri, Kessler,
Bressa.
(Approvato)
Al comma 6, sopprimere le parole: Fatte salve le competenze spettanti alle Province
autonome di Trento e di Bolzano,
Conseguentemente, al medesimo comma, aggiungere, in fine, le parole: ,
compatibilmente con lo statuto speciale di autonomia e le relative norme di attuazione.
* 10. 11. (Testo modificato nel corso della seduta) Boato, Leoni.
(Approvato)
Al comma 6, dopo le parole: ai commissariati del Governo di Trento e di Bolzano aggiungere
le seguenti: , per l'espletamento delle funzioni ad essi attribuite dal testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e dalle relative
disposizioni di attuazione,
10. 15. D'Alia.
Al comma 6, aggiungere, in fine, le parole: , compatibilmente con lo statuto
speciale di autonomia e le relative norme di attuazione.
*10. 12. Detomas, Brugger, Zeller, Widmann, Collè.
Al comma 11, sostituire il secondo periodo con il seguente: Il presente comma non
si applica alle Regioni il cui statuto disciplini la figura del Commissario del Governo e
le modalità di svolgimento delle funzioni degli uffici periferici dello Stato.
10. 13. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.
Al comma 11, secondo periodo, sostituire le parole da: concerne fino a: ad
oggetto le con le seguenti: si applica alle.
10. 14. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.
ARTICOLO 11 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 11.
(Attuazione dell'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3).
1. Per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano
resta fermo quanto previsto dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di
attuazione, nonché dall'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3.
2. Le Commissioni paritetiche previste dagli statuti delle Regioni a statuto speciale, in
relazione alle ulteriori materie spettanti alla loro potestà legislativa ai sensi
dell'articolo 10 della citata legge costituzionale n.3 del 2001, possono proporre
l'adozione delle norme di attuazione per il trasferimento dei beni e delle risorse
strumentali, finanziarie, umane e organizzative, occorrenti all'esercizio delle ulteriori
funzioni amministrative.
3. Le norme di attuazione di cui al comma 2 possono prevedere altresì disposizioni
specifiche per la disciplina delle attività regionali di competenza in materia di
rapporti internazionali e comunitari.
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 11 DEL DISEGNO DI LEGGE
ART. 11.
(Attuazione dell'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3).
Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
1-bis. Le forme di autonomia più ampie riconosciute a Comuni, Province e Città
metropolitane dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, si applicano, ai sensi
dell'articolo 10 della medesima legge costituzionale, anche agli enti locali ricompresi
nell'ambito delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e
Bolzano, in sintonia con gli articoli 5 e 114 della Costituzione ed in armonia con i
rispettivi Statuti, nel rispetto del principio di leale collaborazione.
11. 1. Cabras, Maurandi, Bressa.
Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
1-bis. Le forme di autonomia più ampie che la legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3, riconosce ai Comuni, alle Province autonome e alle Città metropolitane si
applicano anche agli enti locali rientranti nell'ambito delle Regioni a statuto speciale e
delle Province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 10 della stessa
medesima costituzionale, che vi danno attuazione, per quanto di loro competenza ed in base
ai rispettivi statuti, in sintonia con i principi sanciti dall'articolo 5 e dal titolo V
della parte seconda della Costituzione.
11. 3. Detomas, Brugger, Zeller, Widmann, Collè.
Al comma 3, aggiungere, in fine, le parole: , anche in deroga all'articolo 6.
11. 2. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.
Dopo l'articolo 11, aggiungere i seguenti:
Art. 11-bis. (Principi fondamentali del finanziamento delle amministrazioni
territoriali). - 1. Il sistema di finanziamento delle amministrazioni territoriali è
disciplinato dalla presente legge e dagli atti attuativi della stessa. Esso sarà ispirato
ai seguenti principi fondamentali:
a) in materia di coordinamento della finanza pubblica:
1) la titolarità in capo allo Stato della garanzia del complessivo equilibrio
economico-finanziario della finanza pubblica, attraverso l'adozione di misure di politica
economica generale dirette a garantire la stabilità economica e di bilancio interna ed
esterna;
2) il rispetto dei vincoli derivanti dall'appartenenza dell'ordinamento nazionale
all'ordinamento europeo, in particolare per quel che concerne le discipline relative alla
stabilità delle procedure e delle condizioni di bilancio dei Paesi membri;
3) la sufficienza dei mezzi finanziari per l'esercizio delle competenze attribuite
alle amministrazioni territoriali;
4) la solidarietà tra le diverse Regioni italiane ed il rispetto delle esigenze di
riequilibrio economico sancite agli articoli 3 e 119 della Costituzione;
5) la leale cooperazione tra le amministrazioni;
b) in materia di coordinamento del sistema tributario:
1) razionalità e coerenza dei singoli tributi e del sistema tributario nel suo
complesso;
2) omogeneità dei tributi regionali e locali intesa come loro conciliabilità;
3) semplificazione sia del sistema tributario sia degli adempimenti posti a carico dei
contribuenti;
4) divieto dei trattamenti agevolativi regionali e locali che si rivelino fattori di
concorrenza dannosa;
5) trasparenza delle decisioni di entrata;
6) efficienza nell'amministrazione dei tributi.
Art. 11-ter. (Oggetto e procedure del finanziamento delle amministrazioni
territoriali). - 1. Il Governo è delegato ad emanare, nei limiti dei principi
fondamentali, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge uno
o più decreti legislativi aventi per oggetto l'attuazione dell'articolo 119 della
Costituzione definendo:
a) i principi fondamentali cui dovranno attenersi le Regioni per realizzare
l'armonizzazione dei bilanci pubblici e il coordinamento della finanza pubblica e del
sistema tributario di livello substatuale, anche in relazione all'articolo 117, secondo
comma, lettera q) della Costituzione;
b) le modalità e i tempi di transizione al regime di autonomia finanziaria;
c) le correzioni ed integrazioni del sistema tributario statale rese necessarie
dall'attuazione delle presente legge;
d) le regole che disciplinano la perequazione delle risorse finanziarie;
e) i tributi erariali da prendere a riferimento per la assegnazione di addizionali, di
compartecipazioni e per la costruzione del fondo perequativo.
2. I decreti delegati devono definire:
a) le modalità di coordinamento della finanza dello Stato, delle Regioni, delle
Province, dei Comuni e delle Città metropolitane anche in relazione ai vincoli posti
dalle norme comunitarie e dai trattati internazionali e in relazione agli obiettivi
definiti a norma dell'articolo 11-quater, comma 1, lettera c);
b) le regole per la determinazione dei costi base delle funzioni di carattere generale
attribuite dalla Costituzione a Regioni ed enti locali e per l'assegnazione delle
conseguenti risorse finanziarie;
c) le modalità per la determinazione dell'entità iniziale del fondo perequativo di
cui all'articolo 119, terzo comma, della Costituzione e le regole per la variazione del
fondo medesimo;
d) i criteri di assegnazione, alle singoli Regioni ed agli enti locali, delle quote
del fondo perequativo di cui alla precedente lettera c);
e) i presupposti e le condizioni in presenza delle quali lo Stato potrà concedere
risorse aggiuntive rispetto alle iniziative delle amministrazioni territoriali e
promuovere iniziative speciali per il perseguimento delle finalità di cui all'articolo
119, quinto comma, della Costituzione;
f) le procedure per accertare eventuali scostamenti dagli obiettivi definiti a norma
dei provvedimenti adottati in attuazione della precedente lettera a) e gli
interventi da attivare in tale caso;
g) le modalità di coordinamento tra le nuove regole finanziarie e quelle definite
dalla legislazione vigente, sia per le Regioni che per gli enti locali;
h) i tempi di entrata in vigore della nuova normativa, in relazione alla assegnazione
delle funzioni amministrative agli enti o livelli di governo diversi da quelli cui spetta
la competenza legislativa.
3. I decreti delegati si ispirano ai criteri e principi direttivi di cui ai successivi articoli, vengono esaminati dalla Commissione bicamerale per le questioni regionali come integrata dall'articolo 11 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e se tale Commissione esprime parere contrario l'espressione del parere è demandata alla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica che si esprimono ai sensi del medesimo articolo 11. I decreti delegati, se emanati in attuazione delle norme di cui ai commi terzo e quarto dell'articolo 117 della Costituzione, sono presentati previa intesa nella Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
Art. 11-quater. (Coordinamento della finanza pubblica). - 1. In relazione
al coordinamento della finanza pubblica:
a) Regioni ed enti locali adottano come fondamento della propria politica di bilancio
le regole e i criteri del patto di stabilità e crescita, riferiti ai saldi di bilancio e
alla dinamica del debito;
b) il saldo di bilancio e gli obiettivi in materia di politica del debito, come
definiti dal Parlamento in sede di approvazione del documento di programmazione economico
finanziaria, sono vincolanti per tutti i livelli della pubblica amministrazione;
c) i saldi di bilancio e i livelli di ricorso al debito di cui alla precedente lettera
b) devono essere rispettati sia in termini di competenza che di cassa, sia in sede
di bilancio di previsione che in sede di conto consuntivo. In ottemperanza al patto di
stabilità e di crescita, Regioni ed enti locali trasmettono trimestralmente al Ministero
dell'economia e delle finanze una relazione sulla gestione del bilancio sulla base di uno
schema con le caratteristiche di cui alla successiva lettera d). Il Ministro
dell'economia e delle finanze, trasmette al Parlamento ed alla Conferenza unificata, con
analoga periodicità, una relazione di sintesi sull'andamento dei conti della pubblica
amministrazione e propone, ove occorra, l'adozione delle misure a norma del precedente
articolo 11-ter, comma 2, lettera b);
d) la struttura formale, le regole di registrazione delle poste di entrata e di spesa,
i criteri e i tempi di rilevazione dei bilanci delle Regioni, degli enti locali e delle
aziende strumentali consolidate nei conti della pubblica amministrazione, sono armonizzati
ai criteri propri dei conti rilevanti per il patto di stabilità e crescita. Il prospetto
di bilancio di ciascuna Regione evidenzia le risorse destinate alla perequazione dei
territori con minore capacità fiscale a norma dell'articolo 119, terzo comma, della
Costituzione;
e) la Conferenza unificata esamina le indicazioni programmatiche del documento di
programmazione economico finanziaria in materia di finanza pubblica prima del suo inoltro
al Parlamento. Il parere espresso viene trasmesso al Parlamento;
f) nei prospetti di bilancio è evidenziato il concorso di ciascun ente agli
indicatori e parametri propri del patto di stabilità e crescita, in particolare è
evidenziato il saldo complessivo inteso come differenza tra spese complessive ed entrate,
al netto delle poste relative all'accensione ed estinzione di debiti e crediti;
g) le Regioni, fermi restando, per il complesso delle pubbliche amministrazioni di
ciascuna Regione, gli obiettivi definiti in sede nazionale, sentito il Consiglio regionale
delle Autonomie locali, possono, con proprie leggi, adattare le regole e i vincoli
indicati dal legislatore nazionale, al fine di promuovere la coesione e l'efficienza nella
gestione dei bilanci locali, per gli enti locali compresi nel territorio regionale che
esprimano intesa. A tal fine la legge regionale può differenziare le regole di evoluzione
del saldo di bilancio, al netto dei conferimenti di quote dei fondi di cui all'articolo
11-ter, comma 1, lettera e), in relazione alla diversità delle situazioni
finanziarie di partenza;
h) la programmazione finanziaria così realizzata diviene riferimento per le intese di
cui al comma 203 dell'articolo 2 della legge n. 662 del 1996 e per analoghi accordi in
sede regionale tra la Regione e gli enti locali singoli o associati.
Art. 11-quinquies. (Tributi propri). - 1. Al fine di costruire il quadro
di coordinamento del sistema tributario, la legge statale:
a) dà attuazione alle direttive comunitarie in materia tributaria;
b) prevede tributi il cui gettito è attribuito ai Comuni, alle Province, alle Città
metropolitane e alle Regioni aventi presupposti di carattere generale e riferiti
all'intero territorio nazionale. In tale caso la legge statale fissa i criteri di
ripartizione della base imponibile e i margini entro i quali è possibile esercitare
l'autonomia tributaria delle istituzioni interessate;
c) può stabilire sovrimposte e addizionali a tributi erariali a favore di Comuni,
Province, Città metropolitane, Regioni, determinando l'ambito entro il quale si esercita
la loro autonomia tributaria. È in ogni caso riservata allo Stato la determinazione della
scala di progressività;
d) definisce, per i tributi diversi da quelli del comma 2, lettera b), il
livello standard delle aliquote ai fini di cui agli articoli 11-septies,
commi 1 e 2, e 11-octies, commi 1 e 2;
2. Nell'esercizio della propria autonomia tributaria, la legge regionale:
a) non può intervenire nelle materie tributarie regolate dalle direttive comunitarie
né può modificare leggi statali in materia tributaria se emanate in conformità
dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma e nel rispetto delle
competenze regionali come definite dalla presente legge;
b) interviene in materia tributaria istituendo tributi regionali e determinando le
aree dei tributi nei quali Comuni, Province e Città metropolitane individuano,
nell'esercizio della propria autonomia tributaria, i presupposti e i soggetti passivi dei
propri tributi; i tributi di cui alla presente lettera hanno natura commutativa; essi
afferiscono alle materie di competenza legislativa delle Regioni o alle funzioni degli
enti locali e sono connessi al territorio della Regione o dell'ente locale;
c) non può istituire tributi regionali e locali di cui alla lettera b) aventi
gli stessi presupposti di tributi statali vigenti alla data di entrata in vigore della
presente legge;
d) può istituire nuovi tributi propri diversi da quelli di cui alla lettera b)
solo se ricompresi in tipologie di tributi individuate da leggi statali.
3. Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni possono stabilire i tributi propri di
cui al comma 2, lettera b), solo se ricompresi nelle aree determinate dalla legge
regionale.
Art. 11-sexies. (Compartecipazioni). - 1. La legge statale stabilisce i
tributi erariali il cui gettito è compartecipato dai Comuni, dalle Province, dalle Città
metropolitane, dalle Regioni e ne determina i criteri di riparto e le quote di
compartecipazione.
2. I tributi da compartecipare e i criteri per riferire il gettito al territorio sono
individuati avendo a riferimento la accuratezza, la chiarezza, la semplicità
amministrativa, l'evoluzione tendenziale del gettito. In particolare per i tributi aventi
a presupposto i consumi, il criterio di ripartizione è il luogo di consumo; per i tributi
basati sul patrimonio la localizzazione dei cespiti, per i tributi basati sul valore della
produzione, il luogo di prestazione del lavoro; per i redditi la residenza del percettore
o il luogo di produzione del reddito.
Art. 11-septies. (Coordinamento e autonomia tributaria delle Regioni). -
1. In attuazione dell'articolo 119, quarto comma, della Costituzione i decreti allegati
emanati a norma della presente legge dovranno assicurare ad ogni regione che il gettito
dei tributi propri di cui all'articolo 11-quinquies, comma 2, con esclusione di
quelli di cui alla lettera b), delle addizionali di cui all'articolo 11-quinquies,
comma 1, lettera c), delle compartecipazioni di cui all'articolo 11-sexies
e, ove occorrano, delle quote del fondo perequativo di cui all'articolo 11-decies,
consenta di finanziare integralmente le spese derivanti dall'esercizio delle funzioni in
essere alla data di entrata in vigore della presente legge nonché di quelle assegnate
alla competenza amministrativa regionale, nelle materie di cui agli articoli 117, commi
terzo e quarto, e 118 della Costituzione.
2. Il livello del gettito definito a norma del comma 1 deve garantire per ogni singola
Regione il volume della spesa storica effettuata nel territorio della stessa regione nelle
materie attribuite alla competenza amministrativa delle Regioni a norma dell'articolo 117,
commi terzo e quarto, della Costituzione.
3. Ai fini di cui ai commi precedenti, il gettito dei tributi di cui all'articolo 11-quinquies,
comma 2, con esclusione di quello derivante dal tributi di cui alla lettera b), e
delle addizionali di cui all'articolo quinquies, comma 1, lettera c), è
calcolato in relazione alle aliquote standard di cui all'articolo 11-quinquies,
comma 1, lettera d).
4. La determinazione dell'ammontare delle competenze e delle relative risorse da
trasferire si attua con le procedure di cui all'articolo 7 della presente legge.
5. Nell'esercizio della loro autonomia, le Regioni possono modificare le aliquote dei
tributi e delle addizionali di cui all'articolo 11-quinquies loro attribuite e
quelle che saranno determinate in connessione con il progressivo trasferimento della
competenza legislativa e delle funzioni amministrative.
Art. 10-octies. (Coordinamento e autonomia tributaria degli enti locali).
- 1. In attuazione dell'articolo 119, quarto comma, della Costituzione i decreti delegati
emanati a norma della presente legge dovranno assicurare ad ogni ente locale che il
gettito dei tributi propri di cui all'articolo 11-quinquies, comma 3, delle
addizionali di cui all'articolo 11-quinquies, comma 1, lettera c), delle
compartecipazioni di cui all'articolo 11-sexies e, ove occorrano, delle quote del
fondo perequativo di cui all'articolo 11-decies, consenta di finanziare
integralmente le spese derivanti dall'esercizio delle funzioni in essere alla data di
entrata in vigore della presente legge, nonché di quelle assegnate alla rispettiva
competenza amministrativa, in attuazione degli articoli 117, secondo comma, lettera p),
e 118 della Costituzione.
2. Il livello del gettito definito a norma del comma 1 deve garantire ad ogni singolo ente
locale il volume della spesa storica effettuata nelle materie attribuite alla rispettiva
competenza amministrativa.
3. Ai fini di cui ai commi precedenti, il gettito dei tributi di cui all'articolo 11-quinquies,
comma 2, con esclusione di quello derivante dai tributi di cui alla lettera b), e
delle addizionali di cui all'articolo 11-quinquies, comma 1, lettera c), è
calcolato in relazione alle aliquote standard di cui all'articolo 11-quinquies,
comma 1, lettera d).
4. Con appositi decreti legislativi, nel quadro dei principi fondamentali di cui
all'articolo 11-bis, è, altresì, definito il quadro di riferimento per la
determinazione delle tariffe dei servizi forniti dagli enti locali alla generalità dei
cittadini tenendo conto dei provvedimenti emanati in attuazione dell'articolo 117, secondo
comma, lettera m), della Costituzione e, ove esistano, dei provvedimenti e delle
regole emanate dalle autorità indipendenti.
5. Gli enti locali determinano il regime di erogazione e di remunerazione delle
prestazioni e dei servizi offerti su richiesta di singoli cittadini.
6. Gli enti locali dispongono di autonomia nella determinazione delle aliquote dei tributi
propri, entro i limiti di cui all'articolo 11-quinquies, e nella determinazione
delle tariffe, nei limiti di cui al comma 2.
7. In relazione al trasferimento, con legge regionale, a norma dell'articolo 118 della
Costituzione, di competenze amministrative, eccedenti quelle in essere alla data di
entrata in vigore della presente legge, la Regione, sentito il Consiglio regionale delle
autonomie locali, dispone, nel rispetto dei tempi di cui ai provvedimenti in attuazione
del precedente articolo 11-ter, comma 2, lettera h), il trasferimento a
ciascun ente locale di quote di tributi erariali adeguate a far fronte alle spese
derivanti dalle competenze assegnate.
Art. 11-nonies. (Esercizio dei poteri legislativi e regime finanziario).
- 1. L'avvio dell'esercizio dei poteri legislativi da parte delle Regioni nelle materie
attribuite alla loro competenza esclusiva o concorrente, in relazione alle competenze
amministrative non attribuite a norma dei successivi articoli 11-undecies e 11-duodecies,
comporta:
a) la attribuzione di addizionali sui tributi erariali che andranno ad alimentare le
entrate proprie delle Regioni;
b) la attribuzione di una compartecipazione regionale al gettito di tributi erariali;
c) l'attribuzione, ove occorra, di quote del fondo perequativo di cui al terzo
comma dell'articolo 119 della Costituzione;
d) la cancellazione dal bilancio dello Stato delle autorizzazioni di spesa non ancora
formalmente impegnate e la soppressione delle unità previsionali di base dedicate al
finanziamento delle funzioni legislative e amministrative trasferite.
Art. 10-decies. (Fondo perequativo di cui all'articolo 119, terzo comma,
della Costituzione). - 1. Con apposito decreto legislativo, sentita la Conferenza
unificata, sono determinate l'entità e le modalità di attribuzione, in sede di prima
applicazione, del fondo perequativo in attuazione del terzo comma dell'articolo 119 della
Costituzione.
2. Il fondo perequativo è costituito con una quota dei tributi erariali spettanti allo
Stato ed è assegnato sulla base dei criteri di cui all'articolo 11-undecies.
3. Le Regioni che non partecipano alla ripartizione del fondo di cui al comma 1, qualora
al loro interno esistano territori con minore capacità fiscale, devono costituire, con
propria risorsa, un fondo perequativo da ripartire con i criteri indicati dalla legge
statale di attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della
Costituzione, per consentire agli enti locali di tali territori di far fronte alle
competenze di cui all'articolo 117, comma 2, lettera p), nonché a quelle di cui
all'articolo 118 della Costituzione.
Art. 11-undecies. (Quote regionali del fondo perequativo di cui all'articolo
119, terzo comma, della Costituzione). - 1. La normativa per la determinazione delle
quote del fondo perequativo di cui all'articolo 119, terzo comma, della Costituzione
spettanti a ciascuna Regione al fine di garantire, le risorse necessarie per far fronte
integralmente alle funzioni ad essa assegnate si attiene ai seguenti criteri:
a) la copertura integrale in tutte le Regioni degli oneri derivanti dai provvedimenti
in attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione;
b) la assegnazione della quota restante in modo da ridurre di una percentuale dell'80
per cento le differenze interregionali delle dotazioni dei servizi forniti ai cittadini;
c) la assegnazione di un'ulteriore quota idonea a ridurre il differenziale delle
dotazioni di servizi fino a un massimo di un ulteriore 10 per cento in relazione allo
sforzo fiscale di ciascuna Regione.
2. Per il computo della quota base del fondo perequativo spettante a ciascuna Regione,
si dovrà fare riferimento a indicatori di capacità fiscale relativi al gettito teorico
proveniente dall'aliquota standard dei singoli tributi, come definita a norma
dell'articolo 11-quinquies, comma 1, lettera d), al netto del gettito
derivante dallo sforzo fiscale eccedente i valori standard nazionali e delle
perdite di gettito conseguente a provvedimenti messi in atto da singole Regioni
nell'esercizio dell'autonomia tributaria. Al fine di determinare l'assegnazione delle
quote di fondo perequativo eccedenti la quota base, il decreto legislativo dovrà
prevedere le modalità per valutare lo sforzo fiscale delle Regioni.
3. Al fine di garantire il rispetto della destinazione delle risorse in funzione del
soddisfacimento dei diritti di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m),
della Costituzione, si applicano le procedure di cui all'articolo 120 della Costituzione.
4. In sede di prima applicazione, l'assegnazione della quota del fondo perequativo dovrà
garantire a ciascuna Regione e a ciascun ente locale risorse pari alla spesa statale nelle
funzioni trasferite effettuata nel rispettivo territorio, come rilevata in un periodo
determinato a norma dell'articolo 7, comma 3, lettera a) del decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 112.
Art. 11-duodecies. (Rapporti finanziari tra Stato ed enti locali). - 1. Fino al trasferimento delle funzioni amministrative ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione, lo Stato concorre al finanziamento delle attività di Province, Comuni e Città metropolitane attraverso la assegnazione di una compartecipazione a tributi erariali che è fissata, in sede di prima applicazione, in misura tale da garantire un gettito pari alla somma di tutti i trasferimenti a favore degli enti locali come risultano dal bilancio di previsione dello stato nell'esercizio precedente a quello di entrata in vigore della presente legge. Il relativo ammontare affluisce direttamente agli enti locali sulla base dei valori accertati nella media dei tre esercizi precedenti quello di entrata in vigore della presente legge. La legge finanziaria aggiorna l'entità del fondo da ripartire per gli anni successivi in relazione all'andamento del gettito dei tributi erariali di riferimento.
Art. 11-terdecies. (Fondo perequativo di cui all'articolo 119, quinto comma,
della Costituzione). - 1. Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la
solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire
l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal
normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua
interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e
Regioni.
2. Una quota non inferiore all'85 per cento del fondo di cui al comma 1 è riservata alle
Regioni di cui all'obbiettivo 1 nonché alle regioni Abruzzo e Molise. Le relative risorse
sono iscritte annualmente nella tabella di cui all'articolo 11, comma 3, lettera f),
della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive integrazioni e modificazioni. Gli
stanziamenti definiti per gli esercizi successivi al primo non sono modificabili dalla
legge finanziaria per gli esercizi successivi.
Art. 11-quaterdecies. (Partecipazione delle Regioni alle attività di
accertamento). - 1. Le Regioni partecipano all'attività di accertamento dei tributi
erariali. Con decreto del Ministro dell'Economia e delle finanze, d'intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di
Trento e Bolzano, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, sono stabilite le modalità della partecipazione all'attività di accertamento in
analogia a quanto previsto dall'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 600.
2. Alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 1 è soppresso l'articolo 10
del decreto legislativo n. 56 del 2000.
Art. 11-quinquiesdecies. (Norme transitorie). - 1. Fino all'emanazione
delle leggi regionali di attuazione dell'articolo 118 della Costituzione sono assegnate
alle Regioni compartecipazioni e quote del fondo perequativo limitatamente alle competenze
trasferite alla competenza amministrativa delle regioni. Le quote residue rispetto alle
previsioni di cui all'articolo 11-quinquies sono assegnate direttamente agli enti
locali in relazione alle competenze in essere alla data di entrata in vigore della
presente legge.
2. Nei primi dieci esercizi successivi all'entrata in vigore della presente legge, alle
Regioni ed agli enti locali è garantito un incremento delle entrate da compartecipazioni
e addizionali, applicate all'aliquota normale, pari al tasso di inflazione programmato,
salvo conguagli al tasso di inflazione reale a consuntivo. La differenza tra le entrate
corrisposte e quella derivante dalle aliquote di compartecipazione e dalle addizionali
assegnate a norma degli articoli da 11-quinquies a 11-duodecies confluisce
in un fondo da ripartire tra gli enti locali in funzione di riequilibrio per l'esercizio
delle funzioni attribuite in applicazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera p),
della Costituzione.
3. All'articolo 27 della legge 5 agosto 1978, n. 468, è aggiunto in fine il seguente
comma:
"Per le Regioni, le Province autonome e gli enti locali di cui all'articolo 114 della
Costituzione la copertura degli oneri a norma del comma precedente è realizzata mediante
adeguamento delle aliquote di compartecipazione. Limitatamente agli oneri di cui
all'articolo 119 della Costituzione la copertura è realizzata mediante intesa fra lo
Stato e la Regione interessata, a norma dell'articolo 2, comma 203 e seguenti, della legge
n. 662 del 1996".
11. 01. Cabras, Fistarol, Boato, Bressa, Leoni.
(A.C. 3590 - Sezione 5)
ARTICOLO 12 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 12.
(Entrata in vigore).
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
(A.C. 3590 - Sezione 6)
ORDINI DEL GIORNO
La Camera,
premesso che:
il potere di concludere accordi con Stati è riconosciuto alle regioni ed alle province
autonome solo nelle materie di propria competenza legislativa;
questa competenza delle regioni e delle province autonome incontra un limite nell'articolo
80 della Costituzione, secondo il quale i trattati di natura politica, o che prevedono
arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle
finanze o modificazioni di leggi, necessitano della legge delle Camere di autorizzazione
alla ratifica;
il parere favorevole espresso sul punto dalla Commissione affari esteri e comunitari è
condiviso dal Governo,
impegna il Governo
ad interpretare le pertinenti disposizioni del disegno di legge in esame nel senso che
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria
competenza legislativa, non possano definire con altri Stati accordi internazionali aventi
i caratteri di cui all'articolo 80 della Costituzione, nonché possono stipulare accordi
applicativi o esecutivi in ambito locale di accordi internazionali in vigore per l'Italia,
nel rispetto della Costituzione e degli altri vincoli di cui al primo periodo del comma 3
dell'articolo 6 del disegno di legge in esame.
9/3590/1. (Testo modificato nel corso della seduta) Deodato.
La Camera,
nel procedere alla approvazione del disegno di legge 3590 recante: Disposizioni per
l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3,
in relazione ai compiti attribuiti dall'articolo 7 del medesimo disegno di legge alle
sezioni regionali di controllo della Corte dei conti per la verifica del rispetto degli
equilibri di bilancio da parte di comuni, province, città metropolitane e regioni, in
relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall'appartenenza, e per
il controllo sulla sana gestione finanziaria e sul funzionamento dei controlli interni
degli enti stessi,
impegna il Governo
a studiare, in collaborazione con il consiglio di presidenza della Corte dei conti e a
sottoporre all'esame del Parlamento, misure idonee ad adeguare le strutture delle sezioni
regionali di controllo della Corte dei conti all'esercizio delle predette funzioni, anche
mediante l'utilizzazione di esperti nel controllo di gestione e sulla verifica dei bilanci
dotati di laurea specialistica in economia, statistica o ingegneria gestionale,
attribuendo loro un congruo trattamento economico.
9/3590/2.(Testo modificato nel corso della seduta) Bressa, Marone, Boato.
La Camera,
premesso che
il potere di concludere accordi con Stati e regioni estere è riconosciuto anche alle
regioni ed alle province autonome,
nell'articolo 10 del presente disegno di legge si riconosce e si valorizza il ruolo delle
commissioni paritetiche nell'attuazione della legge costituzionale n. 3 del 2001, in
particolare in ordine alla disciplina dei rapporti internazionali e comunitari,
impegna il Governo
ad adoperarsi nel senso che con norme di attuazione agli statuti speciali l'attività
internazionale e comunitaria delle regioni e province autonome possa essere disciplinata
con modalità specifiche, anche in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 6 del
presente disegno di legge, nel rispetto della Costituzione e delle disposizioni dello
statuto speciale, nonché dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali e
dall'ordinamento comunitario, nonché delle linee e degli indirizzi di politica estera
italiana.
9/3590/3.(Testo modificato nel corso della seduta) Zeller, Fontanini,
Brugger, Widmann, Collè, Detomas, Boato, Bressa.
La Camera,
considerato che l'articolo 7, comma 9, prevede che la integrazione delle sezioni regionali
di controllo della Corte dei conti con componenti designati dalle autonomie territoriali,
impegna il Governo
a promuovere la introduzione di un compenso particolare a carattere continuativo,
commisurato alla entità di trasferta piena per 30 giorni al mese, compreso il periodo
feriale, maggiorata del 30 per cento nei confronti dei magistrati della Corte dei conti e
ciò sia per i magistrati di nuova nomina ai sensi dell'articolo 7, comma 9, del disegno
di legge, che per tutti i restanti magistrati contabili.
9/3590/4. D'Agrò.
La Camera,
considerato che l'articolo 7, comma 9, prevede la integrazione delle sezioni regionali di
controllo della Corte dei conti con componenti designati dalle autonomie territoriali.
impegna il Governo
a garantire che il trattamento economico dei magistrati della Corte dei conti già in
servizio sia, comunque, equiparato a quello dei consiglieri di nuova nomina se più
favorevole.
9/3590/5. D'Alia.