CAMERA DEI DEPUTATI

Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 301 del 29 aprile 2003

Presidenza del Vicepresidente PUBLIO FIORI

Indi del Presidente PIER FERDINANDO CASINI

 

 

Seguito della discussione e approvazione del disegno di legge: S. 1545 - Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (approvato dal Senato) (3590) (ore 9,38)

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
Ricordo che nella seduta di ieri è stato approvato, da ultimo, l'articolo 7.

 

(Esame dell'articolo 8 - A.C. 3590)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 8 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 3590 sezione 1).

 

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,39).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.

 

Si riprende la discussione del disegno di legge n. 3590.

 

(Ripresa esame dell'articolo 8 - A.C. 3590)

PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

NICOLÒ CRISTALDI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sugli emendamenti Boccia

8.9 ed 8.15 della Commissione ed esprime, invece, parere contrario sulle restanti proposte emendative.

PRESIDENTE. Il Governo?

ENRICO LA LOGGIA, Ministro per gli affari regionali. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Poiché è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico, per consentire l'ulteriore decorso del termine regolamentare del preavviso, sospendo la seduta fino alle ore 10.

(…)

Si riprende la discussione del disegno di legge n. 3590 (ore 10,03).

 

(Ripresa esame dell'articolo 8 - A.C. 3590)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boccia 8.9, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva

 

(Presenti 293
Votanti 290
Astenuti 3
Maggioranza 146
Hanno votato
289
Hanno votato
no 1
Sono in missione 75 deputati).

Prendo atto che gli onorevoli Bellini e Pinto non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.

KARL ZELLER. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

KARL ZELLER. Vorrei intervenire sul mio emendamento 8.2.

PRESIDENTE. Onorevole Zeller, il suo emendamento 8.2 non è stato segnalato e, quindi, non verrà posto in votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boccia 8.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Presenti e Votanti 299
Maggioranza 150
Hanno votato
119
Hanno votato
no 180
Sono in missione 75 deputati).

Prendo atto che gli onorevoli Bellini, Luigi Pepe e Pinto non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.

PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare sull'ordine lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, vorrei solo far notare ai colleghi della maggioranza un dato, anche rispetto ad un dibattito che si è svolto ieri alla presenza del Presidente della Camera Casini, il quale ha affermato che in questi giorni la Camera non è riunita solo per esaminare le questioni riguardanti il patteggiamento. A differenza di ciò che è avvenuto ieri in quest'aula, quando i banchi del Governo (così come quelli della maggioranza) erano particolarmente affollati, vorrei segnalare che quest'ultimo emendamento è stato bocciato con 180 voti dei colleghi della maggioranza, mentre occorrono 209 deputati perché la Camera sia in numero legale.
Ovviamente, l'opposizione oggi resterà in aula perché si tratta dell'attuazione di una nostra riforma. Anche se non condividiamo alcuni punti del provvedimento, sostanzialmente esso riguarda l'attuazione di una riforma federalista che nella passata legislatura abbiamo fortemente voluto. Facciamo tuttavia notare che gli interessi di questa maggioranza sono diversi da quelli che vengono presentati...

PRESIDENTE. Onorevole Ruzzante, le chiedo scusa ma questo non è un argomento...

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, ho concluso. Quando si discute di federalismo, l'aula è vuota; quando si tratta di discutere di altri temi, l'aula è piena (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega nord Padania)! Credo che questo vada fatto notare (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Boato 8.1
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, con questo emendamento si propone di aggiungere al comma 1 dell'articolo 8 l'inciso "provvisori e". Non si tratta di una questione banale perché, attraverso tale inciso, si tende a far chiarezza in modo definitivo sul fatto che si tratta di provvedimenti sostitutivi che hanno una limitata efficacia nel tempo. C'è bisogno di questo chiarimento perché il testo della norma prevede che si possa far ricorso all'uso di provvedimenti sostitutivi anche normativi. L'inciso "provvisori" chiarisce che si tratta di sostituirsi nell'esercizio di un potere e non di una surroga di competenza.
Si tratta di un'utile ed opportuna specificazione, rispettosa dei principi che la riforma del titolo V ha introdotto: il principio di sussidiarietà e di leale collaborazione previsti dall'articolo 120 della Costituzione. Senza tale inciso, si corre il rischio di mettere in atto provvedimenti normativi che, anziché avere un potere sostitutivo nell'emergenza, possono risultare arbitrari perché definitivi e limitati nel tempo. È una specificazione che ritengo quanto mai opportuna al fine di trovare elementi di chiarezza in un testo che ha, altrimenti, forti elementi di ambiguità.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, il mio gruppo sostiene l'emendamento in esame con le argomentazioni già esplicitate dal collega Bressa poco fa e non aggiungo nulla su questo.
Coglierei l'occasione per rivolgermi al ministro La Loggia al quale tutti dobbiamo riconoscere la pazienza e la costanza con la quale ha seguito i lavori parlamentari sia al Senato sia alla Camera, sia in Commissione sia in aula su questo provvedimento. È un segno di rispetto nei confronti del nostro lavoro, ma perché tale rispetto si manifesti pienamente il ministro non può stamattina non dare alcuni chiarimenti al Parlamento su quanto sta avvenendo nella Casa delle libertà a proposito del tema del federalismo.
Ci era stata raccontata la raggiunta grande armonia all'interno della vostra coalizione attorno ad un nuovo disegno di riforma costituzionale che avrebbe inglobato la devolution di Bossi. Leggiamo in questi giorni dichiarazioni di esponenti importanti della Lega (Calderoli ed oggi lo stesso ministro Bossi) che dicono tutt'altro. Il senatore Calderoli dice: noi non voteremo mai la controriforma centralista La Loggia-D'Onofrio che è un tradimento del patto elettorale. Non possiamo accettare né la reintroduzione del concetto di interesse nazionale, né Roma capitale, né il principio capestro in base al quale tutte le regioni insieme sono obbligate ad attivare il federalismo. Inoltre, colora tali dichiarazione con un'affermazione che non comprendiamo: conta la devolution, non i patti su marciapiedi e tombini. Infine, è sui giornali di stamani la dichiarazione del ministro Bossi che dice: attenti, il Governo può cadere; la riforma La Loggia non la votiamo; non votiamo l'interesse nazionale; Enrico La Loggia e D'Onofrio non sono esempi di federalismo, sono professori molto cavillosi e vecchi democristiani.
Signor ministro, a tali affermazioni lei risponde sui giornali in un modo del tutto insufficiente perché si appella alla categoria prepolitica della calma. Non credo che il problema che pone la Lega derivi dal fatto che sono poco calmi in questi giorni e lo saranno, magari, ancor meno a Pontida. Vi è un problema politico attorno a questa vicenda che abbiamo già denunciato: la confusione che state facendo tra riforme costituzionali che dovrebbero cambiare o stravolgere quella riforma del titolo V che con la legge che stiamo esaminando dovrebbe essere applicata.
Signor ministro, se lei non darà tali chiarimenti - io credo che lo farà stamattina - dovremo pensare che anche lei sia partecipe di una presa in giro nei confronti del Parlamento che il Parlamento non deve essere più disposto a sopportare (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boato 8.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Presenti e Votanti 368
Maggioranza 185
Hanno votato
149
Hanno votato
no 219).

Ricordo che l'emendamento Zeller 8.4 non è stato segnalato.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boccia 8.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Presenti 364
Votanti 359
Astenuti 5
Maggioranza 180
Hanno votato
141
Hanno votato
no 218).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 8.15 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva
(Presenti 369
Votanti 363
Astenuti 6
Maggioranza 182
Hanno votato
352
Hanno votato
no 11).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 8.6.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Questo emendamento affronta, nel campo dei poteri sostitutivi, un problema che consideriamo fondamentale in particolare in questo provvedimento, ma più in generale in tutta la partita che riguarda il federalismo: mi riferisco alla questione dei diritti fondamentali, cioè i diritti civili e sociali universalmente riconosciuti ai sensi della Costituzione. Noi, quindi, riprendiamo quanto stabilito dall'articolo 120 della Costituzione e chiediamo che venga introdotto tale principio, affinché lo Stato possa agire con un potere sostitutivo, nel caso che tali diritti fondamentali venissero violati.
Riteniamo che ciò sia indispensabile perché, mentre con riferimento a tutta la partita della normativa comunitaria vi è un'articolazione di percorso e di provvedimenti affinché ogni ruolo venga svolto nella dovuta maniera, su questa partita dei diritti niente è regolamentato; noi invece riteniamo che almeno dal punto di vista dei principi ciò debba essere affermato.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 8.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Presenti 379
Votanti 377
Astenuti 2
Maggioranza 189
Hanno votato
151
Hanno votato
no 226).

Avverto che gli emendamenti Mascia 8.7 e Zeller 8.5 non sono stati segnalati.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boccia 8.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Presenti e Votanti 376
Maggioranza 189
Hanno votato
155
Hanno votato
no 221).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 8.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Presenti 380
Votanti 377
Astenuti 3
Maggioranza 189
Hanno votato
18
Hanno votato
no 359).

Passiamo alla votazione dell'articolo 8.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Poc'anzi, il collega Leoni ha posto una questione rilevante, ma - ahimè - il ministro fa finta di niente, così come la maggioranza. Stiamo votando un articolo importante e soprattutto un provvedimento importante e, al riguardo, vorrei precisare che l'opposizione ha tenuto un atteggiamento fortemente costruttivo ed anche il nostro voto lo sarà altrettanto. Si tratta infatti dell'attuazione di una riforma varata nella scorsa legislatura e di fatto noi stiamo assecondando il processo di attuazione di quella riforma.
Qualche settimana fa - è stato rilevato già altre volte ed io insisto su questo - abbiamo approvato una modifica costituzionale, la cosiddetta devolution, mentre il Consiglio dei ministri approvava una controriforma, per così dire, del titolo V, così come, al tempo stesso, altre riforme strettamente connesse alla vita degli enti locali e delle regioni si annunziano alle porte.
Stiamo riproponendo questa mattina, con serenità, con garbo ed anche con una certa fermezza, il problema che abbiamo già sollevato ieri sera. Non c'è alcun motivo né di ostruzionismo, né di opposizione strumentale, né di critica distruttiva: questo provvedimento sta registrando un atteggiamento fortemente costruttivo da parte dell'opposizione e sappiamo anche che questa mattina dovremo concludere i nostri lavori.
Non ci sono dietrologie, vi è solo e soltanto la giusta richiesta dell'opposizione di conoscere quale sia l'itinerario programmatico che la maggioranza e il Governo intendono porre in campo sulle questioni di riordino costituzionale delle leggi di attuazione di tale riordino.
Possibile che ogni giorno dobbiamo assistere ad affermazioni che dicono tutto e il contrario di tutto? Ed oggi, che il Governo e la maggioranza hanno l'opportunità ed anche il dovere di informare il Parlamento su ciò che intendono realizzare, non riusciamo ad ottenere una risposta.
Dunque, ho colto l'occasione di una dichiarazione di voto su questo articolo per porre con forza, anche se con molto garbo e serenità, l'esigenza che il ministro ci dica con altrettanto garbo e serenità qual è l'intenzione del Governo e della maggioranza sull'itinerario complessivo delle riforme costituzionali e delle leggi di attuazione.
Noi avremmo l'esigenza di saperlo, ma credo anche - mi consenta, Presidente - il diritto di saperlo, visto che ci troviamo in un regime democratico ancorché fortemente minacciato da una serie di provvedimenti che, purtroppo, si stanno affermando in questa legislatura. Quindi, ritengo che fornire una risposta sia doveroso da parte del ministro (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistral'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.

KARL ZELLER. Signor Presidente, l'articolo in esame presenta una grave carenza, in quanto non prevede più il coinvolgimento della Commissione bicamerale per le questioni regionali.
Vorrei ricordare a questa Assemblea che, sin dal 1989, nella legge cosiddetta La Pergola, in caso di esercizio del potere sostitutivo da parte del Governo, era sempre previsto il parere della Commissione bicamerale per le questioni regionali.
Tale carenza ci appare, peraltro, in netta controtendenza con lo stesso spirito del provvedimento in esame in quanto, negli articoli 1 e 3, è stato introdotto proprio il parere della suddetta Commissione bicamerale.
Anche l'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 valorizza il ruolo di tale Commissione e stranamente, proprio in un campo molto delicato nel quale sarebbe assolutamente necessario il coinvolgimento della Commissione bicamerale, viene cancellato ogni riferimento al riguardo.
Per questo motivo esprimeremo un voto contrario sul presente articolo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, signor ministro, annuncio l'astensione dei Verdi sull'articolo 8, ma vorrei brevissimamente ritornare sulle questioni sollevate durante la discussione dell'articolo dal collega Carlo Leoni e, in sede di dichiarazione di voto sul medesimo articolo, dal collega Boccia.
Signor ministro, lei sa che alla collaborazione e al confronto leale e costruttivo che da parte nostra ci sono stati su questo provvedimento si sono sempre accompagnate, via via che si stava intorbidendo il quadro politico e istituzionale, preoccupazioni connesse a questo disegno di legge. Tanto è vero che su una questione specifica avevamo presentato due questioni di costituzionalità che, a seguito dell'impegno da parte del Governo di superare quella problematica, abbiamo ritirato.
Tuttavia, sulla connessione tra la vicenda di questo disegno di legge ordinario di attuazione del vigente titolo V della Costituzione e il disegno di legge costituzionale di modifica dell'articolo 117 in materia di cosiddetta devoluzione e del preannunciato...
Vedo, però, che il ministro, a cui ci stiamo rivolgendo, non può ascoltarci. Stiamo cercando di dialogare, ma bisogna essere in due per farlo.

ENRICO LA LOGGIA, Ministro per gli affari regionali. Ascolto, ascolto.

MARCO BOATO. In relazione al preannunciato e, poi, ufficializzato, in sede di Consiglio dei ministri, nuovo, ulteriore disegno di legge costituzionale di riforma più generale e complessiva - è stato definito un restyling del titolo V della Costituzione -, abbiamo espresso tempestivamente alcune preoccupazioni, tanto che abbiamo presentato una questione sospensiva che abbiamo mantenuto.

PRESIDENTE. Onorevole Boato...

MARCO BOATO. Quindi, non è da oggi che Boccia, Leoni e Boato pongono questo problema. Lo abbiamo posto sin dall'inizio. Cosa si aggiunge oggi, signor Presidente e signor ministro? Voi ci avete annunciato in quest'aula un accordo della maggioranza sul rapporto tra questo provvedimento, devoluzione e riforma del titolo V. Noi leggiamo le dichiarazioni di un Vicepresidente del Senato e di esponenti politici della maggioranza che denunciano l'inesistenza di quell'accordo e, addirittura, dichiarano di voler votare contro. Ieri, ho usato un'espressione e ho pregato i resocontisti di scriverla tra virgolette. Lo dico nuovamente ai resocontisti: scrivetela tra virgolette. Avete un modo "schizoide" di procedere. Ma, è una materia così delicata ed importante che non può essere accettabile che ciò avvenga.
Questo è il motivo delle nostre preoccupazioni che abbiamo espresso fin dall'inizio ma che, adesso, trovano, per tabulas, nelle dichiarazioni pubbliche, fondamento politico e istituzionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Innocenti. Ne ha facoltà.

RENZO INNOCENTI. Signor Presidente, anche il nostro gruppo si asterrà dalla votazione di questo articolo. Pensiamo che la legge al nostro esame dia un elemento di parziale certezza - ma sempre e comunque certezza - nei confronti di una discussione che si è aperta da molto tempo sul rapporto tra Stato e regioni e che ha la necessità di trovare un ancoraggio, per permettere ad ognuno di avere elementi definiti per quanto riguarda le proprie competenze e le proprie funzioni, in merito a quanto è stato riformato, nel passato, del titolo V della Costituzione.
Tocchiamo un tema rilevantissimo che riguarda tutto il paese e tutti i cittadini, perché sappiamo che su questo si gioca una parte rilevante dell'organizzazione dello Stato, in termini di ridefinizione di competenze, di programmazione dello sviluppo, di organizzazione dei servizi, di effettività dei diritti di cittadinanza su questioni di grande rilievo che vanno dal tema dell'istruzione, a quello della salute, a quello sicurezza, ai problemi del lavoro e a quant'altro riguardi i diritti fondamentali che afferiscono al diritto di cittadinanza.
Oramai, ci troviamo impegnati in seconda lettura, in questo ramo del Parlamento, per dare attuazione ad una riforma costituzionale con legge ordinaria. È già stato ricordato, però, quanto questo avvenga in un clima di profonda incertezza e di grande confusione, determinatosi per le continue difficoltà di rapporti tra i gruppi politici di maggioranza e all'interno del Governo. Abbiamo avuto modo di seguire con attenzione il dibattito, che ci riserva ogni giorno qualche novità: ci sono giorni nei quali vengono annunciate pace, fratellanza, concordia e unità di intenti tra il Governo e i gruppi politici della maggioranza; ventiquattr'ore dopo, assistiamo a minacce come quelle pronunciate ieri, in modo molto chiaro e netto, da Bossi e da altri appartenenti alla Lega, i quali minacciano la crisi di governo. Pertanto, è atteso, tra qualche giorno, un ritrovo in qualche località italiana, durante il quale, forse, qualcuno annuncerà al paese che ci potrebbe essere una crisi di governo. Ma ci rendiamo conto di cosa significhi ciò? Si vuole, quindi, rimettere in fibrillazione l'intero sistema politico nel nostro paese?
Sono affermazioni, lasciatemelo dire, irresponsabili. Non si tratta di una perdita di responsabilità che può passare inosservata quando queste affermazioni vengono fatte da autorevoli figure politiche o da autorevoli ministri per le riforme a questo proposito.
Quindi, credo che ci sia la necessità di avere una risposta a quanto già affermato da alcuni colleghi, come l'onorevole Leoni (quando ci trovavamo in sede di dichiarazioni di voto su un emendamento all'articolo 8) o, poco fa, dagli onorevoli Boccia e Boato i quali chiedevano al ministro La Loggia che segue i nostri lavori una parola di chiarezza su questo punto.
Tuttavia, non è tanto un problema di curiosità personale, ma vi è la necessità di avere per tutti, ad iniziare dalla chiarezza e dalla trasparenza dei rapporti seppure dialettici all'interno di un aula parlamentare, un'indicazione su quello che intende fare il Governo nonché cosa pensa su quanto ieri è stato dichiarato sulle questioni più politiche generali dell'assetto del Governo e più in particolare su una riforma ulteriore del titolo V che rischia di mettere alla berlina tutto il lavoro che stiamo facendo, mettendolo da parte, annullandolo e quindi creando ancora degli stati di incertezza e di difficoltà per quanto concerne l'organizzazione dello Stato. Io credo che queste cose siano inammissibili e, signor Presidente, vi è la necessità che il Governo non indugi ulteriormente per dare una risposta a quanto già abbiamo chiesto (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

MARCO BOATO. Abbiamo avuto una risposta...

RENZO INNOCENTI. È inaudito!

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 8, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva.

 

(Presenti 392
Votanti 250
Astenuti 142
Maggioranza 126
Hanno votato
226
Hanno votato
no 24).

 

(Esame dell'articolo 9 - A.C. 3590)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 9...

MARCO BOATO. È stato eloquente il Governo! Questo sarebbe il dialogo parlamentare?

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.
Passiamo all'esame dell'articolo 9 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 3590 sezione 2).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

NICOLÒ CRISTALDI, Relatore. Signor Presidente (Commenti del deputato Boato)...

PRESIDENTE. Onorevole Boato, la prego.

NICOLÒ CRISTALDI, Relatore. Signor Presidente, tenendo presente che l'emendamento 9.4 della Commissione è stato ritirato, il parere sugli altri emendamenti è contrario.

PRESIDENTE. Il Governo?

ENRICO LA LOGGIA, Ministro per gli affari regionali. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 9.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge

 

(Presenti 402
Votanti 262
Astenuti 140
Maggioranza 132
Hanno votato
24
Hanno votato
no 238).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boccia 9.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge

 

(Presenti 406
Votanti 392
Astenuti 14
Maggioranza 197
Hanno votato
159
Hanno votato
no 233).

Avverto che l'emendamento Collé 9.1 non è stato segnalato.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 9.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva

 

(Presenti 410
Votanti 401
Astenuti 9
Maggioranza 201
Hanno votato
394
Hanno votato
no 7).

(Esame dell'articolo 10 - A.C. 3590)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 10 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 3590 sezione 3).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

NICOLÒ CRISTALDI, Relatore. Signor Presidente, il parere è favorevole all'emendamento 10.20 della Commissione, nonché sugli identici emendamenti Olivieri 10.1, Boato 10.11 e Detomas 10.12 a condizione che vengano riformulati negli stessi termini dell'emendamento 10.20 della Commissione.
Il parere è contrario su tutti gli altri emendamenti presentati.

PRESIDENTE. Il Governo?

ENRICO LA LOGGIA, Ministro per gli affari regionali. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zeller 10.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge

 

(Presenti 387
Votanti 383
Astenuti 4
Maggioranza 192
Hanno votato
149
Hanno votato no 234).

Avverto che gli emendamenti Zeller 10.5, 10.6, 10.7 e 10.8 non sono stati segnalati.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Collè 10.19, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge

 

(Presenti 409
Votanti 398
Astenuti 11
Maggioranza 200
Hanno votato
44
Hanno votato no 354).

Avverto che il successivo emendamento Detomas 10.17, identico agli emendamenti Olivieri 10.16 e Boato 10.18, non è stato segnalato.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Olivieri 10.16 e Boato 10.18, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge

 

(Presenti 413
Votanti 411
Astenuti 2
Maggioranza 206
Hanno votato
176
Hanno votato no 235).

Prendo atto che gli onorevoli Perrotta, Ciro Alfano e Spina Diana non sono riusciti a votare.
Avverto che l'emendamento Zeller 10.9, identico all'emendamento Bressa 10.2, non è stato segnalato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 10.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, quello in oggetto è uno degli argomenti che ha lungamente interessato i lavori della Commissione. Noi volevamo sopprimere questo comma per una serie di ragioni che, addirittura, ci avevano indotto a presentare una questione pregiudiziale di costituzionalità. Ritenevamo infatti che la lettera dell'articolo - presentata a seguito di un emendamento proposto dal relatore ed approvato dal Governo - fosse palesemente incostituzionale per una serie di motivi.
Innanzitutto, veniva sovvertito il principio della gerarchia delle fonti e rinviato ad un decreto del Presidente della Repubblica - di natura regolamentare - il contenuto di importanti norme, mentre questa materia è regolata dallo statuto di autonomia speciale e dalle relative norme di attuazione di rango costituzionale. In secondo luogo, vi erano delle obiezioni logico-giuridiche perché il contenuto era chiaramente contraddittorio, in quanto, da un lato venivano fatte salve le competenze delle province autonome e dall'altro veniva richiamata genericamente la disposizione del decreto del Presidente della Repubblica n. 287 del 17 maggio 2001. Vi era poi un ulteriore salto logico in quanto si faceva riferimento a questo specifico decreto del Presidente della Repubblica - n. 287 delle 17 maggio 2001 - il cui articolo 15 prevedeva espressamente che il medesimo non trovasse applicazione nei confronti delle province autonome: quindi ci trovavamo di fronte ad un autentico pasticcio.
Va dato atto al ministro La Loggia di essersi fatto interprete di queste nostre preoccupazioni e di aver contribuito a fare chiarezza, al punto tale che adesso ci troviamo di fronte all'emendamento 10.20 della Commissione, e agli identici emendamenti Olivieri 10.1, Boato 10.11 e Detomas 10.12 che superano il problema. Di qui la nostra disponibilità, non solo a ritirare la questione pregiudiziale di costituzionalità, ma a votare anche a favore del provvedimento.
Da parte del ministro La Loggia ci saremmo immaginati un analogo atteggiamento di disponibilità e comprensione anche rispetto ad altri controversi passaggi di questo provvedimento. Ci saremmo aspettati dal ministro - date le sue qualità - che quest'oggi rendesse in aula un chiarimento politico, in qualche modo definitivo rispetto alle polemiche giornalistiche che tra ieri ed oggi hanno impegnato gli organi di stampa. Spero che lo possa fare a conclusione di questo nostro dibattito, perché non è cosa di poco conto trovarsi in aula a ragionare circa l'attuazione di una riforma costituzionale nel momento in cui il Consiglio dei ministri ha approvato una nuova riforma del titolo V e all'interno della maggioranza vi sono delle crepe così clamorosamente vistose.
Per vostra memoria voglio solo ricordare che pochi giorni fa in quest'aula, mentre discutevamo della devoluzione e sia la maggioranza sia il Governo si erano chiusi a riccio senza voler mai accettare una discussione sul merito, in più occasioni richiamai il ministro Bossi alla coerenza dei comportamenti. Infatti, in quell'occasione stavamo per votare il testo di legge sulla devoluzione, mentre due giorni prima il Consiglio dei ministri aveva approvato una potente riforma di ricentralizzazione che, in qualche modo, smontava la riforma in senso federale attuata nella passata legislatura attraverso la modifica del titolo V.
Oggi, riviviamo in quest'aula le stesse contraddizioni di allora, ma con un'aggiunta: infatti, mentre quel giorno il ministro Bossi brontolava rispetto alle mie argomentazioni, ieri la Padania ha fatto sue quelle stesse argomentazioni e ha dichiarato di non poter in nessun modo accettare l'ipotesi della reintroduzione dell'interesse nazionale e la cancellazione della competenza legislativa concorrente.
Ora, mi rendo conto che, nel momento in cui da questi banchi sono state mosse queste critiche, il ministro Bossi, che doveva "incassare" la bandiera elettorale della devoluzione, non poteva fare diversamente, ma in seguito probabilmente ha letto meglio ciò che è stato approvato nel Consiglio dei ministri e si è reso conto di essere stato imbrogliato; di qui le reazioni molto dure apparse sugli organi di stampa.
Prima di arrivare al voto finale sul provvedimento in esame, che - lo ripeto - è importante perché attua la riforma del titolo V della Costituzione, sarebbe quanto mai opportuno che il Governo e la maggioranza facessero chiarezza anche sulla loro posizione politica perché non si può continuamente scherzare con le istituzioni, come da troppo tempo questo Governo e questa maggioranza stanno facendo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, il sesto comma dell'articolo 10 del provvedimento La Loggia è sintomatico di ciò che sta avvenendo relativamente a questa materia, vale a dire di una confusione sostanziale che si manifesta nel Governo sul tipo di politica che si vuole adottare in materia di federalismo regionale. Da una parte, vi sono componenti della maggioranza che spingono verso forme di federalismo spinto, addirittura distruttivo dell'unità nazionale e dall'altra parte, quella prevalente, vi è una tendenza alla riaffermazione di un centralismo che mi sembra oramai del tutto antistorica.
Abbiamo condotto una lunga battaglia in Commissione per ottenere un punto di mediazione (è francamente anche una cosa ovvia); è stato convenuto, infatti, relativamente al comma 6 dell'articolo 10, che le previsioni del decreto del Presidente della Repubblica n. 287 del 2001 debbano essere compatibili con lo statuto speciale di autonomia e con le relative norme di attuazione. Se non fosse così, qualsiasi disposizione sarebbe incostituzionale visto il rango degli statuti delle regioni a statuto speciale. Abbiamo condotto una durissima battaglia in Commissione per ottenere questo punto di mediazione, che è durata un'intera serata, mentre il Governo, arroccato su una posizione centralista, pretendeva di non modificare minimamente il comma 6 che noi abbiamo ritenuto non solo sbagliato, ma addirittura incostituzionale. Siamo comunque riusciti ad ottenere questo punto di mediazione anche se continuiamo a ritenere che sarebbe preferibile non approvare proprio il sesto comma. È per questo motivo che abbiamo presentato un emendamento soppressivo del medesimo.
Mi interessava comunque sottolineare, rispetto alle polemiche che vengono sollevate quotidianamente in materia di federalismo regionale ed agli atteggiamenti ondivaghi del Governo, il fatto che su questo tema tutto il dibattito che si è incentrato in Commissione sul sesto comma dell'articolo 10 è sostanzialmente indicativo della confusione presente nel Governo su tale tema.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

GIANCLAUDIO BRESSA. Chiedo di parlare per una precisazione.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, ritiro l'emendamento 10.2 che reca la mia prima firma.

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che anche l'emendamento Boato 10.10 è stato ritirato.
Passiamo ora all'emendamento 10.20 della Commissione.
Ricordo che il relatore ha avanzato ai presentatori degli identici emendamenti Olivieri 10.1 e Boato 10.11 la richiesta che gli stessi vengano riformulati negli stessi termini dell'emendamento 10.20 della Commissione. Se l'emendamento 10.20 della Commissione venisse approvato, gli identici emendamenti risulterebbero assorbiti.
Onorevole Boato, concorda con la richiesta avanzata dal relatore?

MARCO BOATO. Signor Presidente, credo che il collega Olivieri abbia già comunicato alla Presidenza di essere d'accordo a riformulare l'emendamento 10.1 che reca la sua prima firma; lo stesso si può dire per gli identici emendamenti 10.11, che reca la mia prima firma, e Detomas 10.12.

PRESIDENTE. Onorevole Boato, l'emendamento Detomas 10.12 non è segnalato.

MARCO BOATO. In ogni caso vi sarebbe stato l'accordo a riformularlo. Una volta accettato nell'acceso dibattito svolto in Commissione (alla fine ha avuto un esito positivo) di aggiungere al comma 6 l'espressione "compatibilmente con lo statuto speciale di autonomia e relative norme di attuazione", diventa pleonastico, ed i giuristi direbbero ultroneo, fare iniziare il comma 6 con l'espressione "Fatte salve le competenze spettanti alle Province autonome di Trento e Bolzano (...)".

È ovvio che se la norma che viene introdotta deve essere compatibile con lo statuto e con le norme di attuazione, queste competenze sono fatte salve. Abbiamo già ricordato, lo ha fatto poc'anzi il collega Bressa illustrando la ratio dell'emendamento Bressa 10.2 che successivamente abbiamo ritirato perché interamente soppressivo, che durante il confronto in Commissione, ed anche di fronte all'opinione pubblica delle province autonome di Bolzano e di Trento, che ha avuto grande attenzione, tramite gli organi di stampa, rispetto a questa vicenda, è emerso quanto ritenessimo grave l'originaria introduzione, sarebbe da dirsi imposizione, da parte del Governo del comma 6, così come originariamente definito.
Il confronto e la presentazione per l'esame dell'Assemblea delle due questioni pregiudiziali di costituzionalità hanno indotto, e di questo abbiamo dato atto positivamente in quella circostanza e lo ripeto anche oggi, il Governo e la maggioranza della Commissione, ed anche il relatore Cristaldi, a cercare un punto d'incontro che fosse rispettoso delle competenze e delle autonomie speciali, in particolare di quelle delle province autonome di Trento e di Bolzano. Per questa ragione, noi esprimeremo voto favorevole sull'emendamento 10.20 della Commissione e sugli emendamenti Olivieri 10.1 e Boato 10.11 resi identici a seguito della riformulazione trovando così un punto di incontro e di equilibrio positivo dopo un aspro confronto costituzionale e politico. Proprio sottolineando l'esito positivo di tale confronto, mi rivolgo ancora una volta al ministro La Loggia, perché credo che non sia corretto ciò che sta avvenendo - in questo momento specifico sta avvenendo qualcosa di positivo e noi lo voteremo, - ovvero che un ministro che viene interpellato da tutti i gruppi dell'opposizione su una materia che è strettamente legata con quella al nostro esame e che, a tale interpello, fra l'altro molto rispettoso, non risponda; credo si tratti di un episodio negativo sotto il profilo del confronto parlamentare. Mi auguro quindi che ciò possa avvenire tempestivamente. Annuncio quindi il voto favorevole del gruppo Misto-Verdi-l'Ulivo sugli identici emendamenti 10.20 della Commissione, Olivieri 10.1 e Boato 10.11.

PRESIDENTE. Onorevole Olivieri, accetta anche lei la riformulazione proposta dal relatore?

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei associarmi alle riflessioni formulate dal collega Boato sulla riformulazione che viene proposta, attraverso l'emendamento 10.20 della Commissione, degli emendamenti 10.1 e 10.11 di cui il primo reca la mia firma e quella dei colleghi Kessler e Bressa.
Vorrei evidenziare come i gruppi dell'opposizione hanno avuto ragione in Commissione nel tenere alta e viva la riflessione su questo comma 6, che rappresentava, nella stesura originaria veramente uno strafalcione sia dal punto di vista istituzionale sia da quello costituzionale, tant'è che presentammo due questioni pregiudiziali, una di costituzionalità e l'altra di merito, successivamente anche una questione sospensiva, che vennero ritirate proprio all'esito dell'ulteriore riflessione svolta dal relatore ed anche dal Governo. Da questo punto di vista deve essere dato atto ad entrambi di avere svolto una riflessione molto positiva in modo che ci permette di votare positivamente sull'emendamento 10.20 della Commissione e di ritenere quindi assorbiti gli emendamenti che hanno dato vita all'emendamento della Commissione.

PRESIDENTE. Passiamo, quindi, alla votazione degli identici emendamenti 10.20 della Commissione, Olivieri 10.1 e Boato 10.11.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.

KARL ZELLER. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche il gruppo Misto-Minoranze linguistiche esprimerà voto favorevole sull'emendamento 10.20 della Commissione, ricordando soltanto che, nonostante discussione in sede di Commissione e nonostante il fatto che questo emendamento sia stato depotenziato, in modo che nella sostanza non avrà più alcun effetto pratico, rimane un vulnus a livello procedurale, perché continuiamo a sostenere che questa materia andrebbe disciplinata con norme di attuazione e con lo statuto di autonomia.
Ciononostante, dobbiamo dare atto al ministro La Loggia per la sensibilità dimostrata e ringraziamo anche i colleghi della Lega che ci hanno dato una mano e quelli dell'opposizione che ci hanno sostenuto in questa nostra richiesta. Per questo motivo, voteremo a favore di questi emendamenti.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 10.20 della Commissione, unitamente agli identici emendamenti Olivieri 10.1 e Boato 10.11, nel testo riformulato, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva

 

(Presenti 418
Votanti 415
Astenuti 3
Maggioranza 208
Hanno votato
412
Hanno votato
no 3).

Passiamo all'emendamento D'Alia 10.15.

GIAMPIERO D'ALIA. Lo ritiro, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo alla votazione dell'articolo 10.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.

KARL ZELLER. Signor Presidente, le minoranze linguistiche voteranno contro questo articolo 10, per il semplice motivo che noi riteniamo che questa norma sia di dubbia costituzionalità. Vorrei ricordare a quest'Assemblea che due anni fa, in occasione del voto sulla legge costituzionale n. 3 del 2001, abbiamo abolito il commissario del Governo dalla Costituzione. Ora ci viene riproposta, in una veste diversa, la stessa cosa: praticamente si reintroduce il prefetto come rappresentante dello Stato nelle autonomie. Noi riteniamo che questo sistema sia poco compatibile con una riforma federalista, perché non esiste nessuno Stato federale al mondo, nessun esempio a livello internazionale, dove vi sia la figura del commissario del Governo o di un rappresentante dello Stato. Anche in paesi diciamo poco sviluppati in senso federalista, come ad esempio la Repubblica d'Austria, la funzione di rappresentanza del Governo spetta al presidente del Land - nel nostro caso, al presidente della regione -, per cui avevamo presentato degli emendamenti dove si demandava al presidente della regione di svolgere questo compito. Questo sarebbe stato un indirizzo federalista, ma certamente non reintrodurre una cosa che è stata cancellata da una riforma costituzionale! Ci pare di costituzionalità assai dubbia reintrodurre con legge ordinaria una figura abolita con legge costituzionale. Pertanto, noi voteremo contro questo articolo, proprio per i motivi che ho appena spiegato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Con l'approvazione degli emendamenti 10.20 della Commissione, Olivieri 10.1 e Boato 10.11, le perplessità che noi avevamo sono state fugate. Da parte nostra non c'è nessuna obiezione al contenuto di questo articolo: lo consideravamo lesivo delle autonomie speciali, ma con la correzione che è stata apportata questo pericolo non vi è più, pertanto il nostro sarà un voto favorevole.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 10, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva

 

(Presenti 415
Votanti 406
Astenuti 9
Maggioranza 204
Hanno votato
394
Hanno votato
no 12).

Prendo atto che l'onorevole Falanga non è riuscito ad esprimere il proprio voto.

 

(Esame dell'articolo 11 - A.C. 3590)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 11 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 3590 sezione 4).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

NICOLÒ CRISTALDI, Relatore. Signor Presidente, il parere della Commissione è contrario su tutte le proposte emendative all'articolo 11, salvo l'emendamento Zeller 11.2, per il quale si invitano i presentatori al ritiro.

PRESIDENTE. L'emendamento Zeller 11.2 non è stato segnalato, onorevole Cristaldi, quindi non verrà comunque posto in votazione.
Il Governo?

ENRICO LA LOGGIA, Ministro per gli affari regionali. Il Governo esprime parere conforme a quello della Commissione.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Cabras 11.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Enzo Bianco. Ne ha facoltà.

ENZO BIANCO. Signor Presidente, mi rivolgo innanzitutto al ministro La Loggia ma anche al relatore. Entrambi provengono da una regione a statuto speciale. Il relatore è addirittura l'apprezzato e stimato sindaco di un'importante città siciliana. L'onorevole La Loggia è stato - lo voglio ricordare - assessore al bilancio di una giunta importante e significativa (non solo al bilancio; ha avuto molte altre deleghe) del comune di Palermo. La loro tradizione è, dunque, fortemente segnata da un'esperienza municipalista.
Ministro, vorrei che, in pochi secondi, ci spiegasse per quale ragione le maggiori autonomie riconosciute da questa legge costituzionale ai comuni nelle regioni a statuto ordinario non debbano essere riconosciute ai comuni nelle regioni a statuto speciale. Per quale ragione, con il disegno di legge che ci accingiamo ad approvare, in gran parte dell'Italia si potranno realizzare le città metropolitane, com'è previsto dalla Costituzione, mentre in Sicilia, in Sardegna o in Trentino-Alto Adige si dovrà approvare un'apposita legge regionale per realizzare tutto questo?
L'autonomia speciale è una marcia in più per consentire, con la specialità dello statuto, di recuperare condizioni di maggiore e migliore autonomia e capacità di autorganizzazione. Francamente, ciò che vale per le regioni a statuto ordinario dovrebbe essere consentito, ordinariamente, alle regioni a statuto speciale. La prego, ministro, di rivedere, anche in relazione alla sua profonda conoscenza della specialità dello statuto siciliano e delle altre regioni, la sua posizione, riconoscendo alle città, ai comuni e alle province dell'isola siciliana e delle altre regioni una condizione riconosciuta alle regioni a statuto ordinario. Le chiedo ciò, apprezzando il senso costruttivo con il quale ha voluto guardare anche a questi aspetti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, con l'emendamento in esame abbiamo posto un problema serio. Francamente, non comprendiamo per quale motivo il ministro ed il relatore continuino ad esprimere parere contrario. Quello riguardante le autonomie è un processo evolutivo che, in questo paese, è iniziato oltre cinquant'anni fa con l'articolo 5 e il titolo V della Costituzione. Ovviamente, attraverso tale processo evolutivo, le autonomie acquistano, in questo paese, sempre maggiori poteri. Oggi, si pone il seguente problema: la riforma del titolo V, approvata nel 2001, è più avanzata rispetto alla situazione delle autonomie locali nelle regioni a statuto speciale.
Con l'emendamento in esame, riteniamo di risolvere tale problema, ristabilendo un equilibrio e riconoscendo maggiori autonomie anche alle regioni a statuto speciale, laddove, attraverso il titolo V, sono state riconosciute maggiori autonomie agli enti locali. È incomprensibile, quindi, l'atteggiamento - ed anche il parere contrario - del Governo se non nel senso che ho già avuto modo di spiegare, ossia che questo Governo manifesta una sostanziale mentalità centralista, sia a livello nazionale sia a livello regionale. In realtà, possiamo constatare che anche tra gli esponenti della Lega, compreso il ministro Bossi, pur parlando di federalismo regionale, si ragiona in termini di centralismo, ossia di un potere centrale delle regioni che sia soffocante rispetto a quello delle autonomie. Solo in questa logica, interpretiamo il parere contrario espresso dal ministro e dal relatore.

NICOLÒ CRISTALDI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NICOLÒ CRISTALDI, Relatore. Signor Presidente, non vorrei che, dal dibattito, ai distratti risultasse che sulle autonomie locali non abbiamo legiferato né abbiamo espresso tesi. L'articolo 2, approvato con un ampio consenso, offre, con riferimento agli enti locali, una precisa disciplina, andando oltre l'originaria posizione del disegno di legge della maggioranza e del sottoscritto.
La vicenda delle città metropolitane, onorevole Enzo Bianco, non è un caso nuovo per le regioni a statuto speciale, le quali possono già legiferare.
Lei ha voluto citare anche la regione siciliana: mi permetto di dire che quest'ultima, ad esempio, ha già legiferato sulle città metropolitane, ha istituito le città metropolitane.

ENZO BIANCO. In modo difforme dalla Costituzione!

NICOLÒ CRISTALDI, Relatore. Le città metropolitane non sono diventate esecutive per una serie di provvedimenti esecutivi che si sarebbe dovuto adottare successivamente ma che non sono stati adottati perché, nel frattempo, sviluppatosi il dibattito sul nuovo titolo V della Costituzione, la politica ha deciso un momento di attesa e di riflessione; tuttavia, i poteri istitutivi delle città metropolitane sono già contenuti negli atti delle regioni a statuto speciale.
L'eventuale approvazione di questo emendamento peggiorerebbe le cose perché andrebbe non tanto a chiarire alcuni aspetti, ma ad introdurre materie nuove e complesse. Mi permetto di dirlo, in tutta modestia, essendo un appassionato di questa materia, come lei molto benevolmente ha voluto riconoscere.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cabras 11.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge

 

(Presenti 401
Votanti 391
Astenuti 10
Maggioranza 196
Hanno votato
159
Hanno votato
no 232).

Prendo atto che l'onorevole Falanga non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Detomas 11.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge

 

(Presenti 407
Votanti 331
Astenuti 76
Maggioranza 166
Hanno votato
97
Hanno votato
no 234).

Prendo atto che l'onorevole Falanga non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 11.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva

 

(Presenti 405
Votanti 242
Astenuti 163
Maggioranza 122
Hanno votato
237
Hanno votato
no 5).

Prendo atto che l'onorevole Falanga non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Cabras 11.01.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto per l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, questo articolo aggiuntivo, così lungo, non è una pura esercitazione di stile, ma un esempio di provvedimento organico di attuazione dei principi fondamentali del federalismo fiscale previsto dall'articolo 119 della nostra Costituzione (come riformata nella passata legislatura).
La proposta emendativa in parola, molto importante e molto ben strutturata, consta delle seguenti parti: principi fondamentali del finanziamento delle amministrazioni territoriali; oggetto e procedure del finanziamento delle amministrazioni territoriali; coordinamento della finanza pubblica; tema dei tributi propri; tema delle compartecipazioni; tema del coordinamento e dell'autonomia tributaria delle regioni; tema del coordinamento dell'autonomia tributaria degli enti locali; esercizio dei poteri legislativi e regime finanziario; Fondo perequativo di cui all'articolo 119, terzo comma, della Costituzione; quote regionali del Fondo perequativo di cui all'articolo 119, terzo comma, della Costituzione; rapporti finanziari tra Stato ed enti locali; Fondo perequativo di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione; partecipazione delle regioni alle attività di accertamento; infine, la parte concernente le norme transitorie.
Potrebbe essere - e sarà - un provvedimento autonomo che presenteremo come Ulivo all'indomani della chiusura di questa discussione. Ciò a dimostrazione del fatto che la partita più importante relativa all'attuazione del titolo V della Costituzione, quella delle norme che danno sostanza e corpo al federalismo fiscale in questo paese è stata presa, da noi, molto sul serio e, da parte del Governo e della maggioranza, molto, molto meno.
Vorrei ricordare ancora una volta che la Commissione, che si sarebbe dovuta occupare di queste questioni - attraverso uno strumento che era stato auspicato dal collega Pagliarini, che aveva presentato un emendamento alla legge finanziaria, poi approvato - , che avrebbe dovuto occuparsi di queste cose e che avrebbe dovuto consegnare entro il mese di marzo un rapporto, non si è ancora riunita perché il Governo non ha nominato i propri rappresentanti. Ma questo è ancora poca cosa: sono due anni che questo Governo è in carica e in questi due anni questo Governo, che sembrerebbe fare del federalismo uno dei punti programmatici forti della sua azione, non ha ancora scritto una riga in questa direzione, non ha fatto ancora una proposta.
Di fronte a questo nostro maxi articolo aggiuntivo abbiamo sentito una parola del relatore? Abbiamo sentito una parola dei colleghi di maggioranza? Abbiamo sentito una parola del Governo? No, l'unica parola che sono stati capaci di dire è stata in senso contrario: votiamo contro questa ipotesi.
Allora, la domanda è presto fatta: di che cosa stiamo discutendo? E davvero voi pensate che questa striminzita legge di attuazione del titolo V, contraddetta da altre iniziative del Governo, possa qualificarvi convenientemente sul piano dell'attuazione del federalismo nella nostra Repubblica? Io credo che la risposta sia immediata: no, a voi del federalismo interessa poco o nulla; a voi della modifica istituzionale e degli assetti di potere nel nostro paese non interessa nulla. Ne avete dato dimostrazione ieri quando non avete votato un emendamento (con l'eccezione della Lega nord Padania) che l'opposizione aveva proposto e che avrebbe consentito alle regioni, alle province e ai comuni di disporre di risorse strumentali, organizzative, umane e finanziarie in tempi rapidi. Avete scelto la strada dei collegati alla finanziaria, una strada che rinvierà di oltre due anni l'attuazione delle cose di cui stiamo discutendo.
Ma vi rendete conto della debolezza politica e delle vostre prese di posizione normative e politiche? Vi rendete conto che voi non state facendo nulla lungo la strada dell'attuazione del federalismo in questo nostro paese? Anzi, quello che state facendo, in qualche modo, contraddice quella linea, quella strada che la XIII legislatura aveva così chiaramente segnato.
Io credo che questa Assemblea oggi debba prendere ancora una volta atto di questa latitanza del Governo e della sua maggioranza su un tema cruciale quale è quello dell'organizzazione dei poteri dello Stato. E guardate che non è una questione che riguarda solo i costituzionalisti o gli appassionati di riforme istituzionali, ma riguarda l'interesse e la vita di ogni giorno dei cittadini italiani.

PRESIDENTE. Onorevole, la invito a concludere

GIANCLAUDIO BRESSA. Concludo, Presidente. Abbiamo un meccanismo che prevede una riforma in un certo senso (perché la Costituzione dice questo), ma abbiamo anche l'incapacità da parte del Governo e del Parlamento di fare delle leggi che rendano possibile questo. Ciò rappresenta un atto gravissimo, la cui responsabilità politica ricade su questo maggioranza, su questo Governo e sul suo Presidente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, questo provvedimento, il cosiddetto provvedimento La Loggia, si intitola: disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Ora, una delle norme più qualificanti della modifica del titolo V della Costituzione, approvata con legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3, è rappresentata, ovviamente, dall'articolo 119. Infatti, è a tutti noto che tanto si affermano delle riforme e tanto un potere trova una sua funzione quanto si abbiano a disposizione risorse finanziarie.
Quindi, l'aspetto certamente qualificante di un provvedimento, che intendesse essere provvedimento di adeguamento, avrebbe dovuto essere quello della disciplina delle risorse finanziarie conseguenti alla modifica del titolo V della Costituzione. Tutto questo in questo provvedimento non c'è.
Noi abbiamo proposto un lungo articolo aggiuntivo dove diamo la nostra idea - noi ce l'abbiamo - di come dovrebbe essere la legge di adeguamento del titolo V della Costituzione in materia di risorse finanziarie delle regioni e degli enti locali., se non un parere contrario da parte del Governo.
Visto che il ministro Bossi si indigna tanto quando sostiene che la cosiddetta legge La Loggia parla troppo di interesse nazionale, com'è che lo stesso ministro non si indigna quando nella legge di adeguamento non ci sono le risorse finanziarie per attuare il federalismo? Ciò rappresenta, peraltro, quanto ha giustamente sostenuto il collega Bressa nel suo precedente intervento.
Questo Governo (e anche il ministro Bossi che, in realtà, fa finta di volere il federalismo soltanto sulle pagine dei giornali) quando va ad operare con i provvedimenti non si occupa minimamente di realizzarlo in concreto. In particolare, ci chiediamo perché nel corso di questi due anni questo Governo, e questa maggioranza che affermano di essere federalisti non si siano occupati del tema più importante dell'attuazione del titolo V della Costituzione e, cioè, del tema delle risorse finanziarie.
Ci chiediamo, inoltre, perché il ministro Bossi, tenuto conto che l'unica elaborazione che lo stesso ha saputo fare nel corso di questi due anni di Governo è stato quel famoso quinto comma - la cosiddetta devolution - ovvero, in pratica, poche parole e nulla di più, peraltro, già smentite da questa maggioranza, non si sia invece battuto in seno al Governo per far approvare norme che siano effettivamente applicative del titolo V della Costituzione in materia di risorse finanziarie delle regioni e degli enti locali. Questo, a mio parere, sarebbe stato vero federalismo! Questa sarebbe stata vera volontà di attuare una riforma in senso federale! Tutto ciò non c'è. Noi abbiamo presentato un'articolata proposta emendativa che rappresenta la nostra visione di come dovrebbe essere attuato il federalismo. Di fronte a questo c'è il nulla del Governo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Cabras 11.01, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge

 

(Presenti 394
Votanti 387
Astenuti 7
Maggioranza 194
Hanno votato
161
Hanno votato
no 226).

Prendo atto che gli onorevoli Falanga, Angelino Alfano e Gioacchino Alfano non sono riusciti a votare e che gli ultimi due avrebbero voluto esprimere voto contrario.

 

(Esame dell'articolo 12 - A.C. 3590)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 12 (vedi l'allegato A - A.C. 3590 sezione 5).
Nessuno chiedendo di parlare e non essendo state presentate proposte emendative, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 12.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva

 

(Presenti 393
Votanti 387
Astenuti 6
Maggioranza 194
Hanno votato
372
Hanno votato
no 15).

Prendo atto che gli onorevoli Falanga, Angelino Alfano e Gioacchino Alfano non sono riusciti a votare e che gli ultimi due avrebbero voluto esprimere voto favorevole.

 

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 3590)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (vedi l'allegato A - A.C. 3590 sezione 6).
Qual è il parere del Governo?

ENRICO LA LOGGIA, Ministro per gli affari regionali. Signor Presidente, approfitto di questo momento per dare delle risposte insistentemente richieste nel corso del dibattito e per le quali avevo fatto cenno che avrei provveduto a fornirle al termine del dibattito.
Sento anche il dovere di ringraziare l'Assemblea della Camera dei deputati per il livello altissimo raggiunto nel corso dell'esame di questo che io ritengo un importante provvedimento attuativo.
Devo dare due risposte. La prima viene proprio dalle parole dell'onorevole Marone.

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, signor ministro. Colleghi, vorrei pregarvi di prestare un minimo di attenzione ed invitarvi ad interrompere questi colloqui a titolo personale. Per favore, colleghi. Prego ministro.

ENRICO LA LOGGIA, Ministro per gli affari regionali. Come stavo dicendo, prendo spunto proprio dalle parole pronunziate dall'onorevole Marone quando ci ricorda che il titolo del provvedimento al nostro esame recita: disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Si tratta di un disegno di legge ordinaria che dà alcune risposte, mitiga alcuni effetti, rimuove alcuni ostacoli e pone in condizioni certamente migliori lo Stato e le regioni e le istituzioni locali nel procedere nell'esercizio delle loro funzioni e competenze dopo la riforma costituzionale.
Altra cosa, onorevoli deputati, è la nuova riforma costituzionale della quale ci stiamo occupando, e che segue una procedura che credo di non dover ricordare, perché mi sentirei quasi mortificato a ricordarlo in un'aula, come quella della Camera dei deputati, dove legislatori esperti e competenti hanno accumulato, spesso nel corso di anni, l'esperienza necessaria per quanto concerne questi argomenti, anche tecnicamente complessi.
Il Consiglio dei ministri, infatti, ha approvato uno schema di disegno di legge di riforma costituzionale; tale schema sarà portato, nei tempi più congrui, al confronto con il mondo delle autonomie regionali e locali, in seno alla Conferenza unificata Stato-regioni-autonomie locali, e successivamente tornerà presso il Consiglio dei ministri per diventare un formale disegno di legge di riforma della Costituzione. In quel momento, e solo in quel momento, potrà iniziare la procedura parlamentare per il suo esame - che credo di non dover ricordare a nessuno come viene svolta -, secondo le previsioni dell'articolo 138 della Costituzione.
Si tratta di un percorso lungo e pertanto non si giustifica neanche la domanda che mi è stata rivolta da molti esponenti delle opposizioni in questa Assemblea, perché un conto è provvedere, con un atto normativo ordinario, all'attuazione di una riforma già approvata - da troppi mesi, oserei dire (in quanto è entrata in vigore nel novembre del 2001) -, altro è predisporre una nuova riforma costituzionale, rispetto alla quale nessuno è in grado di prevedere una data precisa di entrata in vigore. Nel frattempo, tuttavia, si è giudicato indispensabile, urgente e necessario - e tutti lo avete confermato - offrire intanto una risposta che oggi stiamo dando e auspico che, con un rapidissimo passaggio al Senato, possa diventare legge dello Stato nel giro di qualche settimana.
Poi, continueremo a discutere delle riforme costituzionali, ed in assenza di un'Assemblea costituente, o di una Bicamerale per le riforme, non si può che procedere a segmenti di riforme, secondo le norme previste dall'articolo 138 della Costituzione, che saranno coordinati tra loro per poter concludere il percorso riformatore entro questa legislatura.

Non c'è nessun problema, se non quello che nasce dalla normale dialettica politica, perché siamo tutti volti all'interesse del nostro paese ed a fornire le risposte più adeguate, efficaci, efficienti ed economiche, affinché questo paese sia sempre più competitivo e siano meglio rappresentati e serviti i suoi cittadini.
È tutto qui: non vedo cosa altro possa essere messo in discussione in questo momento ed in questo contesto, nel quale stiamo discutendo di un disegno di legge di attuazione di una riforma già approvata ed entrata in vigore, rispetto a polemiche - pur legittime, naturalmente - che possono sorgere riguardo a percorsi futuri di nuove riforme. Si tratta di questioni completamente diverse, e non si giustifica, collega Boato, né la pregiudiziale, né la sospensiva che avete presentato a questo disegno di legge: infatti, una è stata ritirata, mentre l'altra è stata opportunamente respinta da quest'Assemblea, poiché nella realtà non vi è, né vi può essere, alcun punto di contatto tra questo disegno di legge e la nuova riforma.
Peraltro, come è a tutti noto, almeno per quanto sino ad oggi è stato esaminato, il presente provvedimento mantiene la sua validità nel tempo e, per quanto mi riguarda, continuerà a mantenere la sua validità anche dopo il varo della nuova riforma costituzionale, quando e se verrà approvata definitivamente dal Parlamento, e laddove fosse necessario un referendum del popolo sovrano.
Per quanto riguarda il federalismo fiscale, onorevoli deputati, si tratta di un argomento troppo complesso ed all'inizio fu deciso di scindere i due percorsi. Questo disegno di legge darà le risposte che conosciamo. Il federalismo fiscale ha bisogno ancora di un breve (ce lo auguriamo) periodo di gestazione. È stata già insediata l'alta commissione prevista dall'articolo 3 dell'ultima legge finanziaria; essa sta per iniziare il suo lavoro e, quanto prima, darà le indicazioni necessarie su un argomento estremamente complesso e difficile per poter approvare un disegno di legge specifico, ad hoc, che certamente terrà conto anche dei suggerimenti che erano stati proposti con un vostro emendamento.
Vengo ora ad esprimere il parere sugli ordini del giorno. Signor Presidente, mi avvio a concludere e le chiedo scusa ma, anziché intervenire in altro momento, ho voluto approfittare di questa circostanza.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno Deodato n. 9/3590/1, vorrei proporre la seguente riformulazione. Nel dispositivo, dopo il termine "legislativa", inserire la parola "non". Dopodiché, dopo l'espressione "con altri Stati accordi internazionali", si propone di eliminare la parola "non". Inoltre, dopo la parola "nonché", aggiungere le seguenti "possono stipulare accordi applicativi o esecutivi in ambito locale di accordi internazionali". Si propone, pertanto, di eliminare le parole "di precisazione degli effetti" e "conseguenti ad" e di aggiungere la preposizione "di". Qualora l'onorevole Deodato ritenga di poter accogliere questa riformulazione, che trasmetto alla Presidenza, il suo ordine del giorno sarebbe accettato dal Governo.
Per quanto concerne l'ordine del giorno Bressa n. 9/3590/2, lo stesso ieri è stato sostanzialmente oggetto di un breve scambio di battute fra me e gli onorevoli Bressa, Marone e Boato. Come ho già detto - e lo confermo - sono disponibile ad accettare questo ordine del giorno nel suo spirito, proponendo però una formulazione di tipo diverso.
Credo di cogliere l'aspetto essenziale dell'ordine del giorno presentato, ma preferirei una formulazione di ordine diverso che, laddove accettata dai proponenti, potrebbe essere accolta dal Governo. Signor Presidente, vorrei illustrare tale riformulazione perché possa seguirmi anche la Presidenza.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 11,20)

ENRICO LA LOGGIA, Ministro per gli affari regionali. La parte motiva dell'ordine del giorno va bene così com'è. Invece, per quanto riguarda il dispositivo, proporrei di sostituire lo stesso con la seguente formulazione: la Camera dei deputati impegna il Governo "a studiare, in collaborazione con il Consiglio di Presidenza della Corte dei conti e a sottoporre all'esame del Parlamento, misure idonee ad adeguare le strutture delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti all'esercizio delle predette funzioni, anche mediante la utilizzazione di esperti nel controllo di gestione e sulla verifica dei bilanci, dotati di laurea specialistica in economia, statistica o ingegneria gestionale, attribuendo loro un congruo trattamento economico".
Laddove, tale ordine del giorno dovesse essere così modificato, verrebbe accettato dal Governo.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno Zeller n. 9/3590/3, il Governo lo accetta, purché si apportino le seguenti modifiche: dopo le parole "impegna il Governo" sostituire le parole "ad interpretare le pertinenti disposizioni del disegno di legge in esame" con le parole "ad operarsi". Inoltre, al termine, dopo la parola "disegno di legge" aggiungere le parole "nel rispetto della Costituzione e delle disposizioni dello statuto speciale, nonché dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali e dall'ordinamento comunitario, nonché delle linee e degli indirizzi di politica estera italiana". In tal modo, sarebbe conforme a quanto già approvato ma anche molto più rispettoso perché, mi permetto di suggerire a valenti autonomisti da autonomista par loro, altrimenti sembrerebbe lesivo dell'autonomia statutaria delle regioni, quanto meno quelle a statuto speciali.
Credo che gli ordini del giorno D'Agrò n. 9/3590/4 e D'Alia n. 9/3590/5 siano stati ritirati.

PRESIDENTE. Sì, signor ministro.
Onorevole Deodato, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/3590/1 proposta dal ministro?

GIOVANNI DEODATO. Signor Presidente, accetto la riformulazione assolutamente opportuna proposta dal ministro e non insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Onorevole Bressa, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/3590/2 proposta dal ministro?

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, è del tutto singolare che dal Governo venga fatta la richiesta di ritirare un emendamento e di trasfonderne il contenuto in un ordine del giorno e che, poi, tale ordine del giorno venga completamente riscritto dal Governo. Si tratta di una procedura non correttissima dal punto di vista parlamentare, signor ministro. Tuttavia, sono fortemente dotato di senso della realtà. Se non accettassi la sua riformulazione - che è cosa sostanzialmente diversa dal testo da me presentato - mi ritroverei con un pugno di mosche: non ho fatto votare l'emendamento e presento un ordine del giorno che viene bocciato.
È solo una logica di realismo estremo, quasi masochista, che mi porta ad accettare la sua riformulazione con una chiara specificazione: questo non è l'ordine giorno Bressa, ma l'ordine del giorno La Loggia. Pertanto ci accontentiamo di questo "striminzitissimo" impegno del Governo e non insisto per la votazione. Vorremmo, tuttavia, che questo non rappresentasse un precedente per i lavori parlamentari (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Onorevole Zeller, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/3590/3 proposta dal ministro?

KARL ZELLER. Sì, signor Presidente, e non insisto per la votazione.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, l'onorevole Monaco le aveva chiesto di parlare sul complesso degli ordini del giorno...

PRESIDENTE. Onorevole Boccia, in questa fase potrebbe intervenire solo per dichiarazione di voto, ma poiché gli ordini del giorno non vengono posti in votazione è evidente che non posso darle la parola.

È così esaurita la trattazione degli ordini del giorno presentati.

 

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3590)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Onorevoli colleghi, sono le 11.30. Il successivo punto all'ordine del giorno riguarda le mozioni sui provvedimenti adottati a Cuba: per non rinviarlo al pomeriggio credo sia necessario uno sforzo di sintesi da parte di tutti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Giandomenico. Ne ha facoltà.

REMO DI GIANDOMENICO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella difficile fase di transizione dell'assetto politico istituzionale del nostro paese, il provvedimento che ci accingiamo a votare rappresenta un passo necessario. In questa difficile fase si deve adeguare l'ordinamento alle nuove norme costituzionali immediatamente applicabili ed è opportuno dare concreta attuazione alla riforma fatta nella precedente legislatura emanando le necessarie disposizioni esecutive.
Tuttavia, occorre osservare che l'esame del disegno di legge ha posto in evidenza, ancora una volta, gli aspetti critici dell'impostazione dell'attuale titolo V della seconda parte della Costituzione. Per queste ragioni, pur condividendone le impostazioni ed apprezzando il lavoro svolto dal ministro La Loggia, si osserva che permane l'esigenza di procedere speditamente anche ad una correzione dell'attuale titolo V.
L'azione di attuazione integrata da correttivi al titolo V è a sua volta necessaria per rendere coerente il sistema costituzionale con i principi fondamentali dell'assetto istituzionale espressi nella Costituzione.
Tale esigenza è stata manifestata anche nel corso dell'indagine conoscitiva effettuata dal Senato sugli effetti, nell'ordinamento, delle revisioni del titolo V della parte II della Costituzione.
Vorrei inoltre ricordare a chi in quest'aula ha ricordato il percorso della riforma costituzionale approvata nella scorsa legislatura - sottolineando come il referendum confermativo, il primo nella storia repubblicana, abbia trovato (cito testualmente) il larghissimo consenso da parte dei cittadini italiani, al punto che il titolo V oggi in vigore (come dichiarato dall'onorevole Boato) è l'unico titolo della Costituzione la cui modifica sia stata confermata dal voto popolare - che il referendum ha avuto una partecipazione talmente scarsa da non raggiungere il quorum di validità previsto per i referendum abrogativi. Non capisco quindi come si possa fare un ragionamento di questo genere, accostandolo poi al lavoro svolto dall'Assemblea costituente e alla validità dei principi espressi nella Costituzione repubblicana.
Le richieste di revisione dell'intero titolo V, da associare alla modifica dell'articolo 117, avanzate dal gruppo dell'UDC con una propria proposta e confluite in una posizione chiara ed univoca della Casa delle libertà, se approvate dal Parlamento - come auspichiamo -, consentiranno di definire in maniera precisa le competenze dello Stato e quelle delle regioni (limitando il contenzioso) e consentiranno, altresì, di reintrodurre il principio della salvaguardia dell'interesse nazionale. Si tratta di elementi indispensabili per la realizzazione di un trasferimento di competenze verso le autonomie regionali e locali che sia sostenibile sul piano istituzionale, ovvero in grado di realizzare i propri obiettivi e rispettoso dei principi fondamentali ed irrinunciabili della nostra Carta costituzionale, come il principio secondo il quale la Repubblica è una e indivisibile, ma riconosce e promuove le autonomie locali.
Ringrazio, pertanto, il ministro La Loggia per il pregevole lavoro svolto, che nel dibattito parlamentare ha potuto trovare i necessari miglioramenti e completamenti. Il Parlamento ha saputo esprimere su temi tanto delicati un dialogo nel quale non sono mancati interventi polemici, ma nel complesso costruttivi. Preannuncio, quindi, il voto favorevole del gruppo dell'UDC (Applausi dei deputati del gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pappaterra. Ne ha facoltà.

DOMENICO PAPPATERRA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge al nostro esame si pone l'obiettivo di dare attuazione alla riforma del titolo V della parte II della Costituzione, approvata due anni fa dal Parlamento. Si tratta di una riforma della quale il centrosinistra rivendica con orgoglio i suoi meriti, pur nella consapevolezza che una revisione costituzionale di così rilevante importanza debba essere accompagnata da un progetto attuativo.
Va subito detto che il ministro La Loggia ha presentato un progetto estremamente efficace per le risposte da fornire in ordine a tutti i problemi posti dall'attuazione della riforma dell'Ulivo. Egli individua un sistema legislativo che permette, attraverso una legge ordinaria, di costruire un valido sistema sul quale inserire tutta la norma costituzionale. Devo aggiungere, altresì, che questo lavoro è stato possibile, in quanto impostato su una legge - quella del centrosinistra - che avvia un processo federalista senza abbandonare il senso dell'unitarietà dello Stato, senza perdere di vista il valore della solidarietà nazionale e senza farsi assalire da tentazioni secessionistiche, ma anzi ponendo alla base del lavoro il valore dell'unità repubblicana contenuto nell'articolo 5 della Costituzione.
Il gruppo dello SDI ribadisce il proprio fermo convincimento che la riforma del 2001 si è mantenuta fedele a tali valori, al fine di assicurare appunto la centralità dello Stato, che deve essere compatto e non disgregato al suo interno, in un equilibrio che sia molto lontano dalle fughe in avanti della devolution o dalle nostalgie - anch'esse presenti - per il vecchio Stato che ormai non c'è più.
Il disegno di legge in esame, onorevoli colleghi, sviluppa, con puntuali raccordi legislativi, amministrativi e procedurali, quei meccanismi di unità, rispettando appunto con rigore i termini della Costituzione. Questo sforzo unitario lo ritroviamo soprattutto nelle procedure riguardanti la legislazione concorrente, anch'essa riguardante ben 22 materie (e sappiamo che, ad oggi, tutto è nelle mani della Corte costituzionale, per i tanti e numerosi conflitti tra Stato e regioni).
Con questo disegno di legge si compie senza dubbio uno sforzo di chiarezza, attraverso l'affermazione che lo Stato oggi si limita ad affermare i principi fondamentali, lasciando alle regioni la competenza su tutte le altre materie.
Si rovescia, cioè, l'impostazione finora vigente che assegna alle regioni le competenze attraverso proposte di legge e tutta la competenza residuale allo Stato. Oggi, si può affermare il contrario, in quanto vengono indicate con chiarezza le competenze dello Stato, lasciando alle regioni tutte le materie residuali.
Fin qui tutto bene, ministro La Loggia; infatti, abbiamo apprezzato - lo ribadisco - tutto il lavoro svolto sia al Senato sia nella Commissione affari costituzionali della Camera: un lavoro ed un confronto che hanno visto una forte e motivata partecipazione delle forze di opposizione, che hanno largamente condiviso quanto proposto.
Tuttavia, oggi, signor ministro, molte cose sono cambiate. Soprattutto il contesto politico, all'interno del quale si svolge questa discussione, è profondamente mutato per due ragioni di fondo: la prima è che la devianza della devolution ha prodotto un irrimediabile strappo nei rapporti politici e istituzionali tra maggioranza e opposizione; la seconda è che il Governo, rinfacciando all'Ulivo il fatto di aver approvato la riforma del titolo V della Costituzione con i soli voti della maggioranza, ha pensato di pareggiare il conto approvando a sua volta una controriforma del titolo V senza che essa abbia ricevuto il beneplacito del variegato sistema delle autonomie locali e delle regioni e, soprattutto, senza un confronto all'interno del Parlamento. Sappiamo che questo disegno di legge tende soprattutto a fornire una risposta, ad incamerare e ad inglobare il progetto di legge che il ministro delle riforme, Umberto Bossi, ha voluto. Onorevoli colleghi, la riforma del 2001, seppur approvata con i soli voti della maggioranza, aveva ricevuto un forte sostegno dalle regioni e dagli enti locali e soprattutto - non dimentichiamolo - un'autorevole copertura popolare con il primo referendum costituzionale della storia repubblicana.
Va detto, invece, che la pseudointesa raggiunta nella maggioranza di Governo - peraltro messa in discussione dal ministro per le riforme e dal suo partito - rappresenta, sul piano politico e istituzionale, un metodo che contrasta con il principio della centralità del Parlamento e del preventivo coinvolgimento delle regioni e degli enti locali: un'intesa che - come ha dichiarato il presidente del nostro partito, Boselli - può rappresentare un pericoloso salto nel buio in quanto, nel tentativo di far quadrare il separatismo di Bossi con il nazionalismo di Fini, si rischia lo sgretolamento di tutto l'impianto costituzionale costruito oltre cinquant'anni fa e che, fino ad oggi, ha superato difficili prove.
Signor ministro, ecco perché siamo molto contrariati del fatto che il clima di collaborazione e di serenità che aveva accompagnato l'esame del presente disegno di legge sia stato turbato dalla volontà della maggioranza di introdurre pressanti forzature che, peraltro, non sono sicuramente consigliabili in previsione della discussione di altre importanti riforme di carattere costituzionale.
Per queste ragioni di fondo - signor Presidente, onorevoli colleghi -, pur confermando il nostro giudizio positivo su questa legge, che rappresenta il primo passo, ovviamente intermedio, in attesa della completa rivisitazione del titolo V della Costituzione, dichiaro l'astensione dal voto dei Socialisti democratici italiani (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.

KARL ZELLER. Signor Presidente, onorevoli colleghi, da sempre la Sudtiroler Volkspartei chiede riforme costituzionali in senso federalista. Per questo motivo, avevamo fornito il nostro contributo, che in questa Camera si è rivelato determinante, in occasione dell'approvazione della legge costituzionale n. 3 del 2001. Tale riforma, sebbene non perfetta, presentava un notevole passo in direzione federalista.
Dopo l'annuncio dell'attuale maggioranza, in occasione delle ultime azioni politiche, di voler realizzare il vero federalismo, ci aspettavamo proposte per il completamento della riforma federale, come l'introduzione della Camera delle regioni e la nomina di una parte dei giudici costituzionali da parte delle regioni.
Dopo due anni di Governo Berlusconi, non vediamo nulla di tutto ciò e, dopo il recente voto sulla cosiddetta devolution, che non avrà conseguenze pratiche, affrontiamo ora l'attuazione della legge costituzionale n. 3 del 2001. In memoria delle dichiarazioni rese in campagna elettorale, ci aspettavamo tutto, ma certamente non un'interpretazione restrittiva della riforma costituzionale in vigore, all'epoca bollata ingiustamente come "riformetta".
Dobbiamo, purtroppo, constatare che il testo presenta alcuni punti molto deboli, che mal si conciliano con il federalismo. Nelle materie di competenza esclusiva regionale, il capo delegazione per le trattative in sede comunitaria è designato unilateralmente dal Governo e non dalle regioni, come avviene, per esempio, in Germania. Il potere estero delle regioni e delle province autonome, riconosciuto per la prima volta in Costituzione dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, viene sottoposto a vincoli e a paletti talmente incisivi che non cambierà niente rispetto alla situazione pre riforma. In questo modo, si cancella la portata innovativa della riforma del 2001. E la costante subordinazione del treaty-making power regionale a considerazioni di mera opportunità politica solleva seri dubbi di compatibilità costituzionale e lede, comunque, in misura eccessiva le competenze regionali. Nell'esercizio del potere sostitutivo da parte del Governo vengono eliminati i pareri della Commissione bicamerale per le questioni regionali, già previsti dalla legge La Pergola del 1989, riducendo in tal modo le garanzie per le regioni. Con il rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie si reintroduce, in pratica, il commissario del Governo. Ciò non ci appare compatibile con la riforma del 2001, approvata a larga maggioranza con referendum popolare, dove tale figura, incompatibile con un sistema federale, era stata abolita.
Tutti questi motivi potrebbero indurci a dire "no" al provvedimento. Dobbiamo, però, dare atto che il testo, rispetto all'originaria formulazione, è stato notevolmente migliorato nell'iter parlamentare e accanto alle ombre contiene anche alcune luci, come la garanzia della presenza delle regioni speciali nella delegazione italiana in sede comunitaria. Si riconosce altresì un ruolo importante alle commissioni paritetiche per l'attuazione della riforma nelle regioni speciali. In questo quadro, vorrei ricordare anche l'accoglimento del nostro ordine del giorno in materia di attività internazionale delle regioni speciali. Dobbiamo anche dare atto della disponibilità e della sensibilità dimostrate dal ministro La Loggia che ha consentito di depotenziare il cosiddetto emendamento Mitolo che, in palese violazione dello statuto di autonomia, mirava ad aumentare i poteri del commissario del Governo di Trento e di Bolzano. Colgo l'occasione anche per ringraziare gli amici della Lega e dell'opposizione per il sostegno datoci in tale difficile situazione.
Per questi motivi, annuncio l'astensione dal voto della componente delle Minoranze linguistiche (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Minoranze linguistiche e della Margherita, DL-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, penso che questo provvedimento sia frutto di una discussione nata male, nel senso che, già dalla scorsa legislatura, in quest'aula del Parlamento ma anche fuori, si è rincorsa un po' un'idea di federalismo che aveva alle spalle una sorta di ideologia, indipendentemente dagli obiettivi che ci si voleva prefiggere con una riforma federale.
Come è stato già ricordato, la storia del federalismo, i concetti e le esperienze di tutto il mondo sono di diversa natura. Da noi si verifica un processo inverso rispetto all'esperienza di altri paesi da questo punto di vista. Noi abbiamo pensato che fosse necessario dare seguito anche ai principi costituzionali con l'idea di regionalismo forte, di decentramento forte dei problemi. Tuttavia, la barra che avremmo considerato necessario seguire consisteva nell'avere chiari gli obiettivi: essere più vicini e rispondere meglio ai problemi dei cittadini e, certamente - questo dovrebbe essere il punto fondamentale di ogni riforma -, garantire i diritti universali previsti dalla Costituzione, rendendoli effettivamente esigibili. Questa è la questione che ci divide profondamente dall'impostazione del provvedimento al nostro esame ma, sostanzialmente, anche dall'esperienza che fin qui è stata compiuta in questa materia.
Anziché andare nella direzione indicata, si sono introdotti principi di sussidiarietà che, di fatto, hanno portato ad una privatizzazione dei servizi e ad una cancellazione dei diritti. Anziché cercare di alzare il livello delle garanzie dal punto di vista dei diritti, nei fatti - e le esperienze di questi anni lo dimostrano - si va tendenzialmente verso una differenziazione e, a volte, verso una contrapposizione e una competizione tra regioni. In tal modo, alle differenze già esistenti tra le diverse condizioni dei cittadini e delle cittadine si aggiungono le differenze territoriali. Questo è il bilancio che io penso siamo tenuti a fare. In questa legge attuativa si aggiunge un dato che noi consideriamo grave dal punto di vista politico, quello della costituzionalizzazione di fatto del patto di stabilità interno, un patto interno all'Europa, che noi non avevamo condiviso perché consideravamo che l'Europa dovesse avere altri parametri di riferimento per costruire la sua identità e la sua unità. Tuttavia, quello dei bilanci è diventato l'unico parametro e questo parametro è stato introiettato non solo sul territorio nazionale, ma addirittura condiziona e oggi, a questo punto, con questa legge attuativa, diventa vincolante rispetto ai bilanci degli enti locali. Noi consideriamo che questo sia un fatto molto grave perché già nel corso di questi ultimi anni la spinta, i vincoli e le pressioni che venivano dalle leggi nazionali rispetto agli enti locali, che spingevano al risparmio, ai tagli della spesa sociale e a questi processi di privatizzazione, ha portato a risultati preoccupanti. Infatti, vi sono segnalazioni le quali ci dicono che in virtù di questi vincoli di bilancio, di questa richiesta di tagli nelle spese sociali ed anche di questo superpotere degli esecutivi rispetto alle assemblee legislative, si sono portate più parti a chiedere, per esempio, che si superasse addirittura il contratto della sanità, una materia prettamente, quasi esclusivamente, di competenza delle regioni. Queste sono le spinte che vengono avanti e questi sono gli effetti concreti che noi possiamo misurare.
A questo punto siamo sul terreno di una legge attuativa. Tuttavia, a queste considerazioni e a queste esperienze, che già ci fanno esprimere in premessa una valutazione negativa sulla legge costituzionale che la ispirò, si aggiunge che, in ogni caso, questa legge attuativa oggi non risponde all'esigenza di chiarire le competenze e i conflitti di competenza che si sono determinati nel corso di questi mesi e di questi anni, con una confusione di ruoli e soprattutto non risponde ad un percorso di attuazione che, così come si è cercato di fare sul terreno della normativa comunitaria, avrebbe potuto porre rimedio a quegli elementi non chiari o che, comunque, meritano delle precisazioni proprio sul terreno dei diritti sociali.
Questo non è stato fatto e noi ora siamo in presenza di una legge che mantiene, anzi peggiora, un impianto già da noi considerato non positivo. Essa si colloca nei fatti in un contesto ancora più preoccupante, in una confusione ed in un pasticcio istituzionale che si è determinato, sicché noi stiamo per approvare una legge attuativa di una riforma, avendo questo Parlamento già votato un'altra modifica costituzionale, come quella della cosiddetta devoluzione che spinge oltre misura la territorialità, le differenziazioni e la deregolamentazione di quei diritti che noi riteniamo debbano essere la premessa di queste riforme. Come è stato più volte denunciato, siamo dentro a una divisione della maggioranza che non si comprende quali ulteriori novità ci riservi dal punto di vista di una nuova riforma che è stata annunciata.
Pertanto, l'esito e gli effetti concreti della legge che noi andiamo oggi a votare non sono chiarissimi, perché non è chiaro quale sarà il percorso che questo Governo intende seguire su questa enorme partita delle riforme costituzionali. Quelle che conosciamo però sono già le esperienze fin qui maturate ed è uno sbarramento che si insiste perché venga perseguito, ovvero quella della privatizzazione dei servizi, della competizione e della disgregazione territoriale sul terreno sociale, del rispetto dei vincoli di bilancio, che porterà necessariamente gli enti locali ad un taglio delle spese sociali e della spesa corrente.
Questi punti fondamentali - che ispirano le politiche del Governo - sono molto gravi, rappresentano gli elementi di fondo che costringono il nostro partito, non solo ad opporsi anche fuori dal Parlamento, ma, sicuramente, ad esprimere oggi in aula un voto contrario nei confronti di questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista). l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, signor ministro, colleghi, anche i deputati dei Verdi - assieme agli altri gruppi del centrosinistra, dell'Ulivo rappresentati in quest'aula - annunciano la loro astensione su questo provvedimento. Si tratta di un'astensione che, se vi fosse stato un diverso contesto politico, istituzionale e costituzionale ed un più approfondito e costruttivo dialogo parlamentare, avrebbe potuto - lo dico senza difficoltà - anche tramutarsi (da parte nostra e di tutto il centrosinistra) in un voto positivo.
I gruppi del centrosinistra hanno lavorato in piena sintonia attraverso consultazioni, approfondimento delle questioni e - uso un'espressione atecnica - con un vero e proprio gioco di squadra anche in aula. Ciò che hanno detto i colleghi Bressa, Marone, Leoni, Amici e gli altri che sono intervenuti sono le stesse cose che avrei potuto dire io e credo che valga anche il viceversa. Abbiamo creduto alla riforma federalista ed abbiamo ritenuto giusto e doveroso che il Governo - rappresentato dal ministro La Loggia - si ponesse (anche se tardivamente) il problema relativo all'adeguamento dell'ordinamento al nuovo titolo V della Costituzione, che è entrato in vigore alla fine del 2001 dopo il referendum confermativo del 7 ottobre 2001. Quando questo provvedimento entrerà in vigore saranno ormai passati circa due anni, quindi queste norme erano sicuramente attese e doverose.
In Commissione, in aula, riguardo alla questione sospensiva e nell'interlocuzione odierna abbiamo più volte sostenuto che le nostre riserve critiche debbono rimanere - è per questo che ci asterremo dal votare questo provvedimento - e le confermiamo con una forte preoccupazione in sede di dichiarazioni di voto finali.
Poco fa il ministro La Loggia ha finto di rispondere alle nostre richieste senza poter dire assolutamente nulla: finto tra virgolette, poiché ha formalmente risposto senza rispondere. In ogni caso, chiunque abbia un po' di sensibilità istituzionale se ne può rendere conto, lei per primo, signor ministro poiché ciò è dimostrato anche dall'andamento di questa vicenda. Al Senato i gruppi del centrosinistra, pur mantenendo alcune riserve sul testo, hanno votato a favore, ma è questo è avvenuto nel momento in cui è stato imposto il voto sulla cosiddetta devoluzione. La maggioranza di centrodestra (composta da esponenti dell'UDC, di Forza Italia e di Alleanza nazionale) sostenne che alla Camera sarebbe stata rimessa in discussione la devoluzione. Alla Camera invece - il presidente Bruno ne è, ahimè, buon testimone poiché ne è stato il relatore - riguardo il provvedimento sulla devoluzione ci si è presi in giro per alcune settimane; noi credevamo di poter approfondire, migliorare e correggere il testo, mentre voi non ci prendevate sul serio. Infine, si è sostenuto che il provvedimento era blindato e che perciò non si doveva cambiare una virgola. Tutto questo però verrà rimesso in discussione in un nuovo disegno di legge costituzionale che cambierà il titolo V della Costituzione attraverso, ad esempio, l'abolizione della legislazione concorrente, quella rispetto alla quale bisogna individuare i principi fondamentali di competenza dello Stato.
L'articolo 1 del disegno di legge attuale delega il Governo per la definizione ricognitiva dei principi fondamentali previsti per la legislazione concorrente, ma lo stesso Governo presenta un disegno di legge costituzionale di ulteriore riforma del titolo V che abolisce la legislazione concorrente.
Ma è lo stesso Governo che ci ha imposto, che vi ha imposto - e mi riferisco a voi della maggioranza - di esprimere un voto favorevole sulla devoluzione del ministro Bossi; si è detto, per convincere i gruppi dell'UDC, di Alleanza nazionale ed una parte di Forza Italia, che si tratta comunque di un voto formale per permettere a Bossi di sventolare a Pontida e nel corso delle elezioni del 25 maggio la bandierina innocua della devoluzione perché poi il voto vero sarà quello che si esprimerà sul nuovo disegno di legge di riforma del titolo V della Costituzione.

Sullo schema del nuovo disegno di legge di riforma del titolo V della Costituzione approvato in Consiglio dei ministri, ancora non presentato in Parlamento, sono già partite alcune "sparate" a raffica da parte degli esponenti della Lega. Forse vi sarà lo stesso scenario - il collega Bressa lo ha già detto - che abbiamo avuto con Maroni all'epoca del decreto Biondi. Allora, Maroni, ministro dell'interno, disse che aveva firmato il provvedimento senza leggere e che non aveva capito.

ALFREDO BIONDI. Aveva capito.

MARCO BOATO. Aveva capito, ma poi ha ritirato... Adesso, comunque, vi è lo stesso scenario, ma Biondi ha già sopportato una volta: perché dobbiamo farlo patire una seconda volta? Tutto questo, ministro La Loggia, sottosegretario Gagliardi, presidente Bruno, relatore Cristaldi, vice presidente Fontanini, colleghi, è - permettetemelo di dire - poco serio.
Non si può giocare con le istituzioni! Non si può fare il gioco delle tre carte: una volta vi è la legge di attuazione, una volta vi è la devoluzione ed un'altra volta vi è il restyling del titolo V della Costituzione, ma poi non si è più d'accordo. È un giochetto delle tre carte che si può fare, e non me ne abbia il collega Marone, solo per ragioni di localizzazione, in qualche stazione partenopea nella quale vi sono gli specialisti di tale gioco (vi sono anche altrove, anche a Trieste come mi suggerisce il presidente Bruno).
Non si può giocare al gioco delle tre carte quando si hanno responsabilità di Governo, responsabilità costituzionali ed istituzionali. È per tale motivo che noi del centrosinistra, noi dell'Ulivo abbiamo contribuito a correggere, a migliorare, a far attuare, a far giungere in porto questo provvedimento che, fra qualche settimana, diventerà legge dello Stato (è comunque positivo che ciò avvenga). Tuttavia, non possiamo non esprimere la nostra distanza politica, direi persino culturale ed etica da questo modo di procedere ed è, pertanto, questa la ragione fondamentale della nostra astensione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, signor ministro, con questo vostro disegno di legge costituzionale date finalmente attuazione al titolo V della Costituzione, affrancandovi anche da una sorta di finzione che vi ha accompagnato nel corso di questi mesi. Il Governo e la maggioranza hanno ripetuto più volte in quest'aula che la riforma del titolo V della Costituzione apparteneva solo alla maggioranza della XIII legislatura, dimenticando non solo il referendum costituzionale, ma anche un fatto altrettanto importante, vale a dire che quel testo era, per nove decimi, identico a quello che è stato approvato in Commissione bicamerale e sul quale è stato espresso in questa Camera un voto da parte di tutti, ad eccezione del gruppo della Lega. È stato votato dal presidente Berlusconi, dal vicepresidente Fini e da tutti i maggiori esponenti dell'attuale maggioranza politica.
Pertanto, anche se con ritardo, si tratta del primo atto, che cancella questa finzione, di un riconoscimento estremamente importante del fatto che la Costituzione in questo nostro paese deve essere applicata. È un atto dovuto da parte vostra che comunque noi riconosciamo importante, anche perché è il primo provvedimento, che questo Governo e questa maggioranza sottopongono all'esame ed al voto del Parlamento, di sapore autenticamente federale, anche se si tratta di un riconoscimento debole, in parte affetto da un'eccessiva timidezza.
Infatti, appare sicuramente timida e, direi, per certi aspetti anche non del tutto compatibile con la riforma costituzionale adottata con legge n. 3 del 2001, che ha introdotto un criterio squisitamente federale nel riparto delle competenze legislative. La ricognizione dei principi è un aspetto importante, ma rappresenta un atto di timidezza che probabilmente non sortirà tutti gli effetti sperati. Tuttavia, si tratta di un passo in avanti rispetto alle finzioni che sino ad oggi hanno caratterizzato l'atteggiamento del Governo e della maggioranza.
È un atto timido perché non sarà facile stabilire cosa sia principio e cosa non lo sia, diventando quindi norma di dettaglio di competenza delle regioni. Questa non è affatto un'operazione meramente ricognitiva; tuttavia, noi abbiamo voluto riconoscere all'intelligenza legislativa del ministro La Loggia l'invenzione di questo strumento che sicuramente farà compiere dei passi in avanti al processo di riforma. Di fronte a questa intelligenza legislativa e alla sapienza politica del ministro La Loggia vi sono molte altre questioni che invece non ci convincono affatto. Ne abbiamo discusso ampiamente nel corso di questo dibattito e mi limiterò a citarne brevemente alcune: in primo luogo, si pone la questione dell'articolo 6, relativo all'attività internazionale delle regioni. Qui si pone l'importante questione della pienezza dei poteri per la firma dei trattati in capo alle regioni che, con questa legge di attuazione, viene fortemente menomata. Infatti, la possibilità del treaty making power è subordinata a valutazioni, compiute dal Ministero degli esteri, sentito il Dipartimento per gli affari regionali, non soltanto di legittimità ma anche di opportunità politica. Questa subordinazione della pienezza dei poteri per la firma dei trattati sembra sollevare il dubbio che l'articolo 6 del disegno di legge che stiamo per approvare possa essere andato oltre il mandato conferito dall'articolo 117, nono comma della Costituzione e che questa norma attuativa possa ledere in misura eccessiva la potestà di autodeterminazione delle regioni in materie che la Costituzione ha loro rimesso direttamente.
Vi è poi la questione dell'articolo 7, in tema di Corte dei conti. La soppressione dell'articolo 130 della Costituzione ha rappresentato un passaggio non da tutti "digerito" e si tenta, in maniera ossessiva da parte di qualcuno, di modificare quella che invece è stata salutata come una delle novità più importanti sulla via di un processo di federalizzazione della nostra Repubblica. Noi abbiamo assistito ad uno strano balletto da parte del Governo: al Senato, il Governo, proprio per volontà del ministro La Loggia, accoglie un nostro emendamento che riportava il futuro assetto della Corte dei conti fuori dalle secche delle logiche formalistiche che ormai rappresentano la tenaglia che non blocca soltanto l'attività logica della Corte dei conti, ma è fonte anche di un conflitto infinito con regioni, province e comuni; al Senato quindi il Governo sembrava "aprire" verso questa direzione. Inspiegabilmente, o meglio molto spiegabilmente, le pressioni di qualche autorevole consigliere della Corte dei conti che quest'oggi ha compiti di alta responsabilità presso la Presidenza del Consiglio, ha fatto fare marcia indietro al Governo e la cosa non è bella! Infatti, lei, signor ministro, aveva coraggiosamente e giustamente intrapreso una strada che alcune lobby interne al Governo hanno voluto mettere in discussione. Mi consenta, signor ministro: l'aver accettato da parte mia, lo ripeto ancora una volta masochisticamente, non l'ordine del giorno a firma Bressa, Marone e Boato, ma il nuovo ordine del giorno La Loggia, rappresenta semplicemente un atto di fiducia nei suoi confronti.
È un atto di rispetto e di fiducia nella sua serietà, sapendo però che, all'interno del Governo, lei avrà vita dura, se davvero intende mettere mano alla riforma della Corte dei conti, perché i tentacoli della lobby più conservatrice e reazionaria della Corte dei conti tenteranno ancora una volta di strangolare questi timidi tentativi di riforma. Le ripeto, è stato solo un gesto di cortesia istituzionale e di fiducia personale rispetto a quello che lei potrà fare e le auguro, da questo punto di vista, davvero buona fortuna.
Vi è poi l'articolo 8, quello dei poteri sostitutivi, un'altra partita molto delicata che non ci vede convinti. La mancanza di una tipizzazione delle cause di esercizio del potere sostitutivo, l'esiguità dei meccanismi collaborativi - vi è solo la fissazione di un termine senza alcun obbligo di consultazione dell'ente inadempiente, non c'è un contraddittorio per accertare l'inadempienza -, l'assenza di precisazioni in ordine al rapporto tra il ricorso a questo potere e la tutela in via giurisdizionale ex articolo 127 davanti alla Corte costituzionale e, infine, la mancata previsione di meccanismi di restituzione del potere esercitato in via sostitutiva all'ente locale, una volta accertata l'idoneità di questo a provvedere, inducono a dubitare che l'articolo 8 abbia previsto una disciplina rispettosa dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione, come era invece richiesto dall'articolo 120 della Costituzione.
Vi è poi tutta la partita riferibile all'articolo 2, alla delega per l'adeguamento delle disposizioni in materia di enti locali. Noi abbiamo riproposto in questa sede un emendamento che riproduceva alla lettera l'accordo istituzionale del giugno 2002 che voi avevate firmato, che il Presidente Berlusconi aveva firmato! La vostra "timidezza" è tale che apparati interni alla Presidenza del Consiglio dei ministri vi hanno fatto fare dei passi indietro. Non avete nemmeno il coraggio di attestarvi su posizioni che voi avete firmato in accordo con il mondo delle autonomie locali!

PRESIDENTE. Onorevole Bressa, la prego di concludere.

GIANCLAUDIO BRESSA. Accenno soltanto per titolo alla questione del federalismo fiscale sulla quale mi sono precedentemente soffermato. Ma le pare possibile, ministro La Loggia, che questo, che è il cuore della riforma federale, debba essere giudicato non ancora sufficientemente maturo all'interno del Governo? Non è maturo perché voi non avete voluto minimamente mettere mano a questa partita!
Infine, mi consenta - e con questo concludo - di fare riferimento a quella che è stata la sua replica politica. Lei ha parlato di percorsi futuri di riforma costituzionale, facendoci capire che quanto è avvenuto qualche settimana fa all'interno del Consiglio dei ministri è stato solo, come dire, una sorta di sondaggio di opinione. Allora la prego di comunicare al ministro Giovanardi, che le siede accanto, o al presidente Follini, i quali dicevano che la condizione fondamentale per votare la devoluzione di Bossi era che il Consiglio di ministri approvasse una nuova riforma del titolo V, che questo non è avvenuto, che si è trattato solo di un sondaggio di opinione! Se invece questo non è vero e quella era un'ipotesi di riforma costituzionale, allora lei ha il dovere di avvisare il ministro Bossi - che oggi non siede al suo fianco -, di dirgli che sta sbagliando lui, che non è un sondaggio di opinione, ma una vera riforma che sostanzialmente svuota l'ipotesi della devoluzione.
Vede, io le ho riconosciuto sapienza politica, intelligenza politica e consumata abilità, ministro La Loggia. Però le consiglio di rifarsi ad un altro consumato uomo politico, il Presidente Lincoln, il quale diceva che si può imbrogliare una persona tutte le volte, si possono imbrogliare tutte le persone una volta, ma non si possono imbrogliare tutti tutte le volte. Il suo Governo, in tema di riforme costituzionali ha scelto questa strada: imbrogliare tutti tutte le volte! Noi non ci stiamo, non ci caschiamo in questo scherzetto e siamo qui per denunciare tutti questi vostri imbrogli! Lo abbiamo fatto nelle scorse settimane, lo facciamo oggi e lo faremo sempre. Tutti questi motivi ci portano ad astenerci dal voto su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.

PIETRO FONTANINI. La ringrazio, signor Presidente. La Lega nord Padania voterà a favore di questo provvedimento. Tuttavia, essa intende rimarcare ancora una volta l'urgenza dell'effettivo trasferimento di competenze e correlati mezzi finanziari a comuni, province e regioni per avviare il federalismo nel nostro paese.
Noi riteniamo che in questo provvedimento ci siano i presupposti per trasformare la macchina amministrativa dell'Italia, ancora fortemente caratterizzata da un'ispirazione centralista, in una forma più moderna e più snella in cui le regioni e le autonomie locali possano esprimere le loro grandi qualità amministrative. In particolare, chiediamo al Governo di non tergiversare nel trasferire funzioni alle regioni e che queste siano accompagnate da trasferimenti finanziari congrui, per dare modo ai nostri enti locali di espletare concretamente le funzioni conferite.
Dare attuazione al titolo V della Costituzione, secondo un'ispirazione federalista, significa dare attuazione ad uno dei punti qualificanti del programma di Governo. Le forze politiche che si ispirano ad un corretto federalismo ritengono che la piena attuazione del titolo V debba passare attraverso una serie di trasferimenti di funzioni dal centro alla periferia, con il sostegno delle risorse finanziarie che debbono essere ancorate ai territori ed alle popolazioni che le producono.
Noi, deputati del gruppo della Lega Nord, non condividiamo certe riforme costituzionali che vogliono far fare all'Italia un'involuzione federalista e lo diciamo a lei, signor ministro La Loggia. Noi, insieme a tutti i membri del Governo, abbiamo ricevuto dai cittadini italiani un preciso mandato: fare dell'Italia un paese federale e su quest'impegno non siamo disposti a rinnegare il mandato ricevuto dagli elettori (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, credo che l'intervento del collega Fontanini dimostri, ancora una volta, che, in realtà, il ministro Bossi si occupa di federalismo e di riforme federali solo sui giornali. Non lo fa realmente. Abbiamo tutti letto sui giornali che il gruppo della Lega avrebbe votato contro. Abbiamo letto le dichiarazioni di Bossi il quale afferma che questa legge non gli piace perché...

SERGIO ROSSI. Stai sbagliando legge!

RICCARDO MARONE. Non questa, l'altra legge La Loggia. Ho capito. Questo è un altro degli equivoci. Infatti, è effettivamente sorprendente che il ministro La Loggia - ci piace essere caduti in questo equivoco - con una mano firmi una legge con cui si stabiliscono i principi fondamentali della legislazione concorrente e con l'altra una legge con cui abolisce la legislazione concorrente. La chiarezza di idee di questo Governo ci sembra eccezionale, anche perché il ministro ha dichiarato che questo provvedimento rimarrà nel tempo. Siamo convinti che rimarrà nel tempo perché, in realtà, l'altra riforma La Loggia non la realizzerete mai. Non avete la voglia né i numeri per realizzarla. Restiamo perplessi su questo atteggiamento del Governo così ondivago e su questa concezione del federalismo così poco coerente con la nostra Costituzione.
Mi rendo conto che il ministro Bossi considera la Costituzione cavilli giuridici e coloro che si occupano di diritto costituzionale personaggi cavillosi (come il senatore D'Ambrosio o il ministro La Loggia). Noi, invece, continuiamo a ritenere che la Costituzione, non solo quella risultante dalla modifica del titolo V, ma anche quella precedente ed in particolare l'articolo 5, approvato oltre cinquant'anni fa, segni il giusto equilibrio tra esigenze di interesse e identità nazionale ed esigenze di federalismo. Bisognerebbe ricordare al ministro Bossi che l'articolo 5 della Costituzione - i nostri padri costituenti la sapevano scrivere -, proprio l'articolo riguardante le autonomie, dispone che la Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali.
Non a caso, l'affermazione dell'unità e dell'indivisibilità del nostro paese, della nostra Repubblica, è contenuta nell'articolo che disciplina le autonomie locali: ciò significa che il disegno delle autonomie deve garantire, da una parte, l'unità, quindi, l'interesse nazionale e l'indivisibilità, della Repubblica - certamente non quelle pagliacciate della secessione di cui si parlava fino a qualche tempo fa - e, dall'altra, la reale autonomia, il reale decentramento delle funzioni.
Tutto questo, in realtà, non avviene per un motivo fondamentale: se è pur vero che il ministro La Loggia ha avviato l'adeguamento del titolo V, è anche vero che sulla parte fondamentale del titolo V, sulla parte delle risorse finanziarie, questo Governo è completamente fermo. Nella sua replica, il ministro ci ha detto che non è vero, che si sta cominciando a lavorare al tema del federalismo fiscale; ma, con le sue stesse parole, egli ha riconosciuto che ci sono voluti ben due anni per istituire una commissione che cominciasse a lavorare su questi temi. Ciò dimostra quanta sia la sensibilità di questo Governo sul tema del federalismo fiscale.
Noi siamo fermamente convinti che l'adeguamento e l'attuazione del titolo V passano, anzitutto, per l'attuazione dell'articolo 119 e per l'attuazione del federalismo fiscale. Avevamo proposto un emendamento articolato e molto approfondito su questo tema e, perciò, ci aspettavamo un confronto; invece, ci è stato dato soltanto un parere contrario perché, così è stato detto, il Governo sta studiando il tema ed ha istituito un'apposita commissione di studio. Io credo che, studiando studiando, in realtà, non si voglia concretamente attuare e realizzare il federalismo del titolo V.
Tutto ciò lo dico anche alla luce della confusione che regna in questo Governo. Nella sua replica, il ministro ha tentato di trovare una coerenza tra la legge di adeguamento che oggi stiamo discutendo e la sua stessa proposta di modifica del titolo V: ha tentato di dimostrare che sono cose diverse e che seguono iter diversi (e questo lo sapevamo!). Il problema è: qual è la volontà politica di questo Governo? Se è vero che stiamo ragionando di provvedimenti di rango diverso, che si trovano in fasi procedimentali diverse, non può essere diverso il disegno politico di questo Governo! Noi continuiamo a chiederci se sia veramente un disegno federalista ovvero di ricentralizzazione delle funzioni!
Questo disegno di legge La Loggia sul nuovo titolo V ancora non abbiamo avuto la possibilità di vederlo. Da quanto si legge, si prevederebbe l'abolizione della legislazione concorrente ed il ritrasferimento allo Stato di tutta una serie di materie di competenza regionale. Insomma, a quanto pare, non v'è alcunché che vada nel senso della sbandierata devolution di Bossi!
Ormai, siamo abituati a constatare che alle grandi parole ed alle grandi affermazioni fatte sui giornali segue poco sul piano della produzione legislativa. La tanto sbandierata devolution di Bossi, sulla quale si combatte tanto strenuamente nella maggioranza, più in relazione alle prossime elezioni amministrative che ad una reale volontà di riformare la Costituzione, in altro non consiste che in tre o quattro parole contenute in un comma: questa è tutta l'elaborazione del ministro per le riforme istituzionali!
Anche questo disegno di legge, che abbiamo accolto con grande favore e che doveva consentire l'attuazione concreta del titolo V, è un provvedimento che il Governo porta avanti sostanzialmente perché le regioni stanno spingendo fortemente in questa direzione. Sono le regioni che premono, quelle con governi coerenti con questa maggioranza non meno di quelle con governi diversi. Tutte le regioni spingono affinché si approvi finalmente una legge.
Però, noi non possiamo dare un giudizio complessivamente positivo su questo provvedimento, perché leggiamo in tutte le norme di questa legge, ogni volta che vi siano spazi di manovra nell'attuazione del titolo V, che la scelta del Governo, tra le due possibili interpretazioni che si possono dare, è sempre quella mirante ad una ricentralizzazione. E questo mi sembra in coerenza con il disegno di legge sul nuovo titolo V che il ministro La Loggia ha firmato e di cui un giorno forse discuteremo.
Noi abbiamo sempre notato in questo provvedimento una certa mentalità centralistica sia a livello governativo sia a livello regionale. C'è un forte accentramento delle funzioni delle regioni a scapito delle autonomie. Questo ci sembra grave, oltretutto perché non c'è il processo di sviluppo delle autonomie voluto dalla riforma del titolo V e voluto innanzitutto dall'articolo 5 della Costituzione. Nella concezione del ministro Bossi il federalismo è concepito come centralismo regionale e non come sviluppo delle autonomie, e noi su questo siamo profondamente contrari. Non a caso, quando abbiamo proposto l'emendamento all'articolo 11, esso è stato respinto con affermazioni che noi non condividiamo assolutamente.
Un altro esempio è quello sulle relazioni internazionali: invece di dare contenuto alla riforma del titolo V, invece di introdurre una legislazione di dettaglio che potesse dare contenuto, si è sostanzialmente introdotta una legislazione di "procedimentalizzazione", che, in ogni sua forma, ha imbrigliato le attività delle regioni con le autorizzazioni del Governo nazionale. Quindi, anche qui mi sembra che si sia persa un'occasione per sviluppare il discorso aperto con la riforma del titolo V, anziché tornare indietro come l'articolo 6 di questo provvedimento fa.

PRESIDENTE. Onorevole Marone...

RICCARDO MARONE. Complessivamente, quindi - e chiudo signor Presidente - non possiamo dare - anche se volevamo darlo - un voto favorevole su questo provvedimento e ci asterremo. Infatti, riteniamo che sia un provvedimento indispensabile per le esigenze delle regioni, ma non possiamo condividerne il contenuto nella sua totalità (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Saponara. Ne ha facoltà.

MICHELE SAPONARA. Signor Presidente, dichiaro il voto favorevole del gruppo di Forza Italia e chiedo alla Presidenza l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza sulla base dei consueti criteri.
Sono così concluse le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, intervengo proprio per tre minuti per dire tre cose. La prima. È successo ancora una volta oggi - dico ancora una volta perché non è la prima volta - che il Governo abbia impropriamente utilizzato il momento dell'espressione dei pareri sugli ordini del giorno per fare, di fatto, una replica. È accaduto oggi; siccome l'abbiamo chiesto noi al ministro La Loggia, desidero ringraziarlo perché, effettivamente, seppure in ritardo rispetto alle nostre richieste, ha dato una risposta puntuale in ordine agli orientamenti del Governo. Ovviamente, noi non li condividiamo, però c'è stata una presa di posizione.
Sennonché, Presidente, nel procedimento legislativo la fase della replica del Governo dà la possibilità ai colleghi, che lo ritenessero, di intervenire nuovamente. Ora, il fatto che la replica si svolga nel momento dell'espressione dei pareri sugli ordini del giorno impedisce, in pratica (perché poi è questa l'interpretazione che ne dà lei), ai colleghi di prendere la parola.
Guardi Presidente, non mi riferisco tanto agli escamotage che vengono utilizzati dal Governo o dalla maggioranza e nemmeno al fatto che, in questo modo, si priva l'opposizione della possibilità di intervenire dopo la replica del Governo: la questione è istituzionale. I parlamentari possono parlare dopo che il Governo è intervenuto per una questione di rispetto della forma, che in democrazia è sostanza. È il Parlamento a dover dire l'ultima parola. Io vorrei chiederle cortesemente, Presidente, di non considerare questo episodio come una prassi, ma - ahimè - soltanto un precedente da non ripetere.
Non è più possibile che il Governo utilizzi la fase dell'espressione del parere sugli ordini del giorno come occasione per fare una replica: il rispetto di ciò spetta alla Presidenza della Camera. In secondo luogo, si è verificato un piccolo incidente nel senso che il collega Monaco ha chiesto di parlare per esprimere la propria dichiarazione di voto sul complesso degli ordini del giorno. Anche in questo caso si è verificata una situazione che, sebbene in buona fede, non è la prima volta che accade. Come avviene per gli emendamenti, la parola sul complesso degli ordini del giorno va data prima che ciascun collega decida se chiedere o non chiedere la votazione o se ritirare o non ritirare l'ordine del giorno; non può, quindi, essere data dopo.
Signor Presidente, se noi svolgiamo una piccola indagine sui precedenti acquisendo delle informazioni al riguardo e assumiamo un orientamento e lo facciamo divenire definitivo, allora i comportamenti che la Presidenza terrà non solo non saranno soggetti a critiche o, peggio ancora, a censure, ma terranno tutti più tranquilli nel senso che noi disciplineremo le fasi della votazione degli ordini del giorno e della discussione sulla votazione degli ordini del giorno in maniera stabile e predeterminata evitando equivoci di ogni genere.
Da ultimo, Presidente, mi consenta di dirle che, avendo chiesto la parola un vicepresidente di gruppo, forse, dal punto di vista del buon funzionamento della Camera poteva anche consentire al collega Monaco di esprimere la sua opinione (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Onorevole Boccia, l'autorevolezza del vicepresidente del suo gruppo non è certo messa in discussione da me, anche perché, essendo lui impegnato sempre a mettere in discussione la mia, non potrei io restituirgli l'eguale moneta. Io ho solamente attenzione nei confronti dell'onorevole Monaco e apprezzo molto il modo con cui svolge, con encomiabile prestigio, il suo lavoro parlamentare.
Debbo dirle, però, che ho dei precedenti molto chiari su questo punto. Mi riferisco innanzitutto ad un precedente capitato all'onorevole Illy in cui è stato applicato esattamente un criterio diverso a quello a cui lei mi richiama. In quel caso il Presidente della Camera disse: "Onorevole Illy, mi scusi lei può chiedere la parola nella fase di dichiarazione di voto finale sul provvedimento non essendo più in votazione questo ordine del giorno".
Desidero precisare che il ministro La Loggia è intervenuto al fine di esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati. L'onorevole Monaco ha comunicato alla Presidenza la sua richiesta di parlare durante l'intervento del ministro. A termine di regolamento l'unico titolo che egli avrebbe avuto per parlare, non essendo presentatore di un ordine del giorno, sarebbe stato per dichiarazione di voto sul complesso degli ordini del giorno. Tale intervento avrebbe potuto aver luogo solo dopo che i presentatori avessero illustrato il loro ordine del giorno e dopo che il Governo avesse espresso il proprio parere. Poiché, a seguito dell'accettazione da parte del Governo degli ordini del giorno presentati non sussistevano ordini del giorno da porre in votazione, era venuta meno la possibilità di effettuare dichiarazioni di voto e, quindi, non ho ritenuto di dare la parola all'onorevole Monaco. Se ci fosse un'analoga situazione, mi comporterei esattamente nello stesso modo.
Per quanto riguarda invece il problema che lei ha posto in ordine all'invito al Governo a non riaprire sostanzialmente il dibattito con il parere sugli ordini del giorno, io accetto questo suo invito e lo trasmetto al Governo, ritenendolo fondato. Mi consenta di dire che è molto difficile il discrimine, nel momento in cui il Governo esprime un parere su un ordine del giorno, tra una valutazione sul contenuto dell'atto ed una valutazione politica più generale. In ogni caso, certamente per il futuro la Presidenza presterà la massima attenzione. Pertanto, le ripeto, la Presidenza trasmetterà al Governo questa sua giusta valutazione.

NICOLÒ CRISTALDI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NICOLÒ CRISTALDI, Relatore. Signor Presidente, anch'io consegnerò agli uffici il testo del mio intervento, ma desidero ringraziare, come relatore di questo provvedimento, tutti i componenti della Commissione che hanno dato la loro disponibilità per il raggiungimento di buoni risultati.
C'è stata un'ottima collaborazione anche con il Governo, e vorrei altresì rivolgere un ringraziamento ai funzionari, che anche in questo caso hanno confermato la loro alta professionalità.
Le motivazioni del voto favorevole di Alleanza nazionale su questo provvedimento, che colgo l'occasione per preannunciare, sono affidate alle modeste parole scritte che chiedo vengano pubblicate in calce al resoconto stenografico della seduta odierna (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. La Presidenza ne autorizza senz'altro la pubblicazione, sulla base dei consueti criteri.

 

(Coordinamento - A.C. 3590)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata a procedere al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

 

(Votazione finale e approvazione - A.C. 3590)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 3590, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva.

 

(S. 1545 - Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) (approvato dal Senato) (3590):
(Presenti 409
Votanti 245
Astenuti 164
Maggioranza 123
Hanno votato
230
Hanno votato
no 15).

Prendo atto che gli onorevoli Scherini, Santulli e Garagnani non sono riusciti a votare e che quest'ultimo avrebbe voluto esprimere voto favorevole.

(…)

La seduta termina alle 18,30

 

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DELL'ONOREVOLE SAPONARA SUL DISEGNO DI LEGGE N. 3590

MICHELE SAPONARA. I deputati del gruppo di Forza Italia voteranno a favore del disegno di legge di attuazione della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ed esprimono vivo apprezzamento per il lavoro intelligente svolto dal ministro La Loggia, il quale accogliendo molti suggerimenti dell'opposizione, è riuscito a rispettarli pienamente, correggendone, quanto è stato possibile, gli aspetti poco chiari. E la conferma della bontà della legge viene dall'atteggiamento dell'opposizione, che pur astenendosi, non ha potuto non apprezzare lo sforzo del Governo. Comunque questa legge rappresenta il primo ed importante passo per la riforma federalista dello Stato.

 

 CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELL'INTERVENTO DEL RELATORE NICOLÒ CRISTALDI SUL DISEGNO DI LEGGE N. 3590

NICOLÒ CRISTALDI, Relatore. Ribadisco in sede di votazione finale le motivazioni già espresse in sede di discussione sulle linee generali. È stato fatto un buon lavoro e desidero cogliere l'occasione per ringraziare quanti hanno collaborato alla serenità del dibattito ed al raggiungimento del testo definitivo che consente di compiere un ulteriore passo verso la modernizzazione del nostro paese.
Con il presente provvedimento si entra nelle fasi attuative del nuovo Titolo V della Costituzione. Grazie a questo testo, tra l'altro, si introducono alcuni meccanismi positivi utili al migliore funzionamento della Repubblica attraverso i suoi elementi istituzionali.
Con questo disegno di legge si danno poteri concreti ed esecutivi alle regioni a statuto ordinario e si conferma la salvaguardia operativa delle regioni a statuto speciale nonché delle province autonome di Trento e di Bolzano.
Grande spazio hanno trovato in questo disegno di legge le legittime rivendicazioni della autonomie locali che possono ora affermare di vedere riconosciute esecutivamente le loro prerogative costituzionali.
Con il voto di oggi viene riconosciuto l'alto ruolo delle conferenze Stato-Regioni e l'alta funzione della Conferenza unificata.
Ci sarà un momento successivo in cui il Parlamento dovrà tornare su alcuni aspetti per il pieno raggiungimento del federalismo nel nostro paese anche per gli aspetti finanziari.
Mi si consenta infine di ringraziare i componenti della Commissione per la maniera con la quale hanno attuato il loro ruolo politico nel rispetto del ruolo della Commissione, del relatore e di ogni opinione diversa espressa sia in Commissione che in aula.
Infine rivolgo un particolare ringraziamento ai funzionari della Commissione che hanno, con il loro operato, confermato la loro alta professionalità.
Colgo l'occasione per ribadire il voto favorevole dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale.

 

Allegato A
Seduta n. 301 del 29/4/2003

(A.C. 3590 - Sezione 1)

ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 8.
(Attuazione dell'articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo).

1. Nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120 della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Regione interessata al provvedimento.
2. Qualora l'esercizio del potere sostitutivo si renda necessario al fine di porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria, gli atti ed i provvedimenti di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro competente per materia. L'articolo 11 della legge 9 marzo 1989, n. 86, è abrogato.
3. Fatte salve le competenze delle Regioni a statuto speciale, qualora l'esercizio dei poteri sostitutivi riguardi Comuni, Province o Città metropolitane, la nomina del commissario deve tenere conto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Il commissario provvede, sentito il Consiglio delle autonomie locali qualora tale organo sia stato istituito.
4. Nei casi di assoluta urgenza, qualora l'intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall'articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che possono chiederne il riesame.
5. I provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati alle finalità perseguite.
6. Il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni; in tale caso è esclusa l'applicazione dei commi 3 e 4 dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Nelle materie di cui all'articolo 117, terzo e quarto comma, della Costituzione non possono essere adottati gli atti di indirizzo e di coordinamento di cui all'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e all'articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 8.
(Attuazione dell'articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo).

Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: articolo 120 aggiungere le seguenti: , secondo comma,
8. 9. Boccia.
(Approvato)

 

Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: enti locali, aggiungere le seguenti: sentito il parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali,
8. 2.
Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.

 

Al comma 1, primo periodo, sopprimere le parole: o necessari.
8. 11. Boccia.

 

Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: sentito l'organo interessato aggiungere le seguenti: e la Commissione parlamentare per le questioni regionali.
8. 3.
Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.

 

Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: adotta i provvedimenti aggiungere le seguenti: provvisori e.
8. 1.
Boato, Amici, Bressa, Leoni, Marone, Pisicchio, Buemi, Pappaterra, Sgobio.

 

Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: provvedimenti necessari aggiungere le seguenti: in sostituzione dei predetti organi.
8. 4.
Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.

 

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: , anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario con le seguenti: ovvero nomina un commissario ad acta che vi provvede in sostituzione dell'organo inadempiente entro dieci giorni.
8. 10. Boccia.

 

Al comma 1, secondo periodo, sostituire la parola: Regione con le seguenti: Giunta regionale.
8. 15. La Commissione.
(Approvato)

 

Al comma 2, primo periodo, dopo le parole: al fine di porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria aggiungere le seguenti: o per garantire i livelli essenziali delle prestazioni inerenti i diritti civili e sociali universalmente riconosciuti ai sensi della Costituzione.
8. 6. Mascia, Giordano.

 

Al comma 4, sopprimere le parole da: , che sono immediatamente fino alla fine del comma.
8. 7. Mascia, Giordano.

 

Al comma 4, dopo le parole: Comunità montane aggiungere le seguenti: e alla Commissione parlamentare per le questioni regionali.
8. 5. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.

 

Al comma 5, aggiungere, in fine, le parole: e devono riguardare esclusivamente e strettamente l'adozione degli atti dovuti ai sensi del secondo comma dell'articolo 120 della Costituzione.
8. 12. Boccia.

 

Al comma 6, primo periodo, sopprimere le parole: di Conferenza Stato-Regioni o.
8. 8. Mascia, Giordano.

 

(A.C. 3590 - Sezione 2)

ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 9.
(Attuazione degli articoli 123, secondo comma, e 127 della Costituzione, in materia di ricorsi alla Corte costituzionale).

1. L'articolo 31 della legge 11 marzo 1953, n. 87, è sostituito dal seguente:
"Art. 31. - 1. La questione di legittimità costituzionale di uno statuto regionale può, a norma del secondo comma dell'articolo 123 della Costituzione, essere promossa entro il termine di trenta giorni dalla pubblicazione.
2. Ferma restando la particolare forma di controllo delle leggi prevista dallo statuto speciale della Regione siciliana, il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere, ai sensi dell'articolo 127, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale della legge regionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione.
3. La questione di legittimità costituzionale è sollevata, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, anche su proposta della Conferenza Stato-Città e autonomie locali, dal Presidente del Consiglio dei ministri mediante ricorso diretto alla Corte costituzionale e notificato, entro i termini previsti dal presente articolo, al Presidente della Giunta regionale.
4. Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della Corte costituzionale entro il termine di dieci giorni dalla notificazione".

2. Il secondo comma dell'articolo 32 della legge 11 marzo 1953, n. 87, è sostituito dal seguente:
"La questione di legittimità costituzionale, previa deliberazione della Giunta regionale, anche su proposta del Consiglio delle autonomie locali, è promossa dal Presidente della Giunta mediante ricorso diretto alla Corte costituzionale e notificato al Presidente del Consiglio dei ministri entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell'atto impugnati".

3. Al primo comma dell'articolo 33 della legge 11 marzo 1953, n. 87, le parole: "dell'articolo 2, secondo comma, della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1" sono sostituite dalle seguenti: "dell'articolo 127, secondo comma, della Costituzione".
4. L'articolo 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87, è sostituito dal seguente:
"Art. 35. - 1. Quando è promossa una questione di legittimità costituzionale ai sensi degli articoli 31, 32 e 33, la Corte costituzionale fissa l'udienza di discussione del ricorso entro novanta giorni dal deposito dello stesso. Qualora la Corte ritenga che l'esecuzione dell'atto impugnato o di parti di esso possa comportare il rischio di un irreparabile pregiudizio all'interesse pubblico o all'ordinamento giuridico della Repubblica, ovvero il rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti dei cittadini, trascorso il termine di cui all'articolo 25, d'ufficio può adottare i provvedimenti di cui all'articolo 40. In tal caso l'udienza di discussione è fissata entro i successivi trenta giorni e il dispositivo della sentenza è depositato entro quindici giorni dall'udienza di discussione".
5. Le Regioni assicurano la pronta reperibilità degli atti recanti la pubblicazione ufficiale degli statuti e delle leggi regionali.
6. Nei ricorsi per conflitto di attribuzione tra Stato e Regione e tra Regione e Regione, di cui agli articoli da 39 a 42 della legge 11 marzo 1953, n. 87, proposti anteriormente alla data dell'8 novembre 2001, il ricorrente deve chiedere la trattazione del ricorso, con istanza diretta alla Corte costituzionale e notificata alle altre parti costituite, entro quattro mesi dal ricevimento della comunicazione di pendenza del procedimento effettuata a cura della cancelleria della Corte costituzionale; in difetto di tale istanza, il ricorso si considera abbandonato ed è dichiarato estinto con decreto del Presidente.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 9.
(Attuazione degli articoli 123, secondo comma, e 127 della Costituzione, in materia di ricorsi alla Corte costituzionale).

Al comma 1, capoverso ART. 31, comma 2, sostituire la parola: siciliana con la seguente: Sicilia.
9. 4. La Commissione.

 

Al comma 1, capoverso ART. 31, comma 3, sopprimere le parole: anche su proposta della Conferenza Stato-Città e autonomie locali,
9. 2. Mascia, Giordano.

 

Al comma 2, capoverso, premettere le parole: Salvo diversa disposizione dello statuto regionale,
9. 3. Boccia.

 

Sopprimere il comma 4.
9. 1. Collè, Brugger, Zeller, Widmann, Detomas.

 

 

(A.C. 3590 - Sezione 3)

ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 10.
(Rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie).

1. In ogni Regione a statuto ordinario il prefetto preposto all'ufficio territoriale del Governo avente sede nel capoluogo della Regione svolge le funzioni di rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie.
2. Nell'esercizio delle funzioni di cui al comma 1, il rappresentante dello Stato cura in sede regionale:
a) le attività dirette ad assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione tra Stato e Regione, nonché il raccordo tra le istituzioni dello Stato presenti sul territorio, anche attraverso le conferenze di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, al fine di garantire la rispondenza dell'azione amministrativa all'interesse generale, il miglioramento della qualità dei servizi resi al cittadino e di favorire e rendere più agevole il rapporto con il sistema delle autonomie;
b) la tempestiva informazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari regionali e ai Ministeri interessati degli statuti regionali e delle leggi regionali, per le finalità di cui agli articoli 123 e 127 della Costituzione, e degli atti amministrativi regionali, agli effetti dell'articolo 134 della Costituzione, nonché il tempestivo invio dei medesimi atti all'ufficio dell'Avvocatura dello Stato avente sede nel capoluogo;
c) la promozione dell'attuazione delle intese e del coordinamento tra Stato e Regione previsti da leggi statali nelle materie indicate dall'articolo 118, terzo comma, della Costituzione, nonché delle misure di coordinamento tra Stato e autonomie locali, di cui all'articolo 9, comma 5, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
d) l'esecuzione di provvedimenti del Consiglio dei ministri costituenti esercizio del potere sostitutivo di cui all'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, avvalendosi degli uffici territoriali del Governo e degli altri uffici statali aventi sede nel territorio regionale;
e) la verifica dell'interscambio di dati e informazioni rilevanti sull'attività statale, regionale e degli enti locali, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, riferendone anche al Ministro per l'innovazione e le tecnologie;
f) l'indizione delle elezioni regionali e la determinazione dei seggi consiliari e l'assegnazione di essi alle singole circoscrizioni, nonché l'adozione dei provvedimenti connessi o conseguenti, fino alla data di entrata in vigore di diversa previsione contenuta negli statuti e nelle leggi regionali;
g) la raccolta delle notizie utili allo svolgimento delle funzioni degli organi statali, costituendo il tramite per la reciproca informazione nei rapporti con le autorità regionali; la fornitura di dati e di elementi per la redazione della Relazione annuale sullo stato della pubblica amministrazione; la raccolta e lo scambio dei dati di rilevanza statistica, da effettuarsi secondo gli standard e le metodologie de-finiti dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e avvalendosi anche dei suoi uffici regionali, d'intesa con lo stesso.

3. Nell'esercizio delle funzioni di cui al presente articolo il rappresentante dello Stato si avvale a tale fine delle strutture e del personale dell'ufficio territoriale del Governo.
4. Ai fini del presente articolo e per l'espletamento delle funzioni previste dall'articolo 1, comma 2, lettere e), f) e g), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 2001, n. 287, i segretari comunali e provinciali che, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono inseriti nella graduatoria di cui all'articolo 18, comma 9, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465, come modificato dall'articolo 7, comma 3, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, e che hanno presentato istanza di mobilità per gli uffici territoriali del Governo, sono assegnati, nel limite dei posti disponibili, agli stessi uffici, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'interno, con il Ministro per gli affari regionali e con gli altri Ministri interessati, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Restano ferme le disposizioni previste dal decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, e dai relativi decreti di attuazione.
5. Nelle Regioni a statuto speciale le funzioni del rappresentante dello Stato ai fini della lettera d) del comma 2 sono svolte dagli organi statali a competenza regionale previsti dai rispettivi statuti, con le modalità definite da apposite norme di attuazione.
6. Fatte salve le competenze spettanti alle Province autonome di Trento e di Bolzano, ai commissariati del Governo di Trento e di Bolzano si applicano le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 2001, n. 287.
7. Il provvedimento di preposizione all'ufficio territoriale del Governo del capoluogo di Regione è adottato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro per gli affari regionali.

8. All'articolo 4, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, le parole da: "autonomie locali" fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: "autonomie locali, nonché dell'Ufficio per il federalismo amministrativo, nel quale confluisce il personale addetto alla struttura di supporto del Commissario straordinario del Governo per l'attuazione del federalismo amministrativo, mantenendo il proprio stato giuridico; si avvale altresì, sul territorio, dei rappresentanti dello Stato nelle Regioni, che dipendono funzionalmente dal Presidente del Consiglio dei ministri".
9. All'articolo 11 della legge 10 febbraio 1953, n.62, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente:
"Le leggi regionali sono promulgate dal Presidente della Giunta. Il testo è preceduto dalla formula: "Il Consiglio regionale ha approvato. Il Presidente della Giunta regionale promulga"";
b) i commi secondo e terzo sono abrogati;
c) la rubrica è sostituita dalla seguente: "Promulgazione delle leggi regionali".

10. Sono abrogati: gli articoli 40, 43 e 44 della legge 10 febbraio 1953, n. 62; l'articolo 4, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616; l'articolo 13 della legge 23 agosto 1988, n. 400, ad eccezione del comma 3; l'articolo 3 del decreto legislativo 13 febbraio 1993, n. 40; l'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
11. Nelle norme dell'ordinamento giuridico, compatibili con le disposizioni della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, il riferimento al commissario del Governo è da intendersi al prefetto titolare dell'ufficio territoriale del Governo del capoluogo di Regione quale rappresentante dello Stato. Il presente comma comunque non concerne le norme compatibili con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3, aventi ad oggetto le Regioni a statuto speciale.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 10.
(Rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie).

Sopprimerlo.
10. 3. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.

 

Al comma 1, sostituire le parole da: prefetto fino a: Regione con le seguenti: Presidente della giunta regionale.

 

Conseguentemente:
al comma 3, sostituire le parole:
rappresentante dello Stato con le seguenti: Presidente della giunta regionale;
al comma 11, primo periodo, sostituire le parole da:
prefetto fino a: di Regione con le seguenti: Presidente della giunta regionale.
10. 4. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.

 

Al comma 2, sostituire le lettere da a) a g) con le parole: il coordinamento delle funzioni amministrative esercitate dagli uffici periferici dello Stato e le coordina con quelle esercitate dalle Regioni.
10. 5. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.

 

Al comma 2, lettera a), sopprimere le parole da: le attività fino a: nonché.
10. 6. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas.

 

Al comma 2, sopprimere la lettera b).
10. 7. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.

 

Al comma 2, sopprimere la lettera g).
10. 8. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.

 

Al comma 5, sostituire le parole da: del rappresentante fino alla fine del comma con le seguenti: di cui alla lettera d) del comma 2 sono svolte, compatibilmente con i rispettivi statuti speciali, secondo quanto definito da apposite norme di attuazione statutaria.
10. 19. Collè, Brugger, Zeller, Widmann, Detomas.

 

Al comma 5, sostituire le parole da: dagli organi statali fino alla fine del comma con le seguenti: , compatibilmente con i rispettivi statuti speciali, dagli organi statali a competenza regionale previsti dagli statuti medesimi, secondo quanto definito da apposite norme di attuazione statutaria.
*10. 16. Olivieri.

 

Al comma 5, sostituire le parole da: dagli organi statali fino alla fine del comma con le seguenti: , compatibilmente con i rispettivi statuti speciali, dagli organi statali a competenza regionale previsti dagli statuti medesimi, secondo quanto definito da apposite norme di attuazione statutaria.
*10. 17. Detomas, Brugger, Zeller, Widmann, Collè.

 

Al comma 5, sostituire le parole da: dagli organi statali fino alla fine del comma con le seguenti: , compatibilmente con i rispettivi statuti speciali, dagli organi statali a competenza regionale previsti dagli statuti medesimi, secondo quanto definito da apposite norme di attuazione statutaria.
*10. 18. Boato, Bressa.

 

Sopprimere il comma 6.
**10. 2. Bressa, Leoni, Boato, Marone, Amici, Buemi, Pisicchio, Pappaterra, Sgobio.

 

Sopprimere il comma 6.
**10. 9. Zeller, Brugger, Widmann, De-tomas, Collè.

 

Sostituire il comma 6 con il seguente:
6. Nel rispetto dello Statuto speciale di autonomia e delle relative norme di attuazione per le Province autonome di Trento e di Bolzano, ai commissariati del Governo di Trento e di Bolzano si applicano in quanto compatibili le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 2001, n. 287.
10. 10. Boato, Bressa, Leoni.

 

Al comma 6, sopprimere le parole: Fatte salve le competenze spettanti alle Province autonome di Trento e di Bolzano,

 

Conseguentemente, al medesimo comma, aggiungere, in fine, le parole: , compatibilmente con lo statuto speciale di autonomia e le relative norme di attuazione.
* 10. 20. La Commissione.
(Approvato)

 

Al comma 6, sopprimere le parole: Fatte salve le competenze spettanti alle Province autonome di Trento e di Bolzano,
Conseguentemente, al medesimo comma, aggiungere, in fine, le parole: , compatibilmente con lo statuto speciale di autonomia e le relative norme di attuazione.
* 10. 1. (Testo modificato nel corso della seduta) Olivieri, Kessler, Bressa.
(Approvato)

 

Al comma 6, sopprimere le parole: Fatte salve le competenze spettanti alle Province autonome di Trento e di Bolzano,
Conseguentemente, al medesimo comma, aggiungere, in fine, le parole: , compatibilmente con lo statuto speciale di autonomia e le relative norme di attuazione.
* 10. 11. (Testo modificato nel corso della seduta) Boato, Leoni.
(Approvato)

 

Al comma 6, dopo le parole: ai commissariati del Governo di Trento e di Bolzano aggiungere le seguenti: , per l'espletamento delle funzioni ad essi attribuite dal testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e dalle relative disposizioni di attuazione,
10. 15. D'Alia.

 

Al comma 6, aggiungere, in fine, le parole: , compatibilmente con lo statuto speciale di autonomia e le relative norme di attuazione.
*10. 12. Detomas, Brugger, Zeller, Widmann, Collè.

 

Al comma 11, sostituire il secondo periodo con il seguente: Il presente comma non si applica alle Regioni il cui statuto disciplini la figura del Commissario del Governo e le modalità di svolgimento delle funzioni degli uffici periferici dello Stato.
10. 13. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.

 

Al comma 11, secondo periodo, sostituire le parole da: concerne fino a: ad oggetto le con le seguenti: si applica alle.
10. 14. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.

 

ARTICOLO 11 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 11.
(Attuazione dell'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3).

1. Per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano resta fermo quanto previsto dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione, nonché dall'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3.
2. Le Commissioni paritetiche previste dagli statuti delle Regioni a statuto speciale, in relazione alle ulteriori materie spettanti alla loro potestà legislativa ai sensi dell'articolo 10 della citata legge costituzionale n.3 del 2001, possono proporre l'adozione delle norme di attuazione per il trasferimento dei beni e delle risorse strumentali, finanziarie, umane e organizzative, occorrenti all'esercizio delle ulteriori funzioni amministrative.
3. Le norme di attuazione di cui al comma 2 possono prevedere altresì disposizioni specifiche per la disciplina delle attività regionali di competenza in materia di rapporti internazionali e comunitari.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 11 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 11.
(Attuazione dell'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3).

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
1-bis. Le forme di autonomia più ampie riconosciute a Comuni, Province e Città metropolitane dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, si applicano, ai sensi dell'articolo 10 della medesima legge costituzionale, anche agli enti locali ricompresi nell'ambito delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano, in sintonia con gli articoli 5 e 114 della Costituzione ed in armonia con i rispettivi Statuti, nel rispetto del principio di leale collaborazione.
11. 1. Cabras, Maurandi, Bressa.

 

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
1-bis. Le forme di autonomia più ampie che la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, riconosce ai Comuni, alle Province autonome e alle Città metropolitane si applicano anche agli enti locali rientranti nell'ambito delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 10 della stessa medesima costituzionale, che vi danno attuazione, per quanto di loro competenza ed in base ai rispettivi statuti, in sintonia con i principi sanciti dall'articolo 5 e dal titolo V della parte seconda della Costituzione.
11. 3. Detomas, Brugger, Zeller, Widmann, Collè.

 

Al comma 3, aggiungere, in fine, le parole: , anche in deroga all'articolo 6.
11. 2. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.

 

Dopo l'articolo 11, aggiungere i seguenti:
Art. 11-bis. (Principi fondamentali del finanziamento delle amministrazioni territoriali). - 1. Il sistema di finanziamento delle amministrazioni territoriali è disciplinato dalla presente legge e dagli atti attuativi della stessa. Esso sarà ispirato ai seguenti principi fondamentali:
a) in materia di coordinamento della finanza pubblica:

1) la titolarità in capo allo Stato della garanzia del complessivo equilibrio economico-finanziario della finanza pubblica, attraverso l'adozione di misure di politica economica generale dirette a garantire la stabilità economica e di bilancio interna ed esterna;

2) il rispetto dei vincoli derivanti dall'appartenenza dell'ordinamento nazionale all'ordinamento europeo, in particolare per quel che concerne le discipline relative alla stabilità delle procedure e delle condizioni di bilancio dei Paesi membri;

3) la sufficienza dei mezzi finanziari per l'esercizio delle competenze attribuite alle amministrazioni territoriali;

4) la solidarietà tra le diverse Regioni italiane ed il rispetto delle esigenze di riequilibrio economico sancite agli articoli 3 e 119 della Costituzione;

5) la leale cooperazione tra le amministrazioni;

b)
in materia di coordinamento del sistema tributario:

1) razionalità e coerenza dei singoli tributi e del sistema tributario nel suo complesso;

2) omogeneità dei tributi regionali e locali intesa come loro conciliabilità;

3) semplificazione sia del sistema tributario sia degli adempimenti posti a carico dei contribuenti;

4) divieto dei trattamenti agevolativi regionali e locali che si rivelino fattori di concorrenza dannosa;

5) trasparenza delle decisioni di entrata;

6) efficienza nell'amministrazione dei tributi.

Art. 11-ter. (Oggetto e procedure del finanziamento delle amministrazioni territoriali). - 1. Il Governo è delegato ad emanare, nei limiti dei principi fondamentali, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge uno o più decreti legislativi aventi per oggetto l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione definendo:

a)
i principi fondamentali cui dovranno attenersi le Regioni per realizzare l'armonizzazione dei bilanci pubblici e il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario di livello substatuale, anche in relazione all'articolo 117, secondo comma, lettera q) della Costituzione;

b)
le modalità e i tempi di transizione al regime di autonomia finanziaria;

c)
le correzioni ed integrazioni del sistema tributario statale rese necessarie dall'attuazione delle presente legge;

d)
le regole che disciplinano la perequazione delle risorse finanziarie;

e)
i tributi erariali da prendere a riferimento per la assegnazione di addizionali, di compartecipazioni e per la costruzione del fondo perequativo.
2. I decreti delegati devono definire:

a)
le modalità di coordinamento della finanza dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni e delle Città metropolitane anche in relazione ai vincoli posti dalle norme comunitarie e dai trattati internazionali e in relazione agli obiettivi definiti a norma dell'articolo 11-quater, comma 1, lettera c);

b)
le regole per la determinazione dei costi base delle funzioni di carattere generale attribuite dalla Costituzione a Regioni ed enti locali e per l'assegnazione delle conseguenti risorse finanziarie;

c)
le modalità per la determinazione dell'entità iniziale del fondo perequativo di cui all'articolo 119, terzo comma, della Costituzione e le regole per la variazione del fondo medesimo;

d)
i criteri di assegnazione, alle singoli Regioni ed agli enti locali, delle quote del fondo perequativo di cui alla precedente lettera c);

e)
i presupposti e le condizioni in presenza delle quali lo Stato potrà concedere risorse aggiuntive rispetto alle iniziative delle amministrazioni territoriali e promuovere iniziative speciali per il perseguimento delle finalità di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione;

f)
le procedure per accertare eventuali scostamenti dagli obiettivi definiti a norma dei provvedimenti adottati in attuazione della precedente lettera a) e gli interventi da attivare in tale caso;

g)
le modalità di coordinamento tra le nuove regole finanziarie e quelle definite dalla legislazione vigente, sia per le Regioni che per gli enti locali;

h)
i tempi di entrata in vigore della nuova normativa, in relazione alla assegnazione delle funzioni amministrative agli enti o livelli di governo diversi da quelli cui spetta la competenza legislativa.

3. I decreti delegati si ispirano ai criteri e principi direttivi di cui ai successivi articoli, vengono esaminati dalla Commissione bicamerale per le questioni regionali come integrata dall'articolo 11 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e se tale Commissione esprime parere contrario l'espressione del parere è demandata alla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica che si esprimono ai sensi del medesimo articolo 11. I decreti delegati, se emanati in attuazione delle norme di cui ai commi terzo e quarto dell'articolo 117 della Costituzione, sono presentati previa intesa nella Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

Art. 11-quater. (Coordinamento della finanza pubblica). - 1. In relazione al coordinamento della finanza pubblica:

a)
Regioni ed enti locali adottano come fondamento della propria politica di bilancio le regole e i criteri del patto di stabilità e crescita, riferiti ai saldi di bilancio e alla dinamica del debito;

 

b) il saldo di bilancio e gli obiettivi in materia di politica del debito, come definiti dal Parlamento in sede di approvazione del documento di programmazione economico finanziaria, sono vincolanti per tutti i livelli della pubblica amministrazione;

c)
i saldi di bilancio e i livelli di ricorso al debito di cui alla precedente lettera b) devono essere rispettati sia in termini di competenza che di cassa, sia in sede di bilancio di previsione che in sede di conto consuntivo. In ottemperanza al patto di stabilità e di crescita, Regioni ed enti locali trasmettono trimestralmente al Ministero dell'economia e delle finanze una relazione sulla gestione del bilancio sulla base di uno schema con le caratteristiche di cui alla successiva lettera d). Il Ministro dell'economia e delle finanze, trasmette al Parlamento ed alla Conferenza unificata, con analoga periodicità, una relazione di sintesi sull'andamento dei conti della pubblica amministrazione e propone, ove occorra, l'adozione delle misure a norma del precedente articolo 11-ter, comma 2, lettera b);

d)
la struttura formale, le regole di registrazione delle poste di entrata e di spesa, i criteri e i tempi di rilevazione dei bilanci delle Regioni, degli enti locali e delle aziende strumentali consolidate nei conti della pubblica amministrazione, sono armonizzati ai criteri propri dei conti rilevanti per il patto di stabilità e crescita. Il prospetto di bilancio di ciascuna Regione evidenzia le risorse destinate alla perequazione dei territori con minore capacità fiscale a norma dell'articolo 119, terzo comma, della Costituzione;

e)
la Conferenza unificata esamina le indicazioni programmatiche del documento di programmazione economico finanziaria in materia di finanza pubblica prima del suo inoltro al Parlamento. Il parere espresso viene trasmesso al Parlamento;

f)
nei prospetti di bilancio è evidenziato il concorso di ciascun ente agli indicatori e parametri propri del patto di stabilità e crescita, in particolare è evidenziato il saldo complessivo inteso come differenza tra spese complessive ed entrate, al netto delle poste relative all'accensione ed estinzione di debiti e crediti;

g)
le Regioni, fermi restando, per il complesso delle pubbliche amministrazioni di ciascuna Regione, gli obiettivi definiti in sede nazionale, sentito il Consiglio regionale delle Autonomie locali, possono, con proprie leggi, adattare le regole e i vincoli indicati dal legislatore nazionale, al fine di promuovere la coesione e l'efficienza nella gestione dei bilanci locali, per gli enti locali compresi nel territorio regionale che esprimano intesa. A tal fine la legge regionale può differenziare le regole di evoluzione del saldo di bilancio, al netto dei conferimenti di quote dei fondi di cui all'articolo 11-ter, comma 1, lettera e), in relazione alla diversità delle situazioni finanziarie di partenza;

h)
la programmazione finanziaria così realizzata diviene riferimento per le intese di cui al comma 203 dell'articolo 2 della legge n. 662 del 1996 e per analoghi accordi in sede regionale tra la Regione e gli enti locali singoli o associati.

Art. 11-quinquies. (Tributi propri). - 1. Al fine di costruire il quadro di coordinamento del sistema tributario, la legge statale:

a)
dà attuazione alle direttive comunitarie in materia tributaria;

b)
prevede tributi il cui gettito è attribuito ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni aventi presupposti di carattere generale e riferiti all'intero territorio nazionale. In tale caso la legge statale fissa i criteri di ripartizione della base imponibile e i margini entro i quali è possibile esercitare l'autonomia tributaria delle istituzioni interessate;

c)
può stabilire sovrimposte e addizionali a tributi erariali a favore di Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni, determinando l'ambito entro il quale si esercita la loro autonomia tributaria. È in ogni caso riservata allo Stato la determinazione della scala di progressività;

d)
definisce, per i tributi diversi da quelli del comma 2, lettera b), il livello standard delle aliquote ai fini di cui agli articoli 11-septies, commi 1 e 2, e 11-octies, commi 1 e 2;

2. Nell'esercizio della propria autonomia tributaria, la legge regionale:

a)
non può intervenire nelle materie tributarie regolate dalle direttive comunitarie né può modificare leggi statali in materia tributaria se emanate in conformità dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma e nel rispetto delle competenze regionali come definite dalla presente legge;

b)
interviene in materia tributaria istituendo tributi regionali e determinando le aree dei tributi nei quali Comuni, Province e Città metropolitane individuano, nell'esercizio della propria autonomia tributaria, i presupposti e i soggetti passivi dei propri tributi; i tributi di cui alla presente lettera hanno natura commutativa; essi afferiscono alle materie di competenza legislativa delle Regioni o alle funzioni degli enti locali e sono connessi al territorio della Regione o dell'ente locale;

c)
non può istituire tributi regionali e locali di cui alla lettera b) aventi gli stessi presupposti di tributi statali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge;

d)
può istituire nuovi tributi propri diversi da quelli di cui alla lettera b) solo se ricompresi in tipologie di tributi individuate da leggi statali.
3. Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni possono stabilire i tributi propri di cui al comma 2, lettera b), solo se ricompresi nelle aree determinate dalla legge regionale.

Art. 11-sexies. (Compartecipazioni). - 1. La legge statale stabilisce i tributi erariali il cui gettito è compartecipato dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e ne determina i criteri di riparto e le quote di compartecipazione.
2. I tributi da compartecipare e i criteri per riferire il gettito al territorio sono individuati avendo a riferimento la accuratezza, la chiarezza, la semplicità amministrativa, l'evoluzione tendenziale del gettito. In particolare per i tributi aventi a presupposto i consumi, il criterio di ripartizione è il luogo di consumo; per i tributi basati sul patrimonio la localizzazione dei cespiti, per i tributi basati sul valore della produzione, il luogo di prestazione del lavoro; per i redditi la residenza del percettore o il luogo di produzione del reddito.

Art. 11-septies. (Coordinamento e autonomia tributaria delle Regioni). - 1. In attuazione dell'articolo 119, quarto comma, della Costituzione i decreti allegati emanati a norma della presente legge dovranno assicurare ad ogni regione che il gettito dei tributi propri di cui all'articolo 11-quinquies, comma 2, con esclusione di quelli di cui alla lettera b), delle addizionali di cui all'articolo 11-quinquies, comma 1, lettera c), delle compartecipazioni di cui all'articolo 11-sexies e, ove occorrano, delle quote del fondo perequativo di cui all'articolo 11-decies, consenta di finanziare integralmente le spese derivanti dall'esercizio delle funzioni in essere alla data di entrata in vigore della presente legge nonché di quelle assegnate alla competenza amministrativa regionale, nelle materie di cui agli articoli 117, commi terzo e quarto, e 118 della Costituzione.
2. Il livello del gettito definito a norma del comma 1 deve garantire per ogni singola Regione il volume della spesa storica effettuata nel territorio della stessa regione nelle materie attribuite alla competenza amministrativa delle Regioni a norma dell'articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione.
3. Ai fini di cui ai commi precedenti, il gettito dei tributi di cui all'articolo 11-quinquies, comma 2, con esclusione di quello derivante dal tributi di cui alla lettera b), e delle addizionali di cui all'articolo quinquies, comma 1, lettera c), è calcolato in relazione alle aliquote standard di cui all'articolo 11-quinquies, comma 1, lettera d).
4. La determinazione dell'ammontare delle competenze e delle relative risorse da trasferire si attua con le procedure di cui all'articolo 7 della presente legge.
5. Nell'esercizio della loro autonomia, le Regioni possono modificare le aliquote dei tributi e delle addizionali di cui all'articolo 11-quinquies loro attribuite e quelle che saranno determinate in connessione con il progressivo trasferimento della competenza legislativa e delle funzioni amministrative.

Art. 10-octies. (Coordinamento e autonomia tributaria degli enti locali). - 1. In attuazione dell'articolo 119, quarto comma, della Costituzione i decreti delegati emanati a norma della presente legge dovranno assicurare ad ogni ente locale che il gettito dei tributi propri di cui all'articolo 11-quinquies, comma 3, delle addizionali di cui all'articolo 11-quinquies, comma 1, lettera c), delle compartecipazioni di cui all'articolo 11-sexies e, ove occorrano, delle quote del fondo perequativo di cui all'articolo 11-decies, consenta di finanziare integralmente le spese derivanti dall'esercizio delle funzioni in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché di quelle assegnate alla rispettiva competenza amministrativa, in attuazione degli articoli 117, secondo comma, lettera p), e 118 della Costituzione.
2. Il livello del gettito definito a norma del comma 1 deve garantire ad ogni singolo ente locale il volume della spesa storica effettuata nelle materie attribuite alla rispettiva competenza amministrativa.
3. Ai fini di cui ai commi precedenti, il gettito dei tributi di cui all'articolo 11-quinquies, comma 2, con esclusione di quello derivante dai tributi di cui alla lettera b), e delle addizionali di cui all'articolo 11-quinquies, comma 1, lettera c), è calcolato in relazione alle aliquote standard di cui all'articolo 11-quinquies, comma 1, lettera d).
4. Con appositi decreti legislativi, nel quadro dei principi fondamentali di cui all'articolo 11-bis, è, altresì, definito il quadro di riferimento per la determinazione delle tariffe dei servizi forniti dagli enti locali alla generalità dei cittadini tenendo conto dei provvedimenti emanati in attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e, ove esistano, dei provvedimenti e delle regole emanate dalle autorità indipendenti.
5. Gli enti locali determinano il regime di erogazione e di remunerazione delle prestazioni e dei servizi offerti su richiesta di singoli cittadini.
6. Gli enti locali dispongono di autonomia nella determinazione delle aliquote dei tributi propri, entro i limiti di cui all'articolo 11-quinquies, e nella determinazione delle tariffe, nei limiti di cui al comma 2.
7. In relazione al trasferimento, con legge regionale, a norma dell'articolo 118 della Costituzione, di competenze amministrative, eccedenti quelle in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, la Regione, sentito il Consiglio regionale delle autonomie locali, dispone, nel rispetto dei tempi di cui ai provvedimenti in attuazione del precedente articolo 11-ter, comma 2, lettera h), il trasferimento a ciascun ente locale di quote di tributi erariali adeguate a far fronte alle spese derivanti dalle competenze assegnate.

Art. 11-nonies. (Esercizio dei poteri legislativi e regime finanziario). - 1. L'avvio dell'esercizio dei poteri legislativi da parte delle Regioni nelle materie attribuite alla loro competenza esclusiva o concorrente, in relazione alle competenze amministrative non attribuite a norma dei successivi articoli 11-undecies e 11-duodecies, comporta:

a)
la attribuzione di addizionali sui tributi erariali che andranno ad alimentare le entrate proprie delle Regioni;

b)
la attribuzione di una compartecipazione regionale al gettito di tributi erariali;

 

c) l'attribuzione, ove occorra, di quote del fondo perequativo di cui al terzo comma dell'articolo 119 della Costituzione;

d)
la cancellazione dal bilancio dello Stato delle autorizzazioni di spesa non ancora formalmente impegnate e la soppressione delle unità previsionali di base dedicate al finanziamento delle funzioni legislative e amministrative trasferite.

Art. 10-decies. (Fondo perequativo di cui all'articolo 119, terzo comma, della Costituzione). - 1. Con apposito decreto legislativo, sentita la Conferenza unificata, sono determinate l'entità e le modalità di attribuzione, in sede di prima applicazione, del fondo perequativo in attuazione del terzo comma dell'articolo 119 della Costituzione.
2. Il fondo perequativo è costituito con una quota dei tributi erariali spettanti allo Stato ed è assegnato sulla base dei criteri di cui all'articolo 11-undecies.
3. Le Regioni che non partecipano alla ripartizione del fondo di cui al comma 1, qualora al loro interno esistano territori con minore capacità fiscale, devono costituire, con propria risorsa, un fondo perequativo da ripartire con i criteri indicati dalla legge statale di attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, per consentire agli enti locali di tali territori di far fronte alle competenze di cui all'articolo 117, comma 2, lettera p), nonché a quelle di cui all'articolo 118 della Costituzione.

Art. 11-undecies. (Quote regionali del fondo perequativo di cui all'articolo 119, terzo comma, della Costituzione). - 1. La normativa per la determinazione delle quote del fondo perequativo di cui all'articolo 119, terzo comma, della Costituzione spettanti a ciascuna Regione al fine di garantire, le risorse necessarie per far fronte integralmente alle funzioni ad essa assegnate si attiene ai seguenti criteri:

a)
la copertura integrale in tutte le Regioni degli oneri derivanti dai provvedimenti in attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione;

b)
la assegnazione della quota restante in modo da ridurre di una percentuale dell'80 per cento le differenze interregionali delle dotazioni dei servizi forniti ai cittadini;

c)
la assegnazione di un'ulteriore quota idonea a ridurre il differenziale delle dotazioni di servizi fino a un massimo di un ulteriore 10 per cento in relazione allo sforzo fiscale di ciascuna Regione.

2. Per il computo della quota base del fondo perequativo spettante a ciascuna Regione, si dovrà fare riferimento a indicatori di capacità fiscale relativi al gettito teorico proveniente dall'aliquota standard dei singoli tributi, come definita a norma dell'articolo 11-quinquies, comma 1, lettera d), al netto del gettito derivante dallo sforzo fiscale eccedente i valori standard nazionali e delle perdite di gettito conseguente a provvedimenti messi in atto da singole Regioni nell'esercizio dell'autonomia tributaria. Al fine di determinare l'assegnazione delle quote di fondo perequativo eccedenti la quota base, il decreto legislativo dovrà prevedere le modalità per valutare lo sforzo fiscale delle Regioni.
3. Al fine di garantire il rispetto della destinazione delle risorse in funzione del soddisfacimento dei diritti di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, si applicano le procedure di cui all'articolo 120 della Costituzione.
4. In sede di prima applicazione, l'assegnazione della quota del fondo perequativo dovrà garantire a ciascuna Regione e a ciascun ente locale risorse pari alla spesa statale nelle funzioni trasferite effettuata nel rispettivo territorio, come rilevata in un periodo determinato a norma dell'articolo 7, comma 3, lettera a) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

Art. 11-duodecies. (Rapporti finanziari tra Stato ed enti locali). - 1. Fino al trasferimento delle funzioni amministrative ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione, lo Stato concorre al finanziamento delle attività di Province, Comuni e Città metropolitane attraverso la assegnazione di una compartecipazione a tributi erariali che è fissata, in sede di prima applicazione, in misura tale da garantire un gettito pari alla somma di tutti i trasferimenti a favore degli enti locali come risultano dal bilancio di previsione dello stato nell'esercizio precedente a quello di entrata in vigore della presente legge. Il relativo ammontare affluisce direttamente agli enti locali sulla base dei valori accertati nella media dei tre esercizi precedenti quello di entrata in vigore della presente legge. La legge finanziaria aggiorna l'entità del fondo da ripartire per gli anni successivi in relazione all'andamento del gettito dei tributi erariali di riferimento.

Art. 11-terdecies. (Fondo perequativo di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione). - 1. Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.
2. Una quota non inferiore all'85 per cento del fondo di cui al comma 1 è riservata alle Regioni di cui all'obbiettivo 1 nonché alle regioni Abruzzo e Molise. Le relative risorse sono iscritte annualmente nella tabella di cui all'articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive integrazioni e modificazioni. Gli stanziamenti definiti per gli esercizi successivi al primo non sono modificabili dalla legge finanziaria per gli esercizi successivi.

Art. 11-quaterdecies. (Partecipazione delle Regioni alle attività di accertamento). - 1. Le Regioni partecipano all'attività di accertamento dei tributi erariali. Con decreto del Ministro dell'Economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità della partecipazione all'attività di accertamento in analogia a quanto previsto dall'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
2. Alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 1 è soppresso l'articolo 10 del decreto legislativo n. 56 del 2000.

Art. 11-quinquiesdecies. (Norme transitorie). - 1. Fino all'emanazione delle leggi regionali di attuazione dell'articolo 118 della Costituzione sono assegnate alle Regioni compartecipazioni e quote del fondo perequativo limitatamente alle competenze trasferite alla competenza amministrativa delle regioni. Le quote residue rispetto alle previsioni di cui all'articolo 11-quinquies sono assegnate direttamente agli enti locali in relazione alle competenze in essere alla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Nei primi dieci esercizi successivi all'entrata in vigore della presente legge, alle Regioni ed agli enti locali è garantito un incremento delle entrate da compartecipazioni e addizionali, applicate all'aliquota normale, pari al tasso di inflazione programmato, salvo conguagli al tasso di inflazione reale a consuntivo. La differenza tra le entrate corrisposte e quella derivante dalle aliquote di compartecipazione e dalle addizionali assegnate a norma degli articoli da 11-quinquies a 11-duodecies confluisce in un fondo da ripartire tra gli enti locali in funzione di riequilibrio per l'esercizio delle funzioni attribuite in applicazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione.
3. All'articolo 27 della legge 5 agosto 1978, n. 468, è aggiunto in fine il seguente comma:
"Per le Regioni, le Province autonome e gli enti locali di cui all'articolo 114 della Costituzione la copertura degli oneri a norma del comma precedente è realizzata mediante adeguamento delle aliquote di compartecipazione. Limitatamente agli oneri di cui all'articolo 119 della Costituzione la copertura è realizzata mediante intesa fra lo Stato e la Regione interessata, a norma dell'articolo 2, comma 203 e seguenti, della legge n. 662 del 1996".
11. 01. Cabras, Fistarol, Boato, Bressa, Leoni.

 

(A.C. 3590 - Sezione 5)

ARTICOLO 12 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 12.
(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

(A.C. 3590 - Sezione 6)

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
il potere di concludere accordi con Stati è riconosciuto alle regioni ed alle province autonome solo nelle materie di propria competenza legislativa;
questa competenza delle regioni e delle province autonome incontra un limite nell'articolo 80 della Costituzione, secondo il quale i trattati di natura politica, o che prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi, necessitano della legge delle Camere di autorizzazione alla ratifica;
il parere favorevole espresso sul punto dalla Commissione affari esteri e comunitari è condiviso dal Governo,

impegna il Governo

ad interpretare le pertinenti disposizioni del disegno di legge in esame nel senso che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, non possano definire con altri Stati accordi internazionali aventi i caratteri di cui all'articolo 80 della Costituzione, nonché possono stipulare accordi applicativi o esecutivi in ambito locale di accordi internazionali in vigore per l'Italia, nel rispetto della Costituzione e degli altri vincoli di cui al primo periodo del comma 3 dell'articolo 6 del disegno di legge in esame.
9/3590/1. (Testo modificato nel corso della seduta) Deodato.

La Camera,
nel procedere alla approvazione del disegno di legge 3590 recante: Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3,
in relazione ai compiti attribuiti dall'articolo 7 del medesimo disegno di legge alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti per la verifica del rispetto degli equilibri di bilancio da parte di comuni, province, città metropolitane e regioni, in relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall'appartenenza, e per il controllo sulla sana gestione finanziaria e sul funzionamento dei controlli interni degli enti stessi,

impegna il Governo

a studiare, in collaborazione con il consiglio di presidenza della Corte dei conti e a sottoporre all'esame del Parlamento, misure idonee ad adeguare le strutture delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti all'esercizio delle predette funzioni, anche mediante l'utilizzazione di esperti nel controllo di gestione e sulla verifica dei bilanci dotati di laurea specialistica in economia, statistica o ingegneria gestionale, attribuendo loro un congruo trattamento economico.
9/3590/2.(Testo modificato nel corso della seduta) Bressa, Marone, Boato.

La Camera,
premesso che
il potere di concludere accordi con Stati e regioni estere è riconosciuto anche alle regioni ed alle province autonome,
nell'articolo 10 del presente disegno di legge si riconosce e si valorizza il ruolo delle commissioni paritetiche nell'attuazione della legge costituzionale n. 3 del 2001, in particolare in ordine alla disciplina dei rapporti internazionali e comunitari,

impegna il Governo

ad adoperarsi nel senso che con norme di attuazione agli statuti speciali l'attività internazionale e comunitaria delle regioni e province autonome possa essere disciplinata con modalità specifiche, anche in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 6 del presente disegno di legge, nel rispetto della Costituzione e delle disposizioni dello statuto speciale, nonché dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali e dall'ordinamento comunitario, nonché delle linee e degli indirizzi di politica estera italiana.
9/3590/3.(Testo modificato nel corso della seduta) Zeller, Fontanini, Brugger, Widmann, Collè, Detomas, Boato, Bressa.

La Camera,
considerato che l'articolo 7, comma 9, prevede che la integrazione delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti con componenti designati dalle autonomie territoriali,

impegna il Governo

a promuovere la introduzione di un compenso particolare a carattere continuativo, commisurato alla entità di trasferta piena per 30 giorni al mese, compreso il periodo feriale, maggiorata del 30 per cento nei confronti dei magistrati della Corte dei conti e ciò sia per i magistrati di nuova nomina ai sensi dell'articolo 7, comma 9, del disegno di legge, che per tutti i restanti magistrati contabili.
9/3590/4. D'Agrò.


La Camera,
considerato che l'articolo 7, comma 9, prevede la integrazione delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti con componenti designati dalle autonomie territoriali.

impegna il Governo

a garantire che il trattamento economico dei magistrati della Corte dei conti già in servizio sia, comunque, equiparato a quello dei consiglieri di nuova nomina se più favorevole.
9/3590/5. D'Alia.

 

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