Premesso che:
il 23 marzo 2017 il senatore Micheloni ha presentato l'interrogazione 3-03614 avente ad oggetto il piano di dismissione dei beni immobili italiani all'estero;
a tale interrogazione è stata data risposta, in 3ª Commissione permanente (Affari esteri, emigrazione), il 17 maggio;
il rappresentante del Governo ha in specie ricordato che la legge di stabilità per il 2016 e la legge di bilancio per il 2017 hanno stabilito quali somme il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è tenuto a versare al bilancio dello Stato come rinvenienti dalle dismissioni di beni immobili oggetto del piano di dismissione,
si chiede di conoscere:
relativamente al 2016, quale sia l'elenco degli immobili che sono stati effettivamente ceduti, le date in cui sono stati ceduti, le entrate che ne sono derivate;
quali effetti ne siano derivati per il bilancio dello Stato;
quali fondi, e in che misura, siano stati decurtati a norma di legge a causa di eventuali mancati introiti;
quale sia, ad oggi, la situazione sul 2017;
quali politiche i Ministri in indirizzo intendano seguire, nel prossimo futuro, su questo tema.
BERTOROTTA, DONNO, PUGLIA, MORRA, SERRA - Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. -
in data 28 giugno 2016 una cittadina eritrea, Awel Sara, titolare di regolare permesso di soggiorno rilasciato a seguito di riconoscimento dello status di rifugiato, proponeva ricorso avverso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale che rigettava l'emissione del visto per i suoi due figli minori, sostenendo la mancanza dei requisiti per il ricongiungimento familiare tra cui il consenso del padre dei minori a raggiungere la madre, nonché la mancanza di una sentenza del Tribunale di affidamento dei figli a quest'ultima;
tuttavia in seguito all'istruttoria del procedimento, il Tribunale di Catania, con ordinanza del 27 febbraio 2017, dichiarava fondato il ricorso della signora Awel Sara;
conseguentemente, l'organismo giudicante adito annullava il provvedimento di diniego impugnato emesso dall'ambasciata d'Italia in Etiopia il 20 aprile 2016 e dichiarava il diritto della ricorrente ad ottenere i visti di ingresso per i figli minori e inoltre, seguendo il principio della soccombenza, condannava il Ministero al pagamento delle spese legali relative al giudizio, liquidate in 3.972 euro, oltre al rimborso delle spese generali, IVA e CPA (cassa di previdenza degli avvocati) come per legge;
l'ordinanza, notificata ai sensi della legge n. 53 del 1994 al Ministero degli affari esteri, costituito in giudizio per mezzo dell'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, passava in giudicato in data 22 maggio 2017 per mancata proposizione dell'appello nei termini di legge. Pertanto, sulla stessa veniva apposta la formula esecutiva in data 24 maggio 2017;
considerato che:
il testo unico sull'immigrazione, decreto legislativo n. 286 del 1998, all'art. 29-bis, comma 1, prevede che "Lo straniero al quale è stato riconosciuto lo status di rifugiato può richiedere il ricongiungimento familiare per le medesime categorie di familiari e con la stessa procedura di cui all'articolo 29. Non si applicano, in tal caso, le disposizioni di cui all'articolo 29, comma 3";
l'art. 29 disciplina il ricongiungimento familiare dello straniero, prevedendo in particolare, al comma 1, lettera b), che lo straniero può chiedere il ricongiungimento familiare per i "figli minori, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati, a condizione che l'altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso";
l'ordinamento italiano riconosce e tutela l'unità familiare come diritto fondamentale che, in quanto tale, ottiene pieno riconoscimento anche per gli stranieri a mezzo del ricongiungimento familiare;
considerato altresì che, a parere degli interroganti:
alla luce della normativa vigente nel nostro Paese, il ricongiungimento risulta essere uno strumento necessario e ineludibile al fine di consentire la vita familiare dello straniero e, conseguentemente, contribuisce a creare una stabilità socioculturale che facilita l'integrazione, permettendo quindi di promuovere la coesione economica e sociale;
per tutelare tale diritto, dunque, è necessaria un'attenta analisi di ogni singola fattispecie che si presenti agli organi preposti al rilascio del nulla osta;
dall'ordinanza del 27 febbraio 2017 resa dal Tribunale di Catania, prima sezione civile, nel procedimento R.G. n. 11262/2016, emerge in modo incontrovertibile un'inspiegabile ed intollerabile superficialità del Ministero nell'analizzare la documentazione fornita dalla ricorrente, dalla quale si poteva dedurre indubbiamente il diritto della signora Awel Sara ad ottenere il ricongiungimento con i suoi figli minori, oltre al consenso del padre a raggiungere la madre in Italia;
tale superficialità è costata al Ministero, e conseguentemente allo Stato italiano, oltre 5.000 euro;
in considerazione dell'elevato numero di cittadini non comunitari presenti in Italia, che potrebbero, dunque, richiedere il ricongiungimento familiare ex art. 29 del decreto legislativo n. 286 del 1998 (in base ai dati forniti dal Ministero dell'interno, al 1° gennaio 2016 sono regolarmente presenti in Italia 3.931.133 cittadini non comunitari), sarebbe quindi opportuno, al fine di evitare un ingente sperpero di denaro pubblico, che gli organi preposti prestassero la dovuta attenzione e diligenza nell'analizzare ogni singola fattispecie che si presenti al loro cospetto,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;
se intenda richiedere opportuni chiarimenti nelle apposite sedi sull'accaduto, anche in considerazione del fatto che, a distanza di oltre 4 mesi dall'emanazione dell'ordinanza del Tribunale di Catania, quest'ultima non è ancora stata ottemperata.