Premesso che:
la puntata della trasmissione televisiva "Report" del 1° novembre 2015 ha evidenziato che, relativamente alla somministrazione delle sostanze utilizzate nella medicina estetica e nei trattamenti estetici in generale, molti sono i danni causati nei trattamenti permanenti e semi-permanenti; tra le cause principali è rintracciabile l'utilizzo di materiali sintetici non biocompatibili o in forma libera;
tra questi materiali, uno dei più usati fino a non molto tempo fa era il silicone liquido o sostanze affini che servivano per delineare i contorni del viso e rimodellare la fisionomia dell'ovale; oltre agli interventi chirurgici, da tempo sono praticati interventi di tipo estetico molto impattanti utilizzando il filler, cioè una sostanza iniettabile, a scopo riempitivo, che può essere anche di natura permanente;
il servizio televisivo evidenzia che i filler permanenti, con il passare del tempo, possono dare luogo a granulomi da corpo estraneo che si manifestano tramite rigonfiamenti anomali delle zone trattate, nodosità, raccolte purulente e, in alcuni casi, ulcerazioni. Tali fenomeni possono durare mesi o anni causando il deturpamento del viso e, in alcuni casi, dando luogo a esiti cicatriziali. Inoltre, il silicone, utilizzato con il sistema filler in elevate quantità negli anni passati, si è mostrato a distanza di tempo un prodotto in grado di migrare e di essere responsabile di processi infiammatori oltre a causa di una disarmonia delle aree trattate. I dermatologi italiani da diversi anni, in numerosi convegni e attraverso i media, denunciano la pericolosità dei filler permanenti;
inoltre, a livello mondiale, la Food and drug administration, l'ente statunitense che presiede alla salute e alla sicurezza del cibo e dei farmaci, in data 28 maggio 2015, ha diffuso una nota sui filler, nella quale mette in guardia sulle evenienze negative che possono derivare dall'iniezione di tale sostanza nei vasi sanguigni del viso; tra queste compaiono disturbi della vista e necrosi dei tessuti locali, ma anche ischemia, cecità e ictus;
a giudizio degli interroganti, è di tutta evidenza che avere una "carta d'identità" del prodotto utilizzato per i trattamenti e per gli eventuali effetti collaterali dei farmaci e delle sostanze utilizzate, consentirebbe a tutti i cittadini di essere informati per decidere se accettare il rischio di effetti permanenti; infatti, i filler attualmente sono parificati a presidi medici-chirurgici, mentre, per le loro caratteristiche di invasività, permanenza nel corpo, creazione di eventi avversi, deformazioni e patologie di varia natura, dovrebbero essere parificati a farmaci;
i chirurghi plastici chiedono da tempo modifiche a tutela dei pazienti, denunziando che i filler non sono sottoposti a controlli ed a studi necessari per essere immessi in commercio con sicurezza, come invece avviene per i farmaci; pertanto, in mancanza di una normativa apposita, i pazienti, a seguito di tale omissione, corrono rischi di cui non si conosce l'entità,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno intervenire, al fine di avviare un sistema di controllo per tutte le sostanze che vengano iniettate a scopo estetico, così come previsto per i farmaci;
se non consideri di dover istituire un registro delle sostanze utilizzate in medicina estetica, con l'indicazione al trattamento e degli eventuali effetti collaterali, nonché un organo di vigilanza che possa valutare gli eventuali effetti avversi nel medio e lungo termine e le conseguenze patologiche che ne possano conseguire;
se non ritenga opportuno introdurre l'equiparazione dei filler a farmaci
come riportato da notizie stampa vi è stato un sorprendente numero di decessi (14) in un periodo di tempo di 6 mesi nel reparto di chirurgia dell'ospedale civile di Ragusa;
in 2 di tali casi i familiari delle persone decedute hanno sporto denuncia all'autorità giudiziaria, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ragusa ha disposto l'acquisizione delle cartelle cliniche di tali pazienti e l'Azienda sanitaria locale (Asp 7) ha avviato un'inchiesta interna;
considerato che:
fermi restando gli esiti dell'intervento della magistratura per l'accertamento di eventuali responsabilità in sede penale e civile e quelli delle indagini interne alla sanità siciliana, vi è assoluta urgenza di far luce su tali fenomeni e fornire chiarimenti in tempi rapidi a pazienti e cittadini: per tali ragioni, sembra opportuno che il Ministero della salute invii al più presto ispettori con il fine di rilevare eventuali criticità od errori procedurali o di comunicazione commessi dal personale sanitario del nosocomio ibleo;
come si evince da un comunicato stampa diramato il 12 gennaio 2016, la task force istituita presso il Ministero per verificare eventuali criticità di carattere organizzativo e clinico in caso di eventi avversi negli ospedali italiani, ha depositato le relazioni preliminari scaturite dalle ispezioni presso l'ospedale "S.Anna" di Torino, gli "Spedali civili" di Brescia, l'ospedale "G. Fracastoro" di San Bonifacio (Verona) e l'ospedale "San Bassiano" di Bassano del Grappa (Vicenza), da cui risulta l'accertamento di errori o la presenza di criticità in 3 casi su 4;
inoltre, come si apprende ancora da notizie di stampa, si invierà la task force ministeriale anche all'ospedale "Cardarelli" di Napoli per verificare quanto accaduto ad una ventenne morta durante un aborto il 12 gennaio 2016,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non intenda inviare ispettori ministeriali con il compito di svolgere indagini per accertare eventuali responsabilità, inappropriatezze o negligenze, sia in relazione al profilo clinico che a quello organizzativo, da parte del personale sanitario nel nosocomio ragusano in relazione ai fatti esposti.
Premesso che la Regione Veneto, a seguito del rinvenimento nel 2013 di sostanze perfluoroalchiliche nei corsi d'acqua e nell'acqua di falda ad uso potabile ed irriguo di una vasta zona del Veneto, che vede coinvolte le province di Vicenza, Verona e Padova, ha deciso di effettuare, in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità (ISS), uno studio sull'esposizione umana a tali composti chimici nonché sul loro bioaccumulo nell'uomo;
considerato che risulta agli interroganti che i risultati dello studio dovrebbero già essere, almeno in parte, in possesso dell'ISS; lo studio ha visto coinvolte 600 persone, di cui 480 fra la popolazione generale, 240 fra i residenti (esposti) nelle zone in cui è stata rilevata la contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) e 240 fra i residenti (non esposti) in zone di confronto, nonché 120 tra agricoltori, allevatori o piscicoltori,
quali siano le risultanze, anche parziali, dello studio effettuato dalla Regione Veneto, in collaborazione con l'ISS, sul bioaccumulo delle sostanze perfluoalchiliche nelle persone esposte;
se siano stati avviati, o programmati, interventi di tutela sanitaria, nonché di bonifica e/o ripristino ambientale dell'area, qualora le risultanze della ricerca abbiano evidenziato livelli preoccupanti di contaminazione nella popolazione;
se, e con quali modalità, i Ministri in indirizzo intendano consentire l'accesso a tale studio e la sua pubblica divulgazione.
in data 16 maggio 2015 il Centro di medicina iperbarica di Laveno (Varese) si è visto imporre la sospensione delle attività;
il Centro di medicina iperbarica di Laveno, fino al momento della sospensione del'accreditamento sanitario, ha erogato per oltre 25 anni cure di ossigenoterapia, in convenzione con il Serivizio sanitario nazionale, indispensabili per la cura di molte patologie: intossicazione da monossido di carbonio, incidente da decompressione, embolia gassosa arteriosa (iatrogena o barotraumatica), infezione acuta e cronica dei tessuti molli a varia eziologia, gangrena gassosa da clostridi, gangrena e ulcere cutanee nel paziente diabetico (piede diabetico), lesioni da schiacciamento e sindrome compartimentale, ischemia traumatica acuta (fratture ossee a rischio), osteomielite cronica refrattaria, innesti cutanei e lembi a rischio, ulcere cutanee da insufficienza arteriosa, venosa e post traumatica, lesioni tissutali post attiniche (radiolesioni), ipoacusia improvvisa, necrosi ossea asettica, retinopatia pigmentosa, sindrome di Ménière, sindrome algodistrofica, morbo di Sudek, paradontopatia ;
la sospensione delle attività viene disposta a seguito di un sopralluogo da parte dell'unità operativa complessa (UOC) Autorizzazione ed accreditamento della ASL di Varese al fine di valutare quanto denunciato in un esposto promosso da un professionista che aveva prestato la propria opera presso la struttura per alcuni mesi e successivamente allontanato per giusta causa;
il sopralluogo aveva evidenziato carenze sul piano della sicurezza, a quanto risulta agli interroganti mai rilevate prima, che hanno comunque visto un impegno concreto da parte della direzione della struttura nel porre in essere con sollecitudine tutte le correzioni e le modifiche richieste;
nonostante gli sforzi profusi dalla direzione del centro nel giugno 2015 è stata disposta la proroga della chiusura, proroga impugnata davanti al TAR della Lombardia;
nell'attesa di vedere conclusa la vicenda burocratica i pazienti che facevano riferimento al centro, unica struttura idonea a fornire cure di ossigenoterapia in un raggio di 50 chilometri e unica struttura affacciata sul lago Maggiore, sono stati dirottati verso l'ospedale "Niguarda" di Milano. La difficoltà di accedere alle cure ha spinto i pazienti a costituirsi in un comitato che, attraverso la raccolta di migliaia di firme, chiede a gran voce la riapertura del centro;
si apprende da organi di stampa, e dal sito dell'università degli studi dell'Insubria, la conclusione di un accordo con la Marina militare italiana al fine di instaurare una collaborazione scientifica e didattica tra l'ateneo e il raggruppamento Subacquei ed incursori "Teseo Tesei", finalizzata a coordinare le rispettive capacità di ricerca nell'ambito della medicina subacquea;
ci si domanda come potrà essere messa in atto questa collaborazione dal momento che l'unico impianto presente sul territorio, e con le caratteristiche e gli strumenti necessari a svolgere detta ricerca, è stato chiuso,
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;
quali iniziative intenda assumere con urgenza, per garantire ai pazienti residenti nel territorio della provincia di Varese l'accesso a quelle prestazioni sanitarie che costituiscono livelli essenziali di assistenza, la cui tutela è costituzionalmente protetta.