GIUSTIZIA (2ª)

MARTEDÌ 1º FEBBRAIO 2000
533ª Seduta

Presidenza del Presidente
PINTO
        Interviene il sottosegretario di Stato alla giustizia Ayala.
        La seduta inizia alle ore 15,05.

IN SEDE CONSULTIVA SU ATTI DEL GOVERNO
Schema di decreto legislativo recante: «Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205» (n. 617)
(Parere al Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205. Esame e rinvio)
        Riferisce il relatore FOLLIERI il quale ricorda come lo schema di decreto legislativo in titolo costituisca esercizio della delega contenuta nell’articolo 9 della legge n. 205 del 1999. La delega in questione, relativa alla definizione di una nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, è stata esercitata dal Governo mediante la predisposizione di un articolato su cui può esprimersi un giudizio in larga parte positivo sia sotto il profilo della conformità ai principi e criteri direttivi contenuti nell’articolo 9 della citata legge n. 205 sia sotto il profilo della validità delle soluzioni tecniche concretamente adottate. Vi sono peraltro taluni specifici aspetti che sollevano alcune significative perplessità, e sui quali, in considerazione del limitato tempo disponibile, ritiene opportuno concentrare l’attenzione in questa sede.
        In questa prospettiva, richiama l’attenzione in primo luogo sull’articolo 1, comma 2, dello schema di decreto contenente una previsione che potrebbe sollevare alcune incertezze sul piano interpretativo. Al riguardo, evidenzia che lo schema di decreto in esame non ripropone il disposto dell’articolo 8 del decreto-legge n. 429 del 1982, convertito nella legge n.516 dello stesso anno, di tal che si pone il problema di definire il rapporto tra il citato articolo 1, comma 2, e l’articolo 47, terzo comma del codice penale. A suo avviso, infatti, è indubbio che la mancata riproposizione dell’articolo 8 del citato decreto-legge n. 429 del 1982 non può comunque mettere in dubbio l’applicabilità del terzo comma dell’articolo 47 del codice penale anche nell’ambito della materia dei reati tributari, in quanto l’errore sulla norma extrapenale che si risolve in un errore sul fatto che costituisce reato esclude inevitabilmente la punibilità in applicazione dei principi generali in tema di responsabilità dolosa. Ne consegue, ferma restando l’applicabilità dell’articolo 47, terzo comma, del codice penale, che la disposizione di cui all’articolo 1, comma 2, dello schema di decreto dovrà trovare applicazione in un ambito diverso e distinto, segnatamente con riferimento a tutti i casi in cui si esclude che l’errore sulla norma tributaria possa essere qualificato come un errore su norma extrapenale suscettibile di determinare un errore sul fatto che costituisce reato. Al fine di esplicitare tali conclusioni – che emergono comunque da una lettura di carattere sistematico della previsione richiamata - sarebbe peraltro opportuno integrarne il disposto premettendo al comma 2 in questione le parole «Al di fuori dei casi in cui la punibilità è esclusa ai sensi dell’articolo 47, terzo comma, del codice penale».
        In merito, poi, all’articolo 3 dello schema di decreto non appaiono condivisibili i limiti minimo e massimo della pena edittale ivi prevista. Al riguardo segnala come tali limiti siano superiori a quelli previsti dall’articolo 2621 del codice civile per il reato di falso in bilancio, nonché a quelli previsti dall’articolo 640 del codice penale per l’ipotesi di truffa ai danni dello Stato. In entrambi questi ultimi casi, infatti, è prevista la pena della reclusione da uno a cinque anni e ciò nonostante, con specifico riferimento all’ipotesi del falso in bilancio, il reato investa una platea ben più vasta e debole di soggetti, rispetto all’Erario. Si è altresì osservato come la previsione di un limite massimo di pena edittale pari a sei anni sia volta a consentire il ricorso allo strumento delle intercettazioni telefoniche, ma anche da questo punto di vista la soluzione adottata dal legislatore delegato non sembra convincente, in quanto consentire le intercettazioni telefoniche in tale ambito significa in concreto permettere una pesante forma di intromissione nell’esercizio della libertà di impresa, con conseguenze problematiche facilmente immaginabili.
        Sempre relativamente all’articolo 3, e con particolare riferimento al comma 2 di tale disposizione, richiama l’attenzione sull’inclusione della violazione degli obblighi contabili fra gli artifici idonei ad integrare la fattispecie di dichiarazione fraudolenta. In argomento, appare infatti estremamente significativo – diversamente da quanto osservato nella relazione di accompagnamento allo schema di decreto – che l’articolo 9, comma 2, lettera a), numero 1 della legge n. 205 del 1999 non contenga l’espresso riferimento alla violazione degli obblighi contabili che era contenuto nell’articolo 1 dell’Atto Senato n. 2979 sul quale è modellata, nel suo insieme, la previsione dello stesso articolo 9. La scelta di omettere tale riferimento effettuata nel corso dell’esame in Senato non è stata casuale, ma ha voluto, al contrario, tener conto delle indicazioni che emergono dalle pronunce della Corte costituzionale in tema di frode fiscale, relative al disposto dell’articolo 4 del decreto-legge n. 429 del 1982 nel testo previgente alle modifiche apportate con il decreto-legge n. 83 del 1991. Va infatti ricordato che con la sentenza interpretativa di rigetto n. 247 del 1989 la Corte Costituzionale, investita della questione di legittimità dell’articolo 4, primo comma, n. 7, del decreto-legge n. 429 del 1982, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 516 dello stesso anno, ebbe a rilevare che per integrare tale ipotesi di frode fiscale, analogamente a quelle contemplate dai numeri da 1 a 6, non era «sufficiente una condotta consistente nel solo omettere la dichiarazione di componenti positivi del reddito e (o) la sola dichiarazione della sussistenza di componenti negativi dello stesso reddito», ma era necessario che la condotta del delitto di cui al citato numero 7 si esprimesse «in forme oggettivamente artificiose, fraudolente». A tali conclusioni la Corte Costituzionale perveniva attraverso il raffronto fra la fattispecie di cui al numero 7 e quelle contravvenzionali di omessa e/o infedele annotazione e fatturazione previste dal secondo comma dell’articolo 1 dello stesso decreto-legge n. 429 del 1982 e, al riguardo, veniva rilevato che «soltanto la predetta interpretazione» – vale a dire quella che richiedeva per il delitto di frode fiscale di cui al numero 7 che la condotta si esprimesse in forme oggettivamente artificiose – «consente di conferire alla condotta ed all’intera fattispecie tipica del delitto in esame il più alto grado possibile di conformità al fondamentale principio di uguaglianza (evitando l’irragionevole disparità di trattamento, consistente nel sanzionare lo stesso comportamento, l’infedele dichiarazione, come semplice contravvenzione oblazionabile, quando ha ad oggetto redditi non soggetti ad annotazione contabile, e grave delitto quando concerne redditi di lavoro autonomo o d’impresa, derivanti da cessione di beni o prestazione di servizi)». Le considerazioni svolte dalla Corte, sebbene in relazione ad un diverso contesto normativo, appaiono però trasponibili al nuovo, delineato nell’articolo 9 della legge n. 205 del 1999, alla luce del fatto che anche quest’ultimo si caratterizza per la fondamentale distinzione fra un’ipotesi più grave di dichiarazione fraudolenta e una meno grave di dichiarazione infedele e, a questo proposito, va sottolineato come la Corte costituzionale non solo abbia posto l’accento sull’esigenza di assicurare un medesimo trattamento sanzionatorio a tutti i comportamenti che si risolvono nel solo omettere la dichiarazione di componenti positivi del reddito o nel dichiarare la sussistenza di componenti negativi dello stesso, ma abbia altresì ritenuto che la circostanza che i percettori di determinati redditi siano soggetti, a differenza di altri, agli obblighi di annotazione contabile, non può in alcun modo giustificare un trattamento dei comportamenti omissivi o mendaci di questi più severo di quello previsto per i comportamenti sostanzialmente analoghi posti in essere dai percettori di redditi per i quali non sono stabiliti tali obblighi di annotazione.
        Le indicazioni fatte proprie dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 247 del 1989 sono state poi ribadite dalla stessa Corte nella successiva sentenza n. 35 del 1991 e ad esse si è uniformato anche il legislatore con l’articolo 6 del decreto-legge n. 83 del 1991 che ha interamente sostituito l’articolo 4 del decreto-legge n. 429 del 1982.
        Dai rilievi svolti sembra quindi doversi desumere che un’interpretazione dell’articolo 9, comma 2, lettera a) numero 1, della legge n. 205 del 1999 sistematicamente raccordata al disposto di cui al successivo numero 3 e al contesto ordinamentale in cui esso viene ad inserirsi, porti alla conclusione che il legislatore delegante ha inteso escludere che le violazioni degli obblighi contabili possano di per sé concorrere a integrare la fattispecie delittuosa della dichiarazione fraudolenta e che la mancata riproduzione del riferimento esplicito alle predette violazioni contenuto nell’originario disegno di legge n. 2979 fornisca, in questa prospettiva, una significativa conferma sul piano testuale di tale esito interpretativo.
         Ne consegue che la formulazione del comma 2 dell’articolo 3 dello schema di decreto, in particolare laddove qualifica come «mezzi fraudolenti» la «falsa rappresentazione degli elementi attivi o passivi nelle scritture contabili obbligatorie o nel bilancio, conseguente alla violazione degli obblighi di fatturazione o di registrazione dei corrispettivi relativi a cessioni di beni o prestazioni di servizi», risulterebbe con tutta probabilità censurabile sia sotto il profilo dell’eccesso di delega, sia sotto il profilo della violazione del principio di uguaglianza di cui all’articolo 3, primo comma, della Costituzione.
        Inoltre, poiché l’esclusione delle dichiarazioni non veritiere fondate su violazioni degli obblighi contabili dall’area delle dichiarazioni fraudolente non fa venir meno la rilevanza penale delle prime che rientrano naturalmente fra i comportamenti sanzionabili ai sensi dell’articolo 4 dello schema di decreto, in quanto dichiarazioni infedeli, la soluzione proposta come alternativa a quella delineata dallo schema in esame non appare neanche incompatibile con l’ordine del giorno 9/1850 – B/1, presentato alla Camera dei deputati e accolto dal Governo, ordine del giorno che impegna l’Esecutivo a includere le violazioni degli obblighi contabili fra le fattispecie punibili ai sensi dell’articolo 9, comma 2, lettera a) della legge n. 205 del 1999, lettera che contempla – rispettivamente ai numeri 1) e 2) – tanto le ipotesi di dichiarazione fraudolenta quanto quelle di dichiarazione infedele.
        Da ultimo, manifesta significative perplessità in merito alle previsioni di carattere transitorio contenute nell’articolo 25 dello schema di decreto. Tali perplessità sono determinate dal fatto che le soluzioni contenute nel citato articolo 25, pur ispirate dal lodevole intento di facilitare il passaggio dal vecchio al nuovo regime, non escludono però la concreta possibilità che in alcuni casi per i fatti commessi anteriormente all’entrata in vigore dell’emanando decreto legislativo possa venire in concreto inflitto un trattamento sanzionatorio più grave di quello che verrebbe irrogato qualora trovassero applicazione le disposizioni di carattere generale contenute nell’articolo 2 del codice penale, esito questo che appare, tra l’altro, difficilmente conciliabile con la direttiva contenuta nell’articolo 6, comma 1, lettera d) della legge n. 205 del 1999, con la quale è stata prevista l’abolizione del principio di ultrattività delle norme penali tributarie poi concretamente attuata con l’articolo 24 del decreto legislativo n. 507 del 1999. In conclusione sembrerebbe pertanto preferibile sopprimere integralmente il disposto dell’articolo 25.

        Segue un breve intervento del senatore FASSONE che manifesta perplessità e riserve per le forti critiche rivolte dal relatore ai contenuti dello schema di decreto in titolo senza aver esperito alcuna preventiva consultazione all’interno della maggioranza. Il senatore Fassone rappresenta la necessità di un attento approfondimento delle problematiche in esame anche per verificare la fondatezza sul piano tecnico dei rilievi contenuti nella relazione testé svolta. A questo proposito, ritiene inoltre che potrebbe essere opportuno che la Commissione proceda all’audizione del presidente della Commissione ministeriale che ha provveduto alla redazione dello schema in discussione.
        Il presidente PINTO prende atto del suggerimento da ultimo prospettato dal senatore Fassone.
        Il senatore GRECO esprime apprezzamento per le argomentazioni svolte dal relatore nel suo intervento e ricorda come l’articolo 9 della legge n. 205 del 1999 sia stato oggetto di una approfondita discussione in sede parlamentare. Si augura, pertanto, che il relatore mantenga le posizioni assunte nella seduta odierna e che non sia costretto a tornare sui suoi passi per effetto delle pressioni della maggioranza.
        Il presidente PINTO rinvia infine il seguito dell’esame.


IN SEDE REFERENTE
(4178) SENESE ed altri. – Differimento del termine per l’esercizio della delega prevista dalla legge 31 dicembre 1996, n.676, in materia di trattamento dei dati personali
(Esame e rinvio)
        Riferisce il senatore SENESE, raccomandando l’approvazione del disegno di legge, il quale si propone di prorogare al 30 giugno 2000 il termine per adottare i decreti legislativi di cui all’articolo 1, comma 1, lettere b), nn. 2) 3) 4) 5) e 6), c), d), e), i), l), n) ed o), ed all’articolo 2 della legge n.676 del 1996 in materia di trattamento dei dati personali, sulla base dei principi e dei criteri direttivi indicati nella medesima legge. La proroga richiesta – sottolinea il relatore – ben si giustifica per l’ampiezza e la novità della materia e la necessità di provvedere con urgenza al completamento degli strumenti di integrazione della legge base e anche avuto riguardo alla particolare complessità dell’elaborazione dei decreti legislativi che, non solo per la delicatezza delle problematiche, ma anche per la trasversalità degli interventi necessitano di dare maggior respiro ai lavori già ampiamente avviati in importanti settori. Il relatore preannunzia, poi, una modifica all’articolo 1 diretta a prolungare ulteriormente la data proposta per l’adozione dei predetti decreti legislativi che va necessariamente spostata in avanti, atteso il notevole tempo trascorso tra la presentazione del disegno di legge e l’inizio dell’odierno esame.
        Si apre il dibattito.
        Il senatore PREIONI preannunzia che la sua parte politica potrebbe anche rendere un voto di astensione sul provvedimento, purchè venisse chiaramente riconosciuto che il disegno di legge è stato redatto senza avere un’adeguata percezione dei tempi necessari per l’attuazione degli interventi proposti.
        Il senatore Antonino CARUSO voterà a favore del provvedimento in quanto, pur essendo radicalmente contrario al proliferare delle deleghe che vengono sottoposte al Parlamento, in questo caso specifico l’esigenza di avere più tempo a disposizione è ampiamente condivisibile, soprattutto avuto riguardo all’importanza e all’innovatività della materia che ha rappresentato per i cittadini una significativa conquista.
        Il senatore GRECO annuncia il parere favorevole del Gruppo di Forza Italia anche considerando che il provvedimento in esame non altera i principi e i criteri direttivi già approvati dal Parlamento e che effettivamente esso intende provvedere in ordine ad esigenze di natura obiettiva.
        Il senatore CENTARO aderisce al voto favorevole preannunziato dal senatore Greco, pur non mancando di far rilevare l’inadeguatezza di questo Governo, che non si è dimostrato in grado di lavorare secondo scadenze realistiche e gestisce una politica legislativa che si segnala per la prevalenza data all’ «effetto annuncio» di provvedimenti e non al concreto provvedere.

        Su proposta del PRESIDENTE la Commissione conviene, quindi, di stabilire il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 18 di oggi.
        Il seguito dell’esame è poi rinviato.


IN SEDE DELIBERANTE
(4151) Nuove norme in materia di cancellazione dagli elenchi dei protesti cambiari, approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall’unificazione dei disegni di legge d’iniziativa dei deputati Simeone ed altri; Servodio ed altri; Rizza ed altri; Mantovano ed altri; Molinari ed altri
(Discussione e rinvio)
        Riferisce il senatore Antonino CARUSO che sottolinea come il provvedimento in titolo proponga parziali interventi modificativi della legge 12 febbraio 1955, n. 77, che reca la normativa sostanziale dei protesti cambiari; nonché della legge 7 marzo 1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura, ed altresì del decreto-legge 18 settembre 1995, n. 381, convertito con modificazioni, dalla legge n. 480 del 1995, recante disposizioni urgenti in materia di finanziamento delle camere di commercio. In particolare l’articolo 1, modificando l’articolo 3 della legge n. 77 del 1955, effettua – tra l’altro – una modifica che porta ad otto mesi dalla leva del protesto la possibilità per il debitore di eseguire il pagamento della cambiale e del vaglia cambiario protestati, unitamente agli interessi maturati come dovuti ed alle spese per il protesto, attribuendogli il diritto di ottenere la cancellazione del proprio nome dal registro informatico di cui all’articolo 3-bis del decreto-legge n. 381 del 1985, come convertito. Il comma 3 dello stesso articolo 1 degiurisdizionalizza l’istanza deputata a provvedere al riguardo, conferendo tale incombenza al presidente della camera di commercio e i commi successivi ne disciplinano le modalità e i relativi reclami. L’articolo 2, che introduce un comma 6-bis nell’articolo 17 della legge contro l’usura, attribuisce al debitore protestato e riabilitato il diritto ad ottenere la cancellazione definitiva dei dati relativi al protesto anche dal registro informatico già menzionato. L’articolo 3, poi, prevede che i pubblici ufficiali abilitati a levare protesti cambiari devono trasmettere al presidente della camera di commercio, in termini stabiliti, l’elenco dei protesti, con l’identificazione del debitore contro cui il protesto è levato, mentre gli articoli 4 e 5 si occupano del registro informatico di cui al decreto-legge n. 381 del 1995, come convertito.
        Il relatore CARUSO ricorda, quindi, che sono all’ordine del giorno nella sede referente i disegni di legge nn. 233, 647 e 2189 sui quali intende soffermarsi in quanto essi si riferiscono alla problematica del provvedimento in discussione e appaiono meritevoli di essere approfonditi dalla Commissione poiché fanno emergere talune questioni che possono essere affrontate nell’ambito del disegno di legge n. 4151.
        In particolare, per quanto attiene al disegno di legge n. 233 esso si segnala per la modifica proposta per l’articolo 3 della legge n. 77 del 1955, modifica con la quale si condiziona la cancellazione del protesto dai nastri magnetici della camera di commercio non solo ad una dichiarazione comprovante l’avvenuto pagamento del titolo protestato ma anche all’accertamento – per il mezzo di un certificato penale – che il soggetto protestato non ha commesso reato contro il patrimonio e contro la fede pubblica.
        Quanto al disegno di legge n. 2189, che attiene specificamente ad una modifica in materia di usura, esso propone – in particolare – una configurazione del procedimento di riabilitazione armonico rispetto a quello che il disegno di legge n. 4151 propone per la cancellazione del debitore dal registro informatico già menzionato.
        Infine il disegno di legge n. 647 interviene sull’articolo 1 delle norme allegate al regio decreto 14 dicembre 1933, n. 1669 per prevedere che la cambiale deve contenere il codice fiscale dei soggetti interessati e la causale dell’obbligazione, indicandone dettagliatamente le caratteristiche. Al riguardo il relatore si domanda problematicamente se tali prescrizioni non collidano in qualche misura con le caratteristiche di astrattezza del titolo cambiario rispetto al rapporto sottostante, chiedendosi se la conseguenza, indesiderabile, potrebbe essere un depotenziamento di tale strumento, di cui non bisogna dimenticare gli effetti fisiologici come strumento di regolazione dei rapporti giuridici.
        Interessante è, poi, la disposizione del disegno di legge ove si prende in considerazione il caso del soggetto protestato ma non debitore e si prevede che richiesta di cancellazione dall’elenco dei protesti può essere presentata anche da chiunque sia in grado di mostrare di aver subito levata di protesto, a proprio nome, in forma illegittima o erronea.
        Inoltre, il relatore pone, sempre problematicamente, all’attenzione della Commissione altra questione desumibile dal medesimo disegno di legge n. 647 ove è previsto che la levata di protesto fatta a nome di familiari inseriti nello stato di famiglia del richiedente non può rappresentare da solo elemento ostativo all’apertura di linea di credito da parte di banche o società finanziarie.
        Il relatore ritiene che per i disegni di legge n. 233, 647 e 2189 la Commissione potrebbe convenire sulla opportunità di una loro congiunzione con il disegno di legge n. 4151, previo trasferimento alla sede deliberante dei provvedimenti medesimi, per connessione con il disegno di legge n. 4151.

        Il seguito della discussione è poi rinviato.

IN SEDE REFERENTE
(233) GERMANÀ e LAURO. – Disposizioni sulla cancellazione dei protesti cambiari
(647)
PEDRIZZI e MONTELEONE. – Modifiche ed integrazioni alla normativa sulla cambiale e sui protesti cambiari
(2189)
PEDRIZZI ed altri. – Disposizioni in materia di riabilitazione dei debitori protestati. Istituzione delle commissioni provinciali per la riabilitazione dei protestati. Modifica all’articolo 17 della legge 7 marzo 1996, n. 108
(Esame congiunto e rinvio)
        Il relatore Antonino CARUSO, nel richiamarsi a quanto da lui evidenziato in merito ai provvedimenti in titolo in sede di illustrazione del disegno di legge n. 4151, assegnato in sede deliberante, propone alla Commissione di procedere alla congiunzione dei disegni di legge nn. 233, 647 e 2189.
        Conviene la Commissione, con l’intesa che la congiunzione sarà finalizzata al trasferimento nella sede deliberante dei provvedimenti in titolo, per esigenze di connessione con il disegno di legge n. 4151.
        La seduta termina alle ore 16,25.