GIUSTIZIA (2a)
MERCOLEDÌ 30 LUGLIO 1997

170a Seduta (antimeridiana)
Presidenza del Presidente
ZECCHINO

Interviene il sottosegretario di Stato per la grazia e la giustizia Ayala.

La seduta inizia alle ore 8,45.

SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE
(A007 000, C02a, 0049o)

In considerazione del rilevante numero di emendamenti già pervenuti, il presidente ZECCHINO prospetta la convocazione di una seduta notturna per la giornata di domani.

Interviene il senatore BERTONI, il quale osserva che potrebbe risultare difficile assicurare, giovedì sera, la presenza del numero di senatori necessario per la sede deliberante.

Il presidente ZECCHINO fa presente che la seduta notturna verrà fissata essenzialmente per ragioni di cautela.

SULLA PUBBLICITÀ DEI LAVORI
(R033 004, C02a, 0007o)

Il presidente ZECCHINO avverte che dalla senatrice Scopelliti è stata presentata richiesta di attivazione dell'impianto audiovisivo per la discussione in sede deliberante del disegno di legge n. 964-B.
La Commissione accoglie la proposta e conseguentemente viene adottata tale forma di pubblicità, ai sensi dell'articolo 33, comma 5, del Regolamento.

IN SEDE DELIBERANTE
(964-B) CIRAMI ed altri. - Modifica delle disposizioni del codice di procedura penale in tema di valutazione delle prove, approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati
(Seguito della discussione e rinvio)

Riprende la discussione del disegno di legge in titolo sospesa nella seduta di ieri.

Il senatore CIRAMI considera poco comprensibili ed essenzialmente dovuti a condizionamenti esterni i ripensamenti manifestati da alcuni componenti della Commissione sul merito della riforma dell'articolo 513 del codice di procedura penale, che pure era stata licenziata dalla Commissione giustizia in un testo su cui si era registrato un consenso estremamente ampio e che non è stato, nel complesso, stravolto dal lavoro dell'altro ramo del Parlamento. A questo proposito non può non evidenziarsi il carattere strumentale delle dichiarazioni e delle preoccupazioni manifestate da alcuni pubblici ministeri, dirette in realtà a difendere un operato a volte poco professionale degli organi requirenti e ad intimidire il legislatore, pretendendo che esso continui ad assicurare la possibilità di far ricorso a modalità investigative che fanno perno esclusivamente sulle dichiarazioni dei pentiti - dichiarazioni assunte dal solo pubblico ministero spesso attraverso una sorta di vero e proprio patteggiamento - senza alcuna preoccupazione per i fondamentali diritti dell'imputato e svuotando di potere lo stesso organo giudicante, cui di fatto finisce per spettare soltanto l'irrogazione della pena senza che gli sia consentito di vagliare le dichiarazioni accusatorie nel contraddittorio fra le parti. È inevitabile pertanto il sospetto che nelle prese di posizione di alcuni pubblici ministeri vi sia la convinzione che non si possa portare avanti la lotta alla mafia senza un certo uso dei pentiti. È invece necessario affermare con forza che la mafia va combattuta, ma che ciò deve avvenire salvaguardando i fondamentali principi di legalità e i diritti dell'imputato. La riforma dell'articolo 513 del codice di procedura penale si colloca appunto in questa prospettiva ed appare pertanto sempre più necessario ed auspicabile che essa venga al più presto definitivamente approvata dal Parlamento.

Il senatore VALENTINO ritiene senz'altro condivisibile l'impianto ispiratore del disegno di legge in titolo, essendo incontestabile la centralità del principio del contraddittorio nel processo penale, principio a sua volta essenziale perchè il processo possa contribuire effettivamente all'accertamento della verità sostanziale dei fatti. Va altresì sottolineato che la possibilità - prospettata nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento - di prevedere l'obbligo del coimputato di confermare al dibattimento le dichiarazioni rese nella fase predibattimentale costituisce una soluzione inaccettabile in quanto si negherebbe il diritto irrinunciabile di tale soggetto ad avvalersi della facoltà di non rispondere. Vanno infine respinte con decisione le dichiarazioni di coloro che si sono spinti fino ad affermare che il lavoro svolto con la riforma dell'articolo 513 del codice di procedura penale di fatto agevolerebbe l'operato della criminalità organizzata. Si tratta di affermazioni che - lo nota con profondo rammarico - proprio perchè provengono da persone che meritano la massima stima per il loro impegno sul fronte della lotta alla mafia, avrebbero dovuto essere più attentamente meditate.

Il senatore SENESE ritiene tuttora valide le motivazioni che hanno portato la Commissione a varare il testo in discussione. Anche per sgombrare il campo da talune affermazioni fatte sull'onda montante delle reazioni al provvedimento in discussione, ricorda che la disposizione recata dall'articolo 513 del codice di procedura penale è stata introdotta - purtroppo con poche voci di dissenso - sulla spinta di una situazione emergenziale. La modifica proposta con il provvedimento in titolo non assume il significato della rinuncia alla lotta contro quell'emergenza, piuttosto risponde a motivazioni razionalizzatrici del sistema complessivo che è risultato fortemente compromesso e squilibrato dall'esistenza di quella norma.
Messo, quindi, in evidenza che anche da parte di chi contesta nel merito il provvedimento in esame non viene comunque messa in discussione che la disposizione dell'articolo 513 rappresenti una forma di inciviltà giuridica, sottolinea che occorre garantire in modo adeguato tutti gli imputati poichè diversamente sarebbe il sistema processual penalistico nel suo complesso a rivelarsi perdente.
Si sofferma, quindi, sulle parti modificate dall'altro ramo del Parlamento, notando complessivamente che l'equilibrio testuale che ne risulta è piuttosto soddisfacente. Anche se ritiene che la presenza di una norma che parifichi il collaborante al teste sottoposto a violenza o minacciato o corrotto, avrebbe registrato un miglioramento del testo, non gli appare vi siano gli elementi sostanziali e procedurali per poter procedere a tale modifica. Ricorda inoltre come, anche nel sistema attualmente vigente, l'articolo 513 non è comunque applicabile al collaboratore cui la criminalità organizzata avesse imposto di ritrattare le dichiarazioni precedentemente rese. Ritiene, comunque, che la possibilità di ricorrere all'incidente probatorio riduca il margine di tempo entro cui eventuali pressioni possono essere esercitate. Non condivide, inoltre, le valutazioni non positive in merito alla modifica, recata dall'articolo 4 del provvedimento, al comma 3 dell'articolo 398 del codice di rito rispetto alla quale è stato lamentato il rischio di uso strumentale per un disvelamento degli atti di indagine dannoso per indagini del pubblico ministero, considerando che sono comunque applicabili gli articoli 329 e 116 del codice di procedura penale. Ritiene in ogni caso che l'eventuale parificazione tra collaborante e teste, per gli aspetti già messi in evidenza, potrebbe essere affrontata in un separato provvedimento senza, però, condizionare a tale aspetto l'approvazione del disegno di legge in discussione. Invita a considerare questo impegno unitamente agli altri appuntamenti legislativi che riguardano l'approvazione del provvedimento sul potere di ordinare misure di prevenzione patrimoniale nei confronti dei patrimoni illeciti per il procuratore nazionale antimafia e i procuratori distrettuali antimafia (A.S 1920) e l'altro sulla partecipazione a distanza ai procedimenti penali (A.C. 1845).

Il senatore BATTAGLIA ritiene veramente rivoluzionario il provvedimento in discussione poichè esso mette sullo stesso piano accusa e difesa e tutela l'indagato, senza distinzione, approntandogli le garanzie che gli spettano. Sottolinea che tale provvedimento non deve essere in alcun modo interpretato come una rinunzia alla lotta contro il potere mafioso e ribadisce che non bisogna identificare le posizioni dell'imputato e quelle del testimone i quali giocano due ruoli distinti ed hanno diversi diritti e doveri. Tiene a sottolineare come il dibattito si sia concentrato sulle preoccupazioni degli effetti del provvedimento in discussione rispetto alla lotta al potere mafioso. Poco, tuttavia, è stato detto dei condizionamenti che il potere economico delle lobbies finanziarie ha determinato nei processi cosiddetti di «Tangentopoli» in relazione ai quali molti imputati sono stati indotti ad effettuare chiamate di correità al solo fine di ottenere il patteggiamento della pena, per poi avvalersi nel dibattimento della facoltà di non rispondere. Ribadisce che il dichiarante, nel momento in cui si rende tale, è - a prescindere da violenze o minacce - a conoscenza dei rischi cui questo comportamento lo espone e sottolinea che il provvedimento in discussione in nessun modo intende compiere un arretramento rispetto alla lotta contro la criminalità organizzata. Occorre ripristinare un clima di serenità perchè chi opera lottando contro le associazioni criminali in nome dello Stato sappia che ha nell'istituzione parlamentare un orecchio sensibile. Anche il cittadino deve però vedere riconosciuti i suoi elementari diritti e tale risultato dovrà essere conseguito coinvolgendo tutto l'apparato statuale, realizzando un completo dispiegamento dei mezzi a disposizione per lottare contro la criminalità mafiosa.

Il seguito della discussione è quindi rinviato.

CONVOCAZIONE DELLA COMMISSIONE

Il presidente avverte che la Commissione è convocata per una ulteriore seduta domani, giovedì 31 luglio, alle ore 21.

La seduta termina alle ore 9,35.