GIUSTIZIA (2ª)

MERCOLEDI' 16 FEBBRAIO 1999

542ª Seduta (pomeridiana)

Presidenza del Presidente
PINTO

Interviene il sottosegretario di Stato per la grazia e la giustizia Ayala.

La seduta inizia alle ore 14,40.


IN SEDE REFERENTE

(4461) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 gennaio 2000, n. 2, recante disposizioni urgenti per l'attuazione dell'articolo 2 della legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, in materia di giusto processo, approvato dalla Camera dei deputati
(Seguito dell'esame e rinvio)

Riprende l'esame sospeso nella seduta antimeridiana odierna.

Il senatore CENTARO sottolinea come il modo migliore per affrontare le problematiche relative alla riforma dell'articolo 111 della Costituzione sarebbe stato rappresentato dalla definitiva approvazione del disegno di legge già varato dal Senato e ora all'esame della Camera dei deputati in materia di formazione e valutazione della prova (Atto Camera 6590). E' infatti evidente che se il Parlamento non si farà carico di varare la normativa ordinaria "a regime" in applicazione del nuovo articolo 111 della Costituzione, sarà la Corte costituzionale con i suoi interventi a dare, di fatto, attuazione alla riforma. Va quindi evidenziata l'assoluta necessità che l'iter del disegno di legge in questione venga quanto prima ripreso e portato a conclusione.
Passando più specificamente ai contenuti del decreto-legge in conversione, il senatore Centaro nota che esso si presenta come un provvedimento tampone e perplessità sui suoi contenuti sorgono già con l'esame del primo comma dell'articolo 1. E' criticabile la formulazione di tale comma come norma di puro e semplice rinvio ai principi costituzionali introdotti nell'articolo 111 della Costituzione, in quanto si tratta di una soluzione che rischia di determinare difficoltà e problemi non trascurabili sul piano applicativo. A suo avviso, peraltro, essa non può che intendersi nel senso che il giudice dovrà applicare direttamente la norma costituzionale, considerando inutilizzabili tutte le dichiarazioni che non siano passate attraverso il vaglio del contraddittorio, fatte salve le eccezioni previste dai commi successivi. Il successivo comma 2, infatti, consente l'utilizzabilità delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari da chi si è sempre volontariamente sottratto all'esame dell'imputato o del suo difensore a condizione però che tali dichiarazioni risultino già acquisite al fascicolo del dibattimento al momento dell'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge e che la loro attendibilità sia confermata da altri elementi di prova, assunti o formati con diverse modalità.
Non convincente appare poi la previsione di cui al comma 4 dell'articolo 1, in quanto essa appare suscettibile di determinare non giustificate disparità di trattamento tra imputati nei cui confronti deve essere ancora adottata una decisione di merito e imputati in procedimenti già pervenuti alla fase del giudizio di legittimità.
Il comma 5 dell'articolo 1 gli sembra estraneo alla materia del decreto-legge, mentre il comma 6 deve ritenersi, a suo parere, sostanzialmente inutile.
Conclude ribadendo ancora una volta la necessità di riprendere e portare a termine nel più breve tempo possibile l'esame del disegno di legge già approvato dal Senato e in questo momento in discussione presso la Camera dei deputati recante le norme di attuazione della riforma dell'articolo 111 della Costituzione.

Intervenendo a titolo personale, il senatore GRECO si dichiara fortemente critico nei confronti del testo licenziato dalla Camera dei deputati per il decreto-legge in titolo, giudicando inaccettabile escludere l'applicazione in determinati procedimenti penali di principi che dovrebbero, in linea di massima, valere sempre e comunque e nonostante si debba sottolineare come le modifiche introdotte dalla Camera dei deputati abbiano tuttavia rappresentato un miglioramento rispetto al testo originario varato dal Governo.

Il senatore VALENTINO condivide le considerazioni svolte dal senatore Greco e ritiene che sarebbe stata necessaria maggiore coerenza e consequenzialità nel definire le modalità di applicazione dei principi introdotti nell'articolo 111 della Costituzione ai procedimenti in corso. Manifesta quindi forti perplessità sul decreto-legge in titolo, anche se si rende conto che l'esigenza di salvare i processi in corso porterà probabilmente a una sua conversione senza ulteriori modifiche.
Si sofferma quindi sui commi 5 e 6 dell'articolo 1 del decreto-legge ed evidenzia come sia estremamente difficile comprendere le ragioni che hanno indotto l'altro ramo del Parlamento a introdurre le previsioni ivi contenute.

Il senatore SENESE non può nascondere una notevole insoddisfazione nei confronti del testo trasmesso dall'altro ramo del Parlamento, insoddisfazione peraltro già espressa anche nei precedenti interventi dei senatori Russo e Fassone. Rileva che l'articolo 2 della legge costituzionale n. 2 del 1999 trova la sua ratio ispiratrice nell'esigenza di assicurare la certezza del diritto con specifico riferimento alle regole che avrebbero dovuto trovare applicazione nei procedimenti penali in corso alla data di entrata in vigore della riforma dell'articolo 111 della Costituzione e ciò al fine di evitare che tale riforma avesse effetti dirompenti nei confronti di questi procedimenti. La formulazione del comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge lascia insoddisfatta proprio l'esigenza di certezza cui ha testè accennato, in quanto prevedere soltanto che, fatte salve le eccezioni di cui ai commi successivi, nei procedimenti in corso si applicano i principi di cui all'articolo 111 della Costituzione, significa in concreto riversare sul giudice quell'opera di bilanciamento fra i diversi principi costituzionali che invece dovrebbe essere svolta dal legislatore mediante la definizione delle specifiche regole processuali che dei predetti principi dovrebbero costituire la traduzione in atto. E' evidente quindi che, operando nel modo in cui ha operato l'altro ramo del Parlamento, si creano inevitabilmente ampi margini di incertezza e ciò per di più avviene in una materia - quella processuale - in cui le esigenze di certezza del diritto, per le finalità di garanzia ad esse sottese, sono più forti che in altri settori dell'ordinamento.
Sarebbe stata pertanto più opportuna una diversa formulazione che prevedesse in linea generale l'applicabilità ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della riforma costituzionale delle norme processuali anteriormente vigenti, stabilendo poi alcune eccezioni tali da consentire una applicazione graduata dei principi introdotti con la predetta riforma nei medesimi procedimenti.
Passando al comma 2 dell'articolo 1, non può non suscitare perplessità il fatto che la norma non fornisca alcuna indicazione in merito alle ipotesi in cui le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari da chi si è sempre sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore non sono già state acquisite al fascicolo del dibattimento al momento dell'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in titolo. Anche in questo caso, la lacuna della normativa transitoria implica il rischio di rilevanti incertezze sul piano applicativo. Anche l'andamento del dibattito ha espresso tali incertezze: si è infatti sostenuto sia che queste dichiarazioni non dovrebbero in nessun caso essere acquisite al fascicolo del dibattimento, sia invece che tali dichiarazioni potrebbero essere acquisite e che però esse sarebbero utilizzabili solo a fini diversi dell'accertamento della colpevolezza dell'imputato. Pur essendo quest'ultima - a suo avviso - la soluzione interpretativa più corretta e più coerente con i principi introdotti nell'articolo 111 della Costituzione, ciò che va evidenziato è il dato di fondo rappresentato dalla obiettiva incertezza interpretativa circa la portata e il significato delle disposizioni in questione.
Il senatore Senese prosegue sottolineando quindi come nel corso del dibattito negli interventi, tanto di esponenti della maggioranza quanto di esponenti dell'opposizione, sia stato segnalato come la mancata conversione del decreto-legge in titolo comporterebbe difficoltà e problemi ancora più rilevanti di quelli connessi con la sua insoddisfacente formulazione testuale. A questo proposito, va però sottolineato che queste difficoltà potrebbero essere superate qualora presso l'altro ramo del Parlamento venisse assunta una posizione diversa, modificando un atteggiamento che, nei fatti, rischia di impedire che, nel concreto funzionamento del bicameralismo parlamentare, possano trovare spazio contributi volti unicamente ad assicurare una maggiore razionalità alla produzione normativa.

La senatrice SCOPELLITI, premesso che i principi del giusto processo costituivano già parte integrante del nostro ordinamento essendo desumibili tanto dalla Costituzione, quanto dalle norme contenute nelle Convenzioni internazionali, segnatamente l'articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ratificata con la legge n. 848 del 1955, sottolinea che la modifica apportata all'articolo 111 della Costituzione dalla legge costituzionale n. 2 del 1999, muove dall'esigenza di ribadire i principi del giusto processo espressi dal nostro sistema costituzionale. Tale intervento è stato indubbiamente necessitato dall'atteggiamento di certa magistratura, che ha sistematicamente ignorato quei principi, con i noti effetti perversi che hanno avuto come conseguenza le numerose condanne inflitte al nostro Paese dalla Corte europea di Strasburgo. Per quanto attiene al provvedimento in titolo, ne mette in risalto alcuni profili interpretativi che in forma quasi paradossale – data la premessa da cui ella è partita – porterebbero a concludere che i principi del giusto processo dovrebbero trovare applicazione solo attraverso la mediazione delle norme di attuazione. Il testo trasmesso dall'altro ramo del Parlamento poi, se anche potrebbe essere oggetto di un giudizio astrattamente positivo finisce, in definitiva, per sospendere l'applicazione di una legge costituzionale. Dopo aver ricordato che la via maestra da seguire è quella di approvare quanto prima la legge ordinaria che trasferisce in maniera calibrata sul sistema processuale penale i principi del giusto processo, conclude ribadendo che occorre recuperare lo spirito che aveva indotto il legislatore costituzionale a riscrivere l'articolo 111 della Costituzione.

Il presidente PINTO, premesso di condividere le valutazioni del senatore Senese, prende atto che le esigenze di modifica che si sono delineate nella discussione in atto, svelano problemi particolarmente acuti rispetto alla accettabilità delle modifiche apportate dall'altro ramo del Parlamento, tanto che, nel caso di specie, gli appare che i problemi evidenziati potrebbero essere risolti solo con modifiche al testo varato dall'altro ramo del Parlamento. La Commissione, nonostante i limitati tempi a disposizione, non ha mancato di effettuare una disamina attenta ed approfondita e non è, quindi, probabile, che se il testo pervenuto dall'altro ramo del Parlamento sarà licenziato dal Senato senza modifiche ciò avverrà per la mera esigenza di procedere rapidamente.
Il Presidente non può non ricordare come la Camera abbia, a sua volta, vagliato attentamente il provvedimento in discussione e tuttavia non può non rilevare che gli interventi che si sono succeduti hanno denotato una netta preferenza per le soluzioni contenute nell'Atto Senato 1502 – rispetto al quale, peraltro, è consapevole delle riserve avanzate presso l'altro ramo del Parlamento - che, se fosse stato approvato nei tempi dovuti, avrebbe costituito la risposta più idonea alle problematiche evocate. Dopo aver riepilogato brevemente i punti salienti del decreto-legge, come modificato, si sofferma in particolare sul comma 5, del quale condivide l'interpretazione, emersa dal dibattito, in ordine alla finalità ad esso sottesa, diretta a mettere l'imputato minorenne in condizione di rifiutare la decisione immediata e scegliere di essere giudicato nel merito.

Su proposta del PRESIDENTE la Commissione conviene, quindi, di prorogare il termine per la presentazione degli emendamenti a domani giovedì 17 febbraio, alle ore 11.

Il seguito dell'esame è poi rinviato.

SCONVOCAZIONE DELLA SEDUTA NOTTURNA DI OGGI

A seguito di una richiesta in tal senso del senatore PERA, il PRESIDENTE avverte che la seduta notturna, già convocata per oggi, alle ore 21,30, non avrà più luogo.

La seduta termina alle ore 15,55.