AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

MARTEDI’ 9 GIUGNO 1998

267ª Seduta

Presidenza del Presidente

VILLONE


Intervengono il Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali Bassanini e il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Bettinelli.

La seduta inizia alle ore 15.30.

SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE
(A007 000, C01a, 0099°)

Il PRESIDENTE avverte che, se non vi sono osservazioni, è inserito all’ordine del giorno delle successive sedute, in sede consultiva, lo schema di regolamento per la semplificazione dei procedimenti di approvazione e rilascio dei pareri da parte dei Ministeri vigilanti delle delibere assunte dagli organi collegiali degli enti pubblici non economici, a norma dell’articolo 20, comma 8, della legge n. 59 del 1997.

Prende atto la Commissione.


IN SEDE REFERENTE

(2934) Disposizioni in materia di giustizia amministrativa

(2912) BESOSTRI ed altri - Disposizione di attuazione della direttiva 89/665/CEE e degli articoli 1 e 2 della direttiva 92/13/CEE, in materia di ricorsi relativi ad appalti.

(3179) LO CURZIO ed altri - Nuove norme sul processo amministrativo

(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)

Prosegue l’esame congiunto, sospeso nella seduta del 29 aprile 1998 e rinviato nella seduta del 6 maggio 1998.

Il relatore PELLEGRINO ricorda che la Commissione ha da ultimo svolto una serie di audizioni a carattere informale sull’argomento, acquisendo valutazioni complessivamente positive. Perplessità sono state formulate dai rappresentanti dei magistrati dei TAR in merito all’articolo 4 del disegno di legge n. 2934 e riserve ancor maggiori sono state espresse a proposito dell’articolo 5. La preoccupazione prevalente concerne la formulazione della disposizione, che allo stato non sembra sfuggire a possibili censure di legittimità costituzionale. In merito alla composizione del Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa si è assistito ad una netta divaricazione di giudizi da parte di magistrati dei TAR e del Consiglio di Stato, con i primi che reclamano l’osservanza di un criterio di maggior equilibrio. Attende quindi di conoscere gli intendimenti del Governo, essendo ipotizzabile disgiungere tale ultima questione e propone infine che la Commissione stabilisca un termine per la presentazione di eventuali emendamenti.

Il senatore BESOSTRI auspica che, qualora si addivenga allo stralcio dell’articolo 8, le due iniziative possano procedere in parallelo. Si tratta inoltre di valutare se, anziché introdurre ulteriori riti accelerati per materie determinate, non sia preferibile favorire l’accelerazione del processo amministrativo nel suo insieme. Occorre infine considerare se questa possa essere la sede più opportuna per introdurre alcune cautele da più parti invocate, dopo la soppressione di numerosi controlli di legittimità.

Il senatore PASTORE, richiamandosi all’audizione del professor Tesauro, Presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, osserva che le funzioni svolte dalle autorità indipendenti sono tra di loro eterogenee. Per l’Autorità appena indicata si potrebbe ritenere non applicabile l’articolo 113 della Costituzione, considerando questa figura attuativa di una normativa comunitaria.

Il senatore MARCHETTI si dichiara contrario ad adottare una decisione di sostanziale rinvio della riforma del Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa.

Il ministro BASSANINI rileva che il Governo è interessato ad introdurre misure di snellimento del processo amministrativo, aspetto che rappresenta il contenuto fondamentale del disegno di legge n. 2934, per quanto sia opportuno procedere anche alla riforma della composizione del Consiglio di Presidenza. Sono infatti concreti i rischi di paralisi di questo organo. Auspicando pertanto un iter accelerato del disegno di legge stesso, riguardo all’articolo 5, ritiene che si possono ricercare formulazioni più appaganti, idonee a superare le perplessità segnalate, ovvero si può rinviare ad altra occasione la questione, se ciò dovesse essere di ostacolo al prosieguo. Suggerisce quindi di procedere nell’esame degli articoli e degli eventuali emendamenti per verificare in quella sede se sia possibile pervenire a soluzioni migliorative. Ricorda che il significato dell’iniziativa del Governo è stato modificato dalle difficoltà che incontra il processo di riforma costituzionale ed assicura che il Governo è aperto ai contributi che dovessero emergere in sede parlamentare.

Il relatore PELLEGRINO ritiene che sono state da ultimo introdotte nell’ordinamento numerose innovazioni legislative aventi molteplici ricadute nel campo della giustizia amministrativa. Si potrebbe quindi sostenere l’opportunità di una pausa di riflessione onde verificare gli effetti delle modifiche così apportate, limitandosi ad approvare soltanto quelle regole che siano state già canonizzate dalla giurisprudenza. Ad esempio appare opportuno verificare le conseguenze dell’introduzione dei riti speciali e della prossima devoluzione al giudice ordinario delle controversie in materia di pubblico impiego. Rispetto alla composizione del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, a suo avviso, occorre in ogni caso pervenire ad una disciplina di carattere transitorio, in vista di una possibile unificazione dei ruoli dei giudici amministrativi, beninteso facendo salve le posizioni esistenti. Trattandosi infine di introdurre variazioni ad un tessuto normativo piuttosto complesso, suggerisce di fissare il termine per la presentazione degli emendamenti a martedì 23 giugno.

Il ministro BASSANINI dichiara che il Governo non si oppone a un orientamento che si limiti a recepire soltanto le modificazioni più largamente condivise, a condizione però che i tempi di esame parlamentare siano rapidi. Non sarebbe invece d’accordo se l’iter dovesse subire rallentamenti, anche in presenza di innovazioni di portata limitata.

Il presidente VILLONE osserva che la materia della riforma della composizione del Consiglio di presidenza potrebbe essere stralciata ed analoga sorte potrebbe ricevere l’articolo 5. A questo proposito lo strumento legislativo dovrebbe essere perfezionato in relazione alla diversità delle autorità indipendenti operanti nell’ordinamento.

Il senatore BESOSTRI ritiene che attraverso gli emendamenti presentati si potrà verificare il grado di consenso della Commissione. La situazione del processo amministrativo appare comunque così delicata che anche innovazioni circoscritte devono essere attentamente valutate. Ribadisce inoltre le proprie riserve sullo stralcio dell’articolo 8.

Il relatore PELLEGRINO rileva che alcuni giorni per la presentazione degli emendamenti rappresentino ben poca cosa rispetto ai tempi, purtroppo ben più prolungati, di funzionamento della giustizia amministrativa.

Il ministro BASSANINI rinnova la propria raccomandazione in favore di un iter accelerato.

Il senatore MARCHETTI sostiene che anche la riforma del Consiglio di presidenza ha riflessi sul funzionamento complessivo della giustizia amministrativa.

Si conviene infine di fissare a martedì 23 giugno il termine per la presentazione degli emendamenti al disegno di legge n. 2934 ed il seguito dell’esame congiunto è quindi rinviato.


(2941) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE - Modifica alla XIII disposizione transitoria e finale della Costituzione, approvato dalla Camera dei deputati, in prima deliberazione, in un testo risultante dall’unificazione del disegno di legge costituzionale d’iniziativa governativa e dei disegni di legge costituzionale d’iniziativa dei deputati Trantino; Simeone; Selva; Frattini e Prestigiacomo; Lembo; Giovanardi e Sanza; Boato.

(303) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE. - COSTA - Abrogazione del comma secondo della XIII disposizione transitoria della Costituzione.
(341) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE.- DIANA Lino - Abrogazione dei commi primo e secondo della XIII disposizione transitoria della Costituzione.
(432) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE. - GERMANA’ ed altri - Abrogazione dei commi primo e secondo della XIII disposizione transitoria della Costituzione.

(658) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE. - PEDRIZZI ed altri - Abrogazione dei commi primo e secondo della XIII disposizione transitoria e finale della Costituzione.

(2452) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE. - PIERONI - Integrazione della XIII disposizione transitoria e finale della Costituzione.
(Esame congiunto e rinvio)

Il relatore PASTORE esordisce affermando che l’approccio meno indicato per affrontare le problematiche poste dai disegni di legge in esame sarebbe quello storico-revisionista, consistente nel rimettere in discussione le ragioni della introduzione nel sistema costituzionale di una norma quale quella contenuta nella XIII disposizione transitoria e finale. Su tale tema già molto si è detto in sede di dibattito nell’altro ramo del Parlamento, sia in Commissione sia in Aula e molto ancora si dirà: egli non intende, come relatore, aderire all’una o all’altra delle tesi in campo, ma assume la funzione e la responsabilità di individuare ragioni comuni a sostegno dell’iniziativa legislativa come pure alla proposta di eventuali correzioni.
Ciò non significa che l’analisi storica debba restare fuori dall’esame, ma senza formulare giudizi sulla monarchia sabauda, appoggiando la tesi di chi giudica l’azione politica di Casa Savoia con riferimento al solo periodo fascista (con attribuzione di incontestabili responsabilità in ordine all’avvento del fascismo ed alla sua trasformazione in regime, all’entrata in guerra, alla promulgazione delle leggi razziali, al disastro dell’8 settembre) ovvero a favore delle tesi di chi valuta la monarchia sabauda in un contesto storico più ampio, in un arco di tempo di più vasto respiro, dando atto alla ex casa regnante di aver consentito la nascita in Italia dello Stato nazionale e costituzionale, dell’affermarsi dello stato di diritto e di un sistema parlamentare rappresentativo, divenuto col tempo compiutamente liberale e democratico.
Egli si propone invece di ricostruire sommariamente il quadro nel quale si inserisce l’approvazione della XIII disposizione, ricordando quindi le ragioni storico-politiche, le fondamenta e gli effetti giuridici della norma, le motivazioni d’opportunità che spingono a volerne l’abrogazione, gli strumenti tecnici per attuare tale finalità.
Osserva, quindi, che negli ordinamenti moderni l’esilio rappresenta, indubbiamente, un tipo di sanzione estremamente rara. Storicamente la misura dell’esilio è stata applicata o come reazione dell’ordinamento al compimento di veri e propri reati ovvero per ragioni d’opportunità politica, al fine cioè di impedire la turbativa che un certo soggetto o una certa categoria di soggetti potesse determinare nell’unità e armonia di una collettività; in questa seconda ipotesi, quindi, non ricorre alcun comportamento illecito e l’esilio viene comminato senza procedere ad alcuna verifica processuale, ancorché svolta da un giudice pilotato e parziale. A tale seconda accezione di sanzione va riferita la norma contenuta nel secondo comma della XIII disposizione transitoria e finale della Costituzione, norma che pronuncia una condanna politica, non una condanna giudiziaria.
Vale però la pena di ricordare il clima in cui maturò tale disposizione, che fortemente influenzò i costituenti i quali, dopo il contestato esito del referendum istituzionale e il messaggio indirizzato agli italiani dal re deposto nell’abbandonare il suolo nazionale, vedevano profilarsi chiaramente la minaccia di una guerra civile o, nella migliore delle ipotesi, un periodo di eccezionale instabilità politico-istituzionale; e certamente tale è la ragione di un testo normativo, estremamente severo e rigoroso, che non contiene alcun termine di efficacia, come peraltro proposto con un emendamento non accolto diretto a limitare l’esilio alla terza generazione.
La XIII disposizione non contiene solo la sanzione dell’esilio comminata agli ex re, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi, ma stabilisce anche che “I membri ed i discendenti di Casa Savoia non sono elettori e non possono ricoprire uffici pubblici né cariche elettive”; nel terzo comma poi avoca allo Stato i beni esistenti nel territorio nazionale degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi e commina la nullità degli atti di disposizione di tali beni compiuti dopo il 2 giugno 1946.
Già al momento della sua approvazione, emerse il carattere eccezionale della norma, che urtava numerose disposizioni costituzionali: sono stati citati, da varie fonti e, per lo più, in occasione di dibattiti ed interventi occasionali sul tema, gli articoli 2 (che garantisce i diritti inviolabili dell’uomo), 3 (che sancisce il principio di eguaglianza), 4 (che riconosce il diritto al lavoro), 16 (che attribuisce il diritto di soggiornare e circolare nel territorio nazionale), 17 (che riconosce il diritto di riunione), 18 (che garantisce il diritto di associazione), 21 (che tutela il diritto di manifestazione del pensiero), 33 (in materia di libertà di insegnamento), 36 (in ordine al diritto ad una retribuzione equa e sufficiente), 41 (che sancisce la libertà economica), 42 (che tutela il diritto di proprietà), 48 (che disciplina l’elettorato attivo), derogati in senso sfavorevole per i membri di Casa Savoia, ovvero gli articoli 24 (diritto alla difesa) e 52 (servizio militare di leva), derogati invece, questi, in senso favorevole per Casa Savoia.
Autorevoli interpreti, a sostegno della scelta costituzionale, hanno appoggiato la tesi di una “autorottura costituzionale”, con ciò volendo sottolineare non solo il carattere speciale della XIII disposizione ma anche la sua sostanziale coerenza con la Costituzione della quale rappresenterebbe una conferma, un rafforzamento, in quanto finalizzata a realizzare uno strumento di difesa di valori costituzionali fondamentali, tra i quali primeggia la forma repubblicana, così come enunciato dall’articolo 1 (“L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”) e sancito nell’articolo 139 (“La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale).
Ma proprio il collegamento a un periodo storico definito, a fronte di valori costituzionali che hanno avuto e hanno ancora un respiro pluri-generazionale, ha accentuato l’eccezionalità della norma, sia a causa di una evoluzione giuridica di rilevanza anche costituzionale che non può essere ignorata, sia per il maturare sempre più forte, negli ambienti politici e giuridici come nell’opinione pubblica, della consapevolezza della natura necessariamente “transitoria” della XIII disposizione.
Sotto il primo profilo, occorre ricordare l’articolo 3 del Protocollo addizionale n. 4 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, che così testualmente recita: “Nessuno può essere espulso, mediante provvedimento individuale o collettivo, dal territorio dello Stato di cui è cittadino” (par. 1) e “Nessuno può essere privato del diritto di entrare nel territorio dello Stato di cui è cittadino” (par. 2), vigente anche per l’Italia e in stridente contraddizione con la XIII disposizione, tant’è che l’Italia ha dovuto depositare presso il segretariato generale del Consiglio d’Europa, una dichiarazione in base alla quale “Il paragrafo 2 dell’articolo 3 non può fare ostacolo all’applicazione della XIII disposizione transitoria della Costituzione italiana concernente l’interdizione all’entrata e al soggiorno di certi membri della Casa Savoia sul territorio dello Stato”.
Quanto alla normativa comunitaria, essa sancisce la libera circolazione dei cittadini di tutti gli Stati membri sul territorio dell’Unione europea, mentre vi sono anche i principi e i meccanismi operativi che discendono dall’adesione al trattato di Schengen, per cui riesce contraddittorio sostenere ed applicare il divieto di rimpatrio a cittadini che dimorano legittimamente nel territorio di un altro Paese aderente all’Unione europea e, ancor più, ad un Paese aderente al trattato di Schengen.
Il relatore ricorda, inoltre, che un’interpretazione evolutiva del contenuto della XIII disposizione è stata adottata in materia elettorale dalla commissione elettorale mandamentale di San Giovanni Valdarno, il 2 novembre 1983: tale commissione ha ritenuto che l’articolo 77 del codice civile, che fissa al sesto grado la rilevanza giuridica del rapporto di parentela, abbia tacitamente abrogato, per quanto riguarda la nozione di famiglia reale, il regio decreto 1° gennaio 1890 restringendo al sesto grado la parentela giuridicamente rilevante; in conseguenza di ciò, il duca Amedeo d’Aosta, parente di primo grado dell’ultimo re, non rientrava tra i membri e discendenti di casa Savoia indicati nel primo comma della XIII disposizione.
Come pure è opportuno ricordare, secondo il relatore, che in un parere espresso il 10 dicembre 1987, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha sostenuto che la vedova dell’ex re Umberto II non doveva più ritenersi colpita dal divieto di ingresso e soggiorno di cui al secondo comma della disposizione in esame, in quanto non era più da ritenersi “consorte” del medesimo.
Sotto il secondo profilo, che vede affermata l’opinione della intrinseca transitorietà della XIII disposizione, si può ricordare come i più recenti, anche se rari, commenti della dottrina giuridica a tale norma hanno ancor più sottolineato la natura eccezionale della disposizione, il suo sostanziale radicamento storico in un periodo irripetibile e quindi la mancanza di un “adeguato riscontro in una ratio idonea a giustificarla” nel tempo presente, la sua natura di “vulnus” all’impatto costituzionale, di vera e propria “devianza costituzionale”, invocando alcuni, da parte della Coste costituzionale, una interpretazione autentica tale da affermare la necessità di una “autolimitazione” dell’efficacia della disposizione al fine di far cessare la “patologica contrarietà al sistema costituzionale”.
Ma interpretazioni, ancorché autorevoli, dirette a sostenere la natura temporanea del divieto, erano e sono tuttora destinate al fallimento, come quella che ha proposto di ritenere la norma limitata e quindi applicabile ai soli discendenti nati al momento dell’approvazione della norma stessa (al contrario di quanto è avvenuto ad esempio in Austria, ove la Suprema Corte amministrativa ha interpretato la norma sull’esilio degli Asburgo in senso restrittivo, ritenendola limitata appunto ai soli discendenti nati al momento dell’entrata in vigore della legge). Tesi questa non accolta nel parere del Consiglio di Stato del 10 dicembre 1987, dianzi menzionato, nel quale si respingeva quanto sostenuto in dottrina, per cui i soggetti nati dopo l’entrata in vigore della Costituzione non dovessero considerarsi colpiti dai divieti della XIII disposizione. Il testo della XIII disposizione ed i lavori preparatori, come ricordato, non lasciano dubbi in proposito.
Va sottolineato, peraltro, come le ragioni di conservazione della XIII disposizione non sono più esistenti, a meno di non voler ammettere che la Repubblica corre il pericolo di una restaurazione monarchica, peraltro necessariamente violenta stante il disposto dell’articolo 139 della Costituzione.
Esemplari, in proposito, appaiono non solo la vicenda della giurisprudenza austriaca, già ricordata, ma anche quella della abrogazione di una analoga normativa rimasta in vigore in Francia fino all’indomani della seconda guerra mondiale e cancellata dall’ordinamento una volta verificato il venir meno delle ragioni della sua sopravvivenza.
Giustificabile politicamente e storicamente necessaria agli albori della Repubblica, dopo 50 anni la norma mostra tutta la sua natura di “privilegio odioso” e, soprattutto, se conservata, proclamerebbe una sfiducia aperta verso la tenuta delle istituzioni repubblicane.
La sua conservazione comporterebbe il perpetuarsi di un grave vulnus allo stato di diritto ed alla normativa internazionale ed europea, ma soprattutto suonerebbe come una dichiarazione di debolezza dello Stato democratico.
La sua abrogazione determinerebbe il ripristino delle ragioni del diritto e soprattutto rappresenterebbe un atto di giustizia non tanto nei confronti di casa Savoia ma nei confronti della storia di questi 50 anni di vita repubblicana durante la quale, con tutte le difficoltà, contraddizioni, errori del caso, comunque si sono affermati nelle istituzioni e, quel che più conta, nella coscienza dei cittadini, i valori costituzionali.
Il testo approvato dalla Camera dei deputati è il frutto della convergenza di più proposte di legge di origine parlamentare e di un disegno di legge d’iniziativa governativa; anche in Senato sono stati presentati diversi disegni di legge, tutti eredi di numerose iniziative parlamentari di precedenti legislature, che non hanno avuto la fortuna di approdare in Aula. Così come quelli della Camera, anche i testi del Senato si muovono in direzioni parzialmente diverse, prevedendo l’abrogazione del solo secondo comma, oppure l’abrogazione dei commi primo e secondo o un termine di efficacia dei primi due commi, fissandolo al 2 giugno 1998. Il testo approvato della Camera dei deputati (2941) stabilisce che i primi due commi della XIII disposizione esauriscano i loro effetti a decorrere dal 1° gennaio 1998.
Nessuno dei disegni di legge in esame prevede l’abrogazione dell’intera XIII disposizione, come invece proposto ma non accolto alla Camera. Il problema circa l’opportunità di intervenire solo sui primi due commi della XIII disposizione e quindi l’inopportunità di abrogare il terzo comma, è stato affrontato e risolto dai deputati in quanto, se è pur vero che il terzo comma ha ormai esaurito i propri effetti (avocazione allo Stato dei beni dei Savoia e nullità degli atti di disposizione compiuti dopo la proclamazione della Repubblica), è altrettanto vero che la sua formale cancellazione potrebbe comportare effetti giuridici non previsti e non prevedibili, mentre il suo mantenimento nulla aggiungerebbe o toglierebbe alle situazioni ormai definitivamente consolidate. Infatti, mentre la sanzione della privazione dell’elettorato attivo e passivo e quella dell’esilio hanno in comune il carattere della continuità nel tempo, della durata, la sanzione di cui al primo comma ha efficacia istantanea e definitiva.
Il disegno di legge n. 303 - così come proponeva il testo governativo presentato alla Camera, che suscitò notevoli polemiche - si limita a disporre l’abrogazione del secondo comma, lasciando invariati gli altri due commi, in particolare il primo, con la conseguenza che i Savoia potrebbero rientrare in Italia ma non esercitare i diritti di elettorato attivo e passivo loro vietati, con ciò contraddicendo sia allo spirito che dovrebbe animare la riforma (cessazione dello stato di eccezionalità, recupero dell’applicazione dei principi costituzionali internazionali ed europei) sia alla funzione della riforma stessa (restituzione della pienezza di status ai discendenti di Casa Savoia e loro equiparazione a pieno titolo a tutti gli altri cittadini italiani).
Il disegno di legge n. 2941, come pure il n. 2452, in luogo dell’abrogazione, dispongono l’inserimento nella XIII disposizione, limitatamente ai primi due commi, di un termine di efficacia, fissato al 1° gennaio 1998 nel primo e al 2 giugno 1998 nel secondo.
La fissazione di un termine di efficacia, in luogo della mera abrogazione, è stata preferita dei deputati soprattutto per ragioni politiche: si è temuto che l’abrogazione rivestisse un significato di perdono, di revisione del giudizio politico che la XIII disposizione sottendeva e sottende, della rimozione della memoria storica che la materiale cancellazione della norma dai testi normativi potrebbe comportare.
Per una felice combinazione, forse non del tutto consapevole, le ragioni politiche si conciliano compiutamente, a suo avviso, con quelle giuridiche: la intrinseca transitorietà della disposizione in esame e la necessità di una limitazione nel tempo della sua efficacia. Non può sfuggire, inoltre, la diversa efficacia giuridica che si ricollega alla fissazione di un termine di vigenza rispetto all’abrogazione pura e semplice anche se, probabilmente, non ne scaturirà alcun effetto pratico.
Si può pienamente condividere, pertanto, la scelta operata dalla Camera dei deputati, sia sul piano politico che su quello giuridico.
Quale ultimo nodo da sciogliere, occorre stabilire il termine finale di efficacia dei primi due commi, scegliendo tra il 1° gennaio 1998 e il 2 giugno 1998 o, ancora, un altro termine, tale da evitare, come avverrà se si sceglieranno le due date proposte, la indicazione di un termine che sia già trascorso allorché la legge sarà stata definitivamente approvata.
Al relatore non appare stravagante la fissazione di un termine finale già trascorso; il valore simbolico delle date proposte è evidente, ma è anche rilevante sul piano giuridico: si tratta di introdurre una norma più favorevole rispetto alla disciplina vigente, cosicché una retrodatazione degli effetti della riforma non presenta particolari controindicazioni giuridiche né può condurre ad applicazioni abnormi della nuova normativa se non in senso del tutto coerente con la volontà riformatrice del legislatore.
D’altro canto, l’obiettivo di recuperare nella materia una disciplina aderente al sistema costituzionale è divenuto, dopo 50 anni, sempre più urgente e mal si concilierebbe con esso un ulteriore ritardo.
Per queste stesse ragioni ed anche perché la data del 1° gennaio 1998 assume un significato simbolico maggiore, il relatore non ritiene opportuno modificare la data in quella del 2 giugno 1998.

Si apre la discussione generale.

Il senatore SPERONI condivide in gran parte le valutazioni esposte dal relatore, ma dissente dalla qualificazione della XIII disposizione esclusivamente come transitoria e non piuttosto come finale. D’altra parte, a suo avviso tra le norme costituzionali non può esservi una gerarchia di importanza o di prevalenza, mentre la citazione di un indirizzo interpretativo formulato da una commissione elettorale mandamentale non appare decisiva.
Egli si dichiara favorevole, comunque, all’abrogazione della XIII disposizione, che contraddice l’Accordo di Schengen e il Trattato dell’Unione europea. Quanto alla Casa Savoia, le si deve attribuire anzitutto la responsabilità storica di aver realizzato l’unità dell’Italia, avendo invaso la Lombardia, allora appartenente ad altro Stato sovrano e avendo sostanzialmente venduto il proprio territorio patrio, appunto la Savoia. Nondimeno, poiché le colpe dei padri non devono ricadere sui discendenti, egli conferma l’opportunità di abrogare la XIII disposizione. Invita, quindi, a non usare in sedi istituzionali alcun appellativo nobiliare, stante il disposto della XIV disposizione transitoria e finale, che nessuno ha ancora proposto di abrogare. In proposito, lamenta che l’emittente radiotelevisiva pubblica faccia largo ricorso proprio agli appellativi nobiliari.

Il senatore ROTELLI domanda, per chiarimento procedurale, in quale forma egli potrà esporre una tesi opposta a quella sostenuta dal relatore.

Il presidente VILLONE risponde che in sede di discussione generale potranno essere esposte tutte le opinioni del caso, mentre nella fase conclusiva dell’esame potrà essere annunciata, se ritenuto opportuno, una eventuale relazione di minoranza.

Il seguito dell’esame congiunto è quindi rinviato.

INTEGRAZIONE DELL’ORDINE DEL GIORNO
(A007 000, C01a, 0099°)

Il PRESIDENTE avverte che l’ordine del giorno delle sedute previste per mercoledì 10 giugno e giovedì 11 giugno è integrato con l’esame in sede consultiva su atti del Governo dello schema di regolamento per la semplificazione dei procedimenti di approvazione e rilascio pareri da parte dei Ministeri vigilanti delle delibere assunte dagli organi collegiali degli enti pubblici non economici, ai sensi dell’articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59.

Prende atto la Commissione.

La seduta termina alle ore 16.30.