209ª seduta (notturna)

Presidenza del presidente
DI BENEDETTO

        Interviene il ministro della difesa Mattarella ed il sottosegretario di Stato per lo stesso dicastero Guerrini.

        La seduta inizia alle ore 20,30.

 
PROCEDURE INFORMATIVE
Seguito del dibattito sulle comunicazioni del Ministro della Difesa sugli indirizzi programmatici della politica di Difesa nazionale e internazionale

        Riprende il dibattito sulle comunicazioni del Ministro, sospeso nella seduta del 16 febbraio.
        Il senatore NIEDDU, espresso apprezzamento per le parole pronunciate dal Ministro nella seduta del 19 gennaio, sottolinea l’elevata professionalità delle strutture militari nazionali impegnate nelle più disparate zone geografiche, anche extra-europee.

        Tuttavia, lo strumento finanziario non appare pienamente adeguato e auspica pertanto, oltre alla definizione di una normativa-quadro per disciplinare in modo uniforme (sul piano giuridico, e non solo) le missioni di pace all’estero, un sostegno più consistente sul piano delle risorse.
        Alle sfide nuove in termini di sicurezza e stabilità cui l’Italia è stata chiamata a concorrere, si è risposto in modo adeguato ed univocamente apprezzato, ma la capacità dei reparti in grado di essere impiegati in missioni di carattere internazionale è satura. L’impegno non occasionale ha evidenziato l’esigenza di accelerare il processo di adeguamento dello strumento militare, con il conseguente problema di garantire le necessarie risorse finanziarie, nonchè l’esigenza di superare un approccio che per le missioni all’estero si è affidato a provvedimenti assunti volta per volta.
        Chiede al Ministro se non sia il caso di mettere mano ad un provvedimento legislativo quadro, circa gli impegni all’estero delle nostre Forze armate, e ricorda che in proposito sia la Camera che il Senato hanno avanzato specifiche sollecitazioni in occasione dell’esame dei relativi provvedimenti.
        Domanda altresì di sapere quali saranno i prossimi sviluppi in materia di politica di sicurezza comune a livello europeo e quali le strutture portanti delle forze armate europee.

        Il senatore VIVIANI chiede informazioni sulle prospettive di sviluppo delle nuove Forze armate, non più orientate verso «la soglia di Gorizia», bensì verso le nuove frontiere della politica estera italiana. Altresì, auspica un’accorta gestione del patrimonio abitativo della Difesa, talora da dismettere in modo agevolato per chi subentrerà. Da ultimo, reputa opportuno il varo di ogni forma di incentivazione del Servizio civile fra i giovani.
        Agli intervenuti replica il ministro MATTARELLA, il quale affronta dapprima il problema dei suicidi nelle caserme, posto dal senatore Palombo. Si tratta di fatti certamente gravi che si inquadrano però in un contesto sociale più ampio che va oltre le mura delle caserme. Il suicidio rappresenta una forma estrema di disagio giovanile che va studiato con attenzione. Nell’ambito delle strutture sanitarie della Difesa sono state svolte analisi approfondite del fenomeno, utilizzando i dati dell’Osservatorio permanente sul suicidio e tentato suicidio in ambito militare, istituito nel 1988 presso la direzione generale della Sanità militare. Le analisi hanno consentito di effettuare un confronto fra i dati relativi ai casi di suicidio nella popolazione militare ed in quella civile, di comparabile fascia d’età. L’esame di questo confronto rivela una entità del fenomeno più contenuto che nell’ambito militare. Il dato statistico ha una sua valenza significativa, ma non giustifica compiacenze o rilassamenti, né diminuisce la gravità del fenomeno nel mondo militare. Questo disagio spinge ad un sempre più puntuale sforzo di attenzione nella selezione, nel controllo e nell’impiego del personale, nonché ad un miglioramento della qualità della vita nell’ambito della condizione militare. Prende atto con attenzione ed interesse dell’Indagine conoscitiva che la Commissione avvierà attraverso una serie di audizioni sul fenomeno.

        Si sofferma poi sugli argomenti sollevati dal senatore Dolazza sul nonnismo e sulla legge per la visita alle caserme. Occorre mantenere sempre alta la vigilanza sull’insieme di questi fenomeni, intensificando le misure repressive. Anche la goliardia, infatti, se eccessiva o protratta nel tempo, può creare l’humus per una sua degenerazione in qualcosa di peggiore.
        È necessario, anche nella prospettiva della riforma del servizio militare e dell’imminente apertura del mondo militare alle donne, stabilire dei codici comportamentali che consolidino il clima di serenità, coesione e solidarietà fra il personale militare, specialmente in quello di truppa. In tale ottica, è sua intenzione rendere ancora più incisiva la lotta contro questo fenomeno, lesivo dei diritti e della dignità della persona, anche attraverso modifiche al Codice penale militare di pace. Rileva comunque che i dati numerici a disposizione vanno analizzati con particolare attenzione per la differenza fra il numero delle persone coinvolte e il numero dei reati perpetrati e ciò per comprendere come nel corso degli ultimi anni si sia ridotto il fenomeno.
        Con riferimento alla questione delle visite dei parlamentari alle strutture militari – altro argomento toccato dal senatore Dolazza – ricorda che si è in presenza di un ritardo nell’emanazione del regolamento attuativo della legge 206 del 1998, relativo proprio a questo tipo di visite. Lo schema di regolamento ha comunque già ottenuto i prescritti pareri del Consiglio di Stato e della Commissione difesa del Senato ed è imminente il completamento del previsto
iter. Conferma che nella stesura definitiva del regolamento si terrà conto delle osservazioni formulate in sede parlamentare.
        Il Servizio civile è un altro argomento sul quale vi sono state richieste di chiarimenti, in particolare da parte dei senatori Pellicini e Viviani. Si tratta di un argomento delicato ed importante, sul quale il Governo ha presentato uno specifico disegno di legge che introduce nuovi istituti finalizzati a consentire su base volontaria lo sviluppo di iniziative complementari di moderne politiche sociali, nello spirito della solidarietà e del sostegno ai soggetti più bisognosi ed esposti. Tuttavia, la materia del Servizio civile è di competenza della Presidenza del Consiglio e non più del Ministero della Difesa. Nella prospettiva dell’abolizione della leva, la Difesa non avrà più responsabilità di sorta, nemmeno indirette, per quanto concerne il Servizio civile.
        Si sofferma quindi sui temi riguardanti la politica militare e le riforme in atto nella Difesa. Il senatore Manca ha svolto alcune riflessioni incentrate sulla missione a Timor Est che si è conclusa in modo assai positivo con il ritorno del contingente italiano. Il senatore Manca lamenta che sia stato deciso l’invio di un contingente militare al di fuori dell’area del Mediterraneo senza che il Senato fosse stato tempestivamente informato. Fa presente che la decisione di inviare unità italiane a Timor Est si è sviluppata con dinamiche molto rapide in risposta alla risoluzione 1264 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che autorizzava la costituzione di una forza multinazionale, la International Force in East Timor (INTERFET) per ristabilire la pace e la sicurezza nella parte orientale dell’isola.
        Da parte italiana la determinazione a difendere i valori di libertà, giustizia e pace su cui si fondano la nostra Costituzione ed il diritto internazionale, ha spinto a partecipare alla missione per Timor Est, perché la difesa di quell’insieme di valori ed interessi che contraddistinguono la politica internazionale dell’Italia non può essere semplicemente legata alla distanza geografica.
        Il Governo si è dovuto dunque muovere con rapidità, accogliendo con soddisfazione le mozioni presentate e discusse dai due rami del Parlamento. Ha riferito alla Camera dei deputati, nella seduta del 29 settembre 1999, sulla decisione di partecipare con un contingente ad INTERFET sotto l’egida delle Nazioni Unite.
        La grande distanza dall’Italia e i lunghi tempi occorrenti per il rischieramento hanno necessariamente imposto l’attuazione di misure immediate per l’avvicinamento delle nostre forze verso il teatro operativo. Tuttavia, prima dell’effettivo dispiegamento del nostro contingente a Timor Est, il Governo ne ha fatto ampia e puntuale comunicazione alla Camera ottenendo un sostegno unanime.
        Circa gli insegnamenti che possono trarsi dalla vicenda del Kosovo, il Ministro sviluppa alcune riflessioni che si innestano anche sugli argomenti toccati dai senatori Robol e Nieddu in merito alla difesa europea. Il Kosovo è stato l’ultimo anello di una lunga catena di operazioni che sempre più indirizzano verso uno strumento totalmente professionale, aperto anche alle donne, quantitativamente più ridotto ma di spiccata qualità, mobilità e professionalità, a marcata connotazione interforze, in grado di integrarsi pienamente nei contesti internazionali di cui siamo parte. La missione in Kosovo ha evidenziato la correttezza delle linee portanti della politica militare italiana ed europea, confermando il ruolo dell’Alleanza quale strumento essenziale per la difesa della sicurezza collettiva, l’importanza della coesione fra gli alleati e inoltre la necessità di costruire una efficace dimensione europea nel campo della sicurezza e difesa. Solo la convergenza di risorse umane, tecnologiche e finanziarie può infatti consentire all’Europa di disporre di un armamentario militare vieppiù efficace, superando la penalizzante frammentazione dei suoi strumenti militari.
        Un dato di base è che l’Europa ha una spesa militare pari a circa il 60 per cento di quella degli Stati Uniti, ma non ha certo una capacità operativa pari al 60 per cento di quella americana. Si deve riconoscere dunque che qualcosa non va, che non è più possibile, né utile disporre di una grande quantità di forze per lo più statiche e di coscrizione, senza possedere, al contrario, adeguate capacità operative, di proiezione, di
intelligence, di comando e controllo, di comunicazione e di sostegno logistico. Le esperienze del Golfo, della Bosnia e del Kosovo hanno evidenziato i limiti delle forze europee e hanno fatto maturare una sensibilità nuova in merito alla necessità di allargare la sfera d’azione dell’Unione anche al campo della difesa e della sicurezza.
        Il Consiglio Europeo di Helsinki, nel decidere la costituzione entro tre anni di un Corpo Europeo di 50-60.000 uomini di reazione rapida, proiettabile entro 60 giorni dalla decisione e sostenibile fuori area per almeno un anno, ha segnato una tappa importante nel processo di creazione di efficaci capacità militari Europee. Anche sul piano istituzionale sono stati definiti passaggi assai significativi con la decisione di costituire dal 10 marzo un Comitato politico e di sicurezza per la gestione della politica di sicurezza e difesa dell’Unione, un Comitato militare e uno Stato maggiore europeo. Al momento si tratta di strutture provvisorie che dovrebbero assumere una connotazione definitiva all’inizio del 2001.
        Quanto al problema della qualificazione della spesa per la Difesa, richiamata dal senatore Loreto, assicura che si tratta di un’esigenza ampiamente condivisa e perseguita con ferma determinazione.
        Le attività di predisposizione e formazione del bilancio della Difesa per l’anno 2000 nel quadro di una pianificazione di più lungo periodo sono state, infatti, indirizzate a realizzare un più moderno strumento militare, in grado di fornire un qualificato contributo nazionale al conseguimento di più efficaci componenti operative, in ambito europeo e NATO. In quest’ottica, le risorse destinate alla funzione Difesa hanno fatto registrare nel 2000 una crescita rispetto al 1999 che, seppur contenuta, sostanzia un rinnovato impegno ed una accresciuta attenzione del Governo e del Parlamento alle problematiche della sicurezza e della Difesa.
        I settori che ne hanno maggiormente beneficiato sono quelli dell’ammodernamento dei mezzi e della riorganizzazione delle strutture di sostegno e di comando. Il dato più significativo riguarda le risorse finanziarie destinate ai programmi di ammodernamento, che vede registrare un incremento di oltre 1000 miliardi, pari ad una crescita di circa il 20% rispetto al 1999. Ricorda che la spesa militare nel Paese è, in termini di percentuali della «funzione difesa» sul PIL, una delle più basse in assoluto fra quelle dei nostri alleati. Con la manovra per il 2000 si è invertita questa tendenza avviando una politica di rivalutazione e riqualificazione della spesa per la Difesa, secondo uno sforzo sostenibile e capace. Il senatore Dolazza ha posto il problema di realizzare una grande riforma strutturale, come è quella della riforma delle Forze armate. Auspica quindi positivi effetti anche sul tessuto delle industrie che operano per la Difesa.
        A fianco degli sforzi politici e finanziari volti a dare risposte adeguate alle necessità delle Forze armate in questo momento di cambiamenti, prosegue la ristrutturazione dell’area tecnico-industriale della Difesa, richiamata dal senatore Giorgianni. Rammenta che l’impegno a ristrutturare le aree operativa, tecnico-amministrativa e tecnico-industriale della Difesa scaturisce dalla legge finanziaria del 1996 che prevedeva: a) di ridurre il numero degli uffici centrali e delle direzioni generali, dei Comandi operativi e territoriali; b) di procedere alla ristrutturazione degli arsenali, stabilimenti e centri tecnici, rideterminandone, in senso riduttivo, le dotazioni organiche e provvedendo, ove necessario, alla riqualificazione del personale addetto.
        Successivamente, il Governo emanava il decreto legislativo 459 nel novembre 1997, relativo alla nuova organizzazione dell’area tecnico-industriale, che classificava gli enti dell’area tecnico-industriale in enti dipendenti dagli ispettorati di Forza armata ed in enti dipendenti dal Segretario generale. Il decreto legislativo fissava anche procedure e criteri per la loro ristrutturazione. Con decreto ministeriale del 20 gennaio 1998, si effettuava la classificazione dei 23 enti assegnati al Segretario generale.
        Con decreto del 25 gennaio 1999 si istituiva, nell’ambito del Segretariato generale della Difesa, l’ufficio generale gestione enti area tecnico-industriale per la gestione della ristrutturazione dei 23 enti. L’ufficio ha svolto un esame approfondito delle condizioni degli stabilimenti ed arsenali, individuando possibili nuove missioni da assegnare agli enti attraverso una loro ristrutturazione in termini di efficacia ed il trasferimento degli stessi all’Agenzia industrie difesa costituita con decreto legislativo 300 del 30 luglio 1999. Compito dell’Agenzia è di assicurare, con criteri di imprenditorialità, efficienza ed economicità, la gestione unitaria e coordinata delle attività degli stabilimenti industriali assegnati. Tale complessa operazione viene condotta in stretta collaborazione con i responsabili degli enti ed in spirito di concertazione con le Organizzazioni sindacali, delle quali è stato acquisito il consenso sull’intero impianto progettuale. Per contro è ancora in corso l’esame congiunto tra Difesa ed Organizzazioni sindacali sui singoli progetti. Al riguardo, assicura al senatore Loreto che tale progettazione tiene in debito conto tutti gli aspetti della problematica di riconversione, nel quadro delle prospettive di lavoro di ciascun ente, sia nel settore militare che in quello civile.
        Per quanto riguarda più specificamente l’Arsenale di Messina, citato dal senatore Giorgianni, considerando che la struttura di un arsenale militare non può essere assimilata né ad un cantiere di costruzione né ad un cantiere di raddobbo privato, precisa che è stato individuato un mercato interno alla Difesa, in particolare il settore del naviglio militare ausiliario, nel quale l’arsenale di Messina ha maturato una sufficiente esperienza lavorativa. Soggiunge che è inoltre in fase di valutazione e studio la possibilità di conferire all’arsenale di Messina la manutenzione di altro naviglio, quale quello della Guardia costiera.
        La proposta di progetto di ristrutturazione dell’arsenale di Messina, che è stata oggetto di una prima discussione con le organizzazioni sindacali centrali e locali, è caratterizzata : a) da una missione commisurata alle capacità professionali che l’Arsenale ha maturato nel tempo; b) da un carico di lavoro produttivo desunto e valutato sulla base degli
standard lavorativi e dei consuntivi di tutti gli Arsenali della Marina che trattano gli stessi tipi di naviglio; c) da una previsione di riqualificazione verticale delle professionalità esistenti; d) da un contenimento dell’incidenza degli impieghi indiretti, rispetto a quelli direttamente rivolti all’attività di intervento sulle unità navali, così da renderne l’attività comparabile agli standard di efficienza espressi dalla cantieristica privata; e) da un esubero, al netto dei pensionamenti, di circa 100 unità, il cui reimpiego dovrà essere stabilito secondo le modalità prescritte dal decreto legislativo 495 del 1997.
        Tale progetto appare realistico e pone il futuro dello stabilimento in una prospettiva positiva. D’altra parte, trasformazione e rinnovamento del sistema Difesa devono necessariamente passare attraverso un processo di ristrutturazione dell’area tecnico-industriale in termini di costo efficacia. Mantenere l’esistente è semplicemente impossibile sia in termini di sostenibilità che di prospettive future. Questo vale per tutti gli stabilimenti militari, inclusa Messina. Si dichiara certo che, anche in questo settore, le decisioni del Ministero potranno trovare sostegno in Parlamento e ringrazia la Commissione per l’attenzione e lo scrupolo con cui sta approfondendo questa problematica. Le molteplici visite negli arsenali navali offriranno un quadro conoscitivo che potrà confortare l’intero progetto con un giudizio complessivamente positivo. Da ultimo si sofferma sulle modalità che caratterizzeranno il regime transitorio fra l’oggi e il momento dell’introduzione piena del servizio militare professionale. Su tale tema si sono soffermati sia il senatore Tabladini sia il senatore Loreto. Con il provvedimento di riforma della leva, l’Italia si appresta ad acquisire un Modello interamente volontario che meglio risponde alle nuove funzioni dello strumento militare e che proprio per tale motivo risulta ormai adottato dalla stragrande maggioranza degli alleati europei ed atlantici, con poche limitate eccezioni. In tale contesto per procedere alla trasformazione dello strumento militare, sono stati definiti due aspetti principali: la dimensione delle Forze armate professionali, individuata in 190.000 uomini, coerente e compatibile con le esigenze derivanti dagli impegni operativi nazionali ed internazionali, nonché la durata del transitorio, sette anni, necessaria per pervenire con gradualità e senza traumi alla sospensione della leva.
        La riduzione della componente di leva viene controbilanciata dal progressivo incremento della componente volontaria sia in servizio permanente sia in ferma prolungata, secondo un
trend pianificato mediamente costante (pari a circa 12.000 unità/anno) che vede l’ultima chiamata alle armi nel 2006, ferma restando la possibilità di avvalersi al massimo dei giovani nati entro il 1985. La durata della ferma prefissata va da un anno a cinque anni con la possibilità di trattenere in servizio i volontari oltre i cinque anni per ulteriori due rafferme biennali. Con tali diversificate possibilità, si è voluta creare una molteplicità di fonti attraverso cui garantire un adeguato flusso di volontari necessari per le esigenze delle Forze armate. In particolare, le ferme di cinque anni consentiranno di contenere l’entità dei reclutamenti necessari annualmente entro limiti realisticamente perseguibili (circa 8.000 volontari/anno), mentre le ferme ad un anno potranno compensare eventuali insufficienze nelle ferme quinquennali, nonché compensare, durante il transitorio, eventuali deficienze nei contingenti di leva.
        In questo contesto si è cercato di creare le condizioni per incoraggiare le adesioni dei giovani al servizio volontario nelle sue varie forme, prevedendo: a) un più adeguato trattamento economico e giuridico; b) l’incremento degli sbocchi interni alle Forze armate con maggiori possibilità di passaggio del personale volontario a ferma breve nelle categorie dei sottufficiali e degli ufficiali; c) la possibilità di rivedere le attuali entità degli sbocchi nel personale civile della Difesa, nelle carriere iniziali nelle forze di polizia ad ordinamento militare e civile, nei Vigili del fuoco e nella Pubblica amministrazione; d)la previsione, nel corso della ferma di cinque anni, del completamento di cicli di studio e dell’acquisizione di una specifica formazione professionale che agevoli l’inserimento nel mercato del lavoro esterno al termine del Servizio militare volontario.

        Inoltre, è stata prevista una specifica struttura, con personalità giuridica che avrà il compito di svolgere attività informativa, promozionale e di coordinamento al fine di valutare l’andamento dei reclutamenti di personale volontario e di agevolare l’inserimento nel mondo del lavoro dei militari volontari al termine del loro periodo di impiego militare anche attraverso la stipula di convenzioni con datori di lavoro pubblici e privati.
        In sostanza, si è delineato un processo realistico di trasformazione dello strumento militare da uno largamente basato sulla leva ad uno interamente professionale secondo schemi mutuati da quelli di Paesi a noi simili, che ci hanno preceduto in questo processo di trasformazione.
        È una strada irrinunciabile se si vuole procedere con un ruolo trainante verso l’Europa e verso una efficace dimensione europea di sicurezza.
        Con riferimento al problema posto dal senatore Viviani sulle modalità di dismissione dei beni immobili, si impegna al pieno rispetto di quanto sarà fissato dall’emanando disegno di legge collegato alla Finanziaria, che disciplinerà la procedura in materia.
        Condivide infine quanto dichiarato dal senatore Nieddu sull’esigenza di una normativa-quadro per le missioni all’estero.


        La seduta termina alle ore 22.