604ª Seduta pubblica
Mercoledì 6 aprile 2016 alle ore 09:35
Con 171 voti favorevoli, 105 contrari e un'astensione, l'Assemblea ha rinnovato la fiducia al Governo, approvando definitivamente il ddl n. 2298 di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, recante misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio.
Il Capo I modifica il testo unico bancario: l'articolo 1 prevede che l'esercizio dell'attività bancaria in forma di banca di credito cooperativo (BCC) è consentito solo alle BCC appartenenti ad un gruppo bancario cooperativo; sono innalzati i limiti per il numero minimo di soci (500) e il valore nominale della partecipazione detenibile da ciascun socio (100 mila euro). Si stabilisce, inoltre, che la BCC esclusa da un gruppo bancario cooperativo può continuare l'attività solo a seguito di autorizzazione della Banca d'Italia e trasformazione in società per azioni. La Camera ha introdotto l'articolo 2-bis, relativo al fondo temporaneo delle banche di credito cooperativo. Il Capo II reca misure volte a definire un meccanismo per smaltire i crediti in sofferenza. L'articolo 3 definisce l'ambito di applicazione della misura, che è temporanea (fino al 16 agosto 2017 con possibilità di proroga previo parere positivo dell'Unione europea) e consiste nella concessione della garanzia statale su titoli cartolarizzati aventi come sottostanti i crediti in sofferenza delle banche e degli intermediari con sede in Italia. La Camera ha introdotto l'articolo 13-bis relativo alla vigilanza su obbligazioni bancarie cartolarizzate. Il Capo III reca disposizioni fiscali relative alle procedure di crisi. Il Capo IV reca disposizioni in materia di gestione e tutela del risparmio. La Camera ha introdotto articoli aggiuntivi, dopo il 17, riguardanti il calcolo degli interessi, gli assegni e altri strumenti bancari di pagamento.
Nella seduta di ieri il relatore, sen. Moscardelli (PD), ha illustrato il provvedimento, sono state respinte le pregiudiziali di costituzionalità ed è iniziata la discussione generale, che si è oggi conclusa con gli interventi dei sen. Mucchetti, Mauro Marino (PD) e Cappelletti (M5S). Il sen. Mucchetti (PD) ha criticato la norma sul way out facilitato attraverso il conferimento a una Spa, che contrasta con l'esigenza di aumentare dimensione e solidità delle banche. Secondo M5S il decreto non mira a recidere i legami tra politica e finanza, ma è utile ai grandi gruppi bancari che vogliono mettere le mani sulla raccolta delle BCC. Per salvaguardare le peculiarità del credito cooperativo bisognerebbe abolire il modello unico di Spa, eliminare l'obbligo di adesione alle holding e prevedere l'istituzione di un consorzio. Manca inoltre una riforma degli organi di controllo: la Banca d'Italia rimane controllata dalle banche che dovrebbe controllare. Il sen. D'Alì (FI-PdL) ha lamentato l'assenza di un quadro unitario di riforma; ha rilevato che il meccanismo di garanzia statale favorisce operazioni speculative, la soglia del way out fissata a 200 milioni appare arbitraria, la governance della holding è rinviata allo statuto; ha criticato infine l'ispirazione fondamentale dei provvedimenti del Governo che, anziché sostenere l'economia reale, assecondano gli interessi del settore bancario. Il sen. Marino (PD) ha ricordato che il provvedimento si inserisce nel quadro nell'unione bancaria europea, nata dopo la crisi finanziaria del 2007; ha rilevato, inoltre, che il ddl conferma l'impianto dell'autoriforma di Federcasse e che risorse aggiuntive del credito sono strategiche per la ripresa.
In replica il Vice Ministro dell'economia Morando ha ricordato che, dopo l'intesa a livello europeo per evitare che la garanzia statale sui crediti deteriorati incorra in una procedura di infrazione per aiuti di Stato, il Governo ha scelto di utilizzare il decreto-legge per accelerare il consolidamento patrimoniale delle BCC. Affrontare il problema delle sofferenze bancarie è urgente, infatti, per superare la stretta creditizia e consentire che la politica monetaria espansiva della BCE si trasmetta all'economia reale. La proposta iniziale del Governo sulla via d'uscita delle banche che non intendono aderire a un gruppo bancario nazionale era sbagliata, ma alla Camera è stata trovata una soluzione logica che elimina l'affrancamento delle riserve e favorisce un'aggregazione ampia. Secondo il Vice Ministro la costituzione di grandi gruppi bancari cooperativi e le importanti norme introdotte dal Parlamento sulle specificità delle banche di Trento e Bolzano e sulla possibilità di costituire sottogruppi regionali, consentono di salvaguardare l'ispirazione mutualistica e il legame delle BCC con il territorio.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi ha posto la questione di fiducia sull'approvazione dell'articolo unico di conversione del decreto, nel testo approvato dalla Camera. Nella discussione sulla fiducia hanno preso la parola i sen. Divina (LN), Barani (AL-A), Berger (Aut), Vacciano (Misto), Galimberti (FI-PdL). Nelle dichiarazioni finali hanno annunciato la fiducia i sen. Eva Longo (AL-A), Zeller (Aut), Marino (AP), che ha però criticato duramente la way out, e Gianluca Rossi (PD). Hanno negato la fiducia i sen. Anna Cinzia Bonfrisco (CoR), Tosato (LN), Giovanni Mauro (GAL), Loredana De Petris (SI-SEL), Laura Bottici (M5S) e Mandelli (FI-PdL).
Le opposizioni hanno ricordato che su tutti i provvedimenti bancari (trasformazione delle banche popolari in società per azioni, norme salva-banche, trasformazione delle banche cooperative), il Senato, che ha approfondito meglio l'argomento, è stato tagliato fuori dall'attività emendativa. Nel merito, il decreto è un intervento a gamba tesa sulle BCC, quelle che hanno maggiormente sostenuto le piccole e medie imprese in tempi di crisi, che perderanno il carattere della mutualità e il legame con il territorio e saranno spinte a trasformarsi in società per azioni. Il provvedimento non tutela il risparmio e non garantisce l'accesso al credito; la norma sul way out favorisce invece le banche toscane legate al Presidente del Consiglio.
Su richiesta avanzata ieri dalle opposizioni, il Presidente Grasso ha convocato la Conferenza dei Capigruppo che ha deciso a maggioranza di calendarizzare per martedì 19 aprile alle ore 16,30 le due mozioni di sfiducia presentate da M5S e FI-LN-CoR sui rapporti tra il Governo e le compagnie petrolifere. I sen. Nunzia Catalfo (M5S), Centinaio (LN), Paolo Romani (FI-PdL) e Campanella (SI-SEL) hanno chiesto di calendarizzare le mozioni tra il 9 e il 12 aprile, prima del referendum sulle trivellazioni petrolifere. Secondo la sen. De Petris (SI-SEL), che ha chiesto la calendarizzazione di una proposta d'inchiesta, vi è un legame stretto tra l'indagine della magistratura di Potenza sugli appalti petroliferi e l'oggetto del referendum del 17 aprile (l'abrogazione delle concessioni in eterno alle compagnie petrolifere). Secondo il sen. Di Maggio (CoR) il Presidente del Consiglio punta al fallimento del referendum sulle trivellazioni per affossare il referendum costituzionale. Secondo il sen. Romani (FI-PdL) dovrebbe essere interesse del Governo approfondire una questione molto delicata. Il sen. Buemi (Aut) ha proposto di sospendere i lavori la prossima settimana per approfondire il tema del referendum. Il sen. Candiani (LN) ha criticato la scelta compiacente della maggioranza e ha invitato il Presidente del Consiglio ad assumersi le sue responsabilità in Parlamento. Le proposte di modifica del calendario sono state respinte.
In apertura di seduta il Presidente Grasso ha ricordato il settimo anniversario del terremoto dell'Aquila. Dopo che l'Assemblea ha osservato un minuto di silenzio, hanno preso la parola i sen. Bruni (CoR), Arrigoni (LN), Barani (AL-A), Loredana De Petris (SI-SEL), Mancuso (AP), Rosetta Blundo (M5S), Paola Pelino (FI-PdL) e Stefania Pezzopane (PD).
Al termine della seduta i sen. Lucrezia Ricchiuti (PD), Giovanardi (GAL), Airola (M5S), Di Maggio (CoR) e Cuomo (PD) sono intervenuti sull'intervista realizzata da Bruno Vespa al figlio di Totò Riina.