562ª Seduta pubblica
Martedì 19 gennaio 2016 alle ore 15:01
L'Assemblea ha ripreso l'esame del ddl costituzionale n. 1429-D, recante disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della Costituzione.
Il ddl, approvato in prima deliberazione dal Senato l'8 agosto 2014, è stato modificato in prima deliberazione dalla Camera dei deputati il 10 marzo 2015, nuovamente modificato dal Senato il 13 ottobre 2015 e approvato senza modifiche in prima deliberazione dall'altro ramo del Parlamento lo scorso 11 gennaio. Il Regolamento prevede che in seconda deliberazione, dopo la discussione generale, si passi alla votazione finale. Per l'approvazione del ddl occorre la maggioranza assoluta dei voti.
La sen. Finocchiaro (PD) ha riferito sui lavori della Commissione che non ha concluso l'esame in sede referente: il ddl è discusso senza relatore. Nella discussione generale si sono iscritti a parlare 93 senatori. L'inizio delle dichiarazioni di voto è fissato alle ore 17 di domani.
Il testo del ddl supera il bicameralismo perfetto, differenziando la composizione e le funzioni del Senato; modifica il procedimento legislativo, che diventa monocamerale, tranne in casi limitati; interviene sul Titolo V, eliminando la competenza legislativa concorrente delle Regioni, prevedendo la clausola di supremazia statale e sopprimendo ogni riferimento alla province. Il testo, inoltre, sopprime il CNEL e introduce: lo statuto delle opposizioni disciplinato dal Regolamento della Camera, il ricorso preventivo di legittimità costituzionale sulle leggi elettorali, l'istituto del voto a data certa per i ddl essenziali all'attuazione del programma di governo, limiti di omogeneità e immediata applicazione per i decreti-legge, modifiche al sistema di elezione del Presidente della Repubblica. Nella nuova architettura costituzionale, alla Camera, la cui composizione resta immutata, spetta la titolarità del rapporto fiduciario, della funzione di indirizzo politico e di controllo dell'operato del Governo. Il Senato, composto da 95 senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da 5 senatori nominati dal Presidente della Repubblica, diviene organo di rappresentanza delle istituzioni territoriali, eletto in secondo grado, che concorre al raccordo tra lo Stato e gli altri enti della Repubblica e tra questi ultimi e l'Unione europea. Tra le sue funzioni specifiche vi sono la partecipazione alle decisioni relative agli atti normativi e alle politiche dell'Unione europea, il concorso alla valutazione delle politiche pubbliche e dell'attività delle pubbliche amministrazioni, la verifica dell'attuazione delle leggi dello Stato e l'espressione del parere su nomine governative. Il procedimento legislativo rimane bicamerale per le leggi costituzionali, le leggi che attuano disposizioni costituzionali in materia di minoranze linguistiche e referendum popolari, le leggi che determinano ordinamento, elezione, organi di governo e funzioni fondamentali di comuni e città metropolitane, leggi che stabiliscono forme e termini della partecipazione italiana alla formazione e attuazione di norme e politiche dell'Unione europea, leggi che determinano le ineleggibilità e le incompatibilità dei senatori. Negli altri casi, il procedimento legislativo è monocamerale: a maggioranza assoluta il Senato può chiedere alla Camera di esaminare un disegno di legge; su richiesta di un terzo dei componenti ed entro termini stabiliti, può esaminare un disegno di legge approvato dalla Camera e deliberare proposte di modifica, sulle quali la Camera si pronuncia in via definitiva. Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune ma non è più prevista la partecipazione di delegati regionali. Sono cambiati i quorum per l'elezione del capo dello Stato: dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dell'Assemblea, dal settimo la maggioranza dei tre quinti dei votanti. Per quanto riguarda il Titolo V, sono elencate materie di competenza esclusiva dello Stato tra le quali figurano la tutela e promozione della concorrenza; il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; la produzione, il trasporto e la distribuzione dell'energia; le infrastrutture strategiche e le grandi reti trasporto di interesse nazionale; i porti e gli aeroporti civili di interesse nazionale e internazionale; disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, le politiche sociali, la tutela del lavoro e le politiche attive, l'istruzione e formazione professionale. La clausola di supremazia consente allo Stato di intervenire in materie riservate alla Regioni per tutelare l'interesse nazionale.
Le opposizioni hanno avanzato critiche di metodo e di merito: un procedimento di ampia revisione costituzionale è materia squisitamente parlamentare e dovrebbe raccogliere il più ampio consenso possibile. L'iter della riforma è stato invece contrassegnato da forzature e mistificazioni: i diktat del Governo, la sostituzione dei commissari non allineati, l'interruzione dei lavori in Commissione, gli emendamenti civetta volti a cassare le proposte di modifica, gli scambi e i ricatti sulle nomine per assicurarsi i voti necessari. Il Governo è stato sordo anche ai rilievi di insigni costituzionalisti che hanno giudicato la riforma pasticciata, squilibrata e con problemi applicativi. Il ddl, nel combinato disposto con la legge elettorale nota come Italicum, altera pericolosamente l'equilibrio dei pesi e dei contrappesi e cela una deriva autoritaria: un partito con il 20 per cento dei suffragi può conquistare la maggioranza dei seggi alla Camera e controllare l'elezione di tutti gli organi di garanzia, dal Presidente della Repubblica alla Corte costituzionale, dal CSM alle autorità indipendenti. I principali provvedimenti della legislatura - legge elettorale, riforma costituzionale, job acts, buona scuola, riforma della RAI - hanno come filo conduttore l'idea dell'uomo solo al comando. Sensibile a interessi finanziari e pressioni internazionali che puntano a ridurre gli spazi democratici, il Presidente del Consiglio, dopo aver fatto della riforma costituzionale un terreno di demagogia e di scontro, sta trasformando il referendum costituzionale in un pronunciamento per il rafforzamento del suo potere personale.
Nella discussione generale hanno preso la parola i sen. Calderoli, Arrigoni, Silvana Comaroli, Consiglio, Crosio (LN); Di Maggio, Quagliarello (GAL); Airola, Elisa Bulgarelli, Lucidi, Puglia, Elena Fattori, Paola Taverna, Laura Bottici, Michela Montevecchi, Martelli, Marton, Santangelo, Rosetta Blundo, Cappelletti, Cotti, Wilma Moronese, Castaldi, Girotto, Buccarella, Ciampolillo, Giovanna Mangili (M5S); D'Alì, Carraro, Amidei, Mandelli, Malan, Ceroni, Scilipori Isgrò, Piccoli (FI-PdL); Alessia Petraglia (SEL); Mancuso (AP); Collina, Pagliari (PD); Alessandra Bencini (Misto-IdV); D'Anna (AL); Molinari, Maria Mussini, Campanella (Misto); Tarquinio (CR).
Sulla richiesta di chiusura anticipata della seduta, avanzata dal sen. Candiani (LN) alle 2.05, è mancato il numero legale.