280ª Seduta pubblica
Mercoledì 16 luglio 2014 alle ore 09:33
L'Assemblea ha ripreso l'esame del ddl costituzionale n. 1429, e connessi, recanti disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, il contenimento dei costi delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della Costituzione.
Il testo licenziato dalla Commissione amplia le funzioni del Senato, garantisce un migliore equilibrio tra i poteri dello Stato e rivede il riparto di competenze tra Stato e Regioni al fine di prevenire il contenzioso prodotto dalla riforma costituzionale del 2001.
Il Senato diventa organo elettivo di secondo grado, a rinnovo parziale continuo. E' composto da cento membri: 21 sindaci e 74 consiglieri regionali, eletti dai Consigli regionali con il sistema proporzionale, e 5 senatori nominati dal Presidente della Repubblica il cui mandato non ripetibile dura sette anni. Alla Camera dei deputati è attribuita in via esclusiva la titolarità dell'indirizzo politico: il Senato è escluso dalla relazione fiduciaria con il Governo; suo compito prevalente è l'esercizio della funzione di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica; partecipa inoltre alla fase ascendente e discendente del procedimento normativo dell'Unione europea; verifica l'attuazione delle leggi statali e valuta l'impatto delle politiche pubbliche sul territorio; concorre all'espressione di pareri sulle nomine governative; partecipa all'elezione del Presidente della Repubblica e degli altri organi di garanzia.
Il ddl prevede anche la soppressione del CNEL e accresce il ruolo del Governo nel procedimento legislativo, costituzionalizzando la cosiddetta ghigliottina. E' elevato il numero di firme necessario per promuovere il referendum abrogativo e per presentare proposte di legge di iniziativa popolare.
Quanto alla riforma del Titolo V, scompare la previsione costituzionale delle Province, quale articolazione territoriale della Repubblica; tuttavia, sulla base di criteri definiti con legge dello Stato, le Regioni individuano gli ambiti territoriali degli enti di area vasta. Scompare la legislazione concorrente e sono enumerate dettagliatamente anche le materie di competenza esclusiva dello Stato, che si arricchisce di nuovi contenuti tra i quali: la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionali dell'energia; le infrastrutture strategiche e le grandi reti di trasporto. E' costituzionalizzato il riferimento ai costi standard: le funzioni amministrative degli enti territoriali sono esercitate in modo da assicurare trasparenza ed efficienza e il loro finanziamento è assicurato sulla base di indicatori di riferimento di costo e di fabbisogno.
La discussione generale, iniziata nella seduta di lunedì 14 luglio, è ripresa con gli interventi dei sen. Endrizzi, Marton, Molinari, Michela Montevecchi, Ciampolillo (M5S); Caliendo, Gasparri, Cinzia Bonfrisco (FI-PdL); Munerato (LN-Aut); Stefano (Misto-SEL); Chiti, Mineo (PD); Mancuso (NCD); Bocchino (Misto).
Nettamente contrari al ddl Movimento 5 Stelle, SEL e Gruppo Misto, ma voci critiche si sono levate da senatori appartenenti a tutti i Gruppi parlamentari. Circa 7.800 gli emendamenti presentati.
Applauditissimo il sen. Chiti (PD) che, pur dando atto alla Commissione di avere migliorato il ddl governativo, ha spiegato perché la riforma non funziona, elimina contrappesi essenziali per la qualità della democrazia, indebolisce equilibri fondamentali della Costituzione, che è un sistema organico e non può essere modificata con superficialità, ambiguità, tatticismi, senza produrre guasti profondi. Con puntuali rilievi di merito, il sen. Chiti ha ricordato che il superamento del bicameralismo paritario consiste nell'esclusione del Senato dal circuito fiduciario e nella differenziazione delle funzioni delle due Camere. E' perciò irragionevole rifiutare proposte che consegnerebbero una riforma solida e duratura, tendendo a superare la crisi della rappresentanza in direzione della partecipazione anziché dell'accentramento del potere. Il sen. Chiti ha rilevato infine una contraddizione tra il progetto di democratizzazione delle istituzioni europee e lo svilimento della rappresentanza nazionale.
M5S ha denunciato i limiti di una revisione costituzionale, usata come arma di distrazione di massa da un Governo incapace di intervenire sui temi economico sociali, che finge di abolire province e di contenere i costi ma elimina in realtà soltanto le elezioni. Una legge elettorale volta a cancellare il pluralismo, un Senato composto di sindaci e consiglieri regionali, ininfluente per l'elezione degli organi di garanzia, sembrano congegnati per arrestare il Movimento 5 Stelle. Ne sono riprova la chiusura del Governo ad ogni proposta di miglioramento, il clima di criminalizzazione del dissenso, la scarsa attenzione dei mezzi di informazione ad una controriforma che accentra potere nelle mani dei partiti e dell'Esecutivo a danno dei cittadini e degli altri poteri dello Stato.
Il sen. Gasparri (FI-PdL) ha ricordato la maggiore organicità della riforma varata dal centrodestra nel 2005 e ha annunciato la presentazione di emendamenti sul presidenzialismo, che prevedono l'elezione diretta del Capo dello Stato a funzioni invariate. Forza Italia contribuirà comunque a varare la riforma, anche per non rafforzare l'antipolitica.
Il sen. Caliendo (FI-PdL) - molto applaudito - ha espresso apprezzamento per il lavoro svolto dai relatori. Ha invitato il Governo ad accogliere proposte migliorative, anche in considerazione del fatto che le competenze del Senato e la ristrettezza dei tempi di esame dei ddl approvati dalla Camera implicano una presenza assidua dei senatori, che potranno difficilmente cumulare impegni nazionali e locali. Ha ricordato infine che in materia costituzionale non esistono vincoli di disciplina di Gruppo e ha sollecitato una riflessione ulteriore sugli istituti di garanzia. La sen. Bonfrisco (FI-PdL) ha rilevato una contraddizione tra la proposta di elezione diretta del Presidente della Repubblica e la proposta di un Senato non elettivo. Ha poi rilevato che i cittadini chiedono la riduzione della burocrazia non della sovranità popolare. Una revisione frutto di analfabetismo costituzionale è incapace di offrire una prospettiva di sviluppo e rischia di alimentare spinte centrifughe.
Il sen. Mineo (PD) ha ricordato di essere stato allontanato dalla Commissione affari costituzionali soltanto per avere detto al Governo che era un errore impuntarsi sull'adozione del ddl Renzi-Boschi come testo base. La Commissione ha poi apportato modifiche ad un testo che presentava il vizio originario di volere compensare la riduzione delle competenze regionali con l'istituzione di una Camera di sindaci e governatori regionali chiamata a ripartire le risorse. Ha preannunciato infine voto favorevole all'emendamento che prevede l'elezione a suffragio universale diretto del Senato.
La Lega Nord ha rivendicato il merito di avere sventato la manovra neocentralista che ispirava il disegno originario del Governo sul riparto delle competenze tra Stato e Regioni.
A favore del ddl è intervenuto invece il sen. Mancuso (NCD), secondo il quale aspetti non condivisi non devono impedire l'approvazione di una riforma epocale e non più rinviabile, che razionalizza il riparto delle competenze tra Stato e Regioni e rafforza la rappresentanza parlamentare, concentrandola in una sola Camera.
Premesso che negli ultimi anni le riforme costituzionali sono state inseguite in termini strumentali e con intollerabile superficialità, il sen. Stefano (Misto-SEL) ha riconosciuto che i tempi sono maturi per un processo riformatore, che dovrebbe però essere ponderato, coerente, partecipato. Il combinato disposto di un Senato non eletto direttamente dal popolo e di una legge elettorale ultramaggioritaria a liste bloccate rischia di determinare una concentrazione di potere priva di contrappesi in capo al partito che abbia conseguito il 25 per cento dei consensi.
Secondo il Gruppo Misto lo spirito del ddl è riassumibile nella formula dell'uomo solo al comando.