277ª Seduta pubblica
Lunedì 14 luglio 2014 alle ore 11:04
L'Assemblea ha avviato l'esame del ddl costituzionale n. 1429, e connessi, recanti disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, il contenimento dei costi delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della Costituzione.
I relatori di maggioranza, sen. Anna Finocchiaro (PD) e Calderoli (LN-Aut), hanno riferito sui contenuti del ddl d'iniziativa governativa, nel testo proposto dalla Commissione, le cui novità principali sono il superamento del bicameralismo perfetto e la revisione del Titolo V della Parte II della Costituzione.
La Commissione affari costituzionali, nel rafforzare e precisare gli obiettivi della riforma, ha seguito tre direttrici (bicameralismo differenziato, rafforzamento delle garanzie, salvaguardia del regionalismo differenziato) e ha licenziato un testo che amplia le funzioni del Senato, garantisce un migliore equilibrio tra i poteri dello Stato e rivede il riparto di competenze tra Stato e Regioni al fine di prevenire il contenzioso prodotto dalla riforma costituzionale del 2001.
Per quanto riguarda la composizione, la formazione e le funzioni del Senato, la Camera alta diventa organo elettivo di secondo grado, a rinnovo parziale continuo. E' composto da cento membri: 21 sindaci e 74 consiglieri regionali, eletti dai Consigli regionali con il sistema proporzionale, e 5 senatori nominati dal Presidente della Repubblica il cui mandato non ripetibile dura sette anni. Una legge dello Stato, approvata da entrambe le Camera, disciplinerà il sistema elettorale del Senato.
Alla Camera dei deputati è attribuita in via esclusiva la titolarità dell'indirizzo politico. Il Senato è escluso dalla relazione fiduciaria con il Governo; suo compito prevalente è l'esercizio della funzione di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica; partecipa inoltre alla fase ascendente e discendente del procedimento normativo dell'Unione europea; verifica l'attuazione delle leggi statali e valuta l'impatto delle politiche pubbliche sul territorio; concorre all'espressione di pareri sulle nomine governative; partecipa all'elezione del Presidente della Repubblica e degli altri organi di garanzia. Esercita la funzione legislativa, insieme alla Camera, soltanto in materia di leggi costituzionali e di revisione della Costituzione, leggi elettorali degli enti locali, ratifiche di accordi internazionali. Può svolgere inchieste su materie di interesse delle autonomie territoriali. Può proporre, su richiesta di un terzo dei componenti, modifiche ai disegni di legge, da presentare entro dieci giorni la trasmissione. Qualora le proposte riguardino leggi di bilancio o materie attinenti le autonomie locali, è prevista una procedura rinforzata: alla Camera occorre la maggioranza assoluta per respingere gli emendamenti del Senato.
Il Senato giudica i titoli di ammissibilità dei propri componenti che godono dell'immunità prevista dall'articolo 68. L'indennità, invece, è prevista soltanto per i deputati.
Per l'elezione del Capo dello Stato scompaiono i delegati regionali; nei primi quattro scrutini è richiesto il quorum dei due terzi; nei successivi quattro scrutini è richiesto il quorum dei tre quinti; dalla nona votazione è sufficiente la maggioranza assoluta.
Il ddl prevede anche la soppressione del CNEL e accresce il ruolo del Governo nel procedimento legislativo, riconoscendo all'Esecutivo il potere di chiedere che la Camera si pronunci entro 60 giorni su provvedimenti ritenuti essenziali per l'attuazione del programma: alla scadenza del termine, il provvedimento è posto in votazione senza modifiche, articolo per articolo e con votazione finale.
Alcune norme, introdotte in Commissione, tendono a rafforzare il controllo parlamentare. Viene data copertura costituzionale allo statuto delle opposizioni, richiamando la disciplina dei Regolamenti parlamentari. E' introdotta la possibilità, su ricorso motivato di un terzo dei componenti di una Camera, del giudizio preventivo di legittimità da parte della Corte costituzionale sulle leggi che disciplinano l'elezione di Camera e Senato. E' rinforzato il vaglio del Presidente della Repubblica, che ha il potere di operare un rinvio selettivo delle norme dei decreti-legge prive dei requisiti di necessità, urgenza, omogeneità.
Il numero di firme necessario per promuovere il referendum abrogativo è elevato a 800.000; il termine per la raccolta di firme è aumentato a sei mesi. E' innalzato a 250.000 il numero di firme necessarie per presentare proposte di legge di iniziativa popolare, ma sono previsti tempi certi di esame.
Quanto alla riforma del Titolo V, scompare la previsione costituzionale delle Province, quale articolazione territoriale della Repubblica; tuttavia, sulla base di criteri definiti con legge dello Stato, le Regioni individuano gli ambiti territoriali degli enti di area vasta.
Scompare la legislazione concorrente, che ha prodotto conflitti di competenza, e sono enumerate dettagliatamente anche le materie di competenza esclusiva dello Stato, che si arricchiscono di nuovi contenuti tra i quali: le norme generali sul procedimento amministrativo e sulla disciplina giuridica del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche; le norme generali per la tutela della salute; l'ordinamento scolastico, istruzione universitaria e programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica; la previdenza complementare e integrativa; l'ordinamento degli enti locali, comprese le loro forme associative e degli "enti di area vasta"; il commercio con l'estero; le norme generali sulle attività culturali, sul turismo e sull'ordinamento sportivo; la produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell'energia; le infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e di navigazione d'interesse nazionale; porti e aeroporti civili, di interesse nazionale e internazionale. Si prevede inoltre una clausola di supremazia: la legge statale può intervenire in materia non riservata, se si pone l'esigenza di garantire l'unità giuridica o economica della Repubblica o di realizzare programmi o riforme economico-sociali di interesse nazionale. La legge statale, previa intesa, può delegare l'esercizio della funzione legislativa statale alle Regioni (anche solo ad alcune e per tempo limitato), salvo materie non delegabili, specificamente indicate. E', infine, costituzionalizzato il riferimento ai costi standard: le funzioni amministrative degli enti territoriali sono esercitate in modo da assicurare trasparenza, efficienza, responsabilità degli amministratori e il loro finanziamento è assicurato sulla base di indicatori di costo e di fabbisogno.
La relatrice Finocchiaro, nel definire solido e avanzato il testo proposto dalla Commissione, ha sottolineato che la riforma è ispirata dalla ricerca di un equilibrio più avanzato nell'ambito della tradizione repubblicana. Ha evidenziato inoltre la formula innovativa introdotta per il Senato, candidato a svolgere quel ruolo di partecipazione al diritto europeo che è riconosciuto ai Parlamenti nazionali dal Trattato di Lisbona.
Il relatore Calderoli, dopo aver ricordato che il Senato delle autonomie era già previsto dalla riforma costituzionale approvata nel 2005, ha enumerato gli aspetti inaccettabili dell'originario ddl d'iniziativa governativa: il mantenimento di 630 deputati, lo svuotamento di funzioni del Senato e una composizione (governatori regionali, sindaci, senatori di nomina presidenziale) priva di legittimazione democratica, l'impronta neocentralista della riforma del titolo V. Nonostante il tentativo del Governo di mortificare il lavoro parlamentare e il patto del Nazareno tra PD e FI, la Commissione ha apportato significative modifiche. Il relatore è favorevole ad un sistema di elezione diretta del Senato e alla riduzione del numero dei deputati (almeno a 500) per garantire un equilibrato sistema di contrappesi; mentre è contrario agli enti di area vasta, che reintroducono surrettiziamente le province, alla clausola di supremazia statale, all'innalzamento del numero di firme per il referendum, alla norma transitoria sulla formazione del prossimo Senato.
Molto diverso il giudizio della relatrice di minoranza, sen. De Petris (Misto-SEL), che ha espresso riserve di metodo e di merito. La revisione costituzionale è materia squisitamente parlamentare, è perciò inaccettabile il protagonismo del Governo che ha impresso accelerature e forzature al procedimento. Un Senato non eletto dai cittadini, sminuito nelle funzioni e rappresentante dei territori, in combinazione con una legge elettorale maggioritaria e un riparto centralista delle competenze, alterano profondamente il sistema di pesi e contrappesi della Carta fondamentale, compromettendone l'equilibrio a vantaggio esclusivo dell'Esecutivo. Una riforma così estesa e non sufficientemente ponderata, che limita gli spazi di democrazia e rafforza il potere del Governo, mortificherà il pluralismo e produrrà danni all'ordinamento.
L'Assemblea ha respinto, con unica votazione, le pregiudiziali di costituzionalità avanzate dai sen. Morra (M5S) e Campanella (Misto), i quali hanno evidenziato il vulnus arrecato alla sovranità popolare dall'istituzione di un monocameralismo di fatto, associato ad un sistema elettorale che prevede sbarramenti, liste bloccate, premi di maggioranza. A sostegno della pregiudiziale sono intervenuti i sen. De Cristofaro (Misto-SEL) e Crimi (M5S).
Nella discussione generale sono intervenuti i sen. Mazzoni (FI-PdL); Doris Lo Moro, Casson, Cociancich, Collina, Corsini, Erica D'Adda (PD); De Criostofaro, Uras (Misto-SEL); Airola, Ornella Bertorotta, Rosetta Blundo, Laura Bottici, Buccarella, Paola Taverna, Cappelletti, Castaldi, Nunzia Catalfo, Vilma Moronese, Cioffi, Cotti (M5S); Candiani, Volpi, Stucchi, Erika Stefani (LN-Aut); Campanella, Paola De Pin (Misto); Mario Mauro (PI); Compagna (NCD); Maran (SC); D'Anna (GAL); Buemi (Aut-PSI).
M5S ha criticato il Partito Democratico che, dopo aver promosso una grande mobilitazione per bocciare in sede referendaria la riforma del 2005, è oggi fautore di una revisione peggiore, scaturita da un accordo segreto tra Renzi e Berlusconi, che comporta il rischio di involuzioni autoritarie. Ha ipotizzato che l'accelerazione dei tempi sia dettata da finalità estranee all'attività parlamentare e ha sottolineato la distanza tra la qualità del dibattito dei costituenti e il linguaggio odierno della propaganda, sostenuta dai media, che zittisce le minoranze e bolla come "frenatori" o "agenti della casta" i sostenitori di una riforma alternativa, più rispettosa della democrazia e più efficace. Il progetto di revisione si basa su falsi presupposti: la riforma non è voluta dall'Europa, che chiede soprattutto interventi economici; i tempi di approvazione delle leggi italiane sono nella media europea; la doppia lettura assicura una migliore qualità della legislazione e consente l'esame contestuale di un maggior numero di provvedimenti. Un Senato nominato, con competenze confuse e regredito a organo consultivo, non è assimilabile ad alcun modello europeo (tedesco, francese o spagnolo), non aumenta l'efficienza del sistema istituzionale e non comporta risparmi significativi. Infine, un Parlamento eletto con una legge dichiarata incostituzionale dalla Consulta non ha la legittimità etico politica per operare un intervento così vasto.
Dal PD si sono levate voci diverse. Secondo la maggioranza del Gruppo la riforma è matura, risponde a questioni annose, serve a restituire slancio alle istituzioni e tempestività alla decisione politica. Il superamento del bicameralismo paritario è iscritto nel programma del partito e le funzioni differenziate delle due Camere richiedono sistemi elettorali diversi. La minoranza del PD ha rifiutato l'accusa di boicottare un testo che non condivide e al quale ha proposto valide alternative. Ha segnalato criticità in ordine alle modalità di formazione e alle funzioni del Senato, all'elezione del Presidente della Repubblica, alla competenza legislativa bicamerale, rilevando che il rischio fondamentale del nostro tempo è l'erosione della democrazia: la crisi delle istituzioni deriva dalla crisi dei partiti e non può essere imputata alla Costituzione vigente. Ha preannunciato quindi emendamenti che prevedono un autentico bicameralismo differenziato, la configurazione di un Senato di garanzia, eletto dal popolo, la riduzione del numero dei deputati, l'abolizione dell'immunità parlamentare.
FI ha ricordato la maggiore organicità della riforma del 2005, che istituiva un Senato federale, ridisegnava la forma di governo, prevedeva la devolution con una clausola di supremazia statale. Il Gruppo è favorevole ad una revisione costituzionale che non incida negativamente sulla finanza pubblica, recuperi allo Stato competenze strategiche, non consegni alla maggioranza l'elezione degli organi di garanzia.
La Lega Nord, nel preannunciare emendamenti migliorativi, ha criticato il bicameralismo residuale, ha paventato tentazioni neocentraliste e ha criticato l'atteggiamento del Governo che alimenta il populismo, non tollera dissensi, semplifica eccessivamente le questioni.
Secondo SEL e il Gruppo Misto la riforma del bicameralismo, segnata dalla stessa propaganda che accompagnò la riforma del titolo V e l'obbligo del pareggio di bilancio, è pasticciata e inadeguata alle necessità del Paese: non affronta la crisi della rappresentanza ma scardina gli equilibri del pluralismo; riduce poco i costi ma restringe molto gli spazi di partecipazione dei cittadini in un'epoca in cui il combinato disposto della crisi della politica e della crisi economica costituisce una miscela esplosiva per la democrazia.
Invocando i principi liberali di limitazione e controllo del potere, GAL ha richiamato il testo votato all'unanimità nella scorsa legislatura che prevedeva il dimezzamento di deputati e senatori e la differenziazione per materia della competenza legislativa. Rilievi critici sono stati avanzati anche dai sen. Mauro (PI) e Compagna (NCD), che hanno denunciato il fallimento dell'ordinamento regionale e l'indebolimento del tessuto delle garanzie. Il sen. Buemi (Aut-PSI) ha lamentato la chiusura del Governo a proposte migliorative: il ddl in esame non riduce il numero dei deputati, produce conflitti d'interesse sovrapponendo le funzioni dei senatori e dei consiglieri regionali, realizza un'operazione camaleontica sulle province.
Secondo SC la riforma serve a superare criticità e disfunzioni istituzionali. Di regionalizzazione del Senato e di riforme si discute da trent'anni e le critiche delle opposizioni, che denunciano rischi di autoritarismo, non tengono conto del contesto storico in cui vide la luce la Carta del '48, che mirava a limitare il potere del Governo.