255ª Seduta pubblica
Mercoledì 4 giugno 2014 alle ore 16:32
L'Assemblea ha ripreso l'esame del ddl n. 1465 di conversione del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, recante misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale.
Nella seduta antimeridiana i relatori, sen. Guerra (PD) e D'Alì, hanno riferito sui contenuti del provvedimento e sulle proposte di modifica approvate in sede referente. Noto come bonus Irpef, il decreto prevede, a sostegno della domanda interna, una riduzione del cuneo fiscale per il lavoratori dipendenti e misure per accelerare il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni. Tra le misure fiscali anche la riduzione delle aliquote Irap, l'aumento del prelievo sulle rendite finanziarie e gli impegni del Governo per la riduzione dell'evasione fiscale. Per contenere la spesa pubblica sono previsti tagli ai Ministeri, contributi alla finanza pubblica da parte di enti locali e organi costituzionali, la fissazione di un tetto alle retribuzioni dei dipendenti pubblici.
L'articolo 1 riconosce un credito di 640 euro ai lavoratori dipendenti, se il reddito complessivo non supera 24.000 euro. La disposizione si applica solo nel 2014, in attesa di un intervento di carattere strutturale, da attuare con la prossima legge di stabilità. L'articolo 2 opera una riduzione di circa il 10 per cento delle aliquote IRAP. L'articolo 3 modifica la tassazione delle rendite finanziarie, fissando nella misura del 26 per cento, in luogo del 20 attualmente previsto, l'ammontare delle ritenute su dividendi, plusvalenze, interessi su depositi e conti correnti; sono esclusi titoli di Stato, buoni di risparmio postali, fondi pensione.
L'articolo 8 prevede che le amministrazioni pubbliche riducano la spesa per acquisti di beni e servizi per un ammontare complessivo pari a 2.100 milioni di euro per gli anni 2014 e 2015. L'articolo 13 pone un limite massimo per il trattamento economico annuo onnicomprensivo per i pubblici dipendenti e per il personale della società partecipate. La soglia retributiva è quantificata in 240.000 euro, al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente. L'articolo 16 prescrive un obiettivo di risparmio pari a 240 milioni per i Ministeri e la Presidenza del Consiglio dei ministri. L'articolo 17 prescrive che Presidenza della Repubblica, Senato della Repubblica, Camera dei deputati e Corte costituzionale riducano, per l'anno 2014, le proprie spese per un importo complessivo di 50 milioni. Riduce inoltre di 5,5 milioni di euro, per l'anno 2014, le spese di funzionamento del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e degli organi di autogoverno della magistratura ordinaria, amministrativa e contabile. L'articolo 19 prevede che le Province e le Città metropolitane, per effetto della loro riorganizzazione, assicurino un contributo alla finanza pubblica pari a 100 milioni di euro per l'anno 2014, a 60 milioni di euro per l'anno 2015 e a 69 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016. L'articolo 20 stabilisce che le società direttamente o indirettamente controllate dallo Stato realizzino, nel biennio 2014-2015, una riduzione dei costi operativi non inferiore al 2,5 per cento nel 2014 e al 4 per cento nel 2015. L'articolo 21 prevede che la società RAI S.p.A possa cedere sul mercato quote di società partecipate, garantendo la continuità del servizio erogato. Le somme destinate alla RAI sono ridotte, per l'anno 2014, di 150 milioni di euro.
L'articolo 25 anticipa al 31 marzo 2015 l'obbligo di fatturazione elettronica per i pagamenti dovuti dalle pubbliche amministrazioni. Gli articoli da 28 a 32 incrementano il fondo per il pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali. L'articolo 33 prevede un'anticipazione di liquidità per i comuni in dissesto finanziario. Gli articoli da 34 a 36 recano norme per assicurare l'effettività dei pagamenti dei debiti sanitari. L'articolo 37 introduce strumenti per favorire la cessione dei crediti certificati da parte di pubbliche amministrazioni diverse dallo Stato e istituisce il Fondo per la copertura della garanzia dello Stato, cui sono attribuiti 150 milioni di euro. L'articolo 47 stabilisce che le province e le città metropolitane assicurino un contributo alla finanza pubblica pari a 444,5 milioni di euro per l'anno 2014, a 576,7 milioni per l'anno 2015 e a 585,7 milioni per ciascuno degli anni 2016 e 2017. L'articolo 48 prevede che per gli anni 2014 e 2015, nel saldo rilevante ai fini del rispetto del patto di stabilità interno, non siano considerate (nel limite massimo di 122 milioni di euro) le spese sostenute dai comuni per interventi di edilizia scolastica.
L'articolo 50 prevede che le spese per l'acquisto di beni e servizi dei Ministeri siano ridotte di 200 milioni di euro annui per l'anno 2014 e di 300 milioni di euro a decorrere dal 2015; sono escluse le spese per il funzionamento delle istituzioni scolastiche. In merito all'attuazione delle disposizioni concernenti il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni, si autorizza l'emissione di titoli di Stato per un importo fino a 40.000 milioni di euro per l'anno 2014. Il comma 9 incrementa i livelli massimi del saldo netto da finanziare (da 39,1 miliardi di euro a 59,1 miliardi) e del ricorso al mercato finanziario (da 300 miliardi di euro a 320 miliardi), per l'anno 2014. Il comma 11 prevede il monitoraggio sulle maggiori entrate IVA derivanti dalle misure concernenti il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni. Qualora emerga un andamento che non consente il raggiungimento dell'obiettivo di maggior gettito, pari a 650 milioni di euro per l'anno 2014, il Ministro dell'economia e delle finanze, entro il 30 settembre 2014, dovrà stabilire un aumento delle accise.
La discussione generale, iniziata nella seduta antimeridiana, è proseguita con gli interventi dei sen. Fravezzi (Aut-PSI); Arrigoni (LN-Aut); Uras (Misto-SEL); Liuzzi, Anna Cinzia Bonfrisco (FI-PdL); Guerrieri Paleotti (PD).
Le opposizioni hanno ricordato il carattere di spot elettorale del decreto che ha consentito al premier Renzi, nell'ultima consultazione, di conquistare al suo partito un consenso imprevisto. Secondo FI-PdL, M5S e LN-Aut una politica efficace di rilancio dei consumi richiede misure stabili e continuative: a fronte di un bonus fiscale parziale, sperequato, provvisorio e dagli effetti macroeconomici incerti, il provvedimento determina invece un aumento strutturale e generalizzato delle imposte. La Commissione europea ha dato ragione al Servizio di bilancio del Senato: il bonus di 80 euro genera un buco di 9 miliardi nelle casse dello Stato e a settembre sarà necessaria una manovra correttiva. Il bonus Irpef non determina una reale redistribuzione del carico fiscale: discrimina lavoratori autonomi, pensionati, famiglie numerose, incapienti, lavoratori dipendenti con un reddito inferiore a 24.000 euro, mentre l'aumento dell'aliquota sui conti correnti non colpisce gli speculatori bensì i piccoli risparmiatori. L'estensione della platea del bonus richiede risorse (15 miliardi) che non ci sono. Oltre al principio di eguaglianza, il decreto viola lo statuto del contribuente: il taglio alla Rai non comporta, come dovrebbe, una riduzione del canone pagato dai contribuenti; la rinegoziazione dei contratti per la fornitura di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni è illegittima e provocherà nuovo contenzioso. Il rinvio della Tasi è l'emblema della confusione regnante in materia di tassazione sugli immobili. I fondi per l'edilizia scolastica sono irrisori a fronte dei tagli inflitti agli enti locali. Anche SEL, pur non avversando il bonus di 80 euro a favore di una fascia di lavoratori dipendenti, ha sottolineato l'assenza di interventi a favore dell'occupazione e del rilancio degli investimenti.
Nei Gruppi di maggioranza, NCD e PI hanno insistito sulla necessità di ampliare il credito d'imposta alle famiglie numerose e di estendere le detrazioni Irap a vantaggio delle piccole imprese. Il Gruppo per le Autonomie ha apprezzato il segnale di attenzione ai contribuenti di reddito medio basso che hanno sempre pagato le imposte. Il PD considera il decreto il più importante provvedimento di politica economica degli ultimi anni: le misure redistributive del carico fiscale e di spostamento della tassazione dalla produzione alla rendita avranno un impatto favorevole sul Pil, mentre gli interventi di razionalizzazione della spesa pubblica delineano un'amministrazione più sobria e liberano risorse da impiegare in altri settori.
In fase di replica il relatore, sen. D'Alì (NCD), ha ribadito che il decreto va completato con una riforma del fisco e una revisione strutturale dei centri di spesa che semplifichi i livelli di governo. La relatrice, sen. Guerra (PD), ha ricordato che gli interventi di redistribuzione delle risorse non rispondono solo ad esigenze di equità ma sono funzionali alla crescita.
Secondo il vice ministro dell'economia e delle finanze Morando il decreto Irpef è coerente con le principali indicazioni della Commissione europea in tema di attenzione all'evoluzione del debito e alla crescita, trasferimento del carico fiscale dalle persone ai consumi e dal lavoro alla rendita, riduzione del peso della pubblica amministrazione. L'accoglimento da parte del Consiglio europeo della richiesta italiana di allentare il ritmo di miglioramento del saldo di indebitamento strutturale dimostra che le politiche anticicliche alla dimensione europea sono compatibili con il Patto di stabilità. Gli interventi di riduzione del cuneo fiscale e contributivo sul lavoro potranno proseguire a condizione che siano realizzati gli obiettivi di revisione della spesa, che prevedono una riduzione di 17 miliardi nel 2015 e di 32 miliardi nel 2016.
Poiché la Commissione bilancio non ha potuto esprimere il parere sugli emendamenti, il seguito della discussione è rinviato alla seduta di domani.