214ª Seduta pubblica
Giovedì 20 marzo 2014 alle ore 09:32
L'Assemblea ha approvato il ddl n. 1224 e connessi, recante modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, per l'elezione del Parlamento europeo, in materia di garanzie per la rappresentanza di genere. Il testo passa alla Camera.
Nella seduta antimeridiana di ieri si è conclusa la discussione generale e sono iniziate le votazioni.
Con l'approvazione dell'emendamento 1.1000 - presentato dalla relatrice, sen. Lo Moro (PD), a seguito di una mediazione tra posizioni diverse nella maggioranza - è stato sostituito l'intero articolo 1. La norma transitoria per le elezioni europee del prossimo 25 maggio prevede soltanto la possibilità di esprimere due preferenze per persone dello stesso genere, pena l'annullamento della terza se non si rispetta l'alternanza. Slitta invece alle elezioni del 2019 l'obbligo di presentare liste nelle quali nessuno dei due sessi sia rappresentato in misura superiore al 50 per cento. L'ufficio elettorale della circoscrizionale verificherà il rispetto della parità di genere in ciascuna lista, cancellando i nomi dei candidati appartenenti al genere più rappresentato. La lista sarà ricusata qualora, all'esito della cancellazione delle candidature eccedenti, contenga un numero di candidati inferiore al numero prescritto.
Contro l'emendamento 1.1000 hanno svolto dichiarazione di voto la sen. Lanzillotta (SCpI), secondo la quale le battaglie di genere devono riguardare le donne nella società e non nella politica; la sen. Petraglia (Misto-SEL) e il sen. Crimi (M5S), secondo i quali il riequilibrio di genere è stato sacrificato sull'altare dell'alleanza tra Renzi e Berlusconi.
Respinti gli emendamenti volti ad abbassare dal 4 al 3 per cento la soglia di sbarramento.
Nelle dichiarazioni di voto finali, Movimento 5 Stelle, che ha eletto il maggior numero di donne senza alcun obbligo di legge, ha annunciato voto contrario a un testo che, svuotando la norma originaria, strumentalizza le donne: la sen. Fattori (M5S) ha espresso peraltro perplessità sulla fissazione di quote che limitano la libertà di scelta dell'elettore e possono produrre effetti paradossali.
Ha annunciato la non partecipazione al voto la sen. De Petris (Misto-SEL), la quale ha denunciato la mancanza di coraggio del PD nel riscattare la brutta prova della Camera sulla nuova legge elettorale: il testo concordato mortifica le donne, lede il pluralismo democratico, discrimina la Sardegna che non potrà eleggere un suo rappresentante. Ha annunciato l'astensione il sen. Di Maggio (PI), secondo il quale il testo, frutto dell'ipocrisia e di una nuova maggioranza, offende l'intelligenza e la dignità delle donne.
Hanno svolto dichiarazione di voto a favore del provvedimento le sen. Pelino (PdL) e Maturani (PD), secondo la quale il ddl non introduce quote ma afferma la democrazia di genere, e i sen. Scavone (GAL) e D'Alì (FI-PdL), secondo i quali il differimento dell'entrata in vigore è una scelta di buon senso in considerazione del fatto che è già iniziato il procedimento per l'elezione del prossimo Parlamento europeo. Pur votando a favore, il sen. Maran (SCpI) ha espresso forti perplessità sul compromesso raggiunto e ha criticato una soglia di sbarramento non giustificata da esigenze di governabilità o di riduzione della frammentazione. Il sen. Calderoli (LN-Aut) ha annunciato voto favorevole al provvedimento, pur accusando PD, PdL e NCD di avere affossato la rappresentanza di genere.
Sulla base del parere reso dalla Commissione bilancio, la Presidenza ha comunicato che il ddl n. 1328 in materia di competitività del settore agricolo, collegato alla manovra finanziaria, non contiene disposizioni estranee al suo oggetto.
La Conferenza dei Capigruppo ha approvato modifiche al calendario corrente e il nuovo calendario dei lavori fino al 3 aprile. Nella seduta di martedì 25 marzo, alle ore 15, ove concluso l'esame in Commissione, inizierà la discussione del ddl sulle province il cui voto finale è previsto intorno alle ore 18 del giorno successivo. Seguirà l'esame del ddl sul rientro dei capitali che sarà concluso nella seduta pomeridiana del 27 marzo o nella seduta antimeridiana del giorno successivo.
La proposta di modifica del calendario, avanzata dal sen. Santangelo (M5S), che prevedeva sedute venerdì e sabato per discutere mozioni di sfiducia e di censura nei confronti di membri del Governo, è stata respinta.