202ª Seduta pubblica
Mercoledì 5 marzo 2014 alle ore 16:31
All'unanimità l'Assemblea ha approvato, con modificazioni, il ddl n. 10 e connessi recanti introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano. Il testo passa all'esame della Camera.
Con il testo proposto dalla Commissione giustizia si introducono nel codice penale gli articoli 613-bis, che disciplina il delitto di tortura, e 613-ter, che incrimina la condotta del pubblico ufficiale che istiga altri alla commissione del fatto. Il relatore, sen. D'Ascola (NCD), ha sottolineato che si è optato per l'introduzione di un reato comune, connotato da dolo generico, anziché di un reato specifico riguardante esclusivamente i funzionari pubblici. Costituisce circostanza aggravante il fatto che il reato sia stato commesso da un pubblico ufficiale e che dalla condotta derivino gravi conseguenze (lesioni personali o morte).
L'articolo 1 prevede che chiunque, con violenze o minacce gravi, cagioni acute sofferenza fisiche o psichiche ad una persona privata della libertà personale, sia punito con la reclusione da tre a dieci anni. L'istigazione di pubblico ufficiale o incaricato di pubblici servizi a commettere il delitto è punita con la reclusione da sei mesi a tre anni. L'articolo 2 prevede che le informazioni ottenute tramite tortura non siano utilizzabili. L'articolo 3 non ammette l'espulsione di uno straniero che rischi di essere sottoposto a tortura. In base all'articolo 4 non può essere riconosciuta l'immunità diplomatica a cittadini stranieri condannati per reato di tortura.
Nella seduta antimeridiana di oggi si è conclusa la discussione generale e si sono svolte le repliche.
L'articolo 1 è stato approvato con gli emendamenti 1.202 (testo 2) del sen. Casson (PD) e altri, che riqualifica il reato di tortura in base alle violenze e alle minacce gravi, 1.205 del sen. Caliendo (PdL) e altri, identico all'1.18 del sen. Bitonci (LN-Aut) e altri, che sopprime il riferimento alle omissioni, e 1.208 (testo 2) del sen. Casson (PD) e altri, che modifica la pena per il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio con la reclusione da 5 a 12 anni. Gli articoli 2, 3, 5 e 6 sono stati approvati senza emendamenti. L'articolo 4 è stato approvato con l'emendamento 4.200 (testo 2) del sen. Lumia (PD) e altri, in materia di estradizione.
Hanno svolto dichiarazione di voto a favore del ddl i sen. Dalla Zuanna (SC), Romano (PI), Barani (GAL), Buemi (Aut-PSI), Erika Stefani (LN-Aut), De Cristofaro (Misto-SEL), Giovanardi (NCD), Buccarella (M5S), Caliendo (FI-PdL), Casson (PD).
Sofferto il voto favorevole di SEL, che ha espresso forti perplessità sull'introduzione di un reato ordinario in luogo di un reato proprio, sul riferimento alla reiterazione della condotta e sulla previsione dell'ergastolo.
L'Assemblea ha poi avviato l'esame del ddl n. 116 e connessi, nel testo proposto dalle Commissioni riunite affari costituzionali e giustizia, in materia di candidabilità, eleggibilità e ricollocamento dei magistrati in occasione di elezioni politiche e amministrative nonché di assunzione di incarichi di governo.
I relatori, sen. Zanettin (FI-PdL) e Casson (PD) hanno riferito sui contenuti del testo unificato, proposto dalle Commissioni, che pone limiti in entrata e in uscita alla partecipazione dei magistrati all'attività politica. Si tratta di una materia delicata e scivolosa, che comporta profili di costituzionalità: i relatori hanno giudicato molto equilibrato il testo licenziato all'unanimità dalle Commissioni di merito.
L'articolo 1 esclude che i magistrati possano candidarsi alle elezioni o assumere l'incarico di assessore in territori ricadenti nelle circoscrizioni elettorali dove hanno prestato servizio nei cinque anni precedenti. Si stabilisce il principio secondo cui il magistrato debba trovarsi in stato di aspettativa all'atto della candidatura. L'articolo 2 stabilisce che i magistrati debbano trovarsi in aspettativa anche all'atto di accettazione di cariche di governo. L'articolo 4 regolamenta lo status dei magistrati in costanza di mandato o di incarico di governo. Gli articoli 5, 6 e 7 si riferiscono ai magistrati candidati e non eletti e al ricollocamento dei magistrati cessati dal mandato parlamentare o dalla carica di governo. L'articolo 8 disciplina la ricostruzione della carriera per il transito in ruolo autonomo dell'Avvocatura dello stato o del Ministero della giustizia. L'articolo 9 disciplina il ricollocamento dei magistrati eletti negli enti territoriali. L'articolo 10 riguarda i magistrati onorari. L'articolo 11 detta principi in materia di elezioni regionali. L'articolo 12 reca una disciplina transitoria. L'articolo 13 inserisce tra le cause di astensione o ricusazione del giudice anche lo svolgimento di attività politica nei dieci anni precedenti.
L'Assemblea ha respinto la sospensiva chiesta dal sen. Crimi (M5S) per valutare l'impatto sui procedimenti in corso dell'articolo 13, riguardante la ricusazione dei magistrati che abbiano svolto attività politica. A favore della richiesta si è pronunciata la sen. De Petris (Misto-SEL). Contro la sospensiva sono intervenuti i sen. Falanga (FI-PdL) e Lumia (PD). Il relatore, sen. Casson (PD), non ha escluso approfondimenti della questione, dichiarandosi disponibile a presentare un emendamento che riduca a cinque anni il periodo di precedente attività politica ovvero intervenga sul regime transitorio.
Nella discussione generale hanno preso la parola i sen. Falanga (FI-PdL), Cappelletti (M5S), Barani (GAL), Maria Elisabetta Alberti Casellati (FI-PdL), secondo la quale l'approvazione del ddl è precondizione della riforma elettorale e spunto positivo sulla strada della collaborazione tra maggioranza e opposizione per modernizzare il Paese.
Il dibattito proseguirà domani.
Al termine della seduta, su richiesta della sen. Ghedini (PD), è stato rinviato, a data da definire dalla Conferenza dei Capigruppo, l'esame della mozione sul riordino della rete consolare.