Oltre le sbarre. 10 anni di indulti, “svuota carceri” e misure alternative alla detenzione: a che punto siamo col sovraffollamento penitenziario?
La relazione in Parlamento del Garante nazionale dei detenuti, il 21 marzo scorso, aveva documentato criticità «inaccettabili» nel sistema carcerario italiano: «Situazioni in cui si ha un affollamento che è quasi del 300% rispetto alla capienza», «preoccupante profilo qualitativo della detenzione», «rilevante numero dei suicidi e dei tentati suicidi» a fronte di una tendenza all'aumento delle presenze e al «rallentamento delle uscite, cioè delle misure alternative».
I primi sei mesi del 2017 hanno confermato la tendenza segnalata dal Garante: con quasi 57mila detenuti al 30 giugno 2017, il tasso di affollamento è salito intorno al 113% (113 detenuti ogni 100 posti a disposizione), 5 punti in più del 2016. Otto Regioni sono oltre il 120%. La Puglia arriva al 148, molto vicino all'indice che nel 2013 ha visto la condanna dell'Italia, da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu), per i «trattamenti disumani o degradanti» inflitti ai suoi detenuti: la grave mancanza di spazio (meno di 3 metri quadri a testa), l'assenza di acqua calda, l'insufficiente ventilazione e illuminazione delle celle per i giudici europei costituiscono violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea, «proibizione della tortura».
Parlamento e governo hanno adottato molti provvedimenti, negli ultimi 10 anni, per far fronte all'emergenza: indulto, piani di edilizia penitenziaria, decreti «svuotacarceri», misure alternative alla detenzione. I risultati non sono sempre stati all'altezza delle aspettative. Quali si sono dimostrati gli interventi più efficaci? E dove sono state registrate, invece, le maggiori criticità?
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