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660ª Seduta pubblica
Giovedì 14 luglio 2016 alle ore 09:32
L'Assemblea ha approvato definitivamente il ddl n. 1917-B, disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, approvato dalla Camera modificato dal Senato e nuovamente modificato dalla Camera dei deputati.
Il relatore, sen. Latorre (PD), ha riferito sulle ultime modifiche introdotte dall'altro ramo del Parlamento: all'articolo 1 sono state specificate nel dettaglio le risoluzioni ONU che legittimano le missioni; all'articolo 2 è stata sottratta al Governo, e demandata ad una legge, la possibilità di prevedere l'applicazione del codice penale militare di guerra per una specifica missione; infine, l'articolo 20, che integra con un deputato e un senatore il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), entrerà in vigore il giorno successivo alla pubblicazione della presente legge.
La legge quadro stabilisce la procedura da seguire per l'autorizzazione delle missioni e per il loro finanziamento. Il primo passaggio è la delibera del Consiglio dei ministri, adottata previa comunicazione al Presidente della Repubblica ed eventuale convocazione del Consiglio supremo di difesa. La deliberazione dovrà essere trasmessa alle Camere le quali la discutono tempestivamente e l'autorizzano con appositi atti di indirizzo, definendo eventualmente impegni particolari per il Governo. La comunicazione al Parlamento deve essere molto dettagliata. Per ciascuna missione, il Governo deve indicare: l'area geografica, gli obiettivi, la base giuridica di riferimento, la composizione degli assetti, il numero massimo delle unità di personale coinvolte, nonché la durata programmata e il fabbisogno finanziario per l'anno in corso. Nella fase successiva all'autorizzazione iniziale, il Governo presenta alle Camere, entro il 31 dicembre di ogni anno, una relazione analitica annuale sulle missioni in corso, precisandone l'andamento e i risultati: si apre così la «sessione parlamentare sull'andamento delle missioni autorizzate», durante la quale le Camere discutono e deliberano sulla prosecuzione di ciascuna missione, su eventuali proroghe o modifiche della partecipazione italiana. Il ddl istituisce un apposito fondo destinato al finanziamento delle missioni internazionali, la cui dotazione è definita dalla legge di stabilità. Nel fondo confluiscono anche le risorse destinate alle politiche di cooperazione allo sviluppo e agli interventi per il sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione. Le risorse necessarie per il fabbisogno delle missioni sono definite con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri: gli schemi di decreti, corredati di relazione tecnica, sono trasmessi alle Commissioni parlamentari, che devono rendere il parere entro venti giorni. Il ddl detta disposizioni generali in materia di personale; istituisce la figura del consigliere per la cooperazione civile del Comandante militare italiano del contingente internazionale; preevde, in casi di necessità e urgenza, la possbilità di derogar alle disposizion i di contabilità generale dello Stato.
Dopo la discussione generale, alla quale hanno preso parte i sen. Compagna (CoR), Divina (LN) e Gasparri (FI-PdL), l'articolato è stato approvato senza modifiche. Hanno poi svolto dichiarazioni di voto finale a favore del provvedimento i sen. Tarquinio (CoR), Gualdani (AP), Marton (M5S), che ha lamentato l'inserimento nel ddl della disposzione sull'integrazione del Copasir, Alicata (FI-PdL) che ha criticato la politica estera del Governo e in modo particolare la missione Eunavformed, e Sangalli (PD). Il sen. Divina (LN), che ha espresso perplessità sul parere non vincolante delle Commissioni parlamentari sui decreti di riparto del fondo missioni, e la sen. Alessia Petraglia (SI-SEL), secondo la quale è stata persa un'occasione per rafforzare il controllo parlamentare e per smilitarizzare la politica estera italiana, hanno annunciato l'astensione.
L'Assemblea ha ripreso l'esame del ddl n. 874-B, Introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano, già approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati.
Nella seduta pomeridiana del 6 luglio il relatore, sen. D'Ascola (AP), ha giudicato equilibrato il testo proposto dalla Commissione che configura il reato di tortura come un reato comune - anziché come un reato proprio del pubblico ufficiale - caratterizzato da specifiche condotte e conseguenze verificabili. L'articolo 1 prevede che è punito con la reclusione da 3 a 10 anni chiunque, con reiterate violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minore difesa. La pena della reclusione è aumentata da 5 a 12 anni se l'autore del reato è un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. La pena è aumentata di un terzo o della metà se il delitto causa lesioni personali gravi o gravissime. E' prevista la reclusione da 6 mesi a tre anni per l'istigazione, a prescindere dalla effettiva commissione del reato, da parte del pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio nei confronti di altro pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. L'articolo 2 stabilisce che le dichiarazioni ottenute attraverso il delitto di tortura non sono utilizzabili in un processo penale. La Commissione propone la soppressione dell'articolo 3, introdotto dalla Camera, che inserisce il delitto di tortura fra i reati per i quali sono raddoppiati i termini di prescrizione. L'articolo 4, che interviene sul testo unico sull'immigrazione, non ammette il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura. L'articolo 5 nega l'immunità diplomatica agli stranieri condannati per il reato di tortura in altro Stato.
Nella seduta del 7 luglio il relatore sen. Buemi (Aut) e il rappresentante del Governo hanno espresso parere favorevole sugli emendamenti di SI-SEL e M5S che sopprimono l'aggettivo "reiterate" riferito alle violenze; su un emendamento del sen. Lo Giudice (PD) che sopprime l'aggettivo "gravi" riferito alle minacce, e su un emendamento del sen. Di Maggio (CoR) che, con riferimento al pubblico ufficiale, inserisce le parole "con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione e del servizio".
I Gruppi FI-PdL, GAL e LN hanno accusato la maggioranza di non rispettare l'accordo raggiunto in Commissione: la soppressione del riferimento alle reiterate violenze e alle gravi minacce crea allarme nelle Forze di polizia e ostacola la funzione di mantenimento dell'ordine pubblico. M5S sottolinea, invece, che la tortura è configurata come un reato comune, che può essere commesso da criminali o organizzazioni criminali particolarmente odiose. SI-SEL ritiene che la soppressione dell'aggettivo "reiterate" risponda alla necessità di varare un testo che non si discosti da quanto previsto dalla Convenzione di New York. Il relatore sen. D'Ascola (AP) e il Sottosegretario di Stato alla giustizia Migliore hanno spiegato che la soppresssione dell'aggettivo "reiterate", che non era presente nel testo licenziato quasi all'unanimità in prima lettura, scaturisce dall'opportunità di non assimilare la tortura ad un reato abituale; l'accoglimento dell'emendamento del sen. Di Maggio (CoR) viene incontro alle preoccupazioni delle Forze dell'ordine. Secondo il sen. Augello (CoR), invece, l'emendamento del sen. Di Maggio non è sufficiente a riequilibrare il testo: occorre distinguere la tortura dall'abuso di potere e dalla violenza occasionale. Mentre il sen. Orellana (Aut) ha sollecitato un'armonizzazione dei tempi, i sen. Candiani (LN) e Quagliarello (GAL) hanno chiesto una sospensione per tentare di trovare una soluzione condivisa; il sen. Zanda (PD) ha chiesto di rinunciare all'ostruzionismo per evitare il contingentamento. Secondo il sen. Falanga (AL-A) il cambiamento del testo licenziato dalla Commissione ha una valenza politica e configura una maggioranza diversa. Il sen. Lo Giudice (PD) ha riformulato l'emendamento 1.205, nel senso di lasciare immutato il riferimento alle minacce gravi.
E' stato approvato l'emendamento 1.300 (testo 2) del sen. De Cristofaro (SI-SEL), identico agli emendamenti 1.204 dei sen. Cappelletti e Bulgarelli (M5S) e 1.205 (testo 2) del sen. Lo Giudice (PD), che sopprime l'aggettivo "reiterate" riferito alle violenze. Il seguito dell'esame è stato rinviato.
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