Senato TV
510ª Seduta pubblica
Mercoledì 23 settembre 2015 alle ore 09:31
L'Assemblea ha ripreso l'esame del ddl n. 1429-B, recante disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della Costituzione, già approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati.
Il testo del ddl, giunto all'esame dell'Aula senza relatore, differenzia la composizione e le funzioni del Senato; modifica il procedimento legislativo, che diventa monocamerale, tranne in alcune materie; elimina la competenza legislativa concorrente delle Regioni, prevede la clausola di supremazia statale e sopprime ogni riferimento alla province. Nella nuova architettura costituzionale, alla Camera spetta la titolarità del rapporto fiduciario, della funzione di indirizzo politico e di controllo dell'operato del Governo. Il Senato diviene organo di rappresentanza delle istituzioni territoriali, eletto in secondo grado, che concorre al raccordo tra lo Stato e gli altri enti della Repubblica e tra questi ultimi e l'Unione europea. Tra le sue funzioni specifiche vi sono la partecipazione alle decisioni relative agli atti normativi e alle politiche dell'Unione europea, il concorso alla valutazione delle politiche pubbliche e dell'attività delle pubbliche amministrazioni, la verifica dell'attuazione delle leggi dello Stato e l'espressione del parere su nomine governative. Il Senato, che diviene organo a rinnovo parziale non sottoposto a scioglimento, è composto da 95 senatori eletti in secondo grado dai consigli regionali tra i propri membri e tra i sindaci dei comuni dei rispettivi territori, e da 5 senatori di nomina presidenziale, cui si aggiungono gli ex Presidenti della Repubblica. Il procedimento legislativo rimane bicamerale per le leggi costituzionali e le leggi che attuano disposizioni costituzionali in materia di minoranze linguistiche e referendum popolari. Nel passaggio alla Camera sono state aggiunte: leggi che determinano ordinamento, elezione, organi di governo e funzioni fondamentali di comuni e città metropolitane, leggi che stabiliscono forme e termini della partecipazione italiana alla formazione e attuazione di norme e politiche dell'Unione europea, leggi che determinano le ineleggibilità e le incompatibilità dei senatori. Negli altri casi, il procedimento legislativo è monocamerale: a maggioranza assoluta il Senato può chiedere alla Camera di esaminare un disegno di legge; su richiesta di un terzo dei componenti ed entro termini stabiliti, può esaminare un disegno di legge approvato dalla Camera e deliberare proposte di modifica, sulle quali la Camera si pronuncia in via definitiva. Nel testo licenziato dalla Camera la procedura rinforzata è limitata alle leggi che danno attuazione alla clausola di supremazia: è richiesta la maggioranza assoluta ove la Camera intenda discostarsi dagli emendamenti del Senato. Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune ma non è più prevista la partecipazione di delegati regionali. Sono cambiati i quorum per l'elezione del capo dello Stato: dal quarto scrutinio è necessaria la maggioranza dei tre quinti dell'Assemblea e, a partire dal settimo, la maggioranza dei tre quinti dei votanti. Per quanto riguarda il Titolo V, sono elencate materie di competenza esclusiva dello Stato tra le quali figurano la tutela e promozione della concorrenza; il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; la produzione, il trasporto e la distribuzione dell'energia; le infrastrutture strategiche e le grandi reti trasporto di interesse nazionale; i porti e gli aeroporti civili di interesse nazionale e internazionale. Nel passaggio alla Camera sono state aggiunte: disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, le politiche sociali e la sicurezza alimentare; la tutela e sicurezza del lavoro e le politiche attive; disposizioni generali e comuni su istruzione e formazione professionale. La clausola di supremazia consente allo Stato di intervenire in materie riservate alla Regioni per tutelare l'interesse nazionale.
La discussione generale, iniziata il 17 settembre, si è conclusa con gli interventi dei sen. Paola Taverna, Girotto, Sara Paglini, Martelli, Lucidi, Laura Bottici, Airola, Castaldi, Ornella Bertorotta, Rosetta Blundo, Elena Fattori, Ciampolillo, Cioffi, Daniela Donno, Elisa Bulgarelli, Cotti, Petrocelli, Scibona, Manuela Serra (M5S); Bertacco, Gasparri, Galimberti, Boccardi, Amidei, Minzolini, Piccoli, Floris, Mazzoni, D'Alì (FI-PdL); Cervellini, Barozzino, Stefano, Loredana De Petris (SEL); Mucchetti, Giuseppina Maturani, Tocci, Mirabelli, Verducci, Tonini (PD); Perrone, D'Ambrosio Lettieri, Anna Cinzia Bonfrisco (CR); Laura Bignami, Maurizio Romani, Orellana (Misto); Candiani (LN); Quagliarello, Sacconi, Torrisi, Gualdani (AP); Mario Mauro (GAL).
Molti interventi hanno evidenziato che la riforma costituzionale non può essere il frutto di un accordo interno al PD, ma dovrebbe essere ampiamente condivisa in Parlamento. Modi e contenuti del ddl rivelano una concezione proprietaria delle istituzioni: chi vince se ne impossessa. Il Senato è svuotato di funzioni e composto di nominati; la Camera sarà asservita al premier attraverso un meccanismo elettorale che consente ai segretari di partito di scegliere i candidati e ad una forza politica, in minoranza nel Paese, di controllare i più alti organi dello Stato, compresi quelli di garanzia (Presidente della Repubblica, Corte costituzionale e CSM). Unitamente alla legge elettorale, il ddl concorre all'erosione delle garanzie e dei diritti dei cittadini e apre la strada ad una svolta autoritaria. Movimento 5 Stelle e Misto-SEL, in particolare, hanno ricordato che le attuali Camere sono state elette con una legge costituzionalmente illegittima: non dovrebbero quindi mettere le mani sulla Carta fondamentale, ma limitarsi all'ordinaria amministrazione. Al di là della propaganda, il ddl non mira a modernizzare il Paese, a stabilizzare l'Esecutivo, a conseguire risparmi consistenti: il Governo dispone già di ampi poteri e di corsie legislative privilegiate; la produzione normativa è in eccesso e occorrerebbe migliorarne la qualità e liberarla da condizionamenti lobbistici; il numero dei deputati non è ridotto; le numerose modifiche costituzionali, approvate negli ultimi anni, non hanno curato i mali del Paese ma, in taluni casi, hanno aggravato i problemi. Il superamento del bicameralismo perfetto, sulla cui opportunità vi è ampio consenso, è utilizzato come grimaldello per scardinare l'equilibrio dei poteri. L'intervento costituzionale, che affonda le radici nel piano di rinascita nazionale di Licio Gelli, è oggi sollecitato da poteri finanziari che mirano a svuotare la democrazia, a saccheggiare e impoverire il Paese. Forza Italia ha criticato Governo e maggioranza che hanno cercato soltanto accordi al loro interno. Ha evidenziato che l'intesa sull'elettività del Senato rimane avvolta nel mistero e richiede leggi di attuazione. Ha quindi posto l'accento sulle correzioni peggiorative della seconda lettura, che non verrebbero superate dall'elezione diretta dei senatori: lo squilibrio di Camera e Senato che si riverbera sull'elezione degli organi di garanzia, lo svuotamento di funzioni del Senato, che rende inutile la seconda Camera, la complicazione della ripartizione di competenze tra Stato e Regione. Secondo il sen. Minzolini, anziché legittimare l'Esecutivo tramite l'elezione popolare diretta, il ddl indebolisce il Parlamento e centralizza le competenze. La Lega Nord ha rilevato che, le modifiche costituzionali, approvate a colpi di maggioranza, sono indifferenti alla crisi economica e si basano su inganni, illusioni, compravendita di voti. Un monocameralismo con adeguati contrappesi sarebbe preferibile a un bicameralismo pasticciato e comporterebbe un reale risparmio. Il sen. Mucchetti, esponente della minoranza del PD, ha rilevato che, caduto il tabu dell'articolo 2, si va profilando un'ampia convergenza sull'elezione popolare dei senatori, ratificata dai Consigli regionali. Ha quindi posto l'accento sulla necessità di ripristinare le funzioni autonome del Senato e di alzare il quorum per l'elezione del Presidente della Repubblica che, in quanto garante dell'unità della Nazione non può essere scelto dalla maggioranza. Il sen. Tocci ha rilevato che l'intesa sul Senato elettivo non riduce lo squilibrio di sistema generato da un premierato assoluto privo di contrappesi. In un Paese normale il Governo non si occupa di Costituzione ed è inaudita l'ipotesi della fiducia su una riforma costituzionale. Il rottamatore ripropone l'agenda dei rottamati: da vent'anni la politica scarica la sua crisi sulla Costituzione, che è stata modificata con finalità di parte e con risultati pessimi. Secondo la maggioranza del PD, l'intervento del Governo è giustificato dal carattere costituente della legislatura e il referendum sulla riforma nega il rischio di una svolta antidemocratica. Conservatori e Riformisti hanno confermato la loro contrarietà ad un testo che non prevede l'istituzione di macroregioni, il ricorso all'elezione diretta del Presidente della Repubblica dopo il quinto scrutinio, la regolazione delle primarie, l'introduzione di un tetto al prelievo fiscale e del principio di perequazione infrastrutturale. Alleanza Popolare ha espresso apprezzamento per l'introduzione della clausola di supremazia statale e ha annunciato sostegno a proposte di modifica volte a ripristinare le funzioni del Senato, a conferire alla Camera alta un peso effettivo nella scelta dei giudici costituzionali, a sancire la pari dignità delle diverse aree del Paese. Ha però rilevato che il combinato disposta della riforma con una legge elettorale che bandisce le coalizioni rischia di determinare l'estinzione della cultura politica liberale, cattolica, moderata.
Al termine della seduta è intervenuto per fatto personale il sen. Amoruso (AL) che, accusato dal sen. Gasparri di aver abbandonato il Gruppo di Forza Italia per interessi personali, ha chiesto alla Presidenza la costituzione del giurì d'onore.
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