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3 febbraio 2025 | Numero 86
Segnalazioni → Corte costituzionale
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Sentenze della Corte costituzionale trasmesse al Senato

Cognome dell'adottato maggiorenne

Sentenza n. 135 del 10 maggio 2023 - Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Palazzo della Consulta

Norme impugnate: Art. 299, primo comma, del codice civile.

Il «cognome, insieme con il prenome, rappresenta» - si legge nella sentenza n. 131 del 2022 - «il nucleo dell’identità giuridica e sociale della persona: le conferisce identificabilità, nei rapporti di diritto pubblico, come di diritto privato, e incarna la rappresentazione sintetica della personalità individuale, che nel tempo si arricchisce progressivamente di significati».

L’ordine con cui il cognome dell’adottante si unisce a quello dell’adottato maggiore d’età incide sul diritto all’identità personale di quest’ultimo, che è associato al suo originario cognome; da un altro lato, il medesimo ordine condiziona il rilievo attribuito al frammento di identità dell’adottante - il suo cognome - che viene assunto dall’adottato, onde rappresentare il nuovo vincolo giuridico. Se, dunque, l’adottato maggiore d’età ha esigenza di veder tutelato il suo diritto all’identità personale attraverso l’aggiunta, in luogo della anteposizione, del cognome dell’adottante al proprio e se anche l’adottante è favorevole a tale ordine, che non incide sul suo consenso all’adozione, è irragionevole non consentire che la sentenza di adozione possa disporre il citato effetto.

La rigidità di una previsione insensibile alle esigenze di tutela del diritto alla identità personale dell’adottando rischia di frapporre irragionevoli ostacoli a talune delle funzioni che l’istituto svolge a livello sociale, oltre chiaramente a ledere la stessa identità personale.

In definitiva, è irragionevole e lesivo dell’identità personale, e, dunque, contrasta con gli artt. 2 e 3 Cost., non consentire al giudice - con la sentenza che fa luogo all’adozione - di aggiungere, anziché di anteporre, il cognome dell’adottante a quello dell’adottato maggiore d’età, se entrambi nel manifestare il consenso all’adozione si sono espressi a favore di tale effetto.

Per maggiori informazioni si veda comunicato stampa.

Presentata il 4 luglio 2023; annunciata nella seduta n. 86 del 12 luglio 2023. DOC. VII, N. 31.
Assegnata alla 1a Commissione permanente (Affari Costituzionali); 2a Commissione permanente (Giustizia).

Divieto di prevalenza dell'attenuante della speciale tenuità del danno patrimoniale sull'aggravante della recidiva reiterata

Sentenza n. 141 del 21 giugno 2023 - Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Norme impugnate: Art. 69, quarto comma, del codice penale

È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost. l’art. 69, quarto comma, cod. pen., nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4), cod. pen. [(danno patrimoniale di speciale tenuità)] sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen. [(recidiva reiterata e infraquinquennale)].

La particolare tenuità del danno patrimoniale causato determina, di regola, una sensibile riduzione del contenuto di disvalore dei reati che offendono il solo patrimonio, o che offendono - accanto ad altri beni giuridici - anche il patrimonio; e di tale ridotto disvalore il giudice deve poter tenere conto nella commisurazione del trattamento sanzionatorio, senza essere vincolato a ignorarlo in ragione soltanto della recidiva reiterata dell’imputato. Circostanza, quest’ultima, che nulla ha a che vedere con la gravità oggettiva e soggettiva del reato, cui la pena - in un sistema orientato alla “colpevolezza per il fatto”, e non alla “colpa d’autore”, o alla mera neutralizzazione della pericolosità - è chiamata a dare risposta. Ciò tanto più in relazione a delitti - quali, nella specie, la rapina e l’estorsione - caratterizzati da un minimo edittale particolarmente elevato (cinque anni di reclusione), frutto di un progressivo inasprimento rispetto alle scelte originarie del codice, e tuttavia suscettibili di ricomprendere nella propria sfera applicativa anche fatti di modesta gravità sotto il profilo dell’entità del danno e delle modalità della condotta.

Il divieto di prevalenza previsto dalla disposizione censurata viola pertanto il principio di proporzionalità della pena perché, non consentendo al giudice di adeguare la sanzione al concreto disvalore del singolo fatto di reato, può comportare l’applicazione di una pena manifestamente sproporzionata per eccesso.

Presentata il 4 luglio 2023; annunciata nella seduta n. 86 del 12 luglio 2023. DOC. VII, N. 32.
Assegnata alla 1a Commissione permanente (Affari Costituzionali); 2a Commissione permanente (Giustizia).