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20 gennaio 2025 | Numero 84
Segnalazioni → Corte costituzionale
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Sentenze della Corte costituzionale trasmesse al Senato

Diritto al silenzio dell'imputato o di chi è sottoposto a indagini

Sentenza n. 111 del 6 aprile 2023 - Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Palazzo della Consulta

Norme impugnate: Art. 495 del codice penale e, in via subordinata, dell'art. 64, c. 3°, del codice di procedura penale, nonché dello stesso art. 495. cod. pen.

Chi è sottoposto a indagini o è imputato in un processo penale deve essere sempre espressamente avvertito del diritto di non rispondere alle domande relative alle proprie condizioni personali.

La Corte ha sottolineato come il diritto al silenzio operi ogniqualvolta l’autorità che procede in relazione alla commissione di un reato “ponga alla persona sospettata o imputata di averlo commesso domande su circostanze che, pur non attenendo direttamente al fatto di reato, possano essere successivamente utilizzate contro di lei nell’ambito del procedimento o del processo penale, e siano comunque suscettibili di avere un impatto sulla condanna o sulla sanzione che le potrebbe essere inflitta.

La Costituzione e le norme internazionali che tutelano i diritti umani consentono, ha osservato la Corte, che si possa imporre ad una persona sospettata di aver commesso un reato il dovere di indicare all’autorità che procede le proprie generalità (nome, cognome, luogo e data di nascita), ma non anche il dovere di fornire ulteriori informazioni di carattere personale, non essendovi per l’indagato o l’imputato alcun obbligo di collaborare con le indagini e il processo a proprio carico.

Per garantire una tutela effettiva a questo diritto, è dunque necessario fornire all’indagato e all’imputato un esplicito avvertimento della facoltà di non rispondere anche a queste domande; ed è altresì necessario escludere la sua punibilità nel caso in cui egli risponda il falso, quando non sia stato debitamente avvertito di questa sua facoltà.

Per maggiori informazioni si veda Comunicato Stampa

Presentata il 5 giugno 2023; annunciata nella seduta n. 76 del 13 giugno 2023. DOC. VII, N. 27.
Assegnata alla 1a Commissione permanente (Affari Costituzionali); 2a Commissione permanente (Giustizia).

Omogeneità, tra loro e rispetto alle finalità perseguite, delle disposizioni inserite in sede di conversione di decreti-legge

Sentenza n. 113 del 6 aprile 2023 - Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Norme impugnate: Commi 1 bis e 7 bis dell'art. 93 del decreto legislativo 30/04/1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotti dall'art. 29 bis, c. 1, lett. a), numeri 1) e 2), del decreto-legge 04/10/2018, n. 113, convertito, con modificazioni, nella legge 01/12/2018, n. 132

La legge di conversione rappresenta un atto normativo a competenza funzionalizzata e specializzata, perché rivolto unicamente a stabilizzare gli effetti del decreto-legge, con la conseguenza che esso è limitatamente emendabile, potendosi aprire solo a «disposizioni coerenti con quelle originarie dal punto di vista materiale o finalistico».

Per i provvedimenti governativi a contenuto ab origine plurimo, la continuità tra legge di conversione e decreto-legge non può che essere misurata muovendo dalla verifica della coerenza tra le disposizioni inserite in sede di conversione e quelle originariamente adottate in via di straordinaria necessità e urgenza, avendo riguardo al collegamento con «uno dei contenuti già disciplinati dal decreto-legge, ovvero alla sua ratio dominante».

Il d.l. n. 113 del 2018 […] deve ritenersi ispirato al perseguimento di una duplice finalità: da un lato, quella di intervenire sulla disciplina della protezione internazionale e, dall’altro lato, quella di rafforzare i dispositivi di sicurezza pubblica, con particolare riguardo alla criminalità di matrice terroristica e mafiosa.

Avendo ricondotto il divieto di circolazione al requisito della residenza, di per sé non indicativo di alcuna connessione con finalità di sicurezza pubblica, le disposizioni censurate si rivelano quindi effettivamente indirizzate a contrastare la prassi della cosiddetta esterovestizione dei veicoli, consistente, come detto, nella sottrazione agli adempimenti di natura fiscale, tributaria e amministrativa gravanti sui proprietari di veicoli al fine di ottenere vantaggi indebiti quali l’evasione di tributi e pedaggi, la non assoggettabilità a sanzioni e la fruizione di premi assicurativi più vantaggiosi. […] Il divieto posto dalle disposizioni censurate non mostra di avere, di per sé, alcuna diretta incidenza né sulla prevenzione di illeciti, né sulla identificazione di chi è alla guida di un veicolo, potendo rilevare, ai sensi dell’art. 196 cod. strada, solo ai fini della identificazione del soggetto solidalmente responsabile con il conducente, senza, quindi, che ciò attenga alle predicate esigenze di tutela della sicurezza pubblica.

Presentata il 6 giugno 2023; annunciata nella seduta n. 76 del 13 giugno 2023. DOC. VII, N. 28.
Assegnata alla 1a Commissione permanente (Affari Costituzionali); 2a Commissione permanente (Giustizia); 8a Commissione permanente (Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica).