Nella seduta del 28 dicembre, l'Assemblea del Senato ha rinnovato la fiducia al Governo con 112 voti favorevoli, 67 contrari e un'astensione, approvando l'articolo 1 del ddl n. 1330, bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027, nel testo identico a quello licenziato dalla Camera il 20 dicembre. Il disegno di legge è stato quindi approvato in via definitiva con 108 voti favorevoli, 63 contrari e un'astensione.
Il disegno di legge di bilancio dispone interventi con effetti complessivamente pari a circa 30 miliardi di euro. Le principali misure di spesa includono:
- il consolidamento strutturale del taglio del cuneo fiscale e della riduzione delle aliquote IRPEF già introdotte nella manovra dell'anno scorso;
- il rinnovo dei contratti del pubblico impiego e della sanità;
- le misure di supporto alle famiglie (congedi parentali, "carta per i nuovi nati", bonus asili nido, "carta dedicata a te");
- gli incentivi all'occupazione giovanile e femminile;
- la decontribuzione per le imprese che investono nella zona economica speciale (ZES) unica del Mezzogiorno;
- le agevolazioni su fringe benefit e sui nuovi assunti che accettano di trasferire la residenza di oltre 100 chilometri.
Tra le misure di entrata, sono previsti il taglio del 5% delle spese di tutti i ministeri ad eccezione del dicastero della salute e un contributo straordinario da parte delle imprese bancarie e assicurative.
Tra le principali misure introdotte nell'esame in prima lettura alla Camera dei deputati figurano lo sconto premiale sull'IRES, che passa dal 20 al 24% per le imprese che reinvestono l'80% degli utili creando nuovi posti di lavoro con contratti a tempo indeterminato, e gli incrementi dei finanziamenti destinati al Ponte sullo Stretto di Messina, alla Rete ferroviaria, alla TAV Torino-Lione e all'ANAS.
Sono state inoltre inserite, dopo varie riformulazioni, due controverse disposizioni sul divieto per ministri e parlamentari di assumere incarichi retribuiti per oltre 100.000 euro da Stati extra-UE e sul rimborso delle spese di trasferta per ministri e sottosegretari non parlamentari.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia alla documentazione predisposta dal Servizio studi e dal Servizio del Bilancio del Senato.
L'esame in Commissione
Nella 1a seduta antimeridiana del 23 dicembre la Commissione ha svolto l'esame del disegno di legge in sede consultiva, ai fini del parere al Presidente del Senato ai sensi dell'articolo 126, comma 4, del Regolamento. Su proposta del relatore, Presidente Calandrini (FdI), la Commissione ha approvato un parere favorevole, attestando l'assenza di contrasto tra le disposizioni del disegno di legge e le regole di copertura previste dalla legislazione vigente.
Nella 2a seduta antimeridiana della stessa giornata, dopo un'introduzione del Presidente sul regime di ammissibilità degli emendamenti al disegno di legge di bilancio, la Commissione ha avviato l'esame in sede referente, con la relazione illustrativa del senatore Liris (FdI). Si è quindi svolta la discussione generale, con gli interventi dei senatori Patuanelli (M5S), Lorenzin (PD), Magni (AVS), Paita (IV), Manca (PD), Damiani (FI), Pirro (M5S), Russo (FdI) e Nicita (PD). Il termine per la presentazione di emendamenti e ordini del giorno è stato fissato alla 17 della stessa giornata del 23 dicembre.
Nella seduta del 27
dicembre, il Presidente Calandrini ha reso noto che sono stati
presentati 814 emendamenti e 64 ordini del giorno relativi al disegno di
legge in titolo, pubblicati in allegato
al resoconto. Dopo una breve sospensione, i lavori sono ripresi quando
sono pervenuti tutti i rapporti delle restanti Commissioni permanenti. Il
senatore Liris, in qualità di relatore, ha quindi preso atto, alla luce
del numero di emendamenti presentati e della calendarizzazione del ddl in
Assemblea il giorno stesso, dell'impossibilità di completarne l'esame,
aggiungendo che la prassi di una seconda lettura solo formale,
consolidatasi dal 2019, rischia di togliere dignità al Parlamento. Ha
quindi auspicato un impegno condiviso, che coinvolga anche i Presidenti
delle Camere, per sradicare questa abitudine.
Sono intervenuti, nel
seguente dibattito, i senatori Manca (PD), Magni (AVS), Patuanelli (M5S) e
Musolino (IV), concordi nella critica al monocameralismo di fatto che
ormai caratterizza l'iter parlamentare dei disegni di legge. In
particolare, il senatore Manca ha chiesto l'impegno della Commissione e
del Presidente perché non si ripeta in futuro la prassi di una seconda
lettura senza esame degli emendamenti. Il senatore Magni, oltre a
sottolineare come il metodo seguito metta in discussione la Costituzione
senza che la stessa sia stata oggetto di revisione, ha criticato nel
merito il ddl per l'assenza di misure volte ad affrontare le numerose
crisi in cui versa il sistema industriale italiano. I senatori Patuanelli
e Musolino hanno attribuito al Governo la responsabilità di aver impedito
un esame effettivo in seconda lettura, avendo presentato un pacchetto di
emendamenti sostanziali alla manovra solo il 13 dicembre.
Il Presidente
Calandrini ha assicurato il proprio impegno, in sede di discussione in
Assemblea, a rappresentare a nome della Commissione bilancio le istanze
avanzate dai Gruppi di opposizione, nonché a superare la prassi della
lettura monocamerale già in occasione della riforma delle regole di
contabilità, di prossimo avvio in sede parlamentare, e nella prospettiva
della prossima legge di bilancio esaminata in prima lettura del Senato,
pur sottolineando come tale superamento rappresenti una sfida culturale
per i Presidenti delle due Camere, per i Gruppi parlamentari e per il
Parlamento tutto. Quindi, preso atto dell'impossibilità di concludere
l'esame del provvedimento con il conferimento del mandato al relatore, il
Presidente si è impegnato a riferie al Presidente del Senato e
all'Assemblea sull'andamento dei lavori.
La discussione in Assemblea
Nella seduta del 27 dicembre l'Assemblea ha avviato l'esame del ddl n. 1330. Il Presidente della 5a Commissione, sen. Calandrini (FdI), ha riferito all'Assemblea che la Commissione bilancio non ha potuto concludere l'esame del ddl, dato l'elevato numero di emendamenti presentati (814) e i tempi ristretti; pertanto, il provvedimento approda in Aula senza relatore.
Hanno preso parte alla discussione generale i sen. Borghi Enrico, Silvia
Fregolent (IV), Magni (Misto-AVS), Maria Domenica Castellone, Cataldi,
Gabriella Di Girolamo, Mazzella, Concetta Damante, Dolores Bevilacqua,
Sabrina Licheri, Barbara Floridia, Elisa Pirro (M5S), Bergesio, Maria
Cristina Cantù, Garavaglia, Dreosto, Elena Testor, Claudio Borghi (LSP),
Verini, Verducci, Sandra Zampa, Cristina Tajani, Beatrice Lorenzin,
Crisanti, Simona Malpezzi, Manca, Misiani (PD), Lavinia Mennuni,
Sigismondi, Maria Vita Nocco, Russo, De Carlo, Gelmetti, Zaffini (FdI),
Monti (Misto), Lombardo (Misto-Az) e Damiani (FI-BP).
I Gruppi di
opposizione hanno definito la legge di bilancio priva di visione e
incapace di affrontare i problemi cruciali del Paese, come competitività e
crescita. IV ha accusato il Governo di nascondere la realtà dietro
narrazioni politiche, stigmatizzando una manovra che non stimola la
domanda interna e non supporta sufficientemente i settori in crisi, come
l'automotive e l'agricoltura. AVS ha denunciato la mancanza di
partecipazione e di dibattito democratico, accusando il Governo di non
affrontare le disuguaglianze economiche e lamentando l'inefficienza delle
politiche occupazionali e salariali. M5S ha puntato il dito contro la
gestione delle risorse: il Governo investe in progetti inutili come il
Ponte sullo Stretto e riduce i fondi per le Regioni e i servizi pubblici,
penalizza i più deboli e non affronta le vere sfide del Paese, come la
corruzione e le disuguaglianze tra Nord e Sud. Il PD ha sostenuto che il
Governo non risolve i problemi del sistema sanitario, scolastico e
culturale, denunciando l'insufficienza degli aumenti salariali, la
mancanza di una vera riforma fiscale redistributiva e l'inefficacia delle
politiche per la ricerca e l'innovazione.
Il sen. Monti ha espresso una
valutazione complessa sulla situazione economica italiana, criticandone
l'arretratezza, la bassa crescita e l'esodo di giovani qualificati,
invitando ad affrontare la crisi industriale e distributiva che minaccia
il Paese. Il sen. Lombardo, pur apprezzando la stabilizzazione del taglio
del cuneo fiscale, ha stigmatizzato l'aumento della pressione fiscale e la
mancanza di investimenti in sanità, scuola e politica industriale. I
Gruppi di maggioranza hanno lodato il provvedimento, evidenziandone
l'impatto positivo su famiglie, occupazione, sanità e imprese. LSP ha
difeso il taglio del cuneo fiscale, la riduzione dell'aliquota IRES, gli
investimenti in agricoltura, nelle piccole imprese e nel sistema sanitario
per ridurre le disuguaglianze, nonché il taglio delle tasse per i redditi
bassi. FdI ha rivendicato la riduzione del deficit, l'aumento dei posti di
lavoro, con un focus sull'occupazione femminile, il sostegno alla natalità
e gli investimenti per il Sud, sottolineando l'importanza della stabilità
economica e del rilancio industriale. FI-BP ha rimarcato la visione chiara
del Governo, che sta riportando il Paese su binari stabili, puntando su
misure che mirano a sostenere i consumi e l'economia.
In replica, il Ministro dell'economia Giorgetti ha difeso l'atteggiamento di prudenza del Governo come scelta necessaria per garantire sostenibilità finanziaria e ridurre il debito pubblico, evidenziando i benefici già visibili come la diminuzione dello spread; ha rivendicato politiche a sostegno dei redditi medio-bassi e l'introduzione di misure strutturali, come il taglio del cuneo fiscale e incentivi per la previdenza complementare. In tema di politiche per la famiglia, ha riconosciuto l'importanza di fare di più per sostenere la crescita demografica. Approvati gli articoli della seconda sezione della legge di bilancio, con le annesse tabelle, il Ministro per i rapporti con il Parlamento Ciriani ha posto la questione di fiducia sull'approvazione dell'articolo 1 del ddl n. 1330, nel testo identico a quello licenziato dalla Camera dei deputati.
Nella seduta del 28 dicembre l'esame è proseguito con le dichiarazioni di voto, in diretta RAI. Hanno dichiarato voto favorevole i senatori Salvitti (Cd'I), che ha richiamato con orgoglio i riconoscimenti internazionali verso la Premier e l'Italia, legati a una politica economica prudente e responsabile, elogiando una strategia orientata alla crescita sostenibile a lungo termine; Gasparri (FI-BP), che ha rimarcato la crescita occupazionale, la riduzione dell'inflazione e l'aumento degli investimenti esteri, accusando l'opposizione di ipocrisia e rivendicando un'azione di governo solida e responsabile; Romeo (LSP), che ha lodato risultati positivi come il dimezzamento dello spread, il miglioramento del rating italiano e il successo delle aste dei titoli di Stato, ribadendo l'impegno della Lega su temi come il federalismo fiscale e l'assistenza ai Comuni; Calandrini (FdI), che ha difeso l'operato del Governo Meloni, riconoscendogli di aver stabilizzato il bilancio, di aver contenuto la spesa pubblica e di aver generato un avanzo primario e una forte crescita delle esportazioni, criticando le opposizioni per non ammettere i progressi evidenti.
Hanno annunciato voto contrario i senatori Calenda (Misto-Az), che ha posto l'accento sul contrasto tra le promesse elettorali e l'approccio prudente e conservatore adottato dal Governo, lamentando l'assenza di una visione strategica per lo sviluppo industriale e l'incapacità di affrontare problemi strutturali; Patton (Aut), che ha denunciato la mancanza di coraggio nelle politiche industriali e ambientali, così come nel sostegno sociale, e criticato la politica dei condoni; Renzi (IV), che ha stigmatizzato l'incoerenza della presidente Meloni nel violare le regole parlamentari che lei stessa aveva difeso in passato e denunciato una norma ad personam introdotta contro di lui, definendola illiberale, come strumento di rancore politico; De Cristofaro (Misto-AVS), che ha parlato di una manovra socialmente iniqua e priva di una visione ambientale, ribadendo il mancato impegno del Governo contro l'evasione fiscale e i privilegi concessi a lobby e grandi ricchezze; Patuanelli (M5S), che ha accusato il Governo di promuovere false narrazioni sui dati economici e di penalizzare imprese e famiglie con misure insufficienti, contestando l'uso dello spread come indicatore di successo e rilevando incoerenze nelle politiche fiscali e sull'occupazione; Boccia (PD), che ha stigmatizzato la precarizzazione del lavoro e l'assenza di interventi significativi contro la povertà e la crisi demografica, proponendo un'Italia più europea, con infrastrutture strategiche sotto il controllo pubblico, secondo una visione opposta alla privatizzazione promossa dall'Esecutivo.