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14 ottobre 2024 | Numero 71
Segnalazioni → Banca centrale europea
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Il blog della BCE: necessario rafforzare la resilienza della catena di approvvigionamento di fattori produttivi critici

La vulnerabilità delle imprese europee alle interruzioni delle forniture cinesi

L'eventuale stop alle importazioni provocherebbe in Italia un calo del 3,1% del valore aggiunto manifatturiero

La Cina è il principale fornitore di fattori produttivi critici esteri (FCIs - Foreign Critical Inputs) per le industrie europee. Cosa accadrebbe se queste forniture si interrompessero improvvisamente? Un post pubblicato il 9 ottobre dal blog della BCE cerca di rispondere a questa domanda, stimando l'entità del potenziale shock per le economie di cinque Paesi dell'area euro.

Gli FCI sono prodotti che le imprese europee non sono in grado di produrre autonomamente o la cui produzione è stata esternalizzata. Tali importazioni sono considerate critiche per l'UE se si tratta di prodotti difficilmente sostituibili, ad alta tecnologia e/o vitali per la transizione verde.
La Commissione europea dispone di un elenco di centinaia di tali importazioni, tra cui prodotti strategici come microchip, parti di turbine, apparecchiature ottiche o precursori chimici per la produzione di farmaci e batterie per auto elettriche.

Gli FCI rappresentano il 17% delle importazioni extra-UE. Secondo i dati sul commercio a livello nazionale, nel 2022 un terzo degli FCI importati dall'UE da Paesi extra-UE proveniva dalla Cina. Per l'UE, altri fornitori di FCI geopoliticamente distanti sono la Russia e Hong Kong.

Nel loro modello previsionale, gli autori del blog hanno utilizzato dati commerciali e di bilancio a livello di impresa per cinque Paesi dell'UE: Belgio, Francia, Italia, Slovenia e Spagna. Lo scenario di base prevede un calo improvviso che dimezza l'offerta di FCI dai Paesi alleati e politicamente vicini alla Cina. In linea con i dati delle indagini congiunturali, si ipotizza che le imprese non possano sostituire questi prodotti nel breve periodo.
Il risultato è che tali interruzioni della fornitura di FCI genererebbero un calo del valore aggiunto manifatturiero del 2% per il Belgio, del 2,5% per la Francia, del 2,9% per la Spagna e del 3,1% per l'Italia e la Slovenia nel breve periodo. Le grandi imprese rappresenterebbero circa il 75% del calo del valore aggiunto in tutti i Paesi.

L'impatto simulato è estremamente eterogeneo tra i vari settori. L'industria delle apparecchiature elettriche si distingue come il settore più colpito, con un calo mediano del valore aggiunto nei vari Paesi di circa il 7%, più del doppio del calo mediano complessivo del valore aggiunto, inferiore al 3%.
Tra gli altri settori che hanno subito cali superiori alla media figurano i prodotti chimici, i metalli di base, l'elettronica e i macchinari. Insieme, questi cinque settori rappresentano quasi un terzo del valore aggiunto manifatturiero dei nostri Paesi.
Alcuni settori, come l'elettronica, mostrano un calo simile tra i vari Paesi, mentre in altri, come i prodotti chimici e i macchinari, i risultati variano molto di più da un Paese all'altro, riflettendo la diversa composizione dei sottosettori e i modelli di approvvigionamento specifici delle imprese.

Anche i risultati regionali sono molto eterogenei. La grande diversità tra le regioni all'interno dei singoli Paesi è dovuta alla specializzazione e alla concentrazione. Le regioni più colpite sono quelle specializzate in settori che dipendono fortemente da FCI importati da Paesi terzi.
Ad esempio, le Marche sono relativamente più specializzate di altre regioni nella produzione di apparecchiature elettriche, un settore che dipende fortemente dall'approvvigionamento di fattori produttivi critici esteri dai Paesi allineati alla Cina.
Anche la concentrazione di produttori di alto livello in alcune regioni contribuisce a questa eterogeneità: la presenza di grandi imprese esposte implica che il loro effetto sul valore aggiunto della loro regione è più rilevante.

L'identificazione delle imprese esposte a interruzioni di prodotti critici - concludono gli autori del blog della BCE - è fondamentale per prepararsi a eventuali shock imminenti, con potenziali implicazioni per la crescita e la stabilità dei prezzi.
I microdati sono fondamentali non solo per mappare le dipendenze strategiche, ma anche per quantificarne l'importanza nel caso in cui si concretizzi uno shock.
Una comprensione più approfondita e granulare dell'esposizione alle dipendenze estere migliorerebbe la capacità europea di individuare dove e in che misura possono sorgere pressioni sui prezzi, migliorando anche la valutazione dei rischi per la stabilità economica e finanziaria.
Allo stesso tempo, queste conoscenze sono essenziali per progettare politiche industriali più efficaci e rafforzare la resilienza della catena di approvvigionamento.


La dimensione dei cerchi rappresenta la quota relativa delle esportazioni di FCI di ciascun Paese non UE verso l'UE. I cerchi blu indicano i Paesi del blocco occidentale, con il rosso sono indicati Cina, Russia, Corea del Nord, e paesi alleati di questi ultimi, in grigio i Paesi neutrali. La Cina rappresenta il 30%, gli Stati Uniti il 18%. I dati sul commercio internazionale provengono dal set di dati CEPII BACI. Fonte: BCE.


Il grafico riporta la variazione del valore aggiunto (in percentuale) tra le singole regioni dei 5 Paesi UE presi in esame, derivante da un eventuale calo del 50% nell'offerta di FCI da parte dei Paesi allineati alla Cina. Sono considerati solo i settori manifatturieri. Fonte: BCE.