La Cina è il principale fornitore di fattori produttivi critici esteri (FCIs - Foreign Critical Inputs) per le industrie europee. Cosa accadrebbe se queste forniture si interrompessero improvvisamente? Un post pubblicato il 9 ottobre dal blog della BCE cerca di rispondere a questa domanda, stimando l'entità del potenziale shock per le economie di cinque Paesi dell'area euro.
Gli FCI sono prodotti che le imprese europee non sono in grado di
produrre autonomamente o la cui produzione è stata esternalizzata.
Tali importazioni sono considerate critiche per l'UE
se si tratta di prodotti difficilmente sostituibili,
ad alta tecnologia e/o vitali per la transizione verde.
La Commissione europea dispone di un elenco di centinaia di tali
importazioni, tra cui prodotti strategici come microchip, parti di turbine,
apparecchiature ottiche o precursori chimici per la produzione di
farmaci e batterie per auto elettriche.
Gli FCI rappresentano il 17% delle importazioni extra-UE. Secondo i dati sul commercio a livello nazionale, nel 2022 un terzo degli FCI importati dall'UE da Paesi extra-UE proveniva dalla Cina. Per l'UE, altri fornitori di FCI geopoliticamente distanti sono la Russia e Hong Kong.
Nel loro modello previsionale, gli autori del blog
hanno utilizzato dati commerciali e di bilancio
a livello di impresa per cinque Paesi dell'UE: Belgio, Francia, Italia,
Slovenia e Spagna. Lo scenario di base prevede un calo improvviso
che dimezza l'offerta di FCI dai Paesi alleati e politicamente vicini
alla Cina. In linea con i dati delle indagini congiunturali,
si ipotizza che le imprese non possano sostituire questi prodotti
nel breve periodo.
Il risultato è che tali interruzioni della fornitura di FCI
genererebbero un calo del valore aggiunto manifatturiero del 2% per
il Belgio, del 2,5% per la Francia, del 2,9% per la Spagna
e del 3,1% per l'Italia e la Slovenia nel breve periodo.
Le grandi imprese rappresenterebbero circa il 75% del calo
del valore aggiunto in tutti i Paesi.
L'impatto simulato è estremamente eterogeneo tra i vari settori.
L'industria delle apparecchiature elettriche si distingue come
il settore più colpito, con un calo mediano del valore aggiunto
nei vari Paesi di circa il 7%, più del doppio del calo mediano
complessivo del valore aggiunto, inferiore al 3%.
Tra gli altri settori che hanno subito cali superiori alla media
figurano i prodotti chimici, i metalli di base, l'elettronica
e i macchinari. Insieme, questi cinque settori rappresentano
quasi un terzo del valore aggiunto manifatturiero dei nostri Paesi.
Alcuni settori, come l'elettronica, mostrano un calo simile
tra i vari Paesi, mentre in altri, come i prodotti chimici
e i macchinari, i risultati variano molto di più da un Paese
all'altro, riflettendo la diversa composizione dei sottosettori
e i modelli di approvvigionamento specifici delle imprese.
Anche i risultati regionali sono molto eterogenei.
La grande diversità tra le regioni all'interno dei singoli Paesi
è dovuta alla specializzazione e alla concentrazione. Le regioni
più colpite sono quelle specializzate in settori che dipendono
fortemente da FCI importati da Paesi terzi.
Ad esempio, le Marche sono relativamente più specializzate
di altre regioni nella produzione di apparecchiature elettriche,
un settore che dipende fortemente dall'approvvigionamento
di fattori produttivi critici esteri dai Paesi allineati alla Cina.
Anche la concentrazione di produttori di alto livello
in alcune regioni contribuisce a questa eterogeneità:
la presenza di grandi imprese esposte implica che il loro
effetto sul valore aggiunto della loro regione è più rilevante.
L'identificazione delle imprese esposte a interruzioni di prodotti
critici - concludono gli autori del blog della BCE - è fondamentale
per prepararsi a eventuali shock imminenti, con potenziali
implicazioni per la crescita e la stabilità dei prezzi.
I microdati sono fondamentali non solo per mappare le dipendenze
strategiche, ma anche per quantificarne l'importanza nel caso
in cui si concretizzi uno shock.
Una comprensione più approfondita e granulare dell'esposizione
alle dipendenze estere migliorerebbe la capacità europea di
individuare dove e in che misura possono sorgere pressioni
sui prezzi, migliorando anche la valutazione dei rischi
per la stabilità economica e finanziaria.
Allo stesso tempo, queste conoscenze sono essenziali
per progettare politiche industriali più efficaci
e rafforzare la resilienza della catena di approvvigionamento.
La dimensione dei cerchi rappresenta la quota relativa
delle esportazioni di FCI di ciascun Paese non UE verso l'UE.
I cerchi blu indicano i Paesi del blocco occidentale,
con il rosso sono indicati Cina, Russia, Corea del Nord,
e paesi alleati di questi ultimi, in grigio i Paesi neutrali.
La Cina rappresenta il 30%, gli Stati Uniti il 18%.
I dati sul commercio internazionale provengono dal set di dati
CEPII BACI. Fonte: BCE.
Il grafico riporta la variazione del valore aggiunto
(in percentuale) tra le singole regioni dei 5 Paesi UE presi in esame,
derivante da un eventuale calo del 50%
nell'offerta di FCI da parte dei Paesi allineati alla Cina.
Sono considerati solo i settori manifatturieri. Fonte: BCE.