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7 ottobre 2024 | Numero 70
Segnalazioni → Corte costituzionale
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Sentenze della Corte costituzionale trasmesse al Senato

A partire da questa settimana, i contenuti di Madama si ampliano con la pubblicazione delle sentenze della Corte costituzionale trasmesse al Senato della Repubblica, i cosiddetti DOC. VII. Saranno pubblicate le sentenze trasmesse nel corso della Legislatura corrente, in ordine cronologico dalla più risalente alla più recente, seguendo l'ordine progressivo assegnato al DOC. VII.

Palazzo della Consulta

Norme impugnate: Art. 13, c. 2°, quarto e quinto periodo, del decreto-legge 06/12/2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella legge 22/12/2011, n. 214, come modificato dall'art. 1, c. 707°, lett. b), della legge 27/12/2013, n. 147.

«Nel nostro ordinamento costituzionale non possono trovare cittadinanza misure fiscali strutturate in modo da penalizzare coloro che, così formalizzando il proprio rapporto, decidono di unirsi in matrimonio o di costituire una unione civile». È quanto si legge nella sentenza n. 209 del 2022 con cui la Corte costituzionale, accogliendo le questioni che aveva sollevato davanti a sé, ha dichiarato illegittimo l'articolo 13, comma 2, quarto periodo, del decreto-legge n. 201/2011 laddove parlando di «nucleo familiare» finisce per penalizzarlo, in contrasto con gli articoli 3, 31 e 53 della Costituzione.

L'illegittimità è stata estesa anche ad altre norme, in particolare a quelle che, per i componenti del nucleo familiare, limitano l'esenzione ad uno solo degli immobili siti nel medesimo comune (quinto periodo del comma 2 dell’articolo 13, Dl 201/2011) e che prevedono che essi optino per una sola agevolazione quando hanno residenze e dimore abituali diverse (comma 741, lettera b) della legge n. 160 del 2019, come modificato dall'articolo 5-decies del Dl 146/2021).

La Corte ha dunque ristabilito il diritto all'esenzione per ciascuna abitazione principale delle persone sposate o in unione civile e però ha ritenuto «opportuno chiarire» che le dichiarazioni di illegittimità costituzionale non determinano, in alcun modo, una situazione in cui le cosiddette "seconde case" ne possano usufruire. Da questo punto di vista, le dichiarazioni di illegittimità costituzionale mirano a responsabilizzare «i comuni e le altre autorità preposte ad effettuare adeguati controlli», controlli che «la legislazione vigente consente in termini senz’altro efficaci».

Per maggiori informazioni si veda Comunicato Stampa

Presentata il 16 novembre 2022; annunciata nella seduta n. 8 del 16 novembre 2022. DOC. VII, N. 1.
Assegnata alla 1a Commissione permanente (Affari Costituzionali); 2a Commissione permanente (Giustizia); 6a Commissione permanente (Finanze e tesoro).

Camere di commercio, illegittimo l'obbligo di riversare al bilancio dello Stato i risparmi derivanti dalle regole di contenimento della spesa

Sentenza n. 210 del 14 settembre 2022 - Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale.

Norme impugnate: Art. 61, c. 1°, 2°, 5° e 17°, del decreto-legge 25/06/2008, n. 112, convertito, con modificazioni, in legge 06/08/2008, n. 133; art. 6, c. 1°, 3°, 7°, 8°, 12°, 13°, 14° e 21°, del decreto-legge 31/05/2010, n. 78, convertito, con modificazioni, in legge 30/07/2010, n. 122; art. 8, c. 3°, del decreto-legge 06/07/2012, n. 95, convertito, con modificazioni, in legge 07/08/2012, n. 135; e art. 50, c. 3°, del decreto-legge 24/04/2014, n. 66, convertito, con modificazioni, in legge 23/06/2014, n. 89.

Sebbene in contesti di grave crisi economica si possa ritenere appropriata la scelta legislativa di imporre regole di contenimento della spesa, non altrettanto si può dire per l’obbligo di riversare al bilancio dello Stato i risparmi così ottenuti, vanificando lo sforzo sostenuto dalle Camere di commercio nel conseguire quei risparmi. È quanto si legge nella sentenza n. 210 del 2022, con cui la Corte costituzionale ha ritenuto irragionevole l’applicazione alle Camere di commercio delle disposizioni sull’obbligo di riversare al bilancio dello Stato i risparmi derivanti dalle regole di contenimento della spesa, a fronte della loro particolare autonomia finanziaria che preclude la possibilità di ottenere finanziamenti adeguati da parte dello Stato e interventi di ripianamento di eventuali deficit generati dalla gestione amministrativa dei medesimi.

La Corte ha osservato che, a decorrere dall’anno 2017, l’entità del diritto camerale che le imprese corrispondono alle Camere di commercio è stata oggetto di riduzione da parte del legislatore in maniera crescente fino ad arrivare al cinquanta per cento.

Tale riduzione, in aggiunta all’obbligo di riversare al bilancio dello Stato i risparmi derivanti dalle norme di contenimento, ha inciso in maniera progressivamente più gravosa sui bilanci delle Camere di commercio rendendo, dal 2017 e fino al 2019, i sacrifici imposti dalle disposizioni censurate non più sostenibili e non compatibili con il dettato costituzionale.

Per maggiori informazioni si veda Comunicato Stampa

Presentata il 16 novembre 2022; annunciata nella seduta n. 8 del 16 novembre 2022. DOC. VII, N. 2.
Assegnata alla 1a Commissione permanente (Affari Costituzionali); 2a Commissione permanente (Giustizia); 5a Commissione permanente (Bilancio); 9a Commissione permanente (Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare).