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23 settembre 2024 | Numero 68
Segnalazioni → Banca centrale europea
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TRANSIZIONE VERDE. Una analisi del blog della BCE: l'industria più energivora deve ancora affrontare l'incertezza sulla fattibilità finanziaria delle tecnologie di riduzione delle emissioni di carbonio

Le imprese europee rischiano di diventare brown zombies?

Dopo la crisi del 2022, i margini di profitto restano bassi anche con il calo dei prezzi dell'energia. Riduzione delle emissioni ottenuta producendo meno piuttosto che rendendo più ecologici i processi produttivi

L'aumento vertiginoso dei prezzi dell'energia durante la recente crisi ha intaccato i margini di profitto della maggior parte delle imprese in tutti i settori. Alcune aziende hanno poi recuperato la redditività quando i prezzi sono scesi di nuovo. Ma le imprese ad alta intensità energetica non si sono riprese allo stesso modo.
Questo dato sottolinea le difficoltà dell'Europa di raggiungere gli "obiettivi climatici": bassi profitti rendono più difficile per le imprese finanziare gli "investimenti verdi" . Inoltre, le imprese ad alta intensità energetica devono prepararsi all'imminente aumento dei costi delle emissioni di carbonio, a seguito della piena attuazione del sistema di scambio delle quote di emissione (ETS- Emissions Trading System) dell'Unione Europea.
Questa pressione finanziaria limita le fonti di finanziamento interne delle imprese a maggiore intensità di carbonio.
Dove trovare questi finanziamenti? Una possibilità è il sostegno pubblico. Un'altra opzione è rappresentata dalle recenti proposte della Commissione europea di fornire assistenza mirata per la transizione del settore ad alta intensità energetica.

All'argomento è dedicato un articolo del blog della Banca centrale europea, pubblicato il 17 settembre con il titolo "Ostacoli all'ecologizzazione delle industrie ad alta intensità energetica", firmato da due economisti della Banca centrale del Belgio e da un "Principal Economist" della Bce.

Partendo dai dati trimestrali 2021-23 relativi al Belgio, sono state esaminate 1.205 imprese ad alta intensità energetica (ad esempio acciaierie, impianti chimici e di cemento, aziende ortofrutticole), che impiegano 96.000 lavoratori. I dati sono poi stati messi a confronto con quelli di 13.040 imprese manifatturiere a minore intensità energetica, che impiegano 486.000 lavoratori.
Occorre ricordare che il Belgio ospita uno dei principali cluster petrolchimici europei, ha un settore manifatturiero ad alta intensità energetica e vanta una struttura industriale simile a quella di Germania, Paesi Bassi e Italia.

Nel 2022, per fare fronte all'aumento dei costi dell'energia, tutte le imprese hanno rinunciato a una parte dei loro margini per ammortizzare l'aumento dei costi. Nel 2023 i mercati dell'energia si sono normalizzati e le imprese ad alta intensità energetica hanno registrato un calo significativo dei costi dei fattori produttivi. Questo avrebbe dovuto rendere la vita più facile alle industrie ad alta intensità energetica. Tuttavia, i loro margini di profitto non sono risaliti. Al contrario delle imprese meno dipendenti dall'energia, che sono riuscite a ripristinare i propri margini e a recuperare i precedenti cali di redditività.

Le imprese ad alta intensità energetica - ricorda il blog della Bce - devono inoltre prepararsi a un ulteriore aumento dei costi causato dal sistema ETS (Emissions Trading System), il principale strumento politico che regola le emissioni di carbonio dell'industria europea. Imponendo un onere finanziario sulle emissioni di carbonio degli impianti industriali e dell'aviazione, questo sistema dovrebbe incentivare gli investimenti in tecniche di produzione a basse emissioni di carbonio e spingere le aziende fortemente inquinanti ad adattarsi o a uscire dal mercato.

Il sistema ETS ha dimostrato la sua efficacia nel ridurre le emissioni di gas a effetto serra, consentendo di raggiungere nel 2014 l'obiettivo fissato per il 2020, quindi con sei anni di anticipo.
Più recentemente, le emissioni coperte dal sistema ETS sono diminuite di un sostanziale 16% nel 2023 rispetto all'anno precedente. Questo calo significativo significa che più di tre quarti della riduzione prevista entro il 2030 (rispetto ai livelli del 2005) è già stata realizzata.

Il settore dell'energia, che comprende imprese come i fornitori di gas e di elettricità (48% delle emissioni ETS nel 2023), è emerso come leader nella riduzione delle emissioni dal 2013 , anno in cui è iniziata la Fase 3 dell'ETS (grafico sotto).
I progressi di questo settore derivano in gran parte da due fattori chiave: l'adozione diffusa di fonti energetiche rinnovabili economicamente competitive e la transizione dal carbone al gas naturale. In particolare, il settore energetico ha contribuito all'80% della riduzione delle emissioni previste per il 2023.
Da un lato si tratta di una notizia positiva. Ma dall'altro lato, significa che diventa sempre più difficile ridurre le emissioni nel settore energetico. E questo mette in primo piano le industrie manifatturiere.

Evoluzione relativa 
                              delle emissioni provenienti da diverse fonti regolate dall'ETS
Evoluzione relativa delle emissioni provenienti da diverse fonti regolate dall'Emissions Trading System (ETS) dell'Unione Europea (grafico Bce)

Il settore industriale (47% delle emissioni ETS nel 2023) non ha compiuto progressi simili a quelli del settore energetico. Questa disparità è dovuta in parte a differenze normative, come l'assegnazione di quote di emissione gratuite alle industrie manifatturiere, e in parte alle sfide tecniche che si pongono ai processi di produzione ecologici. L'industria deve ancora affrontare l'incertezza sulla fattibilità finanziaria delle tecnologie di riduzione delle emissioni di carbonio.

Inoltre, sottolinea ancora il blog Bce, le recenti riduzioni delle emissioni da parte dell'industria riflettono prevalentemente una diminuzione della produzione piuttosto che un miglioramento dell'efficienza .

Le industrie che partecipano al sistema ETS producono prevalentemente beni intermedi, tra cui metalli, prodotti chimici, cemento, carta e vetro. Ebbene, le emissioni del settore industriale sono diminuite del 14% tra il 2021 e il 2023, mentre la produzione di beni intermedi ha registrato un calo di circa il 7% nello stesso periodo e di circa il 10% se si confronta il dicembre 2021 con il dicembre 2023.
Ciò significa che la riduzione delle emissioni è stata in gran parte ottenuta producendo meno piuttosto che rendendo più ecologici i processi produttivi. Ciò è in contrasto con l'obiettivo dell'ETS di bilanciare la riduzione delle emissioni con una crescita economica continua.
Inoltre, l'eliminazione graduale delle quote di emissioni gratuite accelera a partire dal 2026 e il divario tra le emissioni effettive e quelle gratuite si allarga, lasciando le imprese esposte a una maggiore esposizione al prezzo del carbonio e a un aumento dei costi.

Saranno quindi necessari - affermano gli economisti autori dell'articolo - ingenti investimenti nell'efficienza delle emissioni di carbonio del settore industriale se si vogliono raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni senza un continuo calo della produzione industriale. Altrimenti, le imprese europee rischiano di diventare "zombie marroni" (brown zombies), ovvero entità incapaci di competere in un'economia sempre più verde.

L'analisi del blog Bce può essere rilevante per altri Paesi dell'area euro con importanti industrie ad alta intensità energetica, in particolare - sottolineano gli autori - Germania, Italia e Paesi Bassi. Queste economie hanno probabilmente subito effetti simili, date le loro strutture industriali comparabili e l'esposizione alle fluttuazioni dei prezzi dell'energia.

Industrie ad alta instensità energetica