In testa ci sono gli infermieri, con 26.624 posizioni, seguiti dagli insegnanti di scuola secondaria con 25.707 e i medici con 25.162. A distanza, si collocano i maestri di sci, con 13.375 posizioni. Sono i lavoratori con qualifica professionale che, nel corso del periodo 2017-2021, hanno deciso di esercitare la propria professione in un Paese UE diverso da quello nel quale avevano acquisito la qualifica.
Il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea garantisce ai cittadini UE il diritto di spostarsi liberamente per motivi professionali e di stabilire la propria attività in un altro Stato membro. Nel 2005, l'Unione ha adottato la direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali, con l'obiettivo di impedire agli Stati membri di imporre condizioni eccessive ai cittadini che desiderano esercitare una professione regolamentata in uno Stato UE diverso da quello di residenza. La direttiva è stata modificata nel 2013 e doveva essere recepita nel diritto nazionale entro il 2016.
Ma, secondo la Corte dei conti europea, vi sono ancora molti ostacoli per i cittadini UE che desiderano lavorare o creare un'impresa in un altro Stato membro. Secondo una relazione pubblicata il 1° luglio, far riconoscere le proprie qualifiche professionali continua ad essere problematico.
«Un infermiere o un meccanico che desidera lavorare in un altro Stato membro può essere scoraggiato dalla procedura di riconoscimento delle proprie qualifiche professionali: può trattarsi di un processo lungo ed eccessivamente burocratico», ha affermato Stef Blok, il componente della Corte responsabile dell'audit. «La Corte ha constatato grandi disparità procedurali tra Stati membri nell'applicazione della normativa dell'UE, a scapito di chi desidera esercitare una professione regolamentata altrove nell'Unione. Per tutelare i cittadini UE, riteniamo che il meccanismo di allerta dovrebbe essere integrato nella procedura di riconoscimento per le professioni connesse a salute e sicurezza, nonché per quelle che richiedono integrità - specie se si ha a che fare con minori».
Negli Stati membri, il numero di professioni regolamentate varia notevolmente: da 88 in Lituania a 415 in Ungheria. Secondo un calcolo operato dagli auditor della Corte sulla base di dati del 2023, ogni Stato membro regolamenta in media 212 professioni, il che equivale a circa 5.700 professioni regolamentate in tutta l'Unione.
Gli Stati membri - afferma la Corte dei conti europea - non monitorano periodicamente la durata delle procedure di riconoscimento e non sempre agiscono rapidamente, come prescritto dalla direttiva UE. A volte, vengono richiesti troppi documenti (lettere di motivazione, traduzioni giurate, oppure una prova di residenza prima che l'interessato si sia effettivamente trasferito nel nuovo paese).
La Corte ha anche rilevato casi in cui gli Stati membri impongono ai richiedenti una misura specifica (ad esempio, formazione aggiuntiva) senza fornire alcuna giustificazione. In altri casi, gli auditor della Corte hanno constatato verifiche preventive sproporzionate per verificare le qualifiche, nonostante non vi fosse un commisurato interesse di salute pubblica.
Le 25 professioni regolamentate
più "mobili" nell'UE, per numero di decisioni totali dichiarate
dalle autorità competenti nei 27 Stati membri (periodo 2017-2021)
(fonte: Corte dei conti europea)
La relazione Monti del 2010: estendere il sistema automatico di riconoscimento reciproco e rafforzare la trasparenza
La Corte dei conti europea, nel rapporto pubblicato il 1° luglio, ricorda che, nel maggio 2010, Mario Monti scrisse una relazione su una nuova strategia per il mercato unico, su richiesta dell'allora presidente della Commissione, José Manuel Barroso. La relazione Monti raccomandava di rafforzare il riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali tra Stati membri, estendendo il sistema automatico e rafforzando la trasparenza.
Il riconoscimento automatico delle qualifiche si applica solo a 7 di oltre 800
professioni riconosciute, ricordava la relazione Monti.
Negli altri casi, le cattive pratiche amministrative, i ritardi nei processi
di riconoscimento e le resistenze corporativistiche a livello nazionale si aggiungono
alle normali difficoltà di trasferirsi e lavorare in un altro Paese e aumentano
di fatto le barriere all'ingresso nelle professioni regolamentate.
L'attuale quadro giuridico definito nella Direttiva 2005/36/CE per facilitare
il riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali tra gli Stati membri
dovrebbe essere chiarito e rafforzato, raccomandava il senatore Monti.
E l'ambito di applicazione per il riconoscimento automatico delle qualifiche
dovrebbe essere esteso a nuovi settori,
con particolare attenzione alle specializzazioni richieste dalle industrie
verdi e digitali.