Rappresentanza di interessi di Paesi terzi: maggiore trasparenza per il corretto funzionamento della democrazia
L'attività di rappresentanza d'interessi è utilizzata in misura crescente
dai governi, in aggiunta all'attività diplomatica formale, per promuovere
i propri obiettivi strategici. È quanto si legge nella
risoluzione
approvata dalla 4a Commissione del Senato, che ha esaminato
la proposta di direttiva della Commissione europea
sui requisiti armonizzati
nel mercato interno sulla trasparenza della rappresentanza
d'interessi esercitata per conto di Paesi terzi.
In particolare, «l'attività di rappresentanza d'interessi
nell'Unione è in aumento, anche in seguito alla guerra della Russia
contro l'Ucraina e le divergenze normative tra gli Stati membri
determinano condizioni di disparità e maggiori costi di conformità
per i soggetti che intendono svolgere attività di lobbying a livello
transfrontaliero. Tale situazione rappresenta un'opportunità per taluni
soggetti di Paesi terzi di eludere i requisiti di trasparenza esistenti
in taluni Stati membri e di influenzare in modo occulto il processo
decisionale e i processi democratici nell'Unione,
utilizzandola come canale di ingerenza nelle democrazie dell'Unione,
per plasmare l'opinione pubblica e influenzare le scelte politiche,
con ripercussioni negative sulla vita politica degli Stati membri
e dell'Unione nel suo complesso».
La risoluzione afferma di condividere «la rilevanza politica dell'iniziativa, volta ad incidere in ultima istanza sul corretto funzionamento della democrazia in Europa e sul rapporto tra l'Unione e i suoi cittadini, anche in vista delle prossime elezioni del Parlamento europeo e dell'avvio di un nuovo ciclo istituzionale europeo, assicurando ai soggetti che svolgono attività di rappresentanza d'interessi per conto di Paesi terzi nel mercato interno, di poterlo fare in un contesto giuridico armonizzato, trasparente e maggiormente prevedibile, a beneficio di tutti i soggetti coinvolti, dei decisori interessati e dei cittadini, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e dei principi e dei valori democratici».
Con riguardo alla scelta dello strumento giuridico, la risoluzione osserva però che «non appare adeguatamente motivata l'opzione della armonizzazione massima, esplicitata all'articolo 4 della proposta, che esclude la possibilità per gli Stati membri di mantenere o introdurre obblighi di trasparenza ulteriori e più rigorosi. Paradossalmente, proprio nel caso in cui appaia chiaro che un soggetto privato stia in realtà operando per conto di un governo straniero, per svolgere attività finalizzate a influenzare gli affari interni di un Paese europeo, si applicherebbe la direttiva e lo Stato membro verrebbe privato della possibilità di applicare una normativa nazionale più stringente di quella europea, a tutela del proprio ordine democratico interno».