L'ingresso
nel Senato
della Repubblica
Nella seduta del 13 dicembre 1955, il Senato della Repubblica accoglie Luigi Einaudi, Senatore di diritto e a vita, a conclusione del mandato di Presidente della Repubblica. Di seguito, il testo tratto dal resoconto stenografico. Presiedeva la seduta il Presidente Cesare Merzagora.
Se non vi è libertà illimitata di discussione manca la ragione del Parlamento, manca la ragione della libertà politica
Saluto a Luigi Einaudi
(Entra nell'Aula il senatore Luigi Einaudi, accolto da vivi, generali applausi)
PRESIDENTE. Sono sicuro di interpretare il sentimento unanime del Senato rivolgendo un deferente e cordiale saluto al Presidente Einaudi, il quale interviene oggi per la prima volta ai lavori dell'Assemblea dopo la cessazione dalla suprema Magistratura della Repubblica, alla quale ha prodigato le sue insigni doti di studioso e di statista. Dalla sua rinnovata partecipazione ai lavori parlamentari il Senato attende, come per il passato, un prezioso contributo di scienza e di saggezza politica. Per questa attività formulo i voti più affettuosi. (Vivissimi, generali applausi).
SEGNI, Presidente del Consiglio dei ministri. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SEGNI, Presidente del Consiglio dei ministri. A nome del Governo e mio personale mi associo alle parole del Presidente di questa Assemblea e porgo al Presidente Einaudi, del quale ebbi l'onore di essere collega in un momento molto difficile per la politica monetaria italiana e al quale noi andiamo tutti debitori della stabilità della nostra moneta, bene prezioso tra i preziosi, il mio saluto e il più fervido augurio che egli possa ancora a lungo collaborare in questa Assemblea con quello spirito di solidarietà sociale, con quella nobiltà e con quella sapienza con la quale egli ha retto in questi anni la suprema Magistratura dello Stato. (Vivissimi, generali applausi).
EINAUDI. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
EINAUDI. Ringrazio il Presidente del Senato delle cortesi espressioni che ha avuto a mio riguardo e ringrazio anche il Presidente del Consiglio del saluto che ha voluto porgermi. Sono orgoglioso di rientrare in questa Aula nella quale la prima volta ho fatto il mio ingresso il 9 dicembre 1919, quasi esattamente trentasei anni fa.
Molto spazio di tempo corre da quell'epoca ad oggi... (segue)
Quando sono entrato accompagnato, come allora era uso, al banco della Presidenza dai miei due carissimi amici senatori Francesco Ruffini e Luigi Albertini, l'impressione che ho avuto era quella di un certo timore reverenziale. Nell'Aula si vedevano molti più capelli canuti di quelli che io vegga adesso, molti più uomini dall'aspetto venerando - non che noi non l'abbiamo, ma allora questo aspetto era più diffuso ed incuteva soggezione; ma la soggezione che mi è venuta meno a grado a grado, non appena mi sono potuto persuadere che in quell'Aula dominava la più ampia e illimitata libertà di discussione intorno ai problemi, pure importanti, che si discutevano. Se non vi è questa libertà illimitata di discussione manca la ragione del Parlamento, manca la ragione della libertà politica. Un po' per volta questa libertà di discussione si è illanguidita e si è da libertà illimitata convertita gradatamente in una libertà tecnica, in una libertà oggettiva. Anche durante il ventennio c'era discussione, ma poteva attuarsi soltanto nell'ambito di certe idee, entro certi confini che non potevano essere oltrepassati. La limitazione fu causa di grave scadimento delle discussioni medesime.
Ed io ricordo che negli ultimi anni, mancando l'animo della discussione,
mancando l'animo dell'opposizione senza limiti, era necessario qualche volta
che il Presidente del Senato invitasse almeno due oratori a rapppresentare
le parti opposte. Quella non era discussione vera e propria, quella
era un camuffamento della libertà politica e della libertà di discussione.
Debbo dire che durante tutti gli anni in cui sono stato assente avendo
sentito il dovere di seguire i dibattiti di questa Assemblea, dalla quale
io non mi sono mai sentito idealmente distaccato, la lettura attenta di essi
mi ha persuaso che noi siamo tornati a quella che è veramente discussione,
perché senza limitazioni e sola garanzia di libertà politica.
Allo spirito di libertà che domina nella Assemblea
nella quale oggi rientro rendo omaggio come al ritorno alle migliari
tradizioni delle epoche passate. (Vivissimi, generali applausi.
Molte congratulazioni).