Intervista a SenatoTV
Intervista rilasciata il 22 marzo 2018, alla vigilia della prima seduta della XVIII Legislatura, presieduta dal sen. Napolitano
È il tempo della globalizzazione, dell'instabilità e della crisi generale della politica nei Paesi dell'Occidente; è il tempo di incessanti, sconvolgenti cambiamenti negli equilibri mondiali; cambiamenti sempre più difficili da padroneggiare.
Si tratta in sostanza di far leva sull'interesse generale dell'Italia. Esso poggia innanzitutto sul senso, che non può mancare, di un comune destino italiano ed europeo. Per quanto, anche a questo proposito, nulla può più darsi per irreversibile o scontato.
Dall'intervento in apertura della prima seduta della XVIII Legislatura (23 marzo 2018)
La prima riforma ormai acquisita è quella, davvero rilevante, del Regolamento del nostro stesso Senato perché la nostra, non possiamo dimenticarlo, è una democrazia rappresentativa nei suoi fondamenti ideali e funzionali, cui corrisponde una forma parlamentare di Governo. Questa fu, e rimane, la scelta meditata dell'Assemblea costituente. Nostro dovere è irrobustire quella scelta che non presenta nessuna sostenibile alternativa.
Nel solco ideale della Costituzione repubblicana, cari onorevoli senatrici e senatori, ogni evoluzione e trasformazione sollecitata dalla più ampia espressione della volontà popolare, può essere messa validamente alla prova.
Dall'intervento in apertura della prima seduta della XVIII Legislatura (23 marzo 2018)
video. Inaugurazione della XVIII Legislatura
Video di SenatoTV, realizzato in occasione della prima seduta della XVIII Legislatura (23
marzo 2018),
presieduta dal sen. Giorgio Napolitano in quanto senatore più anziano
Interventi nell'Aula del Senato
XIV Legislatura
- 15 novembre 2005
Seduta n. 898
Discussione sul ddl 2544-D
"Modifiche alla Parte II della Costituzione" - 6 ottobre 2005
Seduta n. 879
Per comunicazioni del Governo sul Consiglio europeo del 27 ottobre - 6 dicembre 2005
Seduta n. 917
Comunicazioni del Ministro degli affari esteri sul bilancio dell'Unione Europea
XVII Legislatura
- 18 febbraio 2015
Seduta n. 393
Informativa del Governo sui recenti sviluppi della situazione in Libia - 22 aprile 2015
Seduta n. 435
Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo straordinario del 23 aprile 2015 (dichiarazione di voto) - 24 giugno 2015
Seduta n. 471
Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 25 e 26 giugno 2015 - 13 ottobre 2015
Seduta n. 522
Dichiarazione di voto sul ddl 1429-B
"Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione" - 2 dicembre 2015
Seduta n. 547
Informativa del Governo sull'evoluzione della crisi in Medio Oriente - 23 febbraio 2016
Seduta n. 580
Sulla scomparsa di Umberto Eco - 9 marzo 2016
Seduta n. 588
Informativa del Governo sulla situazione in Libia - 11 maggio 2016
Seduta n. 623
Discussione generale sul ddl 2299
"Conversione in legge del decreto legge 29 marzo 2016, n. 42 recante disposizioni urgenti in materia di funzionalità del sistema scolastico e della ricerca" - 8 marzo 2017
Seduta n. 779
Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 9 e 10 marzo 2017 - 25 ottobre 2017
Seduta ant. n. 905
Discussione generale sul ddl 2941
"Modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Delega al Governo per la determinazione dei collegi elettorali uninominali e plurinominali"
In Aula durante la discussione e la votazione del Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 (23 dicembre 2017)
In Aula durante l'esame della legge elettorale (25 ottobre 2017)
Sessantesimo anniversario della firma dei Trattati Europei (17 marzo 2017)
In Aula durante la discussione e la votazione del Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 (7 dicembre 2016)
Siamo di fronte non solo ad un'emergenza a sviluppo rapido, ma anche ad una questione storica, a movimenti e rimescolamenti di popolazioni nel Mediterraneo, che naturalmente, come è stato ricordato e studiato da storici, hanno precedenti in molti secoli fa. Siamo, dunque, dinanzi a qualcosa del genere, ma in un mondo completamente diverso, che è quello in cui viviamo.
Questo è forse il momento, come non mai, dopo il 1989, in cui si impone - come materia concreta di riflessione e poi d'impegno - la costruzione di un nuovo ordine mondiale, e vi sarà occasione di discuterne anche sulla base di qualche apporto molto importante di elaborazione storico-culturale. Siamo giunti al dunque: abbiamo l'assoluta esigenza di chiederci e di riflettere su cosa possa essere un ordine mondiale più giusto e sostenibile; cosa che non si è fatta, perché dopo il 1989 si sparse e si diffuse l'illusione che, dalla fine della guerra fredda, potesse nascere un ordine mondiale magari unipolare e pacificato nel suo seno.
Dall'intervento nella seduta n. 435 del 22 aprile 2015
video. Gli auguri del Senato per il 98° compleanno
Video di SenatoTV sulla 82a seduta pubblica del 28 giugno 2023 (XIX Legislatura),
Pubblicazione speciale dedicata alla seduta n. 82
L'incontro con il Papa Emerito Benedetto XVI
Il 28 aprile 2017 Giorgio Napolitano incontra in Vaticano il Papa Emerito Benedetto XVI. È l'occasione per consegnare a Papa Ratzinger la pubblicazione "Musica e speranza", edita dal Senato della Repubblica. Il volume ( disponibile in formato pdf) raccoglie gli interventi pronunciati dal Presidente Napolitano e dal Pontefice Benedetto XVI in occasione dei concerti offerti dalla Presidenza della Repubblica dal 2008 al 2012, in occasione della ricorrenza dell'inizio del Pontificato (vedi anche di seguito). Sopra, le immagini dell'incontro, in gran parte pubblicate qui per la prima volta.
Le pubblicazioni Senato
Un segno di vicinanza e di omaggio
Dal 2008 al 2012, ogni anno, in occasione della ricorrenza dell'inizio del Pontificato di Papa Benedetto XVI, il Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, conoscendone la sensibilità musicale e culturale, ha offerto al Pontefice un concerto di musica classica nell'Aula Paolo VI in Vaticano. Di seguito, l'intervento pronunciato in tale occasione il 24 aprile 2008 dal Presidente Napolitano.
Santità, è per noi motivo di gratificazione e letizia poterLe offrire un segno di vicinanza e di omaggio in occasione del terzo anniversario dell'inizio del Suo pontificato, e all'indomani del Suo ritorno da un'impegnativa missione che abbiamo seguito con partecipe attenzione. Mi consenta di dirLe come abbia suscitato in noi sentimenti di viva consonanza il messaggio rivolto al mondo dall'alta tribuna delle Nazioni Unite, sui diritti umani come "espressione di giustizia", sulla "persona umana come soggetto di quei diritti", e sulla promozione dei diritti umani come "strategia la più efficace per eliminare disuguaglianze e per accrescere la sicurezza".
Anche di qui, oggi, il nostro omaggio: lo abbiamo affidato al linguaggio della musica, che sappiamo esserLe caro per la sua universalità e per la profonda religiosità che esso riesce ad esprimere. Il programma comprende melodie, italiane e tedesche, rappresentative di una tradizione musicale che è parte integrante del comune patrimonio spirituale dell'Europa finalmente unita nella libertà e nella pace.[...] Santità, anche per il suo ottantunesimo compleanno, auguri sentiti e vivissimi da tutti noi!
La pietra della memoria
Caro Sindaco, caro Enrico Pieri, uomini e donne di Sant'Anna di Stazzema, pensavo questo poco fa: si possono leggere libri, si possono leggere ricostruzioni attente, documentate, puntuali della strage di Sant'Anna di Stazzema, si possono leggere relazioni importanti – a cui è giusto riconoscere quel che va riconosciuto – di storici italiani e tedeschi, ma bisogna venire qui, e bisogna anche inerpicarsi lassù, fino all'Ossario, fino al monumento accanto al quale abbiamo deposto la nostra lapide, comune in tutte e due le lingue, per toccare con mano, per sentire che cosa siano state l'assurdità e la ferocia – senza uno straccio di giustificazione, senza uno straccio di pretesto – che si abbatterono sulla popolazione inerme di questo piccolo borgo sperduto, che non era una fortezza da espugnare: era soltanto un grumo di umanità che mai avrebbe dovuto essere oggetto di una simile feroce distruzione.
Vedete, l'Europa unita l'abbiamo costruita insieme in questi sessant'anni, e la costruzione è ancora ben lontana dall'essere terminata. L'abbiamo costruita insieme facendola risorgere una prima volta dalle rovine della guerra conclusasi nel 1945 e una seconda volta dopo l'89, dalle aberrazioni della guerra fredda, dall'autoritarismo e dalla sovranità limitata nelle regioni dell'Est tedesco e nei paesi dell'Europa Centro-Orientale. E vorrei dire che tra le pietre con cui abbiamo costruito questa Europa unita, c'è la pietra della memoria. Ne costituisce uno dei fondamenti, la pietra di una memoria che non può essere rimossa, di una memoria consapevole degli errori e degli orrori di tutte le guerre del Novecento e, soprattutto, delle guerre di aggressione scatenate tra il 1939 e il 1940-1941 dalla Germania nazista e dall'Italia fascista. [...]
video. Presentazione del libro "Europa, sfida per l'Italia"
Il 6 giugno 2017 la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani ha ospitato la presentazione del libro SEP-EuropEos "Europa, sfida per l'Italia" (video completo nel canale YouTube).
video. Presentazione del libro "Europa, politica e passione"
Il 19 maggio 2016, la Sala Koch di Palazzo Madama ha ospitato la presentazione del libro "Europa, politica e passione" di Giorgio Napolitano, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella (video completo nel canale YouTube).
L'introduzione del libro "Europa, politica e passione"
L'Europa e l'"errore maggiore" della sinistra italiana
Dall'ostilità del dopoguerra alla condivisione dell'impegno europeista
Se penso alla lunga strada che ho percorso nella
politica e nelle istituzioni, nella vita pubblica italiana
e nella sfera dei rapporti internazionali, credo di poter
dire che l'Europa - il sentirmi europeo, il rapporto
con la realtà dell'Europa e con il progetto dell'integrazione
e unità europea - ha rappresentato uno snodo
essenziale nella mia esperienza, nel suo graduale
evolversi e nel suo profondo rinnovarsi.
E penso possa in questo senso interessare ai più
giovani - e ad essi la dedico - una breve ricostruzione
storico-autobiografica a titolo di premessa al successivo
più ampio discorso sulle vicende del progetto europeo
e del sempre più condiviso impegno europeista
dell'Italia.
Quando mi affacciai al dibattito politico nazionale - dopo i primi anni di attività nelle file del Pci a Napoli e in Campania - si era già da tempo conclusa la fase dei confronti e delle decisioni fondamentali sulla scelta europea dell'Italia. Fui per la prima volta eletto deputato nel 1953: quando quella scelta era già stata fatta. Gli appassionati e aspri dibattiti parlamentari su mozioni federaliste che sancirono la prospettiva comunitaria, concretizzatasi al livello europeo con la Dichiarazione Schuman del 1950, si erano svolti negli ultimi mesi del 1948 e del 1950, con l'intervento - davvero storico per lungimiranza e combattività - di Alcide De Gasperi, registrando la chiusura e l'ostilità della sinistra comunista e socialista.
Giorgio Napolitano, secondo da destra, ai funerali di Palmiro Togliatti (25 agosto 1964)
Inoltrandomi successivamente nell'attività politica, anche al livello nazionale, aderii acriticamente alle posizioni negative verso l'integrazione europea consolidatesi nel mio partito. Era in esso prevalsa, fino a tradursi in drastica ripulsa, una pregiudiziale diffidenza verso quel progetto di unità europea - per forza di cose inizialmente ristretto a un rappresentativo gruppo di paesi dell'Europa occidentale - considerato dalla sinistra, ormai all'opposizione in Italia, come legato e subordinato alla già sottoscritta alleanza atlantica e dunque al disegno americano. Il Pci era - nel clima sempre più arroventato dell'incipiente Guerra fredda - dominato dall'assillo di una "scelta di campo" rispetto alla rigida e schematica contrapposizione tra Stati Uniti e Unione Sovietica, e in Europa tra Est e Ovest. La rottura, già a metà 1947, dei governi di unità nazionale in Italia aveva scavato un solco che si rifletté anche nel venir meno, a sinistra, di ogni apertura e dialogo sull'opzione cruciale dell'orizzonte di un'Europa federale. "Fu l'errore maggiore," come scrissi poi, "in cui incorse la sinistra (in Italia ben più che in altri paesi dell'Europa occidentale, dove pure vi furono partiti socialdemocratici e laburisti propensi, su quel terreno, ad atteggiamenti di diffidenza e reticenza); fu la prova più grave di cecità che la sinistra diede in quella fase storica", con conseguenze pesanti sulla collocazione, specialmente del Pci, nella dialettica politica democratica del paese.
Giorgio Amendola con Giorgio Napolitano in una immagine del 1962
Dovettero perciò passare non pochi anni - oltre la prima tappa del Trattato istitutivo della Comunità europea del carbone e dell'acciaio nel 1951, e il successivo balzo in avanti dei Trattati di Roma, fondativi del Mercato comune, nel 1957 - perché la sinistra italiana, prima il Psi e poi il Pci, si avvicinasse alla realtà e ai successi dell'integrazione europea.
Di quel percorso di avvicinamento fui partecipe, a partire dalla seconda metà degli anni sessanta dello scorso secolo, grazie soprattutto alla mia vicinanza con Giorgio Amendola, che ne fu uno dei più convinti e decisi promotori. Ma già prima la mia attenzione ideale per l'Europa si era manifestata nella tendenza a cercare - anche con qualche ingenua forzatura - una dimensione europea nella stessa storia e strategia rivoluzionaria del movimento comunista e nell'impegno internazionale del Pci, pur limitato allora al "campo" comunista. Un seme, quest'ultimo, che in una fase molto diversa e più avanzata, a metà degli anni settanta, avrebbe dato frutti più consistenti nel fenomeno significativo dell'eurocomunismo. [...]
video. Tribuna politica del 1961
Tribuna politica del 1961. Dibattito "I giovani e la Patria". Per gentile concessione di Rai Teche
video. Presentazione del libro "La sindrome tedesca"
Il 9 luglio 2015 la Sala Atti Parlamentari di Palazzo della Minerva ha ospitato la presentazione del libro di Valerio Castronovo "La sindrome tedesca. Europa, 1989-2014"
La prima elezione a Presidente della Repubblica (10 maggio 2006)
Il 10 maggio 2006 (XV Legislatura), al quarto scrutinio, Giorgio Napolitano viene eletto Presidente della Repubblica dal Parlamento in seduta comune. Subito dopo la proclamazione del risultato, come prassi, i Presidenti del Senato, Franco Marini, e della Camera, Fausto Bertinotti, si recarono a Palazzo Giustiniani, nell'ufficio dell'allora senatore a vita, per comunicargli personalmente l'esito della votazione. Nella foto, il senatore Napolitano con i Presidenti di Senato e Camera in Sala Zuccari.
Le prime pagine dell'11 maggio 2006
Le immagini
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La via d'uscita dalla crisi passa attraverso un ruolo alto e insostituibile della politica
[...] Siamo di fronte a una nuova questione sociale. La sua principale espressione è la tendenza delle nostre economie a generare meno occupazione, o scarsa occupazione, o cattiva occupazione, perfino quando ritrovano un sentiero di crescita. La priorità è agire per dare risposte a tale questione, strettamente intrecciata con la crisi, finanziaria ed economica che domina, a partire dal 2008, la vita della nostra Europa. Per ricostruire un clima di fiducia è essenziale rafforzare l'attenzione delle istituzioni per l'acuirsi, in questi anni, di fenomeni di diseguaglianza e disagio sociale, di povertà, e soprattutto di esclusione di larghi strati di giovani dal mercato del lavoro. In una Unione europea che ha abbracciato i valori di un'economia sociale di mercato, questo dato è allarmante. L'attuale crisi deve diventare l'opportunità per ripartire con un modello di sviluppo più equo: questo tema è la grande questione, centrale e irrisolta, della riflessione politica internazionale.[...]
[...] Tutte le sfide più importanti del momento - superare la crisi economica, creare lavoro, valorizzare il capitale umano - richiedono un impegno straordinario di tutti gli attori sociali ma, insieme, anche una rinnovata consapevolezza del ruolo insostituibile dei poteri pubblici. E questi oggi risentono gravemente del logorarsi della fiducia dei cittadini. La si può e deve ricostruire riformando i canali di partecipazione democratica, i partiti politici, le istituzioni rappresentative. La via d'uscita dalla crisi passa, in realtà, attraverso un ruolo alto e insostituibile della politica, un senso della nobiltà della politica che implica un'effettiva dedizione all'interesse generale. Sono convinto che la politica possa recuperare il suo posto fondamentale - e senza alternative - nella vita del paese e nella coscienza dei cittadini. Può riuscirvi, quanto più saprà esprimere moralità e cultura, arricchendosi di nuove motivazioni ideali. [...]
L'Italia, ciascuno l'ama a modo suo, e molti ne danno giudizi intrisi di scetticismo, ma credo che pochi italiani la scambierebbero come patria con un altro paese. Credo che in Italia ci sia il senso del particolare inteso come identità locale e regionale, ma anche un senso di identità comune. Che la globalizzazione possa determinare fenomeni di «spaesamento», se così li vogliamo chiamare, suscitare un'ansia di smarrimento della propria identità nazionale (e anche locale), mi sembra indubbio. Ma non è fatale. Nel 2011, quando celebrammo il 150° anniversario dell'unità nazionale, avvertii un bisogno di riaffermazione di quel che siamo, un bisogno di recupero dell'orgoglio nazionale, in reazione a stati d'animo di disagio, di incertezza e di frustrazione. C'è un'aspirazione diffusa a far nuovamente sentire più forte il patrimonio storico dell'Italia, il nostro ruolo in Europa e nel mondo. Dei giovani mi hanno chiesto, proprio durante quelle celebrazioni, come vedo l'Italia tra cinquant'anni. La risposta in realtà la daranno loro, la costruiranno loro. Quello che io posso augurarmi è che sia un'Italia più serena, più sicura di sé, più consapevole delle sue grandi tradizioni. Noi siamo eredi di uno straordinario patrimonio storico, culturale, artistico, ambientale: dobbiamo saperlo coltivare perché è questo che il mondo si aspetta da noi; da ogni parte si guarda all'Italia per questa nostra tradizione, per questo nostro patrimonio. E insieme, s'intende, per la nostra capacità di esprimere ancora un simile talento costruttivo e creativo.
In Biblioteca
Abbiamo bisogno in tutti i campi di apertura, di reciproco ascolto, di dialogo e unità nella diversità
Nel dialogo tra credenti e non credenti - sempre prezioso in vista del bene comune da perseguire in questa così travagliata nostra Italia - io rappresento, nella funzione che attualmente esercito al vertice delle istituzioni, gli uni e gli altri come cittadini, come italiani, e tendo a unirli. A ciò corrisponde il mio mandato, così come lo interpreto e lo vivo.
È dalla schiettezza del dialogo, e da un suo esito fruttuoso, che possono venire stimoli e sostegni nuovi per una ripresa di slancio ideale e di senso morale, della quale ha acuto bisogno oggi la nostra comunità nazionale come in pochi altri momenti da quando ha ritrovato, con la democrazia, la sua libertà. Ed è giusto che il dialogo affronti anche temi complessi e ardui attorno ai quali i punti di vista dei credenti e dei non credenti possono presentare più difficoltà a incontrarsi.
[...] La società italiana sta attraversando una fase di profonda incertezza e inquietudine, nella quale forse sarebbe da rivisitare e più fortemente affermare la nozione di "bene comune" o quella di "interesse generale". E ciò non solo per proseguire, rafforzandola, la collaborazione tra Stato e Chiesa nell'ottica dell'Accordo del 1984, ma per suscitare tra gli italiani una più diffusa presa di coscienza e mobilitazione morale e civile. La profonda incertezza e inquietudine di cui dicevo nasce certamente dall'asprezza delle prove cui l'Italia, al pari di altri paesi, è sottoposta per effetto della crisi finanziaria ed economica nel contesto di un'Europa non abbastanza unita, solidale e lungimirante. E quel che in Italia acuisce l'incertezza, e produce grave disorientamento, è l'inadeguatezza del quadro politico a offrire punti di riferimento e prospettive, percorso com'è da spinte centrifughe e tendenze alla frammentazione. Per non parlare dei fenomeni di degrado del costume e di scivolamento nell'illegalità che, insieme con annose inefficienze istituzionali e amministrative, provocano un fuorviante rifiuto della politica.
Quel che rischia di perdersi è proprio il senso del "bene comune", dell'"interesse generale", che dovrebbe spingere a una larghissima assunzione di responsabilità, a ogni livello della società, in funzione dei cambiamenti divenuti indispensabili non solo nel modo di essere delle istituzioni ma nei comportamenti individuali e collettivi, nei modi di concepire benessere e progresso e di cooperare all'avvio di un nuovo sviluppo del paese nel quadro dell'Europa unita, uno sviluppo sostenibile da tutti i punti di vista.
Tutto ciò richiede una straordinaria concentrazione e convergenza
di sforzi, a opera di credenti e non credenti- come
accadde nel clima dell'Assemblea Costituente. Sforzi da
volgere soprattutto a rianimare senso dell'etica e del dovere, a
diffondere una nuova consapevolezza dei valori spirituali, dei
doni della cultura, dei benefizi della solidarietà, che soli
possono elevare la condizione umana.
Abbiamo bisogno in tutti i campi di apertura, di reciproco
ascolto e comprensione, di dialogo, di avvicinamento e unità
nella diversità.
video. Consegna del riconoscimento "Altiero Spinelli"
Il 22 gennaio 2016, nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, il sen. Giorgio Napolitano ha ricevuto il solenne riconoscimento "Altiero Spinelli" del Movimento federalista europeo, riservato ai costruttori dell'Europa federale. La cerimonia si è svolta alla presenza del Presidente della Repubblica e del Presidente del Senato
Il sen. Napolitano durante il suo intervento in Sala Zuccari, a conclusione della cerimonia di consegna del riconoscimento "Altiero Spinelli". Video completo dell'evento nell'archivio webtv del Senato
video. Presentazione libro "Moniti all'Europa" di Thomas Mann
Il 10 gennaio 2018 la Sala Capitolare di Palazzo della Minerva ha ospitato la presentazione del libro "Moniti all'Europa" di Thomas Mann, ripubblicato a 70 anni dalla sua prima edizione, con introduzione dello stesso Presidente emerito della Repubblica
Il sen. Napolitano durante il suo intervento in Sala Capitolare, durante la presentazione del libro "Moniti all'Europa". Video completo dell'evento nell'archivio webtv del Senato
In Biblioteca
Non può esserci politica in assenza di serie basi e validi strumenti culturali
[...] In conclusione, se i lettori mi consentono una breve digressione personale, ricorderò che nell'autobiografia da me pubblicata nel 2005 (1) volli già dare testimonianza del mio debito intellettuale verso Thomas Mann, per le creazioni narrative che ne hanno fatto l'autore a me più caro da decenni, e insieme per la profonda riflessione, che ha attraversato tutta la sua opera e ha portato l'impronta drammatica del suo tempo, sul rapporto tra politica, cultura e democrazia.
E la vasta raccolta di scritti, sempre di altissimo livello, Moniti all'Europa ne offre la massima prova. Il retaggio che, a questo proposito, ci ha trasmesso Mann tenderei a sintetizzarlo così, nei suoi termini essenziali. Non può esserci politica, nella pienezza del suo significato e della sua efficacia, in assenza di serie basi e validi strumenti culturali. E non può esserci cultura che concorra in modo decisivo, come sempre dovrebbe, al bene comune e al progresso civile, che non abbracci «la totalità del fatto umano, dell'umanesimo, che necessariamente include anche l'elemento politico».
Il primo assunto, riguardante la politica, è cruciale. Mann, affrontando, nel turbine della Repubblica di Weimar, le correnti politiche nazionalistico-reazionarie e la trascinante e violenta crescita del pericolo nazista, ha mostrato quanto preziosa possa essere - anche in funzione del confronto e scontro politico diretto - l'analisi del retroterra ideale e culturale, anche il più mistificatorio, dell'avversario. E se non si è, di contro, portatori di visione storica e di strumenti di analisi culturale, di un serio e coerente patrimonio di valori e idealità su cui fondare programmi realistici di governo, la politica si fa asfittica, di corto termine e respiro, ed esposta alle degenerazioni, anche in senso morale, del potere quotidiano.
La politica mette così a rischio, dice Mann, «la sua componente ideale e spirituale, ... la parte etica e umanamente rispettabile della sua natura» di cui peraltro, aggiunge lo scrittore, «essa non potrà mai spogliarsi del tutto». E in fondo è questo il discorso, ben attribuibile al grande Tedesco ed Europeo che ancor oggi onoriamo, che si incentra sulla nobiltà della politica.
L'altro, non meno cruciale assunto di Mann, quello riguardante la cultura, fa tutt'uno con la spietata denuncia della «concezione apolitica della cultura propria dei Tedeschi», che si traduce perfino nella loro «inettitudine alla politica». Abbiamo già visto quella denuncia divenire un vero e proprio Leitmotiv in molti dei suoi interventi di quegli anni.
La riflessione di Mann resta incancellabile - al di là dell'influenza che poté esercitare nel suo Paese prima e dopo essere stato costretto all'esilio -, riflessione che di certo non poté essere tale da salvare la Germania da quindici anni di regressione barbarica. È una lezione che torna ad ammonirci e illuminarci, nelle crisi sociali, culturali e politiche di questo inizio del XXI secolo in Europa, in un contesto di inedito cambiamento e disordine mondiale. Un'Europa che non è diventata tedesca, che si è unita, progredendo straordinariamente, nella libertà e nella democrazia, e che - nel reagire oggi a dure sfide come quelle della Brexit e del populismo anti-europeo - mostra di tendere a una sempre più stretta integrazione sovranazionale: un'Europa così fatta può contare su un'autentica Germania europea. Ed è una Germama che dell'Europa è divenuta un pilastro essenziale, attraverso una vera e propria mutazione generazionale e culturale di massa rispetto alle aberrazioni del passato.
Ebbene, non è forse questo il compiersi della profezia annunciata da Mann, il realizzarsi della soluzione e prospettiva - una Germania europea - che ha rappresentato la bandiera, da lui per primo impugnata, in anni di tragico buio per l'umanità?
(1) Giorgio Napolitano. "Dal Pci al socialismo europeo. Un'autobiografia politica", Laterza, Roma-Bari 2005
In Biblioteca
Il 150° anniversario dell'Unità d'Italia: una grande conferma della profondità delle radici del nostro stare insieme
Il ciclo delle celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità non può considerarsi ancora esaurito: lo dicono notizie e annunci che continuano ad affluire. Ma un bilancio sostanziale è certamente possibile, e vorrei sottolinearne alcuni aspetti. Innanzitutto l'eccezionale diffusione e varietà di iniziative, e il carattere spontaneo che molte di esse hanno presentato: non sollecitate e coordinate dall'alto, da nessun luogo "centrale", Presidenza della Repubblica o Governo. Si è davvero trattato di un gran fiume di soggetti che si sono messi in movimento, in special modo al livello locale, fin nei Comuni più piccoli - istituzioni, associazioni di ogni genere, gruppi e persone.
È stato un gran fervore di richiami di antiche memorie, anche famigliari, e di impegni di studio, di discussione, di comunicazione. Quel che si è mosso, poi, nelle scuole è stato straordinario: quanti insegnanti, per loro conto, e quanti studenti, a ogni livello del sistema d'istruzione, si sono messi d'impegno e hanno dato in tutte le forme il loro contributo!
E anche in termini quantitativi che cosa è stata la partecipazione dei cittadini anche alle manifestazioni nelle piazze e nelle strade e dai balconi delle case, in un'esplosione mai vista di bandiere tricolori e di canti dell'Inno di Mameli!
Ce lo aspettavamo? In questa misura e in questi toni, no: nemmeno quelli tra noi, nelle massime istituzioni nazionali, che ci hanno creduto di più e hanno deciso di dedicarvisi più intensamente. È stata una lezione secca per gli scettici, e ancor più per coloro che prevedevano un esito meschino, o un fallimento, dell'appello a celebrare i centocinquant'anni dell'unificazione nazionale. Soprattutto, è stata una grande conferma della profondità delle radici del nostro stare insieme come Italia unita.
Si può davvero dire che le parole scolpite nella Costituzione - «la Repubblica, una e indivisibile» - hanno trovato un riscontro autentico nell'animo di milioni di italiani in ogni parte del Paese. E non in contrapposizione ma in stretta associazione - come nell'articolo 5 della Carta - all'impegno volto a riconoscere e promuovere le autonomie locali.
Nello stesso tempo, si può ritenere che il così ampio successo registratosi vada messo in relazione col bisogno oggi diffuso nei più diversi strati sociali di ritrovare - in una fase difficile carica di incognite e di sfide per il nostro Paese - motivi di dignità e di orgoglio nazionale, reagendo a rischi di mortificazione e di arretramento dell'Italia nel contesto europeo e mondiale.
L'aver fatto leva sull'occasione del Centocinquantenario, l'aver puntato su celebrazioni condivise, è stato dunque giusto e ha pagato. Non bastava però lanciare un appello generico: occorreva richiamare in modo argomentato fatti storici ed esperienze, fare i conti con interrogativi e anche con luoghi comuni, favorire quella che non esito a chiamare una riappropriazione diffusa, da parte degli italiani, del filo conduttore del loro divenire storico, del loro avanzare - tra ostacoli e difficoltà, cadute e riabilitazioni, battute d'arresto e balzi in avanti - come società e come Stato nei secoli XIX e XX.
[...] Qual è la conclusione che oggi ne traggo? Che non si è trattato di un fuoco fortuito, di un'accensione passeggera che già sta per spegnersi, di una parentesi che forse si è già chiusa. No, si è trattato di un risveglio di coscienza unitaria e nazionale le cui tracce restano e i cui frutti sono ancora largamente da cogliere.
Non ci porti fuori strada l'impressione che appena dopo aver finito di celebrare il Centocinquantenario in un clima festoso e riflessivo, aperto e solidale, si sia ritornati alle abituali contrapposizioni, alle incomunicabilità, alle estreme partigianerie della politica quotidiana. Quel lievito di nuova consapevolezza e responsabilità condivisa che ha fatto crescere le celebrazioni del Centocinquantenario continuerà a operare sotto la superficie delle chiusure e rissosità distruttive, e non favorirà i seminatori di divisione, gli avversari di quel cambiamento di cui l'Italia e gli italiani hanno bisogno per superare le ardue prove di oggi e di domani.
La camera ardente in Senato (24 e 25 settembre 2023)
L'omaggio di Papa Francesco
La prima volta di un Pontefice in Senato
video. La camera ardente in Senato, la cerimonia alla Camera
Video di SenatoTV