Premesso che:
la cosiddetta "opzione donna" è stata prevista dalla legge 23 agosto 2004, n. 243 recante "Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria";
all'articolo 1, comma 9, si prevedeva che "In via sperimentale, fino al 31 dicembre 2015, è confermata la possibilità di conseguire il diritto all'accesso al trattamento pensionistico di anzianità, in presenza di un'anzianità contributiva pari o superiore a trentacinque anni e di un'età pari o superiore a 57 anni per le lavoratrici dipendenti e a 58 anni per le lavoratrici autonome, nei confronti delle lavoratrici che optano per una liquidazione del trattamento medesimo secondo le regole di calcolo del sistema contributivo previste dal decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 180. Entro il 31 dicembre 2015 il Governo verifica i risultati della predetta sperimentazione, al fine di una sua eventuale prosecuzione";
la norma è stata oggetto di circolari interpretative e di una specifica previsione contenuta nella manovra sulla previdenza del dicembre 2011 (la cosiddetta riforma Fornero);
considerato che:
le circolari che sono state emanate nel 2012 hanno condizionato pesantemente la possibilità di utilizzare quella opportunità per le donne destinatarie della norma;
di fatto, queste riducevano il periodo nel quale le donne interessate potevano utilizzare le opportunità previste dalla sperimentazione: la condizione da assolvere entro il 31 dicembre 2015 (fine della fase di sperimentazione) non era più la maturazione del requisito, ma diventava la decorrenza del trattamento pensionistico: un anno di "finestra mobile" più 3 mesi di "aspettativa di vita" (anticipando così di 15 mesi per le lavoratrici dipendenti e di 21 mesi per le lavoratrici autonome il termine entro il quale si dovevano possedere i requisiti richiesti);
considerato inoltre che:
nella legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015) l'interpretazione restrittiva derivante dalle circolari INPS è stata superata per quanto riguarda la finestra mobile di 12 mesi, ma è rimasta l'"aspettativa di vita" di tre mesi. Si sono escluse quindi le donne che non maturavano i requisiti, inclusa l'aspettativa di vita, entro il 31 dicembre 2015, cioè che avevano compiuto gli anni (57 se dipendenti e 58 se autonome) negli ultimi 3 mesi del 2015;
nella legge di stabilità per il 2016 erano stati previsti ben 2 miliardi e mezzo di risorse necessarie per la copertura, per 36.000 donne;
nella piena convinzione che queste stime non corrispondessero a quella che sarebbe stata la realtà, sempre in legge di stabilità per il 2016, si era prevista l'attivazione di un "contatore" specifico per la verifica del numero delle donne, che avrebbero utilizzato effettivamente questa opportunità, ma anche dei costi reali;
in quel contesto, proprio in considerazione della quantità di risorse e del fatto che fossero vincolate a fini analoghi al regime sperimentale opzione donna, era maturata anche l'aspettativa che si potesse prorogare effettivamente opzione donna, anche a donne nate negli anni successivi al 1957 (autonome)/58 (dipendenti);
nella legge di bilancio per il 2017 (legge n. 232 del 2016) è stata inserita una norma che ha consentito di superare l'ultimo ostacolo, quello riguardante le nate nell'ultimo trimestre. Ma la Ragioneria generale dello Stato e l'INPS, sulla base del fatto che il diritto è "cristallizzato" e quindi le donne potrebbero utilizzare l'opzione anche oltre il termine in cui maturano il diritto, hanno preteso di "congelare" lo stanziamento della legge di stabilità per il 2016 e che fossero stanziate ulteriori risorse;
tutto ciò ha determinato il fatto che qualsiasi ulteriore proroga di opzione donna non possa essere automaticamente finanziata con risparmi dei precedenti interventi, e che il costo verrebbe quantificato con gli stessi criteri, certo sproporzionati, ma certificati di INPS e Ragioneria;
considerato infine che a giudizio dell'interrogante:
l'istanza presentata dal "Comitato Opzione Donna Proroga 2018" si fonda su una ragione molto seria: l'innalzamento senza gradualità dell'età pensionabile delle donne disposta per il pubblico impiego nel 2009 e per il settore privato e autonomo dal "Salva Italia" a fine 2011, e la storica mancanza di qualsiasi riconoscimento della differenza di genere per l'accesso alla pensione (fra l'altro, non riconoscimento del lavoro di cura di figli e anziani, funzione di caregiver non riconosciuta, discontinuità lavorative legate alla maternità) hanno generato un grave disagio in gran parte delle lavoratrici, sia dipendenti che autonome;
la legge che prevedeva l'aumento dell'età nel pubblico impiego aveva previsto che i risparmi fossero destinati per l'occupazione femminile e per potenziare i servizi per l'infanzia. In realtà quei risparmi non sono mai stati utilizzati a tali fini,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo non intenda fornire i dati, direttamente o attraverso l'INPS, frutto dell'attivazione del "contatore", previsto dalla legge di stabilità per il 2016, per la verifica del numero delle donne che hanno utilizzato effettivamente questa opportunità, ma anche dei suoi costi reali;
se, anche in considerazione dei risultati dell'indagine conoscitiva sulle disparità di trattamenti pensionistici tra uomini e donne effettuata alla Camera dei deputati, non intenda utilizzare anche l'esperienza dell'opzione donna, per riparare al credito previdenziale che hanno le donne del nostro Paese rispetto a quelle di altri Paesi europei.
l'art. 1, comma 9, della legge n. 243 del 2004 permetteva alle lavoratrici, che acconsentano al calcolo dell'assegno pensionistico interamente con metodo contributivo, di accedere anticipatamente alla pensione nel caso in cui la decorrenza dal trattamento pensionistico si collochi entro l'anno 2015 (cosiddetta opzione donna). Nello specifico, dal 2008 fino al 2015 compreso, è stato attuato un regime sperimentale per le sole lavoratrici che ha permesso loro di andare in pensione con le regole più favorevoli, ovvero quelle in vigore fino al 31 dicembre 2007 (57 anni di età per le lavoratrici dipendenti e 58 anni per le lavoratrici autonome, 35 anni di contributi);
accettando, dunque, che la pensione venga calcolata con il sistema contributivo, invece che con il retributivo, il vantaggio si palesa, naturalmente, nella possibilità di maturare il diritto alla pensione di anzianità con requisiti più favorevoli rispetto a quelli tuttora richiesti ai fini dell'accesso al trattamento pensionistico in questione. L'uscita effettiva può, in altri termini, essere anticipata di diversi anni rispetto alle regole ordinarie che, com'è noto, chiedono in alternativa o il perfezionamento di almeno 41 anni e 10 mesi di contributi indipendentemente dall'età anagrafica (pensione anticipata) o il raggiungimento di un'età anagrafica pari a 66 anni e 7 mesi per le donne del pubblico impiego; 65 anni e 7 mesi le donne dipendenti del settore privato; 66 anni e un mese le autonome, unitamente a 20 anni di contributi (pensione di vecchiaia). In tal modo, la convenienza è evidente nonostante la pensione consista, poi, in un importo più basso; ed invero, per effetto del passaggio al sistema di calcolo totalmente contributivo le lavoratrici che optano per il regime subiscono mediamente una decurtazione sull'assegno che oscilla intorno al 25-35 per cento rispetto all'ultimo stipendio percepito. Il taglio è, tuttavia, molto variabile a seconda dell'età della lavoratrice e dalle caratteristiche di carriera, retribuzione ed anzianità contributiva maturata alla data di accesso al regime;
la possibilità di optare per il regime sperimentale viene riconosciuta alle lavoratrici iscritte all'assicurazione generale obbligatoria, ed ai fondi sostitutivi od esclusivi (dipendenti del settore privato; pubblico impiego e lavoratrici autonome) in possesso di contribuzione alla data del 31 dicembre 2015; a seguito delle modifiche apportate dall'articolo 1, comma 281, della legge n. 208 del 2015, e dall'articolo 1, comma 222, della legge n. 232 del 2016, possono esercitare l'opzione le lavoratrici di cui sopra ancorché, per effetto dell'applicazione degli adeguamenti alla speranza di vita Istat e del meccanismo delle "finestre", la prima data utile di decorrenza della pensione si apre successivamente al 31 dicembre 2015. Per questa tipologia di prestazione resta, infatti, in vigore la cosiddetta finestra mobile, secondo la quale l'assegno viene erogato dopo 12 mesi dalla maturazione dei requisiti per le dipendenti e 18 mesi per le autonome (si veda la circolare Inps n. 53 del 2011). Si ricorda che con l'approvazione di tali ultime disposizioni è venuta sostanzialmente meno la restrizione prevista dall'Inps con le circolari n. 35 e n. 37 del 14 marzo 2012 che avevano interpretato la data del 31 dicembre 2015 come termine entro il quale si dovesse maturare la decorrenza della prestazione;
tuttavia, l'interpretazione restrittiva della volontà del legislatore operata dall'Inps, adeguata solo in parte, rischia, nuovamente, di lasciare fuori dall'opzione donna tutte quelle lavoratrici nate nel quarto trimestre 1958 che matureranno i requisiti anagrafici di 57 anni e 3 mesi (aumentati di ulteriori 4 mesi per effetto dell'adeguamento della speranza di vita) alla data del 23 luglio 2016;
l'articolo 1, comma 281, della legge n. 208 del 2015 ha aperto anche alla possibilità di proseguire la sperimentazione oltre il 2015 se residuano fondi dalle risorse stanziate nella medesima legge per tale scopo. In particolare, si prevede un monitoraggio delle spese sulla base del quale il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro il 30 settembre di ogni anno, deve trasmettere alle Camere una relazione sull'attuazione della sperimentazione, con particolare riferimento al numero delle lavoratrici interessate e agli oneri previdenziali conseguenti, e, "Qualora dall'attività di monitoraggio risulti un onere previdenziale inferiore rispetto alle previsioni di spesa, con successivo provvedimento legislativo verrà disposto l'impiego delle risorse non utilizzate per interventi con finalità analoghe, ivi compresa la prosecuzione della medesima sperimentazione";
la proroga fino al 2018 attenuerebbe quantomeno alcune iniquità tra le lavoratrici le cui date di nascita si scostano di un solo semestre, ritrovandosi, le une rispetto alle altre, con un'attesa di circa 8 anni in più,
quali siano le intenzioni dei Ministri in indirizzo circa l'estensione del regime sperimentale oltre il 2015;
se, pertanto, sia stata valutata la possibilità di impiegare le risorse non utilizzate, anche alla luce dei dati emersi risultanti dall'attività di monitoraggio prevista dall'articolo 1, comma 281, della legge n. 2018 del 2015, per un'ulteriore proroga dell'opzione donna oltre il 31 dicembre 2015, previsto per la conclusione della sperimentazione, ovvero fino al 31 dicembre 2018.
il regime sperimentale "opzione donna" è una misura che offre la possibilità di conseguire il diritto all'accesso al trattamento pensionistico di anzianità alle lavoratrici che abbiano un'anzianità totalmente contributiva pari o superiore a 35 anni e un'età anagrafica pari o superiore a 57 anni per le lavoratrici dipendenti, e a 58 anni per le lavoratrici autonome;
questa misura, introdotta dall'articolo 1, comma 9, della legge n. 243 del 2004, prevede che "In via sperimentale, fino al 31 dicembre 2015, è confermata la possibilità di conseguire il diritto all'accesso al trattamento pensionistico di anzianità, in presenza di un'anzianità contributiva pari o superiore a trentacinque anni e di un'età pari o superiore a 57 anni per le lavoratrici dipendenti e a 58 anni per le lavoratrici autonome, nei confronti delle lavoratrici che optano per una liquidazione del trattamento medesimo secondo le regole di calcolo del sistema contributivo previste dal decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 180";
con le circolari n. 35 e n. 37 del 2012, l'Inps applica a tale regime sperimentale un elemento ulteriore sulle pensioni, dopo le modifiche introdotte dalla "riforma Fornero" (di cui al decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011), stabilendo che, per l'accesso al trattamento pensionistico anticipato, al requisito anagrafico dei 57 anni per le lavoratrici dipendenti e 58 per quelle autonome si introduce l'incremento (3 mesi) legato all'aumento dell'aspettativa di vita;
con l'art. 1, comma 281, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità per il 2016), tali disposizioni non vengono abrogate ma viene prevista una relazione alle Camere, entro il 30 settembre di ogni anno, da parte del Governo, sulla base dei dati rilevati dall'Inps, nell'ambito della propria attività di monitoraggio sull'attuazione della sperimentazione, con particolare riferimento alle lavoratrici interessate e ai relativi oneri previdenziali;
nel caso in cui, dall'azione di monitoraggio, dovesse risultare un onere previdenziale inferiore rispetto alle previsioni di spesa, con successivo provvedimento legislativo verrà disposto l'utilizzo delle risorse non utilizzate per la prosecuzione della sperimentazione o per interventi con finalità analoghe;
per questa tipologia di prestazione resta infatti in vigore la "finestra mobile", secondo la quale l'assegno viene erogato dopo 12 mesi per le dipendenti e 18 mesi per le autonome (si veda la circolare Inps n. 53/2011) dopo la maturazione dei requisiti,
se i previsti monitoraggi annuali siano stati effettuati e quali siano gli esiti;
se il Ministro in indirizzo abbia intenzione di riprendere, nelle forme che riterrà opportune, la sperimentazione di "opzione donna" accanto e insieme ad altre soluzioni previdenziali.
"opzione donna" è un regime pensionistico introdotto dall'articolo 1, comma 9, della legge 23 agosto 2004, n. 243, che "conferma" la possibilità di conseguire, in via sperimentale, il diritto all'accesso al trattamento pensionistico di anzianità, in presenza dei previgenti requisiti contributivi ed anagrafici fino al 31 dicembre 2015. Tale misura sperimentale consente alle lavoratrici di applicare le regole più favorevoli in vigore fino al 31 dicembre 2007, ossia di ottenere la pensione con 35 anni di contributi ed almeno 57-58 anni di età, accettando però il calcolo della pensione con il sistema di calcolo contributivo previste dal decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 180, invece del retributivo o misto e l'applicazione delle "finestre mobili" per la decorrenza del trattamento pensionistico (12-18 mesi per lavoratrici dipendenti ed autonome). Trattandosi di regime sperimentale, il legislatore del 2004 ha, dunque, impegnato il Governo ad una verifica entro il 31 dicembre 2015 dei "risultati della predetta sperimentazione, al fine di una sua eventuale prosecuzione"; prosecuzione quindi possibile, ovviamente quale traslazione in avanti della data del 31 dicembre 2015, al fine di consentire ad altre lavoratrici che maturano il requisito anagrafico e contributivo successivamente al 31 dicembre 2015 di beneficiare ancora della sperimentazione;
a seguito della legge 22 dicembre 2011, n. 214, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, con l'art. 24, cosiddetta riforma Fornero, sono state introdotte, tra l'altro, nuove disposizioni in materia di trattamenti pensionistici dirette a garantire il rispetto degli impegni con l'Unione europea; ai sensi dell'articolo 24, comma 14, il regime opzione donna sopravvive alla riforma pensionistica Fornero, ma conserva il differimento dell'accesso effettivo alla pensione per l'adeguamento alla speranza di vita (criteri applicativi nella circolare Inps n. 219 del 4 gennaio 2013, punto 10);
con circolare n. 35 del 14 marzo 2012, l'Inps prevede un anticipo del termine ultimo per esercitare la "facoltà opzione donna" al 2014 anziché al 2015, ritenendo la data del 31 dicembre 2015 quale termine ultimo entro il quale collocare anche la decorrenza del trattamento pensionistico (cosiddette finestre mobili di 12-18 mesi per lavoratrici dipendenti ed autonome) e non soltanto la maturazione dei requisiti di legge. Secondo l'Istituto, le date di maturazione dei requisiti devono intendersi fissate entro il 30 novembre 2014 per le lavoratrici dipendenti private; entro il 30 dicembre 2014 per le lavoratrici pubbliche e, infine entro il 31 maggio 2014 per le lavoratrici autonome;
la legge 28 dicembre 2015, n. 208, rivede, all'art. 1, comma 281, la posizione assunta dall'Inps e procede ad una "sanatoria", ripristinando l'effettivo termine del 31 dicembre 2015, quale data di maturazione dei requisiti di legge; il comma 281 provvede dunque alle necessarie autorizzazioni di spesa per l'estensione del regime, tenuto conto della nota tecnica dell'Inps del 28 agosto 2015 che stima l'ingresso di 36.000 donne (lavoratrici dipendenti private, pubbliche ed autonome) in possesso dei requisiti al 31 dicembre 2015, con facoltà di presentare domanda in qualsiasi momento successivo alla prima decorrenza utile maturata nel regime sperimentale e, quindi, successiva alla data del 31 dicembre 2015 (cosiddetta cristallizzazione);
l'ingresso delle 36.000 lavoratrici previsto dalla nota tecnica Inps in modo scaglionato nel triennio 2016-2018 prevede la numerosità per anno delle lavoratrici optanti ed i relativi oneri previdenziali stimati anno per anno, che ammonterebbero a complessivi 2,5 miliardi di euro nel periodo 2016-2021 e calcolati su una media di pensioni valutate dall'Inps stessa, come risulta dalle tabelle incluse nella nota tecnica;
la numerosità delle potenziali donne optanti per l'anno 2016 prevista dalla nota tecnica risulta pari a 22.900 lavoratrici per un onere a carico della finanza pari a 160 milioni di euro; per l'anno 2017 un totale progressivo di 32.100 donne (stimando adesioni in ritardo) con un onere di 405 milioni di euro e, infine, nel 2018 per un totale progressivo di 33.600 donne (stimando le adesioni in ritardo) con un onere di 702 milioni di euro;
dall'esame dei dati riportati dalla nota tecnica si rileva che dall'anno 2022 si producono già effetti positivi per la finanza pubblica e nell'anno 2025 si concretizza un risparmio di 368,8 milioni di euro; nel 2028 è ipotizzabile il pareggio dei conti sulla base di un risparmio costante di circa 300 milioni di euro;
la legge 28 dicembre 2015, n. 208, istituisce al comma 281 dell'art. 1 un monitoraggio, tramite il "contatore", necessario per consentire la redazione da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di una relazione da presentare al Parlamento, entro il 30 settembre di ogni anno, sull'attuazione della sperimentazione con particolare riferimento al numero delle lavoratrici interessate e agli oneri previdenziali conseguenti, con un raffronto degli specifici oneri previdenziali conseguenti all'attuazione e le relative previsioni di spesa. Prevede quindi che il Parlamento, sulla base di tale relazione effettuata con riferimento al monitoraggio con cadenza annuale (cosiddetto contatore), adotti un successivo provvedimento legislativo di proroga del regime sperimentale opzione donna "Qualora dall'attività di monitoraggio (...) risulti un onere previdenziale inferiore rispetto alle previsioni di spesa (...), anche avuto riguardo alla proiezione negli anni successivi, (...) [disponendo] l'impiego delle risorse non utilizzate per interventi con finalità analoghe a quelle di cui al presente comma, ivi compresa la prosecuzione della medesima sperimentazione";
inoltre, con la legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), articolo 1, commi 222-225, il legislatore, confermando la data di ultimazione al 31 dicembre 2105 della sperimentazione, si limita soltanto ad un'estensione dell'opzione alle circa 4.000 lavoratrici (del quarto trimestre degli anni 1957 e 1958) che erano rimaste escluse per effetto dell'incremento dell'aspettativa di vita; tale intervento legislativo a detta degli interroganti non costituisce alcuna proroga della sperimentazione;
considerato infine che:
la nota tecnica Inps del 28 agosto 2015 prevede l'accesso di un contingente di 36.000 donne già in possesso requisiti al 31 dicembre 2015 con possibilità di presentare domanda in qualsiasi momento successivo alla prima decorrenza utile maturata nel regime sperimentale e, quindi, successiva alla data del 31 dicembre 2015;
per questo contingente di lavoratrici gli oneri pensionistici a carico dello Stato dal 2016 al 2021 ammontano a 2,555 milioni di euro. A partire dal 2022 inizieranno i "risparmi" e nel 2028 si concretizza il punto di pareggio con un "risparmio" di oneri previdenziali stimabile in circa 300 milioni di euro annui, per effetto del quale dal 2029 lo Stato "guadagnerà" quasi 300 milioni di euro all'anno, fino al decesso delle persone interessate;
ne consegue che, ipotizzando una vita residua media di circa 20 anni, a partire dal 2029, il guadagno complessivo sulle 36.000 donne sarà pari a circa 6 miliardi di euro;
se si estendesse la proroga al 31 dicembre 2018, l'ampliamento della platea di donne aderenti al regime sperimentale apporterebbe ulteriori benefici alle casse dello Stato: a titolo esemplificativo, ipotizzando di estendere ad una platea di aderenti costante pari a 36.000 unità all'anno per il triennio 2016-2018, i benefici per lo Stato decorrerebbero a partire dagli anni 2030-2032, e il risparmio complessivo ammonterebbe a circa 24 miliardi di euro;
le risorse non utilizzate nel 2016 atte a consentire il prosieguo della sperimentazione ammontano a circa 58 milioni di euro e risultano certificate dal confronto tra i dati Inps della nota tecnica e quelli della tabella fornita dall'Inps in data 2 febbraio 2017 in risposta all'interrogazione dell'on. Polverini 5-10456 avente ad oggetto le pensioni liquidate, in attuazione delle disposizioni dell'articolo 1, comma 9, relative all'opzione donna: a) nota tecnica Inps del 28 agosto 2015: accessi all'opzione donna previsti per l'anno 2016 pari a 22.900 (dipendenti e autonome del settore privato e settore pubblico) con un onere previsto di 160 milioni di euro; b) tabella Inps del 2 febbraio 2017: accessi all'opzione donna previsti per l'anno 2016 pari a 16.790 (dipendenti e autonome del settore privato e settore pubblico);
ai sensi del citato comma 281, tali risparmi, conseguenti al ridotto impiego di risorse per oneri previdenziali relativi ad un minor accesso di donne lavoratrici nell'anno 2016 (16.790 di accessi effettivi) rispetto a quelli stimati (22.900 di accessi previsti), devono essere impiegati per la prosecuzione del regime sperimentale, consentendo ad un ulteriore contingente di donne di usufruire del regime sperimentale opzione donna,
si chiede di sapere come il Ministro in indirizzo intenda ottemperare agli adempimenti di cui all'art. 1, comma 281, della legge n. 208 del 2015, dando attuazione a quanto previsto dalla legge n. 243 del 2004 e destinando i risparmi relativi ad una proroga al 2018 di "opzione donna", assumendo le opportune iniziative normative.