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Il Presidente: Discorsi

III Conferenza nazionale sull'America latina

Discorso pronunciato al Ministero degli Affari esteri a Roma in occasione della III Conferenza Nazionale Italia-America Latina e Caraibi

Desidero anzitutto rivolgere un cordiale saluto a tutte le Autorità e a tutti partecipanti a questo incontro.
Sono lieto di essere stato invitato a prendere la parola in questa Conferenza Nazionale sull'America Latina ed esprimo il mio vivo apprezzamento al Ministro degli Esteri D'Alema, e a tutti agli organizzatori, per un'iniziativa così significativa e tempestiva.
Mi è permesso, in questo modo, di aggiungere la voce del Senato della Repubblica a quella del Governo per sottolineare come questo impegno a lavorare per rafforzare in tutti i campi i rapporti con i Paesi dell'America Latina è un obiettivo comune, profondamente sentito anche dal Parlamento italiano dove, per la prima volta, siedono anche parlamentari eletti nel continente latino- americano.

Questo impegno costituisce una vera priorità della nostra politica estera, resa visibile da una serie di iniziative concrete di cui questa Conferenza è solo l'ultima in ordine di tempo.
Come ha detto il Ministro D'Alema in una recente dichiarazione: "la posizione dell'Italia è unica; esiste in America Latina una specie di seconda Italia; cinquanta milioni di persone che sono parte integrante di quelle società; e tutto questo senza un passato coloniale."
E' naturale, quindi, che l'Italia consideri i Paesi dell'America latina partner assolutamente prioritari.

Tuttavia, voglio solo osservare che - come talvolta accade tra i membri di una famiglia - abbiamo dato troppo per scontati, in passato, questi legami.
Quasi che nulla potesse aggiungersi, o che nulla potesse modificarsi, in una realtà fatta di vincoli profondi di sangue, di antichi legami storico-culturali, del lavoro che molti emigrati italiani hanno trovato nei Vostri Paesi e del benessere che hanno contribuito a realizzare.
Oggi che ci applichiamo a recuperare il tempo perduto ci rendiamo conto che ciò che è naturale è diventato anche indispensabile, in un mondo globalizzato in cui le relazioni e l'interdipendenza dei singoli Stati tendono a prescindere sempre più dalla distanza geografica.

L'Italia, da tempo, si muove sempre di più anche come membro fondamentale dell'Unione Europea e, in questa prospettiva, credo che debba impegnarsi con decisione perché anche l'Europa, nel suo insieme, individui spazi e politiche da valorizzare e da rafforzare nei confronti dell'America Latina.
Soprattutto se la stessa Europa vuole proporsi come attore globale rilevante, attento ai fenomeni emergenti, in particolare nel quadro dei processi di integrazione regionale che devono andare al di là del pur rilevante ambito commerciale, ma interessare anche quello politico e culturale.

Questo rilancio della presenza dell'Italia si inserisce in una fase in cui l'area latinoamericana vive una stagione di forte dinamismo economico e di consolidamento democratico.
Come Presidente del Senato ho seguito con il più vivo interesse i processi elettorali che hanno caratterizzato di recente le vicende dei singoli Paesi Latinoamericani.
Ciascuno di essi si è concluso lungo vie istituzionali e democratiche che hanno segnato anche novità importanti come l'affacciarsi sulla scena parlamentare di ceti popolari prima esclusi che, per le proprie rivendicazioni, hanno scelto le forme della democrazia rappresentativa oltre che quella partecipativo-comunitaria.
I meccanismi di alternanza democratica hanno funzionato, sorretti da una diffusa volontà di rafforzamento della democrazia e delle sue Istituzioni, e da una maggiore fiducia verso il futuro.

Un dato questo assai positivo.
Anche perché la crescita democratica e la stabilità istituzionale costituiscono oggi fattori indispensabili per la competitività sulla scena internazionale.
L'espansione dell'economia mondiale - con l'ingresso di nuove grandi potenze demografiche oltrechè economiche - dura da un decennio.
L'America Latina ha saputo cavalcare questo ciclo con una crescita annua del 5/6 per cento, attraverso politiche di graduale apertura e progressiva integrazione regionale e mondiale.
Anche l'Europa, negli anni recenti, ha ripreso la sua crescita.

Sperando che questo scenario ideale possa sostanzialmente tenere anche in futuro, è chiaro che esso rappresenta un' occasione storica per i Governi, in America Latina come in Europa, per realizzare le necessarie riforme e per legare la crescita alla modernizzazione strutturale ed alla garanzia di una maggiore equità sociale.
Il processo di liberalizzazione degli scambi e di globalizzazione dell'economia ha portato ad una fase di espansione senza precedenti.
Questa, tuttavia, deve accompagnarsi ad una diminuzione delle disuguaglianze sia all'interno dei Paesi in via di sviluppo che all'interno di quelli più avanzati, superando incertezze che vi possono essere anche nelle politiche governative dei diversi Paesi.

Si devono poi contrastare tentazioni di nuovi protezionismi che, qua e là, tornano ad affacciarsi, insieme a spinte al "patriottismo economico" o a forme di autarchia nazionalista.
Politiche di questo tipo, anche se basate sul controllo di quote di materie prime, finiscono per avere un corto respiro nel mondo globale.
Dobbiamo, in effetti, essere molto attenti a garantire che i benefici della crescita raggiungano tutti i settori e tutte le fasce della popolazione, se non vogliamo che quanto realizzato finora sia rimesso in discussione.
Per l'America Latina, in cui questi aspetti sono avvertiti con particolare sensibilità, si tratta di un problema di politiche governative ma anche di Istituzioni democratiche.

La variabile fondamentale per un futuro di prosperità resta la tenuta e la crescita delle istituzioni rappresentative.
Quanto più saranno forti tanto più riusciranno ad incanalare il consenso come il dissenso entro argini democratici ben definiti e - fornendo un quadro certo e trasparente - garantiranno la condizione principale per una crescita economica sostenibile.
Penso, però, che il problema dello sviluppo delle Istituzioni e della loro piena e stabile efficienza democratica sia veramente un dato comune e fondamentale.
Ricordo, a questo riguardo, l'iniziativa che il Senato italiano adottò, negli anni recenti, di tradurre e di pubblicare tutte le Costituzioni dei Paesi latinoamericani quale contributo alla conoscenza ed allo studio dell'importante e sofferto percorso di cambiamento e di sviluppo di quei Paesi.

Anche nel nostro Paese è viva l'esigenza di alcuni adeguamenti della Costituzione del 1948 e credo che la via maestra sia quella di poterli approvare in questa Legislatura con il confronto e il consenso ampio del Parlamento, sia della maggioranza che dell'opposizione.
Le vicende del Costituzionalismo europeo e latinoamericano si intrecciano da un paio di secoli appartenendo ad una medesima civiltà giuridica e il loro approfondimento - con la valutazione di esperienza concrete - può costituire un apporto significativo nel rafforzamento delle relazioni tra l'Italia, l'Europa e i Paesi dell'America Latina.
Abbiamo comuni basi storiche, abbiamo valori culturali e spirituali profondi che ci legano.

Per queste ragioni penso, e voglio ancora ribadirlo, che i nostri rapporti - oltrechè sul piano economico - devono rafforzarsi nei contatti tra le Istituzioni, specie quelle rappresentative.
L'obiettivo deve essere quello di costruire visioni politiche comuni sui grandi problemi del mondo, per contribuire ad esprimere, ad offrire, soluzioni più equilibrate e democratiche.

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