Open menu Close menu
Salta al contenuto principale
Il Presidente: Discorsi

Forum interdistrettuale Pianeta Donna

Discorso pronunciato nella Sala Capitolare presso il Chiostro del Convento di S. Maria sopra Minerva, in occasione del Forum interdistrettuale Pianeta Donna sul tema "Dalle donne di casa Farnese alle donne di oggi".

Gentili signore,
ho accettato volentieri l'invito a rivolgere un breve indirizzo di saluto in occasione di questa iniziativa dedicata alle donne che si propone come riflessione attenta di un percorso che parte da lontano fino ad arrivare ai nostri giorni.

Nel Rinascimento, come in altre epoche passate, la donna ha sempre saputo interpretare un ruolo evolutivo all'interno degli spazi che la società nelle varie epoche le concedeva: la tutela delle arti, lo sviluppo della scienza, il mecenatismo, il concorso alla gestione degli affari di Stato dal lato di quelle che oggi chiameremo "relazioni istituzionali". Ruoli ricavati all'interno di strutture rigide di potere; ruoli non ufficialmente riconosciuti; eppure l'intelligenza della donna, in particolare nell'epoca rinascimentale, fu quella di scoprire "spazi laterali".

Accesso, partecipazione, riconoscimento. Dinamiche che hanno attraversato la storia dell'emancipazione femminile. E che sono ancora oggi di estrema attualità anche se di strada le donne ne hanno fatta tanta. Soprattutto nelle democrazie occidentali (benché il cammino va completato). Ma non in molti Paesi nel mondo, dove la crescita e lo sviluppo di molte realtà passa inevitabilmente attraverso il miglioramento della condizione femminile.

Lasciatemi raccontare un episodio. Poche settimane fa in occasione dell'unificazione delle Biblioteche di Senato e Camera - hanno sede nell'isola domenicana, il complesso che ci ospita - tra i tanti gioielli del nostro immenso patrimonio non solo librario esposti con cura per la cerimonia, la mia attenzione è andata ad un articolo tratto dalla "Domenica del Corriere" del 16 maggio del 1948, un documento che fa parte della nostra grande emeroteca.

Raccontava con l'enfasi propria di quel tempo l'ingresso "di un quartetto di donne - era scritto proprio così - fra i membri del Senato". Erano Rita Montagnana, Adele Bei, Laura Merlin e Giuseppina Palumbo. Il loro ingresso in Parlamento segnava indubbiamente un evento storico per la nostra nascente democrazia. Tanto che quella cronaca si soffermava su un particolare non di poco conto. Si leggeva: "A proposito come chiamare le donne entrate al Senato? Risposta: il maschile tore - dice la grammatica - fa il femminile in trice, non vi è dubbio si chiameranno senatrici".

Forma, dunque. Ma anche sostanza. Quella disputa linguistica nascondeva il riconoscimento di un nuovo ruolo. Ma oggi è anche giusto ricordare che se il dibattito sul ruolo delle donne nelle istituzioni può giovarsi di acquisizioni concrete, questo lo dobbiamo ad alcune donne straordinarie che seppero spendere il proprio impegno in stagioni politiche più lontane: penso alle donne nell'Assemblea Costituente. E cito una donna per tutte, Nilde Iotti, che seppe farsi protagonista nel dibattito sulla famiglia consacrato nell'articolo 29, modello insuperato di equilibrio, di sintesi, di rispecchiamento del sentimento popolare nella Costituzione che è la legge di tutti.

Penso, in una stagione appena successiva, al ruolo parlamentare di donne come Merlin che costruirono attraverso le battaglie per una legge che aboliva le case chiuse, un percorso della dignità umana che, in quegli anni '50, concorse, ben oltre la gittata della stessa legge, a promuovere nuova cultura civile. E penso, per gli anni '60 e '70, a donne come Tina Anselmi, coraggioso ministro del Lavoro, che mise a disposizione dello Stato, della comunità e soprattutto dei giovani la sua apertura mentale realizzando una grande legge contro la disoccupazione giovanile.

Donne di diversa cultura politica tutte accomunate da un grande spirito e da una grande passione che seppe travalicare i piccoli interessi di partito. Donne capaci di lanciare il loro messaggio oltre il recinto per cogliere l'incontro, la possibilità collaborativa, il lavoro comune con gli avversari, senza pregiudizi ideologici perché per quelle donne l'avversario rappresentò una posizione con cui confrontarsi e non un nemico con cui confliggere.

Ecco, la politica, il Parlamento, oggi hanno bisogno delle donne, dello spirito sensibile e concreto al tempo stesso, che sa promuovere il confronto nell'interesse superiore del Paese. Dobbiamo chiedere alle donne di insegnarci, in questa fase nuova della vita delle istituzioni, il senso profondo delle cose attraverso l'esercizio gentile della politica, quella delle cose concrete, appunto, e non quella della conflittualità allestita spesso a beneficio di una piccola ribalta televisiva.

E dobbiamo, quindi, impegnarci per rimuovere in fretta tutti quegli ostacoli che ancora impediscono il completamento di un percorso democratico nel solco del riformato articolo 51 della Costituzione.

Nonostante le testimonianze, le donne in politica nel nostro Paese sono infatti troppo poche. Non solo nei luoghi della rappresentanza la presenza femminile è limitata, ma anche in altri settori della società stenta a consolidarsi, complici le dinamiche economiche penalizzanti per le donne e non supportati da adeguati modelli di welfare. Le barriere sono anche culturali, ma l'intervento normativo può consentire il cambio di passo. I tempi sono maturi.

Grazie

Archivio dei discorsi



Informazioni aggiuntive